N. 343 SENTENZA 23 - 27 ottobre 2006

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.

Esecuzione  forzata  -  Procedura  esecutiva nei confronti di enti ed
  istituti  esercenti  forme di previdenza ed assistenza obbligatoria
  su   base   territoriale   -  Intervento  dei  creditori  ai  sensi
  dell'art. 551   cod.   proc.   civ.  -  Esperibilita',  a  pena  di
  improcedibilita'  rilevabile d'ufficio, esclusivamente nei processi
  esecutivi per espropriazione di crediti ex art. 543 cod. proc. civ.
  pendenti  innanzi  al giudice dell'esecuzione della sede principale
  del tribunale nel cui circondario ha sede l'ufficio giudiziario che
  ha  emesso  il  provvedimento  posto a fondamento dell'intervento -
  Mancata  previsione - Lamentata irragionevolezza per ingiustificata
  disparita'  di  trattamento  di  situazioni  omogenee  - Denunciata
  incidenza  sul  diritto  di  difesa  -  Interpretazione della norma
  censurata  nel  senso  della  sua applicabilita' anche al creditore
  interveniente  -  Non  fondatezza, nei sensi di cui in motivazione,
  della questione.
- D.L. 31 dicembre 1996, n. 669 (convertito, con modificazioni, dalla
  legge   28 febbraio   1997,   n. 30),  art. 14,  comma 1-bis,  come
  modificato dall'art. 44, comma 3, lettera b), del d.l. 30 settembre
  2003,   n. 269   (convertito,   con   modificazioni,   dalla  legge
  24 novembre 2003, n. 326).
- Costituzione,  artt. 3,  comma  primo, 24, commi primo e secondo, e
  97, comma primo.
(GU n.1000 del 2-11-2006 )
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
  Presidente: Franco BILE;
  Giudici:  Giovanni  Maria FLICK, Francesco AMIRANTE, Ugo DE SIERVO,
Romano   VACCARELLA,  Paolo  MADDALENA,  Alfio  FINOCCHIARO,  Alfonso
QUARANTA,  Franco  GALLO,  Luigi  MAZZELLA, Gaetano SILVESTRI, Sabino
CASSESE, Maria Rita SAULLE, Giuseppe TESAURO, Paolo Maria NAPOLITANO;
ha pronunciato la seguente

                              Sentenza

nel    giudizio    di   legittimita'   costituzionale   dell'art. 14,
comma 1-bis, del decreto-legge 31 dicembre 1996, n. 669 (Disposizioni
urgenti   in   materia   tributaria,   finanziaria   e   contabile  a
completamento  della  manovra  di  finanza pubblica per l'anno 1997),
convertito,  con  modificazioni, dalla legge 28 febbraio 1997, n. 30,
come modificato dall'art. 44, comma 3, del decreto-legge 30 settembre
2003,  n. 269 (Disposizioni urgenti per favorire lo sviluppo e per la
correzione   dell'andamento  dei  conti  pubblici),  convertito,  con
modificazioni,  dalla  legge  24 novembre  2003, n. 326, promosso con
ordinanza  del 26 ottobre 2004 dal Tribunale di Roma nel procedimento
civile  vertente  tra l'INPS e Angelini Antonio ed altro, iscritta al
n. 171  del  registro  ordinanze  2005  e  pubblicata  nella Gazzetta
Ufficiale della Repubblica n. 13, 1ª serie speciale, dell'anno 2005.
    Visto   l'atto   di  costituzione  dell'INPS  nonche'  l'atto  di
intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
    Udito  nell'udienza  pubblica  del  26 settembre  2006 il giudice
relatore Romano Vaccarella;
    Uditi  l'avvocato  Gaetano  De Ruvo per l'INPS e l'avvocato dello
Stato Francesco Lettera per il Presidente del Consiglio dei ministri.

