N. 397 ORDINANZA (Atto di promovimento) 10 maggio 2006

Ordinanza  emessa  il  10  maggio  2006  dal tribunale amministrativo
regionale  del  Veneto  sul  ricorso proposto dalla societa' Ca' Dese
S.a.s.  di  Tombacco  Giorgio & C. ed altra contro il Ministero delle
infrastrutture e dei trasporti ed altri

Giustizia  amministrativa  -  Controversie relative alla legittimita'
  delle  ordinanze  e  dei conseguenziali provvedimenti commissariali
  adottati  in  tutte  le situazioni di emergenza dichiarate ai sensi
  dell'art. 5,  comma 1,  della  legge  24 febbraio  1992,  n. 225  -
  Competenza,  in  via  esclusiva,  in  primo  grado,  attribuita  al
  Tribunale  amministrativo  regionale  del  Lazio  -  sede di Roma -
  Irragionevole  deroga  al  principio della competenza del Tribunale
  amministrativo  regionale  della Regione in cui il provvedimento e'
  destinato  ad  avere incidenza - Violazione del diritto di difesa e
  del principio di tutela giurisdizionale - Lesione del principio del
  giudice  naturale  -  Violazione  del  principio  del decentramento
  territoriale  della  giurisdizione  amministrativa - Violazione del
  principio di ragionevole durata dei processi.
- Decreto-legge 30 novembre 2005, n. 245, art. 3, commi 2-bis, 2-ter,
  2-quater, introdotti dalla legge 27 gennaio 2006, n. 21.
- Costituzione, artt. 3, 24, 25, 111, 113 e 125.
(GU n.41 del 11-10-2006 )
                IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE

    A   pronunciato  la  seguente  ordinanza  sul  ricorso  n. 158/05
proposto da societa' Ca' Dese S.a.s. di Tombacco Giorgio & C. e dalla
ditta Cantine F.lli Tombacco in persona dei legali rappresentanti pro
tempore,  rappresentati  e  difesi  dagli  avv.  Annamaria Tassetto e
Franco  Zambelli,  con  elezione  di domicilio presso lo studio degli
stessi in Mestre-Venezia, via Cavallotti, 22;
    Contro  il  Ministero  delle  infrastrutture  e dei trasporti, il
Ministero  per  i  beni  e  le attivita' culturali, la Presidenza del
Consiglio dei ministri, il Commissario delegato per l'emergenza socio
economico  ambientale di Mestre, il Comitato interministeriale per la
programmazione  economica,  ed  A.N.A.S. S.p.A. in persona dei legali
rappresentanti  pro  tempore,  rappresentati e difesi dall'Avvocatura
distrettuale  dello  Stato, domiciliataria ex lege; la Regione Veneto
in  persona  del  presidente  pro  tempore  della  giunta  regionale,
rappresentata e difesa dagli avv. Alfredo Biagini e Fulvio Lorigiola,
con  elezione  di  domicilio  presso  lo studio del primo in Venezia,
Santa Croce, 466/g; la Provincia di Venezia in persona del presidente
pro  tempore della giunta provinciale, non costituita in giudizio; il
Comune  di  Martellago  in  persona  del  sindaco  pro  tempore,  non
costituito  in giudizio; e nei confronti di Combi Pier Francesco, non
costituito  in  giudizio; dell'A.T.I. costituita tra Impregilo S.p.A.
