N. 237 ORDINANZA (Atto di promovimento) 7 febbraio 2006

Ordinanza  emessa  il  7  febbraio  2006  dal  Consiglio di Stato sul
ricorso proposto dalla Regione Lazio contro Marino Rosario ed altra

Impiego  pubblico  -  Norme  della Regione Lazio - Direttore Generale
  dell'Agenzia  per  la  Protezione Ambientale del Lazio (A.R.P.A.) -
  Previsione  della  decadenza automatica entro il novantesimo giorno
  dall'insediamento  dei nuovi organi di riferimento (spoil system) -
  Incidenza  sui  principi  di  imparzialita'  e buon andamento della
  pubblica  amministrazione  -  Violazione  della sfera di competenza
  statale in materia di ordinamento civile.
- Legge   della  Regione  Lazio  11 novembre  2004,  n. 1,  artt. 53,
  comma 2, e 55, comma 4; legge della Regione Lazio 17 febbraio 2005,
  n. 9, art. 71, commi 1, 3 e 4.
- Costituzione,  artt. 97  e  117,  commi  terzo,  ultimo  periodo, e
  secondo, lett. l).
(GU n.29 del 19-7-2006 )
                        IL CONSIGLIO DI STATO

    Ha  pronunciato  la  seguente  ordinanza,  sul ricorso in appello
n. 8814/05 proposto dalla Regione Lazio, rappresentata e difesa dagli
avvocati  Gennaro Terracciano e Luca Di Raimondo con domicilio eletto
in Roma, presso lo studio del primo, piazza di Spagna n. 35;
    Contro   Marino   Rosaria,   rappresentante  e  difesa  dall'avv.
Sebastiana Dore con domicilio eletto in Roma alla via Pasubio n. 2, e
nei   confronti  Ajello  Marina,  non  costituita  in  giudizio,  per
l'annullamento  dell'ordinanza del Tribunale amministrativo regionale
Lazio, sez. I-ter, n. 6147/2005 del 28 ottobre 2005.
    Visti gli atti e i documenti depositati con l'appello;
    Visto l'atto di costituzione in giudizio di Marino Rosaria;
    Relatore il cons. Adolfo Metro;
    Uditi  nella  camera di consiglio del giorno 13 dicembre 2005 gli
avv.ti Terracciano, Di Raimondo e Dore;
    Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue.

                     F a t t o  e  d i r i t t o

    La  ricorrente  ha  impugnato innanzi al Tribunale amministrativo
regionale del Lazio il provvedimento con il quale la Regione Lazio ha
dichiarato  la  sua  cessazione  dall'incarico  di Direttore generale
dell'Agenzia   regionale  per  la  protezione  ambientale  del  Lazio
(A.R.P.A.), in applicazione dell'art. 55 del nuovo Statuto regionale,
approvato  con  l.r. 11 novembre 2004, n. 1 e dell'art. 71 della l.r.
17 febbraio 2005, n. 9.
    Ha  impugnato, altresi', il successivo provvedimento di nomina di
un Commissario straordinario dell'A.R.P.A.
    La  domanda  di  sospensione  dell'esecuzione  del  provvedimento
impugnato,   avanzata  in  via  incidentale,  e'  stata  accolta  con
ordinanza  del  Tribunale amministrativo regionale Lazio, sez. I-ter,
n. 6147  del  27  ottobre  2005, avverso la quale la regione Lazio ha
proposto  l'appello  indicato  in  epigrafe;  sostenendo  i  seguenti
motivi:
        1) inammissibilita'  del  ricorso  di  I grado per difetto di
giurisdizione;
        2) inammissibilta'  del  ricorso  di  I  grado per carenza di
interesse  alla impugnativa della nomina di Commissario straordinario
dell'ARPA,   in   considerazione  della  decadenza  automatica  della
ricorrente  dall'incarico  di  direttore  generale, per effetto delle
richiamate norme;
        3) erroneita' dell'ordinanza appellata, avendo i giudici di I
grado  ritenuto  ingiustamente,  in adesione a quanto sostenuto dalla
ricorrente, che le disposizioni di cui all'art. 71 della l.r. n. 9/05
(c.d.  «spoil  system»)  sarebbero  applicabili ai soli Enti indicati
nell'art.   55  dello  statuto  regionale,  con  esclusione,  quindi,
dell'ARPA,  che  sarebbe  regolata  dall'art.  54 dello statuto e che
avrebbe  una  forte caratterizzazione tecnico funzionale, esercitando
attivita' connesse a competenze non riconducibili esclusivamente alla
Regione,   della  quale  non  potrebbe,  percio',  considerarsi  Ente
dipendente;
        4) infondatezza  della  censura  secondo  cui  la  nomina del
Commissario  straordinario  sarebbe  stata disposta in violazione dei
presupposti di legge.