                          Ritenuto in fatto

    1.  -  Nel  corso  di  alcuni  processi  di opposizione agli atti
esecutivi,  fra  loro riuniti, proposti dall'Istituto nazionale della
previdenza sociale (INPS) per contestare gli interventi spiegati, con
titoli  esecutivi  giudiziali  emessi  dal  Tribunale  di Taranto, da
Antonio  Angelini  in  altrettanti  processi di espropriazione presso
terzi  intrapresi  contro il medesimo Istituto presso il Tribunale di
Roma,  il giudice dell'esecuzione, con ordinanza del 26 ottobre 2004,
ha  sollevato  questione di legittimita' costituzionale dell'art. 14,
comma 1-bis, del decreto-legge 31 dicembre 1996, n. 669 (Disposizioni
urgenti   in   materia   tributaria,   finanziaria   e   contabile  a
completamento  della  manovra  di  finanza pubblica per l'anno 1997),
convertito, con modificazioni, dalla legge 28 febbraio 1997, n. 30, e
successive  modificazioni,  con  particolare  riguardo alle modifiche
apportate   dall'art. 44,   comma 3,  lettera b),  del  decreto-legge
30 settembre 2003, n. 269, convertito, con modificazioni, dalla legge
24 novembre   2003,   n. 326,   «per   violazione  del  principio  di
ragionevolezza,  e  dell'art. 3,  comma  primo,  in  riferimento agli
artt. 24, comma primo, e 97, comma primo, della Costituzione».
    1.1.  -  Il giudice a quo riferisce che, ad avviso dell'opponente
INPS,  gli  interventi  in  questione  sarebbero impediti dalla norma
impugnata, contenuta nel secondo periodo del comma 1-bis dell'art. 14
cit.,  la  quale  dispone  che  «il  pignoramento  di  crediti di cui
all'art. 543 del codice di procedura civile promosso nei confronti di
Enti   ed  Istituti  esercenti  forme  di  previdenza  ed  assistenza
obbligatorie organizzati su base territoriale deve essere instaurato,
a  pena  di  improcedibilita',  rilevabile  d'ufficio, esclusivamente
innanzi   al   giudice  dell'esecuzione  della  sede  principale  del
Tribunale nella cui circoscrizione ha sede l'ufficio che ha emesso il
provvedimento in forza del quale la procedura civile e' promossa».
    Riferisce,  inoltre,  il  giudice  rimettente che, dal canto suo,
l'interveniente-opposto ha contestato l'applicabilita' della norma al
caso   di  specie,  chiedendo,  in  subordine,  che  fosse  sollevata
questione   di  legittimita'  costituzionale  dell'art. 44,  comma 3,
lettera b)  del  decreto-legge  n. 269 del 2003, per violazione degli
articoli 3 e 24 della Costituzione.
    Il  Tribunale di Roma, sentite le parti, ha sospeso le esecuzioni
limitatamente  agli  interventi  proposti  da  Antonio Angelini ed ha
sollevato d'ufficio la questione di legittimita' costituzionale della
norma in esame nella parte in cui non prevede che anche l'intervento,
ai  sensi  dell'art. 551  cod.  proc.  civ., del creditore di enti ed
istituti  esercenti  forme  di  previdenza ed assistenza obbligatoria
organizzati    su    base   territoriale   sia   proposto,   a   pena
d'improcedibilita'  rilevabile d'ufficio, esclusivamente nei processi
di espropriazione di crediti presso terzi pendenti innanzi al giudice
dell'esecuzione   della   sede   principale  del  tribunale  nel  cui
circondario   ha   sede   l'ufficio  giudiziario  che  ha  emesso  il
provvedimento posto a fondamento dell'intervento.
    1.2.  - Quanto alla rilevanza della questione, osserva il giudice
rimettente che essa discende dal fatto che i giudizi a quibus vertono
sull'applicabilita'  della  norma denunciata ad una fattispecie nella
quale  gli interventi sono stati effettuati, in espropriazioni presso
terzi  pendenti  innanzi al Tribunale di Roma, sulla scorta di titoli
esecutivi  giudiziali  formati dal Tribunale di Taranto e che risulta
impossibile   interpretare   tale   norma   nel  senso  di  ritenerla
estensibile  anche  agli  interventi  spiegati nell'espropriazione ex
art. 543 cod. proc. civ.