(capogruppo   mandataria,   Grandi   Lavori   Fincosit   e  Consorzio
cooperative   costruzioni   «mandanti»)   in   persona   del   legale
rappresentante pro tempore, non costituita in giudizio; e di Passante
di Mestre S.C.P.A., in persona del legale rappresentante pro tempore,
rappresentata e difesa dagli avv. Vittorio Domenichelli, Guido Zago e
Pier  Vettor  Grimani,  con  elezione  di  domicilio presso lo studio
dell'ultimo  in  Venezia,  Santa Croce, 466/g; per l'annullamento del
decreto  del  Commissario  delegato  per  l'emergenza socio economico
ambientale  della  viabilita' di Mestre 20 settembre 2004 n. 12/2004,
di approvazione del progetto definitivo dell'autostrada A4 - Variante
di  Mestre  -  Passante  autostradale  nonche'  di  ogni  altro  atto
connesso,   presupposto   o  conseguente,  tra  cui  il  decreto  del
Presidente del Consiglio dei ministri 13 febbraio 2004, il parere del
Comitato   tecnico-scientifico  15  settembre  2004  e  la  nota  del
Responsabile unico del procedimento 4 novembre 2004, n. prot. 1404;
    Visto il ricorso notificato e depositato presso la segreteria con
i relativi allegati;
    Visti gli atti di costituzione in giudizio;
    Visti gli atti tutti della causa;
    Uditi  alla  pubblica  udienza  del  27  aprile 2006 (relatore il
Consigliere   Lorenzo   Stevanato)   gli   avvocati:   Cervesato,  in
sostituzione  di  Zambelli,  per  la parte ricorrente, Cerillo per le
PP.AA.  e per il Commissario delegato per l'emergenza socio economico
ambientale  di  Mestre, Cristante, in sostituzione di Biagini, per la
Regione  Veneto  e Pacifici, in sostituzione di Grimani, per Passante
di Mestre S.C.P.A;
    Ritenuto in fatto e considerato in diritto.

                              F a t t o

    Le   due  ricorrenti,  proprietarie  di  immobili  in  Comune  di
Martellago,  incisi  dal  progettato Passante autostradale di Mestre,
hanno  presentato  il  ricorso  in  epigrafe  avverso  il  decreto di
approvazione del progetto definitivo dell'autostrada A4 - Variante di
Mestre   -  Passante  autostradale  ed  avverso  gli  atti  connessi,
deducendo  piu' censure di violazione di legge e di eccesso di potere
sotto vari profili.
    Si  sono  costituite  in giudizio sia le intimate amministrazioni
sia  la societa' consortile di progetto Passante di Mestre incaricata
dell'esecuzione delle opere ed hanno controdedotto puntualmente.
    In  sede di discussione orale, all'udienza del 27 aprile 2006, e'
stata  sollevata  la  questione  pregiudiziale di incostituzionalita'
dell'art.  3,  commi  2-bis, 2-ter e 2-quater della legge n. 21/2006,
che   sembra   attribuire  la  competenza  esclusiva  sulla  presente
controversia al Tribunale amministrativo regionale del Lazio.

                            D i r i t t o

    Costituiscono  oggetto  del  giudizio  il decreto del Commissario
delegato  per l'emergenza socio economico ambientale della viabilita'
di  Mestre 20 settembre 2004 n. 12/2004, di approvazione del progetto
definitivo  dell'autostrada  A4  -  Variante  di  Mestre  -  Passante
autostradale,  e  gli  atti  presupposti  o  conseguenti,  tra cui il
decreto  del  Presidente del Consiglio dei ministri 13 febbraio 2004,
il  parere  del  Comitato  tecnico scientifico 15 settembre 2004 e la
nota del Responsabile unico del procedimento 4 novembre 2004 n. prot.
1404.
    Si  tratta  di atti e provvedimenti tutti riconducibili ai poteri
conferiti  al  Commissario  delegato  per  fronteggiare  lo  stato di
emergenza  del settore del traffico e della mobilita' nella localita'
di  Mestre.  La  situazione  di  emergenza  era  stata dichiarata con
decreto  del  Presidente del Consiglio dei ministri 28 febbraio 2003,
emanato ex art. 5, comma 1, legge n. 225/1992.