    La  ricorrente  di  primo  grado,  costituitasi  in  giudizio, ha
chiesto la reiezione dell'appallo sulla domanda cautelare, sostenendo
la fondatezza di suoi motivi di ricorso.
    Con  ordinanza  n. 6048  del  13 dicembre 2005, questa sezione ha
disposto  la  sospensione  del  giudizio  cautelare  in  vista  della
remissione degli atti alla Corte costituzionale, essendo la questione
analoga,  per i profili di incostituzionalita' di seguito richiamati,
a  quanto  gia'  rilevato  con altra ordinanza, riferita ai direttori
generali delle Ausl.
    La domanda cautelare in esame, infatti, sotto i combinati profili
delle   «ragionevole  previsione  sull'esito  del  "ricorso  e  della
valutazione   del   pregiudizio  allegato"»  dalla  ricorrente,  come
prescrive  l'art. 21  della  legge n. 1034/1971, nel testo modificato
dalla  legge  n. 205/2000,  per la gravita' e difficile riparabilita'
del  pregiudizio non solo economico ma anche professionale e sociale,
che  dall'esecuzione dei provvedimenti impugnati deriverebbe a carico
dell'interessata,  implica  una  adeguata valutazione in relazione al
fumus boni iuris delle doglianze dedotte.
    Non  si  dubita,  in  primo  luogo che, nella specie, sussista la
giurisdizione  del  giudice amministrativo, in quanto i provvedimenti
impugnati   sono  chiara  espressione  di  uno  straordinario  potere
attribuito all'amministrazione regionale in ordine all'organizzazione
degli  Enti  da  essa  dipendenti,  sulla  base  di  una  valutazione
discrezionale circa la sussistenza dei presupposti di legge, a fronte
della  quale  non  sono  ipotizzabili  se  non posizioni di interesse
legittimo al suo corretto esercizio.
    Superata  in  tal  modo  la  questione  di  rito, occorre passare
all'esame degli ulteriori motivi di appello.
    Deve  concordarsi,  con  la Regione Lazio, sulla infondatezza del
quarto  motivo  proposto  dalla ricorrente, secondo cui la nomina del
commissario  straordinario  sarebbe  stata  disposta in violazione di
legge,  per  sopperire  all'impossibilita'  di  nominare, entro il 16
agosto  2005,  il  nuovo  direttore generale, atteso che il potere di
commissariamento   deve  ritenersi  un  potere  di  natura  generale,
attribuito  a  chi  esercita  la  vigilanza sull'Ente, al fine di far
fronte  in  via  straordinaria  e  temporanea al periodo transitorio,
allorche'  non  siano  piu'  in  carica  gli  organi  ordinari  (C.S.
n. 507/2005).
    Resta,  pertanto,  da esaminare il terzo motivo di appello, a cui
e'  collegato  il  secondo motivo, relativi all'applicabilita', anche
all'ARPA, del c.d. «spoil system».
    Ai  sensi  della l.r. n. 45/1998, istitutiva dell'ARPA, la stessa
e' un ente strumentale della Regione dotato di personalita' giuridica
(art.  2), la cui natura di ente dipendente risulta chiaramente dalle
funzioni  in materia ambientale svolte a favore della regione stessa,
degli  enti locali e degli enti gestori delle aree naturali regionali
(art.  3),  dal  suo  assoggettamento  alla vigilanza e al controllo,
riservato alla giunta regionale (art. 9), dal fatto che la nomina del
direttore  generale e' riservata al consiglio regionale (art. 5), dal
fatto  che  il  personale,  i  beni e le dotazioni sono della regione
(art.19)  e  che i finanziamenti sono, in prevalenza, regionali (art.
20).
    All'ARPA,  pertanto,  in  quanto  ente  pubblico  dipendente,  va
applicato l'art. 55 dello statuto.