    Ad  avviso  del giudice a quo, la disposizione in esame, infatti,
introducendo  una  deroga  alla  regola  della  competenza  stabilita
dall'art. 26,   comma   secondo,  cod.  proc.  civ.,  e'  di  stretta
interpretazione  e,  pertanto,  risulta  insuscettiva di applicazioni
estensive  o  analogiche.  In  particolare,  la inapplicabilita' agli
interventi   spiegati   ai   sensi   dell'art. 551  cod.  proc.  civ.
emergerebbe,  oltre  che  dalla  mancanza di un espresso riferimento,
anche  da  altri  chiari  indici  lessicali  e  normativi  - quali il
richiamo al solo atto introduttivo (pignoramento) dell'espropriazione
forzata   presso   terzi  e  l'utilizzo  dei  verbi  «promuovere»  ed
«instaurare»  -  che  sottolineano  l'esclusivita'  del  collegamento
funzionale   con  il  momento  di  esercizio  originario  dell'azione
esecutiva.
    1.3. - Quanto alla non manifesta infondatezza della questione, il
giudice  a  quo  ritiene  che la norma censurata arrechi un vulnus al
principio  di  uguaglianza sancito dall'art. 3, comma primo, Cost. e,
comunque,  al  principio di ragionevolezza, in relazione all'art. 97,
comma   primo,  Cost.,  in  quanto  non  troverebbe  «giustificazione
l'omessa  previsione  della  deroga  alla regola sulla competenza per
territorio  -  prevista  in  riferimento  a  coloro che promuovono il
pignoramento   di  crediti  nei  confronti  degli  Enti  ed  Istituti
esercenti  forme di previdenza ed assistenza obbligatoria organizzati
su  base  territoriale  -  in riferimento all'intervento proposto dai
creditori  di detti enti nel processo esecutivo per espropriazione di
crediti»,  tenuto  conto,  per  un  verso, del fatto che a fronte «di
situazioni      coincidenti      in     ordine     all'individuazione
dell'articolazione territoriale dell'ente su cui ricade la spesa (due
creditori  dello  stesso ente di previdenza e assistenza obbligatoria
organizzato  su  base territoriale, muniti di titoli esecutivi emessi
dallo  stesso  ufficio  giudiziario), lo scopo di tutelare l'ente, al
cui   perseguimento   e'   volto   il  comma 1-bis  dell'art. 14  del
decreto-legge   n. 669   del  1996,  viene  soddisfatto  soltanto  in
riferimento  al  creditore  che  faccia  valere  la  propria  pretesa
instaurando  il  processo  esecutivo  con il pignoramento di crediti,
mentre  non  lo  e' in riferimento al creditore che intervenga in una
procedura  per  espropriazione  di  crediti  promossa  davanti  ad un
tribunale  diverso  da quello presso il quale quello stesso creditore
avrebbe  dovuto promuovere il pignoramento» e, considerato, per altro
verso,  che,  anche  nel  caso  dell'unico creditore che utilizzi uno
stesso  titolo  esecutivo,  l'applicazione o meno della disciplina di
tutela  degli  enti  ed  istituti di previdenza ed assistenza risulta
rimessa  alla  mera scelta processuale (pignoramento o intervento) di
questi.
    Il  Tribunale  rimettente  ritiene  pertanto  che,  in  tal modo,
rimarrebbe  frustrato  lo  scopo  perseguito  dal  legislatore  - col
radicare  la competenza nel luogo di formazione del titolo giudiziale
-  di  consentire  all'ente la razionale ed efficiente gestione delle
proprie  risorse  finanziarie, evitando che la spesa sia sostenuta da
articolazioni  diverse da quella territorialmente competente rispetto
ai  soggetti  interessati,  e  collegato  alla piu' ampia finalita' -
assicurata  dal  comma 1  e  dal primo periodo del comma 1-bis, dello
stesso articolo 14 cit. con la previsione di un termine dilatorio per
la  notifica  del precetto e per l'esercizio dell'azione esecutiva, e
con  l'obbligo di notificare a pena di nullita' gli atti introduttivi
del   giudizio   di   cognizione,  nonche'  quelli  di  precetto,  di
pignoramento   e   di  sequestro  presso  la  struttura  territoriale
dell'ente  pubblico  nella  cui  circoscrizione  risiedono i soggetti
privati interessati, indicandone compiutamente i dati anagrafici - di
consentire  agli  enti  pubblici  debitori  di completare, nella sede
territoriale  che ha in carico il rapporto, le procedure di pagamento
senza aggravi di spese derivanti dal processo esecutivo.