    Percio',   la   controversia  ha  per  oggetto  un  provvedimento
commissariale   (nonche'   atti  connessi)  «consequenziale»  a  tale
ordinanza emergenziale, come previsto dall'art. 3, comma 2-bis, della
legge  27  gennaio 2006, n. 21 di conversione, con modificazioni, del
d.l.  30 novembre 2005 n. 245, che recita: «In tutte le situazioni di
emergenza  dichiarate  ai  sensi dell'art. 5, comma 1, della legge 24
febbraio 1992, n. 225, la competenza di primo grado a conoscere della
legittimita'   delle   ordinanze   adottate   e   dei  consequenziali
provvedimenti  commissariali  spetta  in  via  esclusiva,  anche  per
l'emanazione  delle  misure  cautelari,  al  Tribunale amministrativo
regionale del Lazio, con sede in Roma».
    Il  comma  2-ter, a sua volta, prescrive che «Le questioni di cui
al  comma  2-bis  sono rilevate di ufficio», diversamente dalla norma
processuale   vigente   in  tema  di  incompetenza  territoriale  dei
tribunali  amministrativi,  che  esclude  la  rilevabilita' d'ufficio
(art.  31  legge n. 1034/1971: la parte che l'eccepisce deve proporre
apposito  regolamento  preventivo  davanti  al  Consiglio  di Stato).
Secondo  le  nuove disposizioni, il tribunale adito, territorialmente
incompetente,   non  puo'  in  ogni  caso  pronunciarsi  sull'istanza
cautelare,  diversamente  dal  normale  regime  processuale  che  non
preclude  tale  pronuncia,  se  non  sia  stato  ancora  proposto  il
regolamento preventivo di competenza.
    I  citati tre commi dell'art. 3 legge n. 21/2006 si configurano -
ad  avviso  del  Collegio  -  come  norme  processuali «intruse» (che
sarebbero  vietate  secondo  la circolare di «drafting» 2 maggio 2001
della  Presidenza  del Consiglio dei ministri) in una legge che ha un
oggetto  (apparentemente)  limitato  all'emergenza  nel  settore  dei
rifiuti  nella  Regione Campania (cosi' il titolo della legge). Anche
la  rubrica dell'articolo nel quale tali norme sono state inserite ha
un  oggetto  diverso  e  piu'  limitato  («Destinazione delle risorse
finanziarie e procedure esecutorie»).
    Tuttavia,  il  testuale  tenore delle disposizioni legislative in
commento  non  depone  affatto  a favore di un'interpretazione che ne
limiti  gli  effetti  ai  soli  provvedimenti  relativi all'emergenza
rifiuti nella Regione Campania.
    Infatti,  il  comma  2-bis  e' riferito a «tutte le situazioni di
emergenza  dichiarate  ai  sensi dell'art. 5, comma 1, della legge 24
febbraio 1992, n. 225».
    Inoltre,  la  formulazione  del  comma  2-ter,  secondo  periodo,
laddove prevede che «Davanti al giudice amministrativo il giudizio e'
definito  con  sentenza succintamente motivata ai sensi dell'art. 26,
della  legge  6  dicembre 1971, n. 1034, e quella del comma 2-quater,
secondo  periodo,  laddove  prevede  che  «L'efficacia  delle  misure
cautelari  adottate  da un tribunale amministrativo diverso da quello
di  cui  al  comma  2-bis permane fino alla loro modifica o revoca da
parte  del  Tribunale amministrativo regionale del Lazio, con sede in
Roma,   cui   la   parte  interessata  puo'  riproporre  il  ricorso»
suggeriscono  una  valenza  generale dello spostamento di competenza,
perche'  altrimenti  non  si sarebbero usate le locuzioni «Davanti al
giudice  amministrativo»  e «un tribunale amministrativo diverso», ma
le  locuzioni  «Davanti al tribunale amministrativo della Campania» e
«il Tribunale amministrativo della Campania».
    Anche se dai lavori parlamentari si evince che il Governo, autore
dell'emendamento  inserito  nella  legge  in  controversia, intendeva
limitare  lo  spostamento  di  competenza  giurisdizionale  alle sole
situazioni emergenziali dei rifiuti in Campania, tuttavia cio' non e'
sufficiente  ad  orientare il Collegio verso una tale interpretazione
delle   disposizioni  processuali,  perche'  si  dovrebbe  altrimenti
forzare il significato letterale delle parole.
