N. 297 ORDINANZA (Atto di promovimento) 8 aprile 2006
Ordinanza emessa l'8 aprile 2006 dal tribunale di Cagliari nel procedimento penale a carico di Pistis Raffaele Reati e pene - Circostanze del reato - Concorso di circostanze aggravanti e attenuanti - Divieto di prevalenza delle circostanze attenuanti sulle circostanze inerenti alla persona del colpevole nel caso previsto dall'art. 99, quarto comma, cod. pen. (recidiva reiterata) - Contrasto con il principio di ragionevolezza - Disparita' di trattamento rispetto a situazioni analoghe - Parita' di trattamento di situazioni diverse - Violazione del principio di legalita - Lesione dei principi di personalita' della responsabilita' penale e della funzione rieducativa della pena. - Codice penale, art. 69, comma 4, modificato dall'art. 3 della legge 5 dicembre 2005, n. 251. - Costituzione, artt. 3, 25, comma secondo, e 27, commi primo e terzo.(GU n.37 del 13-9-2006 )
IL TRIBUNALE Ha pronunciato la seguente ordinanza di rimessione alla Corte costituzionale ai sensi dell'art. 23, legge 11 marzo 1953 n. 87, nel procedimento iscritto al n. 3055/2006 R.N.R. e n. 831/2006 R.G. Trib. nei confronti di Pistis Raffaele, nato a Cagliari l'8 maggio 1952, imputato del delitto di cui agli artt. 81 cpv. c.p., 73, comma 1 e 1-bis d.P.R. n. 309/1990, perche', senza l'autorizzazione di cui all'art. 17 e fuori dalle ipotesi previste dall'art. 75 stesso d.P.R. illecitamente deteneva due confezioni pari a gr. 0,6 di cocaina e 1,4 di hashish, sostanze stupefacenti di cui alla tabella 1 prevista dall'art. 14, e cedeva a persone rimaste sconosciute un quantitativo delle medesime sostanze per la somma di Euro 50,00; In Cagliari il 3 aprile 2006. Con la recidiva reiterata specifica infraquinquennale di cui all'art. 99 c.p. Con decreto del 3 aprile 2006 e' stata disposta la presentazione dell'imputato Pistis Raffaele davanti a questo tribunale per la convalida dell'arresto ed il contestuale giudizio direttissimo, per rispondere del reato di cui alla rubrica. In pari data, l'arresto del predetto e' stato convalidato con l'applicazione al Pistis della misura cautelare degli arresti domiciliari, ritenuta la sussistenza dell'esigenza cautelare specialpreventiva di cui all'art. 274, lett. c) c.p.p., in relazione alla pericolosita', sociale evidenziata sia dalle circostanze dei fatti che dalla personalita' dell'arrestato. All'udienza del 6 aprile 2006, alla quale il processo e' stato rinviato in conseguenza della richiesta di un termine a difesa, l'imputato ha chiesto di essere giudicato con rito abbreviato. Disposto il rinvio all'udienza dell'8 aprile 2006 per la discussione, il pubblico ministero ha chiesto la condanna dell'imputato per il delitto contestato alla pena finale di anni cinque e mesi otto di reclusione e 25.000,00 euro di multa, mentre il difensore ne ha chiesto l'assoluzione o, in subordine, la condanna al minimo della pena con i benefici di legge. Dall'esame degli atti contenuti nel fascicolo del pubblico ministero ed in particolare dal verbale di arresto, di perquisizione e sequestro, emerge che in data 1° aprile 2006 i Carabinieri del NORM della Compagnia di Cagliari, nel contesto di un'attivita' mirata alla prevenzione e repressione del traffico di sostanze stupefacenti, intorno alle ore 21,40 effettuarono un servizio di osservazione nel quartiere di Sant'Elia. Ebbero cosi' modo di notare un individuo che stazionava nei giardini della piazza De Muro, posti di fronte al bar denominato «Club Inter». I militari constatarono che quell'uomo veniva in piu' circostanze avvicinato da giovani con i quali scambiava poche battute, poi egli indietreggiava di qualche metro e si chinava a raccogliere da terra qualcosa che, successivamente, consegnava ai giovani. I militari dopo circa trenta minuti di osservazione (nel corso dei quali erano intervenuti due avvicinamenti con le modalita' sopra descritte), bloccarono l'uomo che fu identificato nell'odierno imputato Pistis Raffaele. Nel luogo dove quest'ultimo si chinava per terra fu rinvenuta, nascosta in un mucchio di detriti, una bottiglietta di plastica bianca (chiusa con un tappo) contenente due confezioni di cellophane celeste termosaldato, contenenti complessivamente 0,6 grammi di cocaina (come poi risultato dimostrato dal narcotest). La perquisizione personale del Pistis consenti' di rinvenire, nella tasca dei jeans, un pezzo di sostanza stupefacente del tipo hashish del peso di gr. 1,4 nonche' una banconota da 50,00 euro. All'udienza di convalida il Pistis, rispondendo all'interrogatorio, ha