N. 397 ORDINANZA (Atto di promovimento) 10 maggio 2006
Ordinanza emessa il 10 maggio 2006 dal tribunale amministrativo regionale del Veneto sul ricorso proposto dalla societa' Ca' Dese S.a.s. di Tombacco Giorgio & C. ed altra contro il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti ed altri Giustizia amministrativa - Controversie relative alla legittimita' delle ordinanze e dei conseguenziali provvedimenti commissariali adottati in tutte le situazioni di emergenza dichiarate ai sensi dell'art. 5, comma 1, della legge 24 febbraio 1992, n. 225 - Competenza, in via esclusiva, in primo grado, attribuita al Tribunale amministrativo regionale del Lazio - sede di Roma - Irragionevole deroga al principio della competenza del Tribunale amministrativo regionale della Regione in cui il provvedimento e' destinato ad avere incidenza - Violazione del diritto di difesa e del principio di tutela giurisdizionale - Lesione del principio del giudice naturale - Violazione del principio del decentramento territoriale della giurisdizione amministrativa - Violazione del principio di ragionevole durata dei processi. - Decreto-legge 30 novembre 2005, n. 245, art. 3, commi 2-bis, 2-ter, 2-quater, introdotti dalla legge 27 gennaio 2006, n. 21. - Costituzione, artt. 3, 24, 25, 111, 113 e 125.(GU n.41 del 11-10-2006 )
IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE A pronunciato la seguente ordinanza sul ricorso n. 158/05 proposto da societa' Ca' Dese S.a.s. di Tombacco Giorgio & C. e dalla ditta Cantine F.lli Tombacco in persona dei legali rappresentanti pro tempore, rappresentati e difesi dagli avv. Annamaria Tassetto e Franco Zambelli, con elezione di domicilio presso lo studio degli stessi in Mestre-Venezia, via Cavallotti, 22; Contro il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, il Ministero per i beni e le attivita' culturali, la Presidenza del Consiglio dei ministri, il Commissario delegato per l'emergenza socio economico ambientale di Mestre, il Comitato interministeriale per la programmazione economica, ed A.N.A.S. S.p.A. in persona dei legali rappresentanti pro tempore, rappresentati e difesi dall'Avvocatura distrettuale dello Stato, domiciliataria ex lege; la Regione Veneto in persona del presidente pro tempore della giunta regionale, rappresentata e difesa dagli avv. Alfredo Biagini e Fulvio Lorigiola, con elezione di domicilio presso lo studio del primo in Venezia, Santa Croce, 466/g; la Provincia di Venezia in persona del presidente pro tempore della giunta provinciale, non costituita in giudizio; il Comune di Martellago in persona del sindaco pro tempore, non costituito in giudizio; e nei confronti di Combi Pier Francesco, non costituito in giudizio; dell'A.T.I. costituita tra Impregilo S.p.A. (capogruppo mandataria, Grandi Lavori Fincosit e Consorzio cooperative costruzioni «mandanti») in persona del legale rappresentante pro tempore, non costituita in giudizio; e di Passante di Mestre S.C.P.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avv. Vittorio Domenichelli, Guido Zago e Pier Vettor Grimani, con elezione di domicilio presso lo studio dell'ultimo in Venezia, Santa Croce, 466/g; per l'annullamento del decreto del Commissario delegato per l'emergenza socio economico ambientale della viabilita' di Mestre 20 settembre 2004 n. 12/2004, di approvazione del progetto definitivo dell'autostrada A4 - Variante di Mestre - Passante autostradale nonche' di ogni altro atto connesso, presupposto o conseguente, tra cui il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 13 febbraio 2004, il parere del Comitato tecnico-scientifico 15 settembre 2004 e la nota del Responsabile unico del procedimento 4 novembre 2004, n. prot. 1404; Visto il ricorso notificato e depositato presso la segreteria con i relativi allegati; Visti gli atti di costituzione in giudizio; Visti gli atti