    Il   giudice   a   quo   ravvisa,  inoltre,  un  contrasto  della
disposizione  in  esame  anche  con  l'art. 3, comma primo, Cost., in
riferimento  all'art. 24,  commi primo e secondo, Cost., tenuto conto
che  proprio  l'esigenza  dell'ente  previdenziale articolato su base
territoriale,  di  valutare  rapidamente  la  posizione  del soggetto
interessato  e  la  fondatezza  della  pretesa  esecutiva, rende piu'
facile   l'esercizio   del   diritto  di  difesa  il  quale,  invece,
risulterebbe   ingiustificatamente   ostacolato  ogni  volta  che  il
creditore ritenga di spiegare intervento in una espropriazione presso
terzi   promossa   innanzi   ad   un   giudice   diverso   da  quello
territorialmente individuato dall'art. 14, comma 1-bis, in esame.
    2.   -   E'  intervenuto  nel  giudizio,  con  la  rappresentanza
dell'Avvocatura generale dello Stato, il Presidente del Consiglio dei
ministri  il  quale  ha concluso per la infondatezza della questione,
osservando   che   la  disposizione  denunciata,  nel  realizzare  un
ragionevole  contemperamento  tra  le disposizioni sulla contabilita'
pubblica  e quelle processuali, va interpretata sul piano sistematico
nel  senso per cui essa, piu' che introdurre una specifica competenza
territoriale,  si  limiterebbe  a  chiarire  la portata dell'art. 26,
primo  comma,  cod. proc. civ. «nel senso che individua il luogo dove
si   trovano  le  cose  mobili  ex  art. 513  cod.  proc.  civ.,  con
conseguente  necessita' dell'incardinazione dell'esecuzione presso il
giudice di quel luogo».
    Pertanto,  ad avviso del deducente, siccome quello intervenuto e'
un  creditore esecutante al pari del procedente - per cui, se e' gia'
pendente  un'espropriazione  mobiliare,  puo'  intervenire  presso il
giudice del luogo dove si trovano le cose mobili - e siccome le norme
sulla contabilita' degli enti pubblici e previdenziali precludono che
vi  sia  identita'  tra  le  somme  depositate presso le diverse sedi
territoriali  degli  istituti  debitori, l'interveniente e' tenuto ad
individuare  il  giusto  luogo  della  cosa  da  apprendere  per  poi
rivolgersi al giudice competente ratione loci per il pignoramento dei
crediti;  cosicche',  inserendosi  in  un processo esecutivo promosso
presso  un ufficio giudiziario diverso da quello sito nel circondario
presso la cui sede principale e' iniziata l'esecuzione, egli dovrebbe
soggiacere alle stesse preclusioni stabilite dalla norma in esame per
il creditore procedente.
    Alla  luce  di  tali  considerazioni,  ritiene  il Presidente del
Consiglio  che  la  norma,  perseguendo lo scopo di evitare il blocco
dell'attivita'   amministrativa,  si  collochi  nel  solco  di  altre
disposizioni  che  la  Corte  ha  ritenuto  realizzino un ragionevole
contemperamento  dell'interesse  particolare del singolo a convertire
il  proprio  diritto  di  credito  con  l'interesse  generale  ad una
ordinata  gestione  delle  risorse  finanziarie  pubbliche  (sentenza
n. 142 del 1998).
    Del  pari,  infondata sarebbe la censura parametrata al principio
di  eguaglianza,  tenuto  conto  della  diversita'  di  natura  e  di
disciplina  degli  enti  a sede unica e di quelli organizzati su base
territoriale, nonche' quella articolata per violazione del diritto di
difesa,  essendo  del  tutto  ragionevole  che nel luogo in cui si e'
formato  «il  titolo  esecutivo  giudiziale,  ivi  si  discuta  della
legittimita'  della  pretesa  esercitata»  e,  comunque, mostrando il
giudice   rimettente   di   aver   gia'  scelto  una  interpretazione
costituzionalmente  orientata  e  di  volerne  conseguire  attraverso
l'odierno giudizio una mera conferma.
