N. 280 ORDINANZA 3 - 7 luglio 2006

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.

Straniero  -  Espulsione  amministrativa  -  Ordine  del  questore di
  lasciare   il   territorio   entro   cinque   giorni   -  Convalida
  dell'autorita'   giudiziaria   -   Mancata  previsione  -  Asserita
  violazione  dei principi' di eguaglianza, di tutela giurisdizionale
  e  del  diritto di difesa - Carente descrizione della fattispecie -
  Manifesta inammissibilita' delle questioni.
- D.lgs.  25 luglio  1998,  n. 286,  artt. 13,  commi 3  e  8,  e 14,
  comma 5-bis.
- Costituzione, artt. 3, 24 e 113, comma 2.
Straniero  -  Espulsione  amministrativa  -  Decreto  di espulsione -
  Ordine del questore di lasciare il territorio entro cinque giorni -
  Immediata  esecutivita'  del  decreto  stesso ancorche' impugnato -
  Adozione   di   provvedimenti   cautelari   da  parte  del  giudice
  dell'opposizione  -  Mancata  previsione  - Asserita violazione dei
  principi di eguaglianza, di tutela giurisdizionale e del diritto di
  difesa  -  Omessa  motivazione circa la impossibilita' di rinvenire
  nell'ordinamento  idoneo  strumento  volto  ad assicurare la tutela
  cautelare - Manifesta inammissibilita' delle questioni.
- D.lgs.  25 luglio  1998,  n. 286,  artt. 13,  commi 3  e  8,  e 14,
  comma 5-bis.
- Costituzione, artt. 3, 24 e 113, comma 2.
Straniero  -  Espulsione  amministrativa  -  Ordine  del  questore di
  lasciare   il   territorio   entro   cinque   giorni   -  Convalida
  dell'autorita'   giudiziaria   -  Mancata  previsione  -  Immediata
  esecutivita'  del  decreto stesso ancorche' impugnato - Adozione di
  provvedimenti  cautelari  da  parte  del giudice dell'opposizione -
  Mancata  previsione  -  Carente  descrizione  della  fattispecie  -
  Manifesta inammissibilita' delle questioni.
- D.lgs. 25 luglio 1998, n. 286, artt. 13 e 14.
- Costituzione, artt. 3, 24, 35 e 36.
Straniero  -  Espulsione  amministrativa  -  Decreto  di espulsione -
  Ordine del questore di lasciare il territorio entro cinque giorni -
  Immediata  esecutivita'  del  decreto  stesso ancorche' impugnato -
  Adozione   di   provvedimenti   cautelari   da  parte  del  giudice
  dell'opposizione  -  Mancata  previsione  - Asserita violazione dei
  principi di eguaglianza, di tutela giurisdizionale e del diritto di
  difesa  -  Intervenuta  adozione  della  sospensione del decreto di
  espulsione  -  Carenza  di  rilevanza  - Manifesta inammissibilita'
  della questione.
- D.lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 13, commi 3 e 8.
- Costituzione, artt. 3, 24 e 113.
Straniero  -  Espulsione  amministrativa - Esecuzione mediante ordine
  del  questore  di  lasciare  il  territorio  entro  cinque giorni -
  Convalida   dell'autorita'   giudiziaria  -  Mancata  previsione  -
  Asserita  violazione dei principi di eguaglianza, di inviolabilita'
  della  persona,  del  diritto  di difesa - Denunciata lesione della
  condizione  dello  straniero  rispetto  al  godimento  dei  diritti
  fondamentali - Non incidenza della espulsione con intimazione sulla
  liberta'  personale del destinatario - Manifesta infondatezza della
  questione.
- D.lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 14, comma 5-bis.
- Costituzione, artt. 2, 3, 10, 13 e 24.