tutti della causa; Uditi alla pubblica udienza del 27 aprile 2006 (relatore il Consigliere Lorenzo Stevanato) gli avvocati: Cervesato, in sostituzione di Zambelli, per la parte ricorrente, Cerillo per le PP.AA. e per il Commissario delegato per l'emergenza socio economico ambientale di Mestre, Cristante, in sostituzione di Biagini, per la Regione Veneto e Pacifici, in sostituzione di Grimani, per Passante di Mestre S.C.P.A; Ritenuto in fatto e considerato in diritto. F a t t o Le due ricorrenti, proprietarie di immobili in Comune di Martellago, incisi dal progettato Passante autostradale di Mestre, hanno presentato il ricorso in epigrafe avverso il decreto di approvazione del progetto definitivo dell'autostrada A4 - Variante di Mestre - Passante autostradale ed avverso gli atti connessi, deducendo piu' censure di violazione di legge e di eccesso di potere sotto vari profili. Si sono costituite in giudizio sia le intimate amministrazioni sia la societa' consortile di progetto Passante di Mestre incaricata dell'esecuzione delle opere ed hanno controdedotto puntualmente. In sede di discussione orale, all'udienza del 27 aprile 2006, e' stata sollevata la questione pregiudiziale di incostituzionalita' dell'art. 3, commi 2-bis, 2-ter e 2-quater della legge n. 21/2006, che sembra attribuire la competenza esclusiva sulla presente controversia al Tribunale amministrativo regionale del Lazio. D i r i t t o Costituiscono oggetto del giudizio il decreto del Commissario delegato per l'emergenza socio economico ambientale della viabilita' di Mestre 20 settembre 2004 n. 12/2004, di approvazione del progetto definitivo dell'autostrada A4 - Variante di Mestre - Passante autostradale, e gli atti presupposti o conseguenti, tra cui il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 13 febbraio 2004, il parere del Comitato tecnico scientifico 15 settembre 2004 e la nota del Responsabile unico del procedimento 4 novembre 2004 n. prot. 1404. Si tratta di atti e provvedimenti tutti riconducibili ai poteri conferiti al Commissario delegato per fronteggiare lo stato di emergenza del settore del traffico e della mobilita' nella localita' di Mestre. La situazione di emergenza era stata dichiarata con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 28 febbraio 2003, emanato ex art. 5, comma 1, legge n. 225/1992. Percio', la controversia ha per oggetto un provvedimento commissariale (nonche' atti connessi) «consequenziale» a tale ordinanza emergenziale, come previsto dall'art. 3, comma 2-bis, della legge 27 gennaio 2006, n. 21 di conversione, con modificazioni, del d.l. 30 novembre 2005 n. 245, che recita: «In tutte le situazioni di emergenza dichiarate ai sensi dell'art. 5, comma 1, della legge 24 febbraio 1992, n. 225, la competenza di primo grado a conoscere della legittimita' delle ordinanze adottate e dei consequenziali provvedimenti commissariali spetta in via esclusiva, anche per l'emanazione delle misure cautelari, al Tribunale amministrativo regionale del Lazio, con sede in Roma». Il comma 2-ter, a sua volta, prescrive che «Le questioni di cui al comma 2-bis sono rilevate di ufficio», diversamente dalla norma processuale vigente in tema di incompetenza territoriale dei tribunali amministrativi, che esclude la rilevabilita' d'ufficio (art. 31 legge n. 1034/1971: la parte che l'eccepisce deve proporre apposito regolamento preventivo davanti al Consiglio di Stato). Secondo le nuove disposizioni, il tribunale adito, territorialmente incompetente, non puo' in ogni caso pronunciarsi sull'istanza cautelare, diversamente dal normale regime processuale che non preclude tale pronuncia, se non sia stato ancora proposto il regolamento preventivo di competenza. I citati tre commi dell'art. 3 legge n. 21/2006 si configurano - ad avviso del Collegio - come norme processuali «intruse» (che sarebbero vietate secondo la