    Infine,  risulterebbe  incongruente, ad avviso del Presidente del
Consiglio, anche il parametro dell'art. 97 Cost., tenuto conto che la
disposizione  denunciata,  fissando  un particolare foro ratione loci
giustificato  dalle  peculiari  regole di contabilita' e di tesoreria
applicabili  agli  enti  connotati da articolazioni territoriali, non
pregiudicherebbe  ma  piuttosto realizzerebbe il buon andamento della
pubblica  amministrazione  senza  incidere  in  alcun  modo sulla sua
imparzialita'.
    3.  -  Si  e' altresi' costituito l'INPS, opponente nei giudizi a
quibus,  il  quale,  considerato  che  la norma impugnata persegue lo
scopo   di   evitare   gli  oneri  connessi  allo  spostamento  della
documentazione  tra  le  diverse  sedi territoriali degli enti, cosi'
evitando   le   ricadute   negative   sui  tempi  dell'adempimento  e
consentendo   alle   strutture  decentrate  di  avere  una  immediata
cognizione  delle  azioni  esecutive  intraprese  al fine di gestirle
direttamente,   ha   concluso   nel   senso   che,   in  realta',  e'
l'interpretazione   restrittiva  fornita  dal  Tribunale  di  Roma  a
determinare  la violazione del principio di razionalita' ed il vulnus
all'art. 24  Cost., per l'evidente contrasto con la ratio ispiratrice
dell'intera  disciplina  dell'esecuzione  forzata nei confronti della
pubblica  amministrazione,  ricavabile  fin dai lavori preparatori in
termini di contenimento della spesa pubblica.
    Ad  avviso  del  deducente,  dunque, la questione di legittimita'
costituzionale  in  esame andrebbe dichiarata infondata, tenuto conto
che, alla luce della interpretazione estensiva della norma denunciata
-  non  esclusa  dalla  natura eccezionale di questa e, anzi, imposta
dalla necessita' di superarne la lettera violativa della Costituzione
- essa andrebbe intesa in via sistematica come diretta a disciplinare
il  procedimento  di  espropriazione  forzata  presso  terzi  nel suo
complesso e, quindi, anche gli atti di intervento.
    3.1  - Con memoria depositata in prossimita' dell'udienza, l'INPS
ha ribadito le conclusioni gia' prese precisando che, diversamente da
quanto  ritenuto  dal  giudice  rimettente,  la  norma impugnata, non
avendo  introdotto  alcuna  deroga  alla  competenza  territoriale in
materia  di espropriazione presso terzi, ma individuando solamente il
luogo  in  cui si trovano le cose mobili da sottoporre ad esecuzione,
imporrebbe  di operare una puntuale interpretazione dei criteri e dei
motivi  fondanti  la  previsione,  nel  senso  di  evitare, in quanto
irrazionale,  di  trattare  il  creditore  interveniente  in  maniera
differenziata da quello procedente.
    In subordine, nel caso in cui si dovesse ritenere la disposizione
censurata non applicabile anche al creditore interveniente, l'INPS ha
chiesto  che  sia  ritenuta  fondata  la  questione  di  legittimita'
costituzionale  in  esame sia per irragionevolezza che per violazione
degli  articoli 3,  comma  primo,  e  97, comma primo, Cost., essendo
identici,  tanto  nel caso di avvio della procedura espropriativa che
in  quello  di  intervento  successivo,  l'esigenza  e  lo  scopo  di
consentire  all'ente  esecutato  di gestire le risorse finanziarie in
maniera   adeguata,   evitando   che   la   spesa  sia  sostenuta  da
articolazioni  diverse  da  quella  territorialmente  competente  per
l'esecuzione principale.