(GU n.28 del 12-7-2006 )
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
  Presidente: Annibale MARINI;
  Giudici: Franco BILE, Giovanni Maria FLICK, Francesco AMIRANTE, Ugo
DE  SIERVO,  Romano  VACCARELLA,  Paolo MADDALENA, Alfio FINOCCHIARO,
Alfonso  QUARANTA,  Franco  GALLO, Luigi MAZZELLA, Gaetano SILVESTRI,
Sabino CASSESE, Maria Rita SAULLE, Giuseppe TESAURO;
ha pronunciato la seguente

                              Ordinanza

nei  giudizi  di  legittimita' costituzionale degli artt. 13 e 14 del
decreto   legislativo  25 luglio  1998,  n. 286  (Testo  unico  delle
disposizioni  concernenti  la  disciplina  dell'immigrazione  e norme
sulla   condizione   dello   straniero),  promossicon  ordinanze  del
28 ottobre  2004 dal Giudice di pace di Isernia, del 16 febbraio 2005
dal  Giudice di pace di Cuneo (con due ordinanze), del 4 gennaio 2005
dal  Giudice  di  pace  di Bergamo, del 30 aprile 2005 dal Giudice di
pace  di Bologna, del 18 maggio 2005 dal Giudice di pace di Roma, del
9  giugno 2006  dal  Giudice di pace di Bari, del 4 luglio 2005 e del
24 novembre  2005  dal  Tribunale di Gorizia e dell'8 agosto 2005 dal
Tribunale di Siena, iscritte ai nn. 67, 239, 262, 285, 438, 486, 508,
517,  559  del  registro  ordinanze  2005  e  al  n. 33  del registro
ordinanze 2006 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica
nn. 9, 18, 20, 22, 38, 40, 42 e 48, 1ª serie speciale, dell'anno 2005
e n. 7, 1ª serie speciale, dell'anno 2006;
    Visti  gli  atti  di  intervento del Presidente del Consiglio dei
ministri;
    Udito  nella  Camera  di  consiglio del 17 maggio 2006 il giudice
relatore Maria Rita Saulle;
    Ritenuto  che  con  tre ordinanze, rispettivamente del 28 ottobre
2004,  4 gennaio  2005 e 18 maggio 2005, di contenuto sostanzialmente
analogo,  i  Giudici  di  pace  di Isernia, di Bergamo e di Roma, nel
corso  di  altrettanti  giudizi  di  opposizione  avverso  i  decreti
prefettizi   di   espulsione   emessi   nei  confronti  di  cittadini
extracomunitari,  hanno  sollevato,  in riferimento all'art. 24 della
Costituzione,  questione di legittimita' costituzionale dell'art. 13,
commi 3  e  8,  del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286 (Testo
unico  delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione
e  norme  sulla  condizione  dello  straniero), nel testo attualmente
vigente,  nella  parte  in  cui prevede l'immediata esecutorieta' del
decreto  di  espulsione  e l'impossibilita' per il Giudice di pace di
sospendere  l'efficacia  del  cennato  decreto  fino  alla data della
camera di consiglio fissata per la trattazione dell'opposizione;
        che   i   rimettenti   premettono   che   la   questione   di
costituzionalita'  e'  tuttora rilevante anche dopo la modifica delle
norme  impugnate  operata,  in  ottemperanza  alle sentenze di questa
Corte n. 222 e n. 223 del 2004, tramite il decreto-legge 14 settembre
2004,  n. 241  (Disposizioni  urgenti  in  materia  di immigrazione),
convertito  in  legge,  con  modificazioni,  dall'art. 1  della legge
12 novembre 2004, n. 271;
        che, a parere dei giudici a quibus, la mancata previsione del
potere  in  capo al  Giudice  di  pace  di  sospendere  il decreto di
espulsione  impugnato  risulta ancor piu' grave in considerazione del
fatto  che  al  decreto  puo'  fare  seguito l'ordine del questore di
lasciare  il  territorio nazionale entro il termine di cinque giorni,
ex  art. 14,  comma 5-bis,  del  d.lgs.  n. 286 del 1998, ordine che,
peraltro, non e' sottoposto ad alcun procedimento di convalida;
        che,  secondo  i  rimettenti,  sebbene  questa  Corte, con la
sentenza  n. 161  del 2000, abbia dichiarato manifestamente infondata
analoga   questione,   il   mutato  quadro  normativo  imporrebbe  un