    Com'e'  noto,  infatti,  ai  lavori preparatori puo' riconoscersi
valore  unicamente  sussidiario nell'interpretazione di una legge. Se
da essi possono trarsi elementi utili ai fini dell'individuazione del
significato  di  singole  disposizioni normative e della ratio che le
giustifica,  tale  operazione trova tuttavia un limite in cio' che la
volonta'  da  essi  risultante  non  puo'  sovrapporsi  alla volonta'
obiettiva  della  legge,  quale  emerge dal significato proprio delle
parole   secondo  la  connessione  di  esse,  e  dall'intenzione  del
legislatore  intesa  come  volonta'  oggettiva  della  norma voluntas
legis, da tenersi distinta dalla volonta' dei singoli partecipanti al
processo formativo di essa voluntas legislatoris.
    Le   nuove   disposizioni,   dunque,   si   applicano  -  secondo
l'interpretazione del Collegio - anche alla presente controversia.
    Circa  la  rilevanza  della  questione ai fini della decisione da
assumere, essa appare evidente.
    Invero,  il  Collegio  sarebbe tenuto, sulla base della normativa
sopravvenuta - ove non dubitasse della legittimita' costituzionale di
essa - a dichiarare tout court improcedibile il ricorso, con sentenza
in  forma semplificata ex art. 26 legge n. 1034/1971, come prescritto
dal  comma 2-ter dell'art. 3 del d.l. n. 245/2005 convertito in legge
n. 21/2006,  perche' le nuove disposizioni che spostano la competenza
«si  applicano  anche  ai  processi  in  corso»  come recita il comma
2-quater.
    Della  costituzionalita' dei citati commi 2-bis, 2-ter e 2-quater
del  d.l.  n. 245/2005 convertito in legge n. 21/2006, in ordine alla
competenza  funzionale  del  Tribunale  amministrativo  regionale del
Lazio, il Collegio dubita per diverse ragioni.
    Anzitutto,  si  evidenzia  il  contrasto  con  l'art.  125  della
Costituzione,  e  segnatamente  con  il principio del decentramento e
dell'articolazione   su   base  regionale  degli  organi  statali  di
giustizia amministrativa di primo grado, ivi espressa («Nella regione
sono  istituiti  organi  di  giustizia amministrativa di primo grado,
secondo  l'ordinamento stabilito da legge della Repubblica»), nonche'
col   principio   di  ragionevolezza  desumibile  dall'art.  3  della
Costituzione.
    La  previsione costituzionale dell'art. 125, attuata con la legge
n. 1034   del  1971  che  ha  istituito  i  tribunali  amministrativi
regionali,  implica che la sfera di competenza di questi ultimi abbia
rilievo  e  garanzia  costituzionali,  ne' si vede perche' essa debba
subire  una deroga generalizzata (pure in controtendenza alla riforma
del   titolo   quinto   della  Costituzione)  con  attribuzione  alla
competenza funzionale inderogabile al T.a.r del Lazio, allorquando le
singole   situazioni  di  emergenza  abbiano  rilievo  esclusivamente
locale.
    Una  deroga  generale  al principio derivante dall'art. 125 della
Costituzione,   secondo   cui   i  singoli  Tribunale  amministrativo
regionale  sono  posti  su  un piano paritario, con lo spostamento di
competenza   ad  un  tribunale  diverso  da  quello  territorialmente
competente,   non   si   giustificherebbe   nemmeno  facendo  ricorso
all'argomento  che  il  tribunale  locale sarebbe troppo sensibile ed
esposto  alle  tensioni  che  possono  sorgere  presso la popolazione
locale,  derivanti dagli eventi emergenziali e dai mezzi straordinari
impiegati per affrontarli.