                       Considerato in diritto

    1.   -   Il   Tribunale   di   Roma   dubita  della  legittimita'
costituzionale  -  in  riferimento  agli articoli 3, comma primo, 24,
commi  primo  e  secondo,  e  97,  comma  primo, della Costituzione -
dell'art. 14, comma 1-bis, del decreto-legge 31 dicembre 1996, n. 669
(Disposizioni  urgenti in materia tributaria, finanziaria e contabile
a  completamento  della manovra di finanza pubblica per l'anno 1997),
convertito, con modificazioni, dalla legge 28 febbraio 1997, n. 30, e
successive  modificazioni,  con  particolare  riguardo alle modifiche
apportate   dall'art. 44,   comma 3,  lettera b),  del  decreto-legge
30 settembre 2003, n. 269, convertito, con modificazioni, dalla legge
24 novembre  2003,  n. 326,  nella parte in cui non prevede che anche
l'intervento,  ai sensi dell'art. 551 del codice di procedura civile,
del  creditore  di  enti ed istituti esercenti forme di previdenza ed
assistenza   obbligatoria   organizzati   su  base  territoriale  sia
proposto,    a    pena   d'improcedibilita'   rilevabile   d'ufficio,
esclusivamente  nei  processi esecutivi per espropriazione di crediti
ex  art. 543  del  codice  di  procedura  civile  pendenti innanzi al
giudice  dell'esecuzione  della sede principale del tribunale nel cui
circondario   ha   sede   l'ufficio  giudiziario  che  ha  emesso  il
provvedimento posto a fondamento dell'intervento.
    2. - La questione non e' fondata nei sensi di seguito precisati.
    2.1.  -  Il  giudice  a  quo osserva che lo «scopo perseguito dal
legislatore con la norma di cui si tratta ... (consentire all'ente di
gestire  le proprie risorse finanziarie in maniera adeguata, evitando
che  la  spesa  sia  sostenuta  da  articolazioni  diverse  da quella
territorialmente   competente   rispetto  ai  soggetti  interessati)»
sarebbe  frustrato  dalla  formulazione  della  disposizione  la  cui
«terminologia,  dai  significati  tecnici  e linguistici specifici ed
univoci,  impone  di  ritenere  che  la norma ... si caratterizza per
essere  stata  redatta  all'esito  di un percorso di formazione della
volonta'  legislativa, nel corso del quale sono state ben distinte le
fattispecie  e  le ipotesi oggetto della previsione da quelle ad essa
estranee»:  di  qui,  a  giudizio  del  rimettente, la violazione del
precetto  di  cui  all'art. 3  Cost.  sia  per  intrinseca, manifesta
irragionevolezza  della  norma,  sia per ingiustificata disparita' di
trattamento  tra creditore procedente e creditore interveniente, sia,
ancora,  in  relazione  all'art. 24  Cost., per impedimento a che sia
reso  «piu'  facilmente  e  compiutamente  esercitabile il diritto di
difesa» dell'ente previdenziale.
    2.2.  -  La giurisprudenza di questa Corte e' costante - tanto da
rendere  superflua  ogni citazione di precedenti - nell'affermare che
il  giudice  (specie  in  assenza,  come  nel  caso  in  esame, di un
consolidato orientamento giurisprudenziale) ha il dovere di adottare,
tra piu' possibili interpretazioni di una disposizione, quella idonea
a   fugare   ogni  dubbio  di  legittimita'  costituzionale,  dovendo
sollevare  la questione di legittimita' costituzionale solo quando la
lettera   della  norma  sia  tale  da  precludere  ogni  possibilita'
ermeneutica idonea a offrirne una lettura conforme a Costituzione. Di
qui  il  potere-dovere  di  questa  Corte di verificare se il giudice
rimettente,    nel   prospettare   la   questione   di   legittimita'
costituzionale,  ha  previamente  adempiuto  a  tale  dovere  e se le
ragioni   da  lui  addotte  per  escludere  la  possibilita'  di  una
interpretazione  conforme  a Costituzione scaturiscono da un adeguato
sforzo interpretativo.
    2.3.  - L'ordinanza de qua e' caratterizzata da una articolata ed
esaustiva  motivazione  nella parte dedicata all'individuazione della
ratio   della   norma,  desunta  -  non  soltanto  dal  tenore  della
disposizione censurata ma anche - dal «piu' complesso e ampio sistema
disciplinato  dai  commi 1  e  1-bis  all'art. 14  del  decreto-legge
31 dicembre  1996,  n. 669»,  tutto  volto  a  favorire la gestione -
adeguata   proprio   perche'   articolata  -  delle  proprie  risorse
finanziarie  da  parte  dell'ente  previdenziale  organizzato su base
territoriale e cosi' anche, indirettamente, a favorire la piu' rapida
soddisfazione  dei  creditori.  Ed e' sulla base di questa ratio che,
coerentemente, il giudice rimettente non ha dato corso alla questione
di  legittimita' costituzionale sollevata dal creditore interveniente
-  tesa  all'espunzione  radicale  della  norma  -  ma  ha  sollevato
d'ufficio  l'opposta questione diretta ad ampliarne la portata, a suo
avviso ingiustificatamente limitata.