ripensamento   della  tesi  del  giudice  costituzionale,  prevedendo
l'art. 13,  comma 8, del d.lgs. n. 286 del 1998 un termine abbastanza
lungo  sia  per  la  proposizione  del ricorso (60 giorni) avverso il
decreto  di  espulsione sia per la sua decisione da parte del Giudice
di pace (20 giorni), con la conseguenza che tale ampio arco temporale
renderebbe ora necessaria la previsione di una tutela cautelare;
        che,  per le ragioni sopra esposte, la normativa impugnata si
porrebbe   in  contrasto  con  gli  indirizzi  indicati  dal  giudice
costituzionale  in  tema di effettivita' della tutela giurisdizionale
dell'immigrato,   essendo   lo   straniero   sottoposto   agli   atti
consequenziali al decreto di espulsione senza che su quest'ultimo sia
possibile  svolgere alcun vaglio di legittimita' antecedente alla sua
esecuzione,  potendo  il controllo avvenire sino ad 80 giorni dopo la
adozione del provvedimento opposto;
        che  e'  intervenuto  in  tutti  i  giudizi il Presidente del
Consiglio   dei  ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura
generale  dello  Stato,  chiedendo  che  la  questione  sollevata sia
dichiarata inammissibile e, comunque, infondata;
        che  il  Giudice  di  pace  di  Bari,  con  ordinanza  del  9
giugno 2005,  ha  sollevato  questione di legittimita' costituzionale
dell'art. 13,  commi 3  e  8,  del  d.lgs. n. 286 del 1998, nel testo
attualmente  vigente, per violazione dell'art. 24 della Costituzione,
riproponendo  in  forma  sintetica  le motivazioni gia' esposte nelle
altre ordinanze sopra riportate;
        che  anche  in tale giudizio e' intervenuto il Presidente del
Consiglio   dei  ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura
generale  dello  Stato,  che  ha  concluso  per  la  declaratoria  di
inammissibilita'  o  infondatezza  della  questione  sulla base delle
argomentazioni  sostanzialmente  identiche a quelle gia' svolte negli
altri atti di intervento;
        che  il  Giudice  di pace di Cuneo, nel corso di due distinti
giudizi,  ha  sollevato,  con  ordinanze  del  16 febbraio  2005,  in
riferimento  agli  artt. 24 e 113, secondo comma, della Costituzione,
questione di legittimita' costituzionale degli artt. 13, commi 3 e 8,
e  14, comma 5-bis, del d.lgs. n. 286 del 1998, nel testo attualmente
vigente,  nella parte in cui, rispettivamente, l'art. 13 commi 3 e 8,
prevede l'immediata esecutivita' del decreto di espulsione, ancorche'
sottoposto  ad  impugnativa,  non  essendo  consentita  l'adozione di
provvedimenti  cautelari di sospensione fino alla data fissata per la
Camera  di consiglio, e l'art. 14, comma 5-bis, legittima il questore
ad  ordinare  allo  straniero  di  lasciare il territorio dello Stato
entro  il  termine  di  cinque  giorni, senza richiedere la convalida
preventiva del decreto di espulsione;
        che,  quanto  alla censura relativa all'art. 14, comma 5-bis,
il  rimettente  rileva  che,  secondo  la  prassi locale, il questore
«omette  di  richiedere  la  convalida  del  decreto  di  espulsione,
disponendo in via preferenziale direttamente ordinarsi allo straniero
di  lasciare  il  territorio  dello  Stato entro il termine di cinque
giorni»;
        che,  quanto  alla censura relativa all'art. 13, commi 3 e 8,
del   d.lgs.   n. 286  del  1998,  il  rimettente  si  richiama  alle
argomentazioni  utilizzate  dal  Giudice  di  pace  di  Isernia nella
ordinanza  r.o.  n. 67 del 2005, precisando di aver comunque disposto
la sospensione dell'efficacia del decreto di espulsione impugnato;
        che  anche  nei giudizi di costituzionalita' ora ricordati e'
intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e
difeso   dall'Avvocatura  generale  dello  Stato,  chiedendo  che  le