    In  ogni  caso, poi, quand'anche si volesse, in ipotesi, ritenere
applicabile  l'art.  54  dello  statuto,  l'ARPA,  in  quanto «unita'
amministrativa»,  rientrerebbe  ugualmente  nel  sistema dello «spoil
system»,  per  effetto  del  richiamo,  contenuto  nell'art. 71 l.r.,
n. 9/2005,   all'art.   53,  II  comma  dello  statuto,  che  prevede
l'applicazione  di  tale istituto anche alle posizioni amministrative
di particolare rilievo e responsabilita'.
    Ne'  puo'  ritenersi  che  l'autonomia  tecnica, amministrativa e
contabile  di  cui  gode  l'ARPA  e  la sua competenza su una materia
riservata  allo  Stato possa annullare la sua dipendenza funzionale e
politico amministrativa dalla regione, posto che, come ha rilevato la
stessa   Corte   costituzionale  (Sent.  n. 108/2005),  in  relazione
all'art.  117  Cost.  non  puo'  parlarsi,  in  senso tecnico, di una
materia   qualificabile   come   «tutela   dell'ambiente»,  riservata
rigorosamente  alla  competenza statale giacche' essa «configurandosi
piuttosto  come  un  valore  costituzionale  protetto  investe  altre
competenze  che  ben possono essere generali, spettando allo Stato il
compito di fissare standard di tutela uniforme sull'intero territorio
nazionale».
    Deriva,  da  tutto  cio',  la  correttezza  della  qualificazione
dell'ARPA  come  ente  dipendente dalla regione, il che comporterebbe
l'applicabilita',   nei   confronti   del   suo  direttore  generale,
dell'istituto  dello  «spoil  system»  e  l'accoglimento dell'appello
cautelare proposto dalla Regione Lazio.
    Peraltro,  come  gia'  rilevato  con ordinanza di questa sezione,
n. 5836/2005,  che  qui  si  richiama,  la normativa applicata appare
sospetta di incostituzionalita' sotto vari profili.
    «L'art.  55  dello  statuto  regionale  stabilisce  la  decadenza
generalizzata  dalla carica dei componenti degli organi istituzionali
di  tutti  gli  enti  dipendenti, decorso il novantesimo giorno dalla
prima seduta del consiglio regionale.
    La  norma  statutaria  e'  stata  estesa  dall'art. 71 della l.r.
9/2005  anche  alle ipotesi in cui la carica sia in atto alla data di
entrata   in   vigore   dello   Statuto,   disponendo,  a  tal  fine,
l'adeguamento  di  diritto  della  durata  del contratto regolante il
rapporto di lavoro sottostante.
    Ancorche' differita di novanta giorni, la cessazione dalla carica
e',  evidentemente,  connessa  al  rinnovo  del  consiglio regionale,
massimo  organo  politico  della regione, con l'evidente finalita' di
consentire  alle  forze  politiche  di  cui  e'  espressione il nuovo
consiglio, di sostituire i preposti agli organi istituzionali.
    La  disciplina,  tuttavia, e' atta ad introdurre una cesura nella
continuita'  dell'azione  amministrativa esplicata dal titolare della
carica, non in dipendenza della valutazione della qualita' di questa,
ma di un evento oggettivo, qual e' l'insediamento del nuovo consiglio
all'esito della consultazione elettorale.
    Cio'  appare  in contrasto con i principi costituzionali del buon
andamento    e   dell'imparzialita',   dettati   dall'art. 97   della
Costituzione.
    Invero,  la  norma  di  cui  al  ripetuto  art. 55, comma 4, come
attuata   con   l'art.   71,   l.r.  n. 9/2005,  anche  in  relazione
all'eventualita'  di  cessazioni  infrannuali,  comporta la possibile
incisione,  avulsa  da  ogni  vaglio di rendimento (cfr. in proposito
Corte  cost.  16  maggio  2002,  n. 193),  su  quella  stabilita'  ed
autonomia  che  consente al dirigente di improntare il suo operato al
rispetto dei richiamati principi.
    In  proposito, peraltro, non puo' trascurarsi di osservare che la
dilazione  trimestrale  della  decadenza e l'ampiamente discrezionale
facolta'  dell'amministrazione  di  conferma  nella carica, lungi dal
dissipare  il  dubbio di incostituzionalita', lo confortano in quanto
suscettibili di condizionare il comportamento dell'interessato ancora
in servizio, proprio in vista della possibile riconferma».