circolare di «drafting» 2 maggio 2001 della Presidenza del Consiglio dei ministri) in una legge che ha un oggetto (apparentemente) limitato all'emergenza nel settore dei rifiuti nella Regione Campania (cosi' il titolo della legge). Anche la rubrica dell'articolo nel quale tali norme sono state inserite ha un oggetto diverso e piu' limitato («Destinazione delle risorse finanziarie e procedure esecutorie»). Tuttavia, il testuale tenore delle disposizioni legislative in commento non depone affatto a favore di un'interpretazione che ne limiti gli effetti ai soli provvedimenti relativi all'emergenza rifiuti nella Regione Campania. Infatti, il comma 2-bis e' riferito a «tutte le situazioni di emergenza dichiarate ai sensi dell'art. 5, comma 1, della legge 24 febbraio 1992, n. 225». Inoltre, la formulazione del comma 2-ter, secondo periodo, laddove prevede che «Davanti al giudice amministrativo il giudizio e' definito con sentenza succintamente motivata ai sensi dell'art. 26, della legge 6 dicembre 1971, n. 1034, e quella del comma 2-quater, secondo periodo, laddove prevede che «L'efficacia delle misure cautelari adottate da un tribunale amministrativo diverso da quello di cui al comma 2-bis permane fino alla loro modifica o revoca da parte del Tribunale amministrativo regionale del Lazio, con sede in Roma, cui la parte interessata puo' riproporre il ricorso» suggeriscono una valenza generale dello spostamento di competenza, perche' altrimenti non si sarebbero usate le locuzioni «Davanti al giudice amministrativo» e «un tribunale amministrativo diverso», ma le locuzioni «Davanti al tribunale amministrativo della Campania» e «il Tribunale amministrativo della Campania». Anche se dai lavori parlamentari si evince che il Governo, autore dell'emendamento inserito nella legge in controversia, intendeva limitare lo spostamento di competenza giurisdizionale alle sole situazioni emergenziali dei rifiuti in Campania, tuttavia cio' non e' sufficiente ad orientare il Collegio verso una tale interpretazione delle disposizioni processuali, perche' si dovrebbe altrimenti forzare il significato letterale delle parole. Com'e' noto, infatti, ai lavori preparatori puo' riconoscersi valore unicamente sussidiario nell'interpretazione di una legge. Se da essi possono trarsi elementi utili ai fini dell'individuazione del significato di singole disposizioni normative e della ratio che le giustifica, tale operazione trova tuttavia un limite in cio' che la volonta' da essi risultante non puo' sovrapporsi alla volonta' obiettiva della legge, quale emerge dal significato proprio delle parole secondo la connessione di esse, e dall'intenzione del legislatore intesa come volonta' oggettiva della norma voluntas legis, da tenersi distinta dalla volonta' dei singoli partecipanti al processo formativo di essa voluntas legislatoris. Le nuove disposizioni, dunque, si applicano - secondo l'interpretazione del Collegio - anche alla presente controversia. Circa la rilevanza della questione ai fini della decisione da assumere, essa appare evidente. Invero, il Collegio sarebbe tenuto, sulla base della normativa sopravvenuta - ove non dubitasse della legittimita' costituzionale di essa - a dichiarare tout court improcedibile il ricorso, con sentenza in forma semplificata ex art. 26 legge n. 1034/1971, come prescritto dal comma 2-ter dell'art. 3 del d.l. n. 245/2005 convertito in legge n. 21/2006, perche' le nuove disposizioni che spostano la competenza «si applicano anche ai processi in corso» come recita il comma 2-quater. Della costituzionalita' dei citati commi 2-bis, 2-ter e 2-quater del d.l. n. 245/2005 convertito in legge n. 21/2006, in ordine alla competenza funzionale del Tribunale amministrativo regionale del Lazio, il Collegio dubita per diverse ragioni. Anzitutto, si evidenzia il contrasto con l'art. 125 della Costituzione, e