questioni siano dichiarate inammissibili e/o infondate;
        che, con due ordinanze di identico contenuto, il Tribunale di
Gorizia,  in  composizione  monocratica,  nel  corso  di  due giudizi
direttissimi nei confronti di cittadini extracomunitari, imputati del
reato di cui all'art. 14, comma 5-quater, del d.lgs. n. 286 del 1998,
ha  sollevato,  in  riferimento  agli  artt. 2,  3, 10, 13 e 24 della
Costituzione,  questione di legittimita' costituzionale dell'art. 14,
comma 5-bis,  nel  testo  attualmente  vigente,  del  citato  decreto
legislativo,  nella  parte  in  cui prevede che il questore puo' dare
immediata   esecuzione  al  decreto  di  espulsione,  intimando  allo
straniero  espulso  di  lasciare  il  territorio dello Stato entro il
termine  di cinque giorni, senza che sia preventivamente richiesta al
Giudice  di  pace  la  convalida  del decreto di accompagnamento alla
frontiera  o,  in  alternativa,  del  provvedimento  di trattenimento
presso un centro di permanenza temporanea ed assistenza, ovvero senza
che sia prevista analoga tutela giurisdizionale per l'intimazione del
questore;
        che,  in  ordine alla rilevanza, il giudice a quo osserva che
il  reato  per  cui  si  procede  ha  quale  elemento  costitutivo la
trasgressione  all'intimazione  emessa dal questore ai sensi dell'art
14, comma 5-bis, del d.lgs. n. 286 del 1998;
        che, quanto alla non manifesta infondatezza, il giudice a quo
afferma che nei casi sottoposti al suo giudizio, il questore, secondo
una  prassi  consolidata, ha intimato l'allontanamento dal territorio
dello  Stato  senza  preventivamente  adottare  il  provvedimento  di
accompagnamento alla frontiera o di trattenimento presso un centro di
permanenza, provvedimenti, questi, che a differenza da quello emesso,
sono soggetti, nel rispetto di quanto affermato nella sentenza n. 222
del  2004  da  questa  Corte,  a  convalida  da  parte dell'autorita'
giudiziaria nel contraddittorio delle parti;
        che,  a  parere  del  rimettente, la mancata previsione di un
procedimento  di  convalida  lede i parametri costituzionali evocati,
non  essendo  possibile  superare  i dubbi di costituzionalita' della
norma  con  un'interpretazione  della stessa conforme a Costituzione,
secondo  cui  il  questore  potrebbe  ordinare  l'allontanamento  dal
territorio   dello   Stato  solo  quando  l'espulsione  sia  divenuta
eseguibile,  a  seguito  di convalida, ma non sia attuabile per mezzo
dell'accompagnamento alla frontiera;
        che   il   rimettente   individua   i   singoli   profili  di
incostituzionalita' della norma impugnata nel fatto che essa, seppure
non  determina  una  diretta restrizione della liberta' personale del
destinatario,  pone  a  carico di quest'ultimo un obbligo di condotta
che,  se  non  ottemperato,  ne  comporta l'arresto obbligatorio e la
responsabilita'   penale   per   il   reato   previsto  dall'art. 14,
comma 5-quater,   del  d.lgs.  n. 286  del  1998,  nonche'  ulteriori
conseguenze penali;
        che,  dunque,  a  parere  del  rimettente, la norma impugnata
realizza   una  disparita'  di  trattamento  tra  i  destinatari  dei
provvedimenti di accompagnamento alla frontiera o di trattenimento in
un   centro   di   assistenza,   e   i   destinatari  dell'ordine  di
allontanamento  dal territorio dello Stato, essendo prevista solo per
i primi la tutela giurisdizionale della convalida del provvedimento;
        che,  infine,  a  parere  del  rimettente, la norma censurata
sarebbe  irragionevole  in  quanto  il ricorso alla procedura in essa
prevista  si  basa  sulla  sussistenza  di  due  presupposti tra loro
diversi,  e  cioe',  o  l'impossibilita'  di  trattenere lo straniero