    Anzitutto,  tale  ipotetica  finalita'  non  sarebbe  in assoluto
garantita  nemmeno  dalla concentrazione delle controversie di cui si
tratta presso il Tribunale amministrativo regionale del Lazio, e cio'
relativamente a quelle situazioni di emergenza riguardanti la Regione
Lazio.
    Cio' che vale per i giudici operanti nei Tribunale amministrativo
regionale  regionali,  invero non puo' non valere, se l'idea di fondo
e'  quella  della sovraesposizione del giudice locale, per il giudice
che  ha  sede  nella  capitale  e  che decide cause che riguardano il
proprio territorio.
    E  comunque,  al perseguimento di tale esigenza, altri dovrebbero
essere  i  rimedi,  di  carattere  non  generale  ed  assoluto  ma da
applicarsi caso per caso ed in relazione a situazioni contingenti: ad
esempio,   lo  spostamento  di  competenza  potrebbe  avere  una  sua
ragionevolezza  se  fosse  concepito  e  disciplinato similmente alle
fattispecie di rimessione del processo ex artt. 45 e ss. c.p.p. (c.d.
«legittima suspicione») e non in via generale.
    D'altronde,   se   questa   fosse   la   ratio  inespressa  delle
disposizioni  in  esame,  che  peraltro  rivelerebbe  una  ben scarsa
considerazione  per  la professionalita' e la dignita' dei magistrati
amministrativi   in   servizio   presso  i  Tribunale  amministrativo
regionale   periferici,   la   loro   introduzione   resta  di  fatto
inspiegabile,   anche   se   considerata   essa   stessa  una  scelta
emergenziale,  perche'  situazioni di questo tipo (tensione presso le
popolazioni   coinvolte   che   si   sia   riverberata   sui  giudici
amministrativi  locali,  minandone  la  serenita' di giudizio) non si
sono  finora registrate e comunque anche in questa prospettiva esiste
la  immediata devoluzione della questione al giudice d'appello che e'
certamente  in  grado  di correggere questa possibile distorsione del
giudizio sin qui del tutto virtuale.
    Se   invece,   com'e'   anche   possibile  ipotizzare,  la  ratio
sottostante  delle  disposizioni  legislative  in  questione fosse da
ricercarsi  nell'esigenza  di assicurare un sistema piu' «rafforzato»
di  protezione  civile,  si  dovrebbe  concludere  che  la  finalita'
surrettizia  delle  disposizioni  in  esame sarebbe quella di evitare
che,  di  fronte  all'imminenza  ed  alla  gravita'  del pericolo per
l'integrita'    di    beni   fondamentali   dell'uomo,   il   giudice
amministrativo   periferico   possa   utilizzare  con  leggerezza  lo
strumento   cautelare,   paralizzando   l'efficacia   di  urgenti  ed
indilazionabili interventi di protezione civile.
    Senonche',  tale  esigenza sembra gia' garantita dalla previsione
che  ai  processi  si  applicano  le  norme  di accelerazione ex art.
23-bis,  comma  2  e ss., legge n. 1034/1971 (come previsto dal comma
2-ter,  secondo  periodo,  dell'art. 3 d.l. n. 245/2005 convertito in
legge n. 21/2006).
    Ma  soprattutto, se questa e' l'esigenza sottesa alle norme sullo
spostamento   di   competenza,   anch'essa   rivela  una  ben  scarsa
considerazione  per  la professionalita' e la dignita' dei magistrati
amministrativi   in   servizio   presso  i  Tribunale  amministrativo
regionale  periferici,  del  tutto  ingiustificata  perche'  la  loro
qualificazione,  la  loro  esperienza  e  lo  svolgimento  della loro
carriera  sono  perfettamente  identici  a  quelli  dei magistrati in
servizio presso il Tribunale amministrativo regionale del Lazio.