segnatamente con il principio del decentramento e dell'articolazione su base regionale degli organi statali di giustizia amministrativa di primo grado, ivi espressa («Nella regione sono istituiti organi di giustizia amministrativa di primo grado, secondo l'ordinamento stabilito da legge della Repubblica»), nonche' col principio di ragionevolezza desumibile dall'art. 3 della Costituzione. La previsione costituzionale dell'art. 125, attuata con la legge n. 1034 del 1971 che ha istituito i tribunali amministrativi regionali, implica che la sfera di competenza di questi ultimi abbia rilievo e garanzia costituzionali, ne' si vede perche' essa debba subire una deroga generalizzata (pure in controtendenza alla riforma del titolo quinto della Costituzione) con attribuzione alla competenza funzionale inderogabile al T.a.r del Lazio, allorquando le singole situazioni di emergenza abbiano rilievo esclusivamente locale. Una deroga generale al principio derivante dall'art. 125 della Costituzione, secondo cui i singoli Tribunale amministrativo regionale sono posti su un piano paritario, con lo spostamento di competenza ad un tribunale diverso da quello territorialmente competente, non si giustificherebbe nemmeno facendo ricorso all'argomento che il tribunale locale sarebbe troppo sensibile ed esposto alle tensioni che possono sorgere presso la popolazione locale, derivanti dagli eventi emergenziali e dai mezzi straordinari impiegati per affrontarli. Anzitutto, tale ipotetica finalita' non sarebbe in assoluto garantita nemmeno dalla concentrazione delle controversie di cui si tratta presso il Tribunale amministrativo regionale del Lazio, e cio' relativamente a quelle situazioni di emergenza riguardanti la Regione Lazio. Cio' che vale per i giudici operanti nei Tribunale amministrativo regionale regionali, invero non puo' non valere, se l'idea di fondo e' quella della sovraesposizione del giudice locale, per il giudice che ha sede nella capitale e che decide cause che riguardano il proprio territorio. E comunque, al perseguimento di tale esigenza, altri dovrebbero essere i rimedi, di carattere non generale ed assoluto ma da applicarsi caso per caso ed in relazione a situazioni contingenti: ad esempio, lo spostamento di competenza potrebbe avere una sua ragionevolezza se fosse concepito e disciplinato similmente alle fattispecie di rimessione del processo ex artt. 45 e ss. c.p.p. (c.d. «legittima suspicione») e non in via generale. D'altronde, se questa fosse la ratio inespressa delle disposizioni in esame, che peraltro rivelerebbe una ben scarsa considerazione per la professionalita' e la dignita' dei magistrati amministrativi in servizio presso i Tribunale amministrativo regionale periferici, la loro introduzione resta di fatto inspiegabile, anche se considerata essa stessa una scelta emergenziale, perche' situazioni di questo tipo (tensione presso le popolazioni coinvolte che si sia riverberata sui giudici amministrativi locali, minandone la serenita' di giudizio) non si sono finora registrate e comunque anche in questa prospettiva esiste la immediata devoluzione della questione al giudice d'appello che e' certamente in grado di correggere questa possibile distorsione del giudizio sin qui del tutto virtuale. Se invece, com'e' anche possibile ipotizzare, la ratio sottostante delle disposizioni legislative in questione fosse da ricercarsi nell'esigenza di assicurare un sistema piu' «rafforzato» di protezione civile, si dovrebbe concludere che la finalita' surrettizia delle disposizioni in esame sarebbe quella di evitare che, di fronte all'imminenza ed alla gravita' del pericolo per l'integrita' di beni fondamentali dell'uomo, il giudice amministrativo periferico possa utilizzare con leggerezza lo strumento cautelare, paralizzando l'efficacia di urgenti ed indilazionabili interventi di protezione