presso  un  centro di permanenza temporanea, o l'intervenuta scadenza
dei   termini   di  tale  permanenza  senza  che  l'espulsione  o  il
respingimento sia stato eseguito, laddove solo in tale ultimo caso e'
previsto   un  controllo  giurisdizionale  sulla  legittimita'  della
procedura di espulsione;
        che  in  entrambi  i giudizi e' intervenuto il Presidente del
Consiglio   dei  ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura
generale  dello  Stato,  chiedendo  che  la  questione sia dichiarata
inammissibile e/o infondata;
        che,  ad  avviso  dell'Avvocatura, quanto all'ammissibilita',
difetterebbe  nelle  ordinanze  del Tribunale di Gorizia il requisito
della  rilevanza,  mentre, nel merito, la questione sarebbe infondata
in   ragione   dell'incomparabilita'   dei  diversi  procedimenti  di
esecuzione  del  decreto di espulsione, essendo prevista la convalida
solo  per  il  provvedimento  di  accompagnamento alla frontiera e di
trattenimento  in  un  centro  di  assistenza, in quanto si tratta di
misure  che,  diversamente  dall'ordine  di allontanamento, attingono
direttamente la liberta' personale del soggetto;
        che,  comunque,  a  parere  dell'Avvocatura,  sarebbe  sempre
possibile  allo straniero ricorrere al giudice amministrativo avverso
l'ordine impartito dal questore;
        che  il  Tribunale  di Siena, in composizione monocratica, ha
sollevato,  in  riferimento  agli  artt. 3  e  24 della Costituzione,
questione  di  legittimita' costituzionale dell'art. 14, comma 5-bis,
nel  testo  attualmente  vigente,  del  d.lgs. n. 286 del 1998, nella
parte  in  cui,  nel  disciplinare  l'intimazione ad allontanarsi dal
territorio  dello  Stato  non  prevede, diversamente dalle ipotesi di
espulsione  con  accompagnamento  alla  frontiera  e di trattenimento
presso  un centro di permanenza temporanea, la convalida da parte del
Giudice di pace del relativo provvedimento;
        che  il  rimettente,  dopo aver premesso di essere chiamato a
decidere del reato di mancata ottemperanza all'ordine del questore di
allontanamento  entro  cinque giorni dal territorio nazionale, dubita
della  legittimita'  costituzionale  della norma impugnata in quanto,
premesso  che e' riservata ad una scelta discrezionale dell'autorita'
competente  il  ricorso  ad  una  o  ad  un'altra  delle modalita' di
esecuzione  del  decreto  di  espulsione,  la  mancata  previsione di
apposita  convalida,  solo  nel  caso  dell'intimazione a lasciare il
territorio  dello Stato, determinerebbe un'ingiustificata lesione del
diritto di difesa;
        che   anche   in  tale  ultimo  giudizio  e'  intervenuto  il
Presidente   del  Consiglio  dei  ministri,  rappresentato  e  difeso
dall'Avvocatura  generale dello Stato, chiedendo che la questione sia
dichiarata inammissibile e infondata, osservando, in via preliminare,
che  il  rimettente  non ha fornito indicazioni sulla rilevanza della
questione;
        che,  quanto  al  merito,  la  difesa  erariale rileva che il
provvedimento di allontanamento non ha natura coercitiva e, pertanto,
non  ha  bisogno della convalida da parte dell'autorita' giudiziaria,
convalida,  al  contrario,  prevista  per le ipotesi richiamate quali
tertia   comparationis   dal   rimettente   che   si   concretano  in
provvedimenti che incidono sulla liberta' personale dei destinatari;
        che  il  Giudice  di  pace  di  Bologna,  con  ordinanza  del
30 aprile 2005, ha sollevato, in riferimento agli artt. 3, 24, 35, 36
della  Costituzione,  questione  di legittimita' costituzionale degli
artt. 13  e  14, nel testo attualmente vigente, del d.lgs. n. 286 del
1998,   «non   ritenendo   manifestamente  infondata  l'eccezione  di
incostituzionalita' sollevata dal difensore» dello straniero.