affermato che gli avvicinamenti ai giovani erano avvenuti poiche' egli aveva acquistato da essi lo stupetacente che poi aveva riposto nella bottiglia per terra. Dalle complessive emergenze processuali si ricava una incontrovertibile convergenza degli elementi probatori raccolti a sostegno del diretto coinvolgimento dell'imputato in una seppure modesta attivita' di detenzione a fine di spaccio e cessione della droga. I fatti integrano, quindi, i reati di cui ai commi 1 e 1-bis dell'art. 73 del d.P.R. n. 309/1990 cosi' come novellato dal d.l. n. 272/2005 convertito con modificazioni dalla legge n. 49/2006 che ridisegnato le fattispecie. Tuttavia, la valutazione delle modalita' del fatto - tenuti presenti i modesti quantitativi di stupefacente sequestrati, ancorche' di tipo diverso, e la modesta somma di denaro rinvenuta - convince il giudicante della ravvisabilila', nel caso di specie, dell'attenuante del fatto di lieve entita' di cui all'art. 73, comma 5, d.P.R. n. 309/1990 (attualmente punito con la pena da uno a sei anni di reclusione, oltre che alla pena detentiva). Si osserva al riguardo che il fatto debba essere ricondotto nell'alveo di quelli «di lieve entita» tenuto conto che oggetto della cessione e della detenzione fu certamente una quantita' modesta di sostanza stupefacente e delle rudimentali modalita' organizzative del commercio. Cio' detto, non puo', peraltro, non rilevarsi, a questo punto che il giudizio di comparazione tra la predetta circostanza attenuante e la contestata recidiva reiterata (il Pistis ha riportato diverse condanne per delitti dolosi, di cui alcune in materia di stupefacenti) deve limitarsi alla sola equivalenza delle circostanze (ovvero di subvalenza delle attenuanti rispetto alle aggravanti) a mente della previsione contenuta all'art. 69, comma 4, c.p., come novellato dalla legge 5 dicembre 2005, n. 251 (norma applicabile ratione temoporio alla fattispecie concreta). Invece, nel caso concreto, nel bilanciamento delle circostanze l'attenuante di cui all'art. 73, comma 5, d.P.R. n. 309/1990 sarebbe da considerare prevalente rispetto all'aggravante della recidiva reiterata; ma tale operazione e' oggi impedita dal disposto dell'art. 69, comma 4 c.p., La norma in riferimento, ad avviso del giudicante, appare seriamente sospetta di incostituzionalita' per violazione degli artt. 3, 25 comma 2 e 27 commi 1 e 3 della Costituzione. Questo giudice non ignora che la Corte costituzionale ha piu' volte affermato che rientra nella discrezionalita' del legislatore la determinazione della quantita' e qualita della sanzione penale; tuttavia, in numerose pronunce (cfr. ordinanze n. 438 del 2001, n. 207 del 1999, n. 435 del 1998), la stessa Corte ha precisato che l'esercizio ditale discrezionalita' puo' essere sindacato quando non venga rispettato il limite della ragionevolezza e si dia quindi luogo ad una disparita' di trattamento palesemente irragionevole (cosi', di recente - sentenza n. 78 del 10/18 febbraio 2005 - ribadendo che «a prescindere dal rispetto di altri parametri, la normativa deve essere anzitutto conforme a criteri di intrinseca ragionevolezza»). Ora, la disposizione di cui all'art. 69, comma 4, c.p., che fa divieto al giudice di valutare le attenuanti prevalenti sulla recidiva reiterata (e, conseguentemente, di irrogare pene inferiori ai minimi edittali ai recidivi reiterati), appare irragionevole sotto molteplici profili. In primo luogo, finisce per punire allo stesso modo violazioni della medesima norma incriminatrice di gravita' e portata offensiva concrete differenti (nel caso di specie, lo spaccio di lieve entita' verrebbe punito con la stessa sanzione prevista per lo spaccio non lieve); in secondo luogo, determina la conseguenza di punire differentemente fatti identici diversificati solo dal fatto che l'autore sia o no recidivo reiterato. In entrambe le ipotesi, la recidiva reiterata configura una condizione di pericolosita' presunta che giustifica, di per se' solo, il piu' grave trattamento sanzionatorio, e cio' a prescindere dalla valutazione delle circostanze che connotano il caso concreto, in violazione del principio di eguaglianza di cui all'art. 3 della Costituzione. Peraltro, la stessa giurisprudenza costituzionale ha avuto modo di precisare (seppure in sede di scrutinio delle norme relative all'applicazione di misure di sicurezza, con principi che si ritengono valevoli anche in tema di disciplina delle pene) che la presunzione di pericolosita' contrasta con il principio di eguaglianza di cui all'art. 