civile. Senonche', tale esigenza sembra gia' garantita dalla previsione che ai processi si applicano le norme di accelerazione ex art. 23-bis, comma 2 e ss., legge n. 1034/1971 (come previsto dal comma 2-ter, secondo periodo, dell'art. 3 d.l. n. 245/2005 convertito in legge n. 21/2006). Ma soprattutto, se questa e' l'esigenza sottesa alle norme sullo spostamento di competenza, anch'essa rivela una ben scarsa considerazione per la professionalita' e la dignita' dei magistrati amministrativi in servizio presso i Tribunale amministrativo regionale periferici, del tutto ingiustificata perche' la loro qualificazione, la loro esperienza e lo svolgimento della loro carriera sono perfettamente identici a quelli dei magistrati in servizio presso il Tribunale amministrativo regionale del Lazio. Tale ratio rivela, poi, un disegno, irrazionale ed incompatibile col dettato costituzionale dell'art. 125 della Costituzione, inteso a modificare l'assetto ordinamentale della giustizia amministrativa, sia creando un'asimmetria tra il t.a.r centrale e quelli periferici che va ben oltre l'attuale criterio di riparto delle competenze basato sull'efficacia (regionale o ultraregionale) dei provvedimenti delle autorita' centrali dello Stato, sia diversificando le funzioni dei magistrati amministrativi, secondo che prestino servizio presso il Tribunale amministrativo regionale centrale o presso un Tribunale amministrativo regionale periferico. Peraltro, lo spostamento della competenza su questa materia e' irrazionalmente solo parziale, poiche' il regime derogatorio sulla competenza esclusiva del Tribunale amministrativo regionale del Lazio riguarda le ordinanze ed i consequenziali provvedimenti commissariali, ma non i decreti governativi che dichiarano lo stato di emergenza. Questi ultimi, infatti, non essendo nominati dalle norme in questione, continuano a rientrare, paradossalmente, nell'ordinaria competenza dei Tribunale amministrativo regionale presso la regione in cui i provvedimenti sono destinati ad avere efficacia. A cio' si aggiunga che il comma 2-quater dispone: «Le norme di cui ai commi 2-bis e 2-ter si applicano anche ai processi in corso. L'efficacia delle misure cautelari adottate da un tribunale amministrativo diverso da quello di cui al comma 2-bis permane fino alla loro modifica o revoca da parte del Tribunale amministrativo regionale del Lazio, con sede in Roma, cui la parte interessata puo' riproporre il ricorso». In tal modo, il Tribunale amministrativo regionale del Lazio non assume soltanto una nuova competenza funzionale esclusiva di primo grado, ma sembra configurarsi anche come vero e proprio giudice di appello sulle decisioni cautelari di un tribunale periferico, potendo «modificare» o «revocare» le misure cautelari da questo concesse, in contrasto con la sua natura di organo di giustizia amministrativa di primo grado. Altri profili di irragionevolezza emergono, poi: a) dal fatto che viene imposta ai tribunali periferici (dal comma 2-ter) la pronuncia declinatoria di competenza con sentenza succintamente motivata ai sensi dell'art. 26 della legge n. 1034/1971 (cio' che rientra, invece, nella discrezionalita' del giudicante) e contemporaneamente viene prescritta l'applicazione dei commi 2 e seguenti dell'art. 23-bis della stessa legge n. 1034/1971, che riguardano un diverso e piu' complesso modo di procedere in giudizio (dimezzamento dei termini, fissazione accelerata dell'udienza; possibilita' di emanazione di ordinanze cautelari in caso di estrema gravita' ed urgenza); b) dal fatto che la mancata riproposizione - per la quale non e' previsto un dies a quo - del ricorso davanti al Tribunale amministrativo regionale del Lazio (come previsto dal comma 2-quater) quando siano state emanate pronunce cautelari da un Tribunale amministrativo regionale periferico, comporta la permanenza di efficacia