    Va  anche rilevato che la l.r. n. 45/1998 (Istituzione dell'ARPA)
prevede,  all'art.  5.6,  che  il  rapporto  di  lavoro del direttore
generale  e'  a  tempo  pieno  ed e' regolato da contratto di diritto
privato  di durata quinquennale e che l'incarico e' incompatibile con
ogni attivita' professionale e con cariche elettive pubbliche.
    Appare  evidente,  allora,  come da queste disposizioni emerge il
principio fondamentale della materia secondo il quale al rapporto del
direttore  generale deve essere garantita una stabilita' ed autonomia
in  misura,  certamente  rimessa  alla  valutazione discrezionale del
legislatore  regionale, ma comunque congrua per l'esercizio, da parte
di  tale  funzionario,  delle  sue specifiche attribuzioni, secondo i
canoni - ora precisati dall'art. 1 della legge 7 agosto 1990, n. 241,
come  novellato  con  legge  11 febbraio 2005, n. 15 - di adeguatezza
dell'azione amministrativa all'art. 97 Cost.
    La  contestata  normativa  regionale,  invece,  ha introdotto una
condizione  di  precarieta' di quel rapporto che, evidentemente, urta
contro  il  principio  ora  indicato. Il che si riscontra proprio nel
caso  di  specie,  in  cui,  in forza dei provvedimenti impugnati, il
rapporto  e'  stato  sciolto  in  anticipo  rispetto  alla sua durata
quinquennale stabilita nel contratto.
    Non  puo',  infine,  omettersi il rilievo che la previsione della
decadenza  dalla  carica  sembra esulare dalla competenza legislativa
regionale,  in  quanto  in incidendo sulla disciplina del sottostante
rapporto  di  lavoro  di  cui  determina la cessazione, si esplica in
realta'  nella  materia dell'«ordinamento civile», affidato dall'art.
117,  secondo  comma,  lettera  l),  Cost.  alla potesta' legislativa
esclusiva dello Stato.
    Per  tale  profilo,  in  relazione  ai  richiamati  principi,  va
rilevata  l'incostituzionalita'  anche dell'art. 19 del d.lgs. n. 165
del  30  marzo  2001,  relativo  alle amministrazioni statali, che in
relazione  agli  incarichi  di  cui  al comma 3, da un lato fissa gli
obiettivi  da conseguire con riferimento alle priorita', ai piani, ai
programmi,   nonche'  la  durata  dell  incarico  in  relazione  agli
obiettivi  prefissati,  durata  che  non puo' essere inferiore ai tre
anni  ne'  eccedere  i  cinque  anni,  e  dall'altro,  al comma 8, ne
dispone,  comunque, la cessazione, decorsi novanta giorni dal voto di
fiducia  al  Governo,  violando  l'obiettivo  della  separazione  fra
indirizzo  politico  e gestione amministrativa, che ispira la riforma
della dirigenza.
    Per  le  ragioni  sin  qui  esposte,  la  delineata  questione di
legittimita'  costituzionale  del  combinato  disposto  dell'art. 53,
secondo  comma  e/o  dell'art.  55,  comma quarto dello statuto della
Regione  Lazio,  approvato con l.r. 11 dicembre 2004 n. 1 e dell'art.
71,  comma  1,  3 e 4 della l.r. 17 febbraio 2005, n. 9 per contrasto
con  gli  artt.  97,  117, terzo comma, ultimo periodo e 117, secondo
comma,  lettera  l),  della  Costituzione,  e'  rilevante ai fini del
decidere e non e' manifestamente infondata.
    Pertanto, essa va sottoposta al vaglio della Corte costituzionale
nei termini che precedono.
                              P. Q. M.
    Sospende   il   giudizio   sul  ricorso  in  epigrafe  ed  ordina
l'immediata   trasmissione   degli   atti   di   causa   alla   Corte
costituzionale.
    Ordina  che  a  cura  della  segreteria della sezione la presente
ordinanza  sia  notificata alle parti in causa ed ai Presidenti della
Camera dei deputati e del Senato della Repubblica.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella camera di consiglio del giorno 13
dicembre 2005.
                       Il Presidente: Elefante
L'estensore: Metro
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