    Considerato  che  le  ordinanze di rimessione propongono analoghe
questioni,  onde i relativi giudizi vanno riuniti per essere definiti
con un'unica decisione;
        che  le  ordinanze  dei  Giudici  di  pace  di Bergamo, Bari,
Bologna  e  Isernia,  nonche'  quella  del  Tribunale  di  Siena,  in
composizione  monocratica, risultano carenti di qualsiasi descrizione
della  fattispecie  concreta  oggetto  dei giudizi a quibus, nonche',
quanto  alla  censura  relativa all'art. 13, commi 3 e 8, del decreto
legislativo  25 luglio  1998,  n. 286 (Testo unico delle disposizioni
concernenti  la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione
dello  straniero), prive di motivazione in ordine alla impossibilita'
di  rinvenire  nell'ambito dell'ordinamento idoneo strumento volto ad
assicurare  la  tutela  cautelare  invocata, e cio' nonostante quanto
affermato nella sentenza n. 161 del 2000 da questa Corte in ordine al
potere  generale  attribuito  al  giudice  di  concedere  una  tutela
cautelare tutte le volte in cui questa non risulta superflua;
        che  i Giudici di pace di Roma e di Cuneo, prima di sollevare
la questione di legittimita' costituzionale, hanno sospeso il decreto
di espulsione, con la conseguenza che la questione da essi sollevata,
relativamente all'art. 13, commi 3 e 8, del d.lgs. n. 286 del 1998 e'
priva di rilevanza;
        che,  altresi',  il  Giudice  di pace di Cuneo, relativamente
alla  questione attinente all'art. 14, comma 5-bis, del d.lgs. n. 286
del  1998,  ha omesso qualsiasi descrizione della fattispecie oggetto
del giudizio a quo;
        che  per  tali  motivi  tutte  le  questioni  sollevate dagli
indicati rimettenti vanno dichiarate manifestamente inammissibili;
        che  il  Tribunale di Gorizia con due ordinanze, di contenuto
sostanzialmente  identico,  dubita  della legittimita' costituzionale
dell'art. 14,  comma 5--bis,  del d.lgs. n. 286 del 1998, nella parte
in  cui  consentirebbe  al  questore  di dare immediata esecuzione al
decreto   di  espulsione,  mediante  intimazione  allo  straniero  di
lasciare il territorio dello Stato entro il termine di cinque giorni,
senza  che  sia prevista una tutela giurisdizionale incidente in modo
diretto,  o  indiretto,  su  tale  intimazione, tutela, al contrario,
prevista per le altre forme di esecuzione del decreto di espulsione;
        che la normativa contenuta nel d.lgs. n. 286 del 1998 prevede
che  l'espulsione  del  cittadino  extracomunitario  illegittimamente
presente  nel  territorio nazionale sia disposta con decreto motivato
immediatamente esecutivo, anche se sottoposto a gravame o impugnativa
da parte dell'interessato (art. 13, comma 3), e viene sempre eseguita
dal  questore  con accompagnamento alla frontiera a mezzo della forza
pubblica  (art. 13,  comma 4),  salvo  i  casi  di  cui  all'art. 13,
comma 5;
        che  da  cio'  consegue  la generalizzazione, quale modalita'
esecutiva  dell'espulsione,  dell'accompagnamento  alla frontiera, al
quale  si  aggiungono  altri  due  modelli  procedimentali  sempre di
competenza  del  questore;  il  primo,  del «trattenimento» presso un
centro  di  permanenza temporanea (art. 14, comma 1), qualora non sia
possibile    eseguire    con   immediatezza   l'espulsione   mediante
accompagnamento  alla frontiera, il secondo, previsto nei casi in cui
non  sia  stato  possibile  trattenere lo straniero presso un centro,
ovvero siano trascorsi i termini di permanenza senza che l'espulsione
sia   stata   eseguita,   rappresentato  dall'ordine  impartito  allo
straniero  di  lasciare il territorio dello Stato entro il termine di
cinque giorni (art. 14, comma 5-bis);
        che  l'intero  procedimento  di  espulsione  e'  assistito da
apposita  tutela  giurisdizionale,  essendo  in  particolare prevista
dall'art. 1,  comma 2,  del  decreto-legge  14 settembre 2004, n. 241