3 della Costituzione quando non abbia fondamento nell'id quod plerumque accidit ed a cio' consegua l'indiscriminata applicazione di misure identiche in situazioni differenti (sent. Corte costituzionale n. 1 del 1971, n. 106 del 1972 e 139 del 1982). E' di tutta evidenza il fatto che l'introduzione, ad opera della norma censurata, di un meccanismo di automatismo sanzionatorio comporta il contrasto con i principi soprariportati giacche' legittima l'indiscriminata omologazione dei recidivi reiterati sul presupposto di una pericolosita' presunta in via assoluta, qualunque sia il titolo dei delitti oggetto delle precedenti condanne e di quello cui si riferisce l'attuale condanna, nonche' qualunque sia l'epoca dei delitti gia' giudicati. Ancora: l'aggravamento sanzionatorio collegato alla mera contestazione della recidiva reiterata (ed alla presunzione di pericolosita' ad essa collegata) impone l'irrogazione di pene elevate che possono risultare del tutto sproporzionate a fronte della contestazione di fatti di modesta gravita' ovvero nei casi di recidivi reiterati in concreto non pericolosi o scarsamente pericolosi (si pensi alle ipotesi di fatti di ingiuria e minaccia, commessi in diverse occasioni e non avvinti dal vincolo della continuazione, giudicati con distinti processi). Sotto questo profilo il divieto introdotto dalla norma censurata collide altresi' con i principi ricavabili dagli artt. 25, comma 2, e 27, commi 1 e 3, della Costituzione. La finalita' del giudizio di comparazione previsto dall'art. 69 c.p., laddove attribuisce al giudice la valutazione della prevalenza od equivalenza in caso di concorso di circostanze aggravanti ed attenuanti, e' quella di giudicare il fatto delittuoso nella sua interezza e complessita', tenuti presenti anche le circostanze inerenti alla persona del colpevole e gli elementi, positivi o negativi, che qualificano il reato ed il suo autore laddove significativi e decisivi; cio' al fine di conseguire il perfetto adeguamento della pena al caso concreto (Cass., 28 giugno 2005, Matti). Il principio di legalita' garantito dall'art. 25, comma 2, della Costituzione, sancisce un legame indissolubile tra la sanzione penale e la commissione di un «fatto», senza consentire la punizione della mera pericolosita' del reo o il suo atteggiamento interiore. Alla ineliminabile funzione retributiva della pena deve essere associata quella rieducativa, in termini di necessaria coesistenza, senza possibilita' di obliterazione dell'una a vantaggio dell'altra (Corte costituzionale, n. 306/1993). Pertanto, solo l'adeguamento della risposta punitiva al caso concreto, attraverso l'individualizzazione di una pena che tenga conto dell'effettiva entita' e delle caratteristiche del singolo caso contribuisce a rendere operativo il principio della responsabilita' penale «personale», finalizzando la pena nella prospettiva indicata dall'art. 27, comma 3, Costituzione e garantendo l'attuazione dell'eguaglianza del cittadino di fronte alle pene, intesa come proporzione rispetto alle «personali» responsabilita'. Al contrario, la norma introdotta dalla legge n. 251/2005 nel testo dell'art. 69, quarto comma, c.p., escludendo per il caso del recidivo reiterato il giudizio di prevalenza delle circostanze attenuanti, impedisce al giudice di adeguare la pena al caso concreto, impone l'irrogazione di pene sproporzionate rispetto alla gravita' del fatto e vanifica la funzione rieducativa della sanzione penale e le sue finalita' di prevenzione generale e speciale. La questione proposta appare, dunque, rilevante nel giudizio de quo (dovendo il giudice emettere sentenza di condanna a pena severissima malgrado la contenuta gravita' del fatto) e non manifestamente infondata alla luce delle argomentazioni, seppure sinteticamente, sopra riportate.
P. Q. M. Visto l'art. 23, legge 11 marzo 1953, n. 87; Ritenuta rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 69, comma 4, c.p., nel testo novellato dall'art. 3, legge n. 251/2005, nella parte in cui pone il divieto di prevalenza delle circostanze attenuanti sulle circostanze aggravanti nel caso previsto dall'art. 99, comma 4, c.p. per contrasto con gli artt. 3, 25, comma 2 e 27 commi 1 e 3 della Costituzione. Dispone la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale e sospende il giudizio in corso. Ordina che a cura della cancelleria la presente ordinanza sia comunicata al Presidente del Consiglio dei ministri e ai Presidenti delle due Camere del parlamento. Cagliari, addi' 8 aprile 2006 Il giudice: Anedda 06C0747