    Le   argomentazioni,   viceversa,   sviluppate  per  giustificare
l'asserita  impossibilita' di una interpretazione conforme alla ratio
della  norma  -  la  quale  ne escluderebbe la lesivita' dei precetti
costituzionali  - si fondano esclusivamente su dati letterali, che si
assumono  univoci  e frutto di consapevole opzione di «un legislatore
attento   nella   scelta  dei  termini  e  nell'individuazione  delle
fattispecie astratte disciplinate»: sicche' l'ordinanza di rimessione
-  senza  avvedersi  della  contraddizione  insita nell'attribuire al
legislatore  piena consapevolezza sia dell'ampio fine propostosi sia,
contestualmente,  della  angusta  «individuazione  delle  fattispecie
astratte  disciplinate» - osserva che il riferimento al «pignoramento
dei   crediti   di   cui   all'art. 543»,  quale  «atto  introduttivo
dell'espropriazione   forzata   presso   terzi»,  sarebbe  confortato
dall'«impiego   del   verbo   "promuovere",  che  indica  il  momento
introduttivo  di  una procedura» e da quello «del verbo "instaurare",
indicativo della creazione ex novo di rapporti tra soggetti».
    2.4. - E' agevole rilevare che la pluralita' di argomenti addotti
dal rimettente e' solo apparente, in quanto tutti presuppongono, e si
fondano  sul  significato  attribuito  alla  prima locuzione: essendo
evidente che, se per «pignoramento di crediti di cui all'art. 543 del
codice  di procedura civile» si intende non l'atto introduttivo della
procedura   esecutiva,  ma  l'espropriazione  dei  crediti,  i  verbi
«promuovere»  e  «instaurare»  -  a  prescindere  dalla  loro pretesa
valenza  «tecnica» - possono ben intendersi come riferiti a qualsiasi
azione esecutiva esperita dai creditori, anche a mezzo di intervento.
    Poiche'  tale  interpretazione  e'  idonea  a  fugare  i dubbi di
illegittimita'   costituzionale   sollevati   dal   rimettente,  deve
concludersi  che  e'  doveroso intendere la norma censurata nel senso
che  il  creditore,  il  quale  intenda  sottoporre ad espropriazione
forzata  crediti di enti ed istituti esercenti forme di previdenza ed
assistenza  obbligatorie organizzati su base territoriale, deve agire
esecutivamente,  a  pena  di  improcedibilita',  anche in qualita' di
interveniente,   innanzi   al   giudice  dell'esecuzione  della  sede
principale  del  tribunale nella cui circoscrizione ha sede l'ufficio
giudiziario che ha emesso il provvedimento in forza del quale agisce.
                          Per questi motivi
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
    Dichiara  non  fondata,  nei  sensi  di  cui  in  motivazione, la
questione  di  legittimita' costituzionale dell'art. 14, comma 1-bis,
del  decreto-legge  31 dicembre 1996, n. 669 (Disposizioni urgenti in
materia  tributaria,  finanziaria  e  contabile a completamento della
manovra   di  finanza  pubblica  per  l'anno 1997),  convertito,  con
modificazioni,  dalla  legge  28 febbraio  1997,  n. 30, e successive
modificazioni   apportate   dall'art. 44,  comma 3,  lettera b),  del
decreto-legge  30 settembre  2003,  n. 269  (Disposizioni urgenti per
favorire  lo  sviluppo  e  per la correzione dell'andamento dei conti
pubblici),  convertito,  con  modificazioni,  dalla legge 24 novembre
2003,  n. 326,  sollevata,  in riferimento agli artt. 3, comma primo,
24, commi primo e secondo, e 97, comma primo, della Costituzione, dal
Tribunale di Roma con l'ordinanza in epigrafe.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 23 ottobre 2006.
                         Il Presidente: Bile
                      Il redattore: Vaccarella
                       Il cancelliere:Di Paola
    Depositata in cancelleria il 27 ottobre 2006.
              Il direttore della cancelleria: Di Paola
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