    Tale  ratio rivela, poi, un disegno, irrazionale ed incompatibile
col dettato costituzionale dell'art. 125 della Costituzione, inteso a
modificare  l'assetto  ordinamentale  della giustizia amministrativa,
sia  creando  un'asimmetria tra il t.a.r centrale e quelli periferici
che  va  ben  oltre  l'attuale  criterio  di riparto delle competenze
basato  sull'efficacia (regionale o ultraregionale) dei provvedimenti
delle  autorita' centrali dello Stato, sia diversificando le funzioni
dei  magistrati  amministrativi, secondo che prestino servizio presso
il  Tribunale amministrativo regionale centrale o presso un Tribunale
amministrativo regionale periferico.
    Peraltro,  lo  spostamento  della competenza su questa materia e'
irrazionalmente  solo  parziale,  poiche' il regime derogatorio sulla
competenza esclusiva del Tribunale amministrativo regionale del Lazio
riguarda    le    ordinanze   ed   i   consequenziali   provvedimenti
commissariali,  ma  non i decreti governativi che dichiarano lo stato
di  emergenza.  Questi  ultimi,  infatti,  non essendo nominati dalle
norme   in   questione,   continuano  a  rientrare,  paradossalmente,
nell'ordinaria  competenza  dei  Tribunale  amministrativo  regionale
presso  la  regione  in  cui  i provvedimenti sono destinati ad avere
efficacia.
    A  cio'  si  aggiunga che il comma 2-quater dispone: «Le norme di
cui  ai  commi 2-bis e 2-ter si applicano anche ai processi in corso.
L'efficacia   delle   misure   cautelari  adottate  da  un  tribunale
amministrativo  diverso  da quello di cui al comma 2-bis permane fino
alla  loro  modifica  o  revoca da parte del Tribunale amministrativo
regionale  del Lazio, con sede in Roma, cui la parte interessata puo'
riproporre il ricorso».
    In  tal modo, il Tribunale amministrativo regionale del Lazio non
assume  soltanto  una  nuova competenza funzionale esclusiva di primo
grado,  ma  sembra  configurarsi anche come vero e proprio giudice di
appello sulle decisioni cautelari di un tribunale periferico, potendo
«modificare»  o «revocare» le misure cautelari da questo concesse, in
contrasto  con la sua natura di organo di giustizia amministrativa di
primo grado.
    Altri profili di irragionevolezza emergono, poi: a) dal fatto che
viene  imposta ai tribunali periferici (dal comma 2-ter) la pronuncia
declinatoria  di  competenza  con  sentenza succintamente motivata ai
sensi  dell'art.  26  della  legge  n. 1034/1971  (cio'  che rientra,
invece,  nella  discrezionalita' del giudicante) e contemporaneamente
viene  prescritta  l'applicazione  dei  commi  2 e seguenti dell'art.
23-bis  della  stessa legge n. 1034/1971, che riguardano un diverso e
piu'  complesso  modo  di  procedere  in  giudizio  (dimezzamento dei
termini,   fissazione   accelerata   dell'udienza;   possibilita'  di
emanazione  di  ordinanze  cautelari  in  caso di estrema gravita' ed
urgenza);  b)  dal fatto che la mancata riproposizione - per la quale
non  e'  previsto  un  dies  a quo - del ricorso davanti al Tribunale
amministrativo regionale del Lazio (come previsto dal comma 2-quater)
quando  siano  state  emanate  pronunce  cautelari  da  un  Tribunale
amministrativo   regionale  periferico,  comporta  la  permanenza  di
efficacia  di  tali  pronunce  nonostante  la  norma  preveda la loro
modifica o revoca da parte del Tribunale amministrativo regionale del
Lazio.
    Sotto  i  profili appena esposti emerge, quindi, un contrasto con
l'art.  125 della Costituzione nonche' un'intrinseca irragionevolezza
delle  norme  in  questione,  in contrasto col postulato fondamentale
recato dall'art. 3 della Costituzione.
    Altro   profilo   di   incostituzionalita'   va  ravvisato  nella
violazione  del  principio  del  giudice  naturale  precostituito per
legge, di cui all'art. 25 della Costituzione.