(Disposizioni  urgenti  in  materia  di  immigrazione), convertito in
legge,  con  modificazioni, dall'art. 1 della legge 12 novembre 2004,
n. 271,  modificativo  dell'art. 13,  comma 8,  del d.lgs. n. 286 del
1998,  la  possibilita' di ricorrere avverso il decreto di espulsione
davanti  al  Giudice di pace, ed essendo anche prevista la necessaria
convalida da parte di quest'ultimo del provvedimento di trattenimento
presso  un  centro  di  permanenza temporanea (art. 14, commi 3 e 4),
nonche'  del  provvedimento di accompagnamento alla frontiera a mezzo
della forza pubblica (art. 13, comma 5-bis);
        che la previsione normativa del procedimento di convalida dei
provvedimenti  sopra  cennati  trova  giustificazione  nel  fatto che
questi incidono sulla liberta' personale dei destinatari e, pertanto,
devono  essere  assistiti  dalla  garanzia  di  cui all'art. 13 della
Costituzione,  con  la  conseguenza  che  detti provvedimenti possono
essere  portati  ad  esecuzione  solo  dopo  che  il  giudice  si sia
pronunciato  sulla  loro  legittimita' (v. sentenze n. 222 del 2004 e
n. 105 del 2001);
        che  diverso  e'  il  caso  in  cui  l'espulsione avvenga con
intimazione  di  allontanamento dal territorio dello Stato, in quanto
tale misura incide solo sulla liberta' di circolazione;
        che,  pertanto,  la mancata previsione, anche per tale ultima
ipotesi,  del  procedimento  di  convalida  risulta  giustificata  in
ragione  della  diversa  natura di tale provvedimento, il quale, come
riconosciuto  dalla  consolidata  giurisprudenza  di legittimita' (v.
Cass.  pen.  sentenze  n. 46812  e  n. 39811  del  2005),  non incide
direttamente  sulla  liberta'  personale del destinatario, atteso che
l'autorita'  di  polizia non puo' esercitare alcuna forma di coazione
fisica  al  fine  di  ottenerne l'adempimento (v. sentenza n. 194 del
1996);
        che,  quindi,  la  questione  di  legittimita' costituzionale
sollevata  dal  Tribunale  di  Gorizia  va  dichiarata manifestamente
infondata   non  contrastando  la  norma  impugnata  con  alcuno  dei
parametri costituzionali evocati;
    Visti  gli  artt. 26,  secondo  comma, della legge 11 marzo 1953,
n. 87,  e  9,  comma 2, delle norme integrative per i giudizi davanti
alla Corte costituzionale.
                          Per questi motivi
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
    Riuniti i giudizi,
    Dichiara   la   manifesta  inammissibilita'  delle  questioni  di
legittimita'  costituzionale  degli  artt. 13,  commi 3  e  8,  e 14,
comma 5-bis,  del  decreto  legislativo 25 luglio 1998, n. 286 (Testo
unico  delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione
e  norme sulla condizione dello straniero), sollevate, in riferimento
agli  artt. 3,  24,  e  113,  secondo  comma, della Costituzione, dal
Tribunale  di  Siena,  in  composizione monocratica, e dai Giudici di
pace  di  Bergamo,  Bari,  Cuneo,  Roma e Isernia con le ordinanze in
epigrafe;
    Dichiara   la   manifesta  inammissibilita'  della  questione  di
legittimita' costituzionale degli artt. 13 e 14 del d.lgs. n. 286 del
1998,  sollevata,  in  riferimento  agli  artt. 3,  24, 35 e 36 della
Costituzione,  dal  Giudice  di  pace  di  Bologna con l'ordinanza in
epigrafe;
    Dichiara   la   manifesta   infondatezza   della   questione   di
legittimita'  costituzionale  dell'art. 14,  comma 5-bis,  del d.lgs.
n. 286  del 1998, sollevata, in riferimento agli artt. 2, 3, 10, 13 e
24  della  Costituzione, dal Tribunale di Gorizia con le ordinanze in
epigrafe.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 3 luglio 2006.
                        Il Presidente: Marini
                        Il redattore: Saulle
                       Il cancelliere:Di Paola
    Depositata in cancelleria il 7 luglio 2006.
              Il direttore della cancelleria: Di Paola
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