di tali pronunce nonostante la norma preveda la loro modifica o revoca da parte del Tribunale amministrativo regionale del Lazio. Sotto i profili appena esposti emerge, quindi, un contrasto con l'art. 125 della Costituzione nonche' un'intrinseca irragionevolezza delle norme in questione, in contrasto col postulato fondamentale recato dall'art. 3 della Costituzione. Altro profilo di incostituzionalita' va ravvisato nella violazione del principio del giudice naturale precostituito per legge, di cui all'art. 25 della Costituzione. La norma costituzionale ora citata, stabilendo che «nessuno puo' essere distolto dal giudice naturale precostituito per legge», esclude che vi possa essere una designazione del giudice da parte del legislatore con norme singolari, che deroghino a regole generali, dopo che la controversia sia insorta. Perche' tale principio possa considerarsi rispettato occorre che la regola di competenza sia prefissata rispetto all'insorgere della controversia, mentre le disposizioni qui sospettate di incostituzionalita' contravvengono a tale regola riconducibile all'art. 25 della Costituzione. Tale profilo di incostituzionalita' si evidenzia particolarmente nella parte della disciplina in questione (comma 2-quater) che dispone lo spostamento di competenza ai processi pendenti (com'e' quello presente) e addirittura consente - come gia' esposto - una riforma dei provvedimenti assunti in sede cautelare. Pertanto, anche l'art. 25 della Carta costituzionale appare vulnerato dalla normativa in esame. Inoltre, le nuove norme recano un grave disagio ai ricorrenti, non giustificato dalla natura accentrata della pubblica amministrazione o dall'efficacia estesa a tutto il territorio nazionale dei provvedimenti sui quali deve esercitarsi la cognizione del Tribunale amministrativo regionale del Lazio, secondo il normale criterio di riparto della competenza tra Tribunale amministrativo regionale del Lazio e tribunali periferici. Cio' comporta una violazione degli artt. 24 e 113 della Costituzione, in quanto riduce le possibilita' di tutela dei diritti e degli interessi legittimi, per la maggiore difficolta' ed i maggiori costi che devono essere sopportati dagli interessati per esercitare l'azione presso il Tribunale amministrativo regionale del Lazio, piuttosto che presso gli organi giurisdizionali periferici, nonche' in via derivata una disparita' di trattamento con coseguente violazione dell'art. 3 della Costituzione. Infine, la concentrazione presso il Tribunale amministrativo regionale del Lazio di queste controversie potrebbe influire negativamente sui tempi dei processi e, sotto questo profilo, la scelta del legislatore e' illogicamente antitetica al principio di ragionevole durata dei processi (art. 111, comma 1, della Costituzione) la cui corretta applicazione vorrebbe invece che le controversie fossero normalmente distribuite presso ciascun Tribunale amministrativo regionale periferico. Sotto gli anzidetti profili, il Collegio ravvisa un contrasto dell'art. 3, commi 2-bis, 2-ter e 2-quater, del d.l. n. 245/2005 convertito in legge n. 21/2006, con gli artt. 3, 24, 25, 111, 113 e 125 della Costituzione. Il giudizio va pertanto sospeso e gli atti vanno trasmessi alla Corte costituzionale.
P. Q. M. Ritiene rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 3, commi 2-bis, 2-ter e 2-quater del d.l. 30 novembre 2005, n. 245, convertito in legge 27 gennaio 2006, n. 21. Sospende quindi il giudizio ed ordina l'immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale. Dispone che, a cura della segreteria, la presente ordinanza sia notificata alle parti in causa ed al Presidente del Consiglio dei ministri e sia comunicata ai Presidenti delle due Camere del Parlamento. Cosi' deciso in Venezia, in Camera di consiglio, addi' 27 aprile 2006. Il Presidente: Ambroso L'estensore: Stevanato 06C0852