    La  norma costituzionale ora citata, stabilendo che «nessuno puo'
essere  distolto  dal  giudice  naturale  precostituito  per  legge»,
esclude che vi possa essere una designazione del giudice da parte del
legislatore  con  norme  singolari,  che deroghino a regole generali,
dopo  che  la  controversia sia insorta. Perche' tale principio possa
considerarsi  rispettato  occorre  che  la  regola  di competenza sia
prefissata  rispetto  all'insorgere  della  controversia,  mentre  le
disposizioni  qui  sospettate di incostituzionalita' contravvengono a
tale regola riconducibile all'art. 25 della Costituzione.
    Tale  profilo di incostituzionalita' si evidenzia particolarmente
nella  parte  della  disciplina  in  questione  (comma  2-quater) che
dispone  lo  spostamento  di  competenza ai processi pendenti (com'e'
quello  presente)  e  addirittura  consente - come gia' esposto - una
riforma dei provvedimenti assunti in sede cautelare.
    Pertanto,  anche  l'art.  25  della  Carta  costituzionale appare
vulnerato dalla normativa in esame.
    Inoltre,  le  nuove  norme recano un grave disagio ai ricorrenti,
non    giustificato    dalla   natura   accentrata   della   pubblica
amministrazione   o  dall'efficacia  estesa  a  tutto  il  territorio
nazionale  dei provvedimenti sui quali deve esercitarsi la cognizione
del  Tribunale amministrativo regionale del Lazio, secondo il normale
criterio  di  riparto  della  competenza tra Tribunale amministrativo
regionale del Lazio e tribunali periferici.
    Cio'   comporta  una  violazione  degli  artt.  24  e  113  della
Costituzione,  in quanto riduce le possibilita' di tutela dei diritti
e  degli  interessi  legittimi,  per  la  maggiore  difficolta'  ed i
maggiori  costi  che  devono  essere sopportati dagli interessati per
esercitare  l'azione presso il Tribunale amministrativo regionale del
Lazio,  piuttosto  che  presso gli organi giurisdizionali periferici,
nonche'  in via derivata una disparita' di trattamento con coseguente
violazione dell'art. 3 della Costituzione.
    Infine,  la  concentrazione  presso  il  Tribunale amministrativo
regionale   del   Lazio  di  queste  controversie  potrebbe  influire
negativamente  sui  tempi  dei  processi  e, sotto questo profilo, la
scelta  del  legislatore  e' illogicamente antitetica al principio di
ragionevole   durata   dei   processi   (art.  111,  comma  1,  della
Costituzione)  la  cui  corretta  applicazione vorrebbe invece che le
controversie fossero normalmente distribuite presso ciascun Tribunale
amministrativo regionale periferico.
    Sotto  gli  anzidetti  profili,  il Collegio ravvisa un contrasto
dell'art.  3,  commi  2-bis,  2-ter  e 2-quater, del d.l. n. 245/2005
convertito  in  legge n. 21/2006, con gli artt. 3, 24, 25, 111, 113 e
125 della Costituzione.
    Il  giudizio  va pertanto sospeso e gli atti vanno trasmessi alla
Corte costituzionale.
                              P. Q. M.
    Ritiene  rilevante e non manifestamente infondata la questione di
legittimita'   costituzionale  dell'art.  3,  commi  2-bis,  2-ter  e
2-quater  del  d.l.  30 novembre 2005, n. 245, convertito in legge 27
gennaio 2006, n. 21.
    Sospende  quindi  il  giudizio ed ordina l'immediata trasmissione
degli atti alla Corte costituzionale.
    Dispone  che,  a cura della segreteria, la presente ordinanza sia
notificata  alle  parti  in  causa ed al Presidente del Consiglio dei
ministri  e  sia  comunicata  ai  Presidenti  delle  due  Camere  del
Parlamento.
        Cosi'  deciso  in  Venezia,  in Camera di consiglio, addi' 27
aprile 2006.
                       Il Presidente: Ambroso
L'estensore: Stevanato
06C0852