N. 24 SENTENZA 24 gennaio - 6 febbraio 2007

Giudizio di legittimita' costituzionale in via principale.

Lavoro e occupazione - Formazione professionale - Norme della Regione
  Puglia   in   materia   di   apprendistato   professionalizzante  -
  Definizione   dei   profili   formativi  -  Mancato  raggiungimento
  dell'intesa,  entro  60 giorni, con le organizzazioni sindacali dei
  lavoratori  e le associazioni dei datori di lavoro comparativamente
  piu' rappresentative sul piano regionale - Attribuzione alla Giunta
  regionale   del  potere  di  definizione  unilaterale  dei  profili
  formativi,  acquisiti  i  pareri  degli  enti  bilaterali  e  delle
  suddette organizzazioni - Contrasto con i principi fondamentali (in
  materia di tutela e sicurezza del lavoro) e con la norma interposta
  statale, che prevede l'intesa Illegittimita' costituzionale.
- Legge   della  Regione  Puglia  22 novembre  2005,  n. 13,  art. 2,
  comma 2.
- Costituzione,  art. 117,  terzo  comma;  d.lgs.  10 settembre 2003,
  n. 276, art. 49.
Lavoro e occupazione - Formazione professionale - Norme della Regione
  Puglia   in   materia   di   apprendistato   professionalizzante  -
  Regolamentazione   delle   modalita'  della  formazione  interna  -
  Invasione   della  riserva  allo  Stato  a  stabilire  la  relativa
  disciplina  -  Violazione  della  competenza  esclusiva  statale in
  materia di «ordinamento civile» - Illegittimita' costituzionale.
- Legge   della  Regione  Puglia  22 novembre  2005,  n. 13,  art. 3,
  comma 7.
- Costituzione, art. 117, secondo comma, lettera l).
Lavoro e occupazione - Formazione professionale - Norme della Regione
  Puglia in materia di apprendistato professionalizzante - Previsione
  che   la   formazione   formale   sia  espletata,  prevalentemente,
  all'esterno  dell'azienda e, comunque secondo le modalita' previste
  dalla contrattazione collettiva - Asserita lesione della competenza
  esclusiva  statale  in  materia  di  «ordinamento  civile»  nonche'
  esorbitanza  dalle  competenze regionali in materia di legislazione
  concorrente, con violazione dei principi fondamentali in materia di
  tutela  e  sicurezza del lavoro - Esclusione - Non fondatezza della
  questione.
- Legge   della  Regione  Puglia  22 novembre  2005,  n. 13,  art. 3,
  comma 4.
- Costituzione,  art. 117,  secondo  comma, lettera l) e terzo comma;
  d.lgs. 10 settembre 2003, n. 276, art. 49, commi 4, lettera a) e 5,
  lettera b).
(GU n.6 del 7-2-2007 )
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
  Presidente: Giovanni Maria FLICK;
  Giudici:  Francesco  AMIRANTE,  Ugo  DE  SIERVO, Romano VACCARELLA,
Paolo  MADDALENA,  Alfio FINOCCHIARO, Alfonso QUARANTA, Franco GALLO,
Luigi MAZZELLA, Gaetano SILVESTRI, Sabino CASSESE, Maria Rita SAULLE,
Giuseppe TESAURO, Paolo Maria NAPOLITANO;
ha pronunciato la seguente

                              Sentenza

nel giudizio di legittimita' costituzionale degli artt. 2, comma 2, e
3,  commi 4  e  7, della legge della Regione Puglia 22 novembre 2005,
n. 13  (Disciplina  in materia di apprendistato professionalizzante),
promosso  dal  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri  con ricorso
notificato   il   23 gennaio   2006,  depositato  in  cancelleria  il
1° febbraio 2006 ed iscritto al n. 5 del registro ricorsi 2006.
    Visto l'atto di costituzione della Regione Puglia;
    Udito  nell'udienza  pubblica  del  5 dicembre  2006  il  giudice
relatore Francesco Amirante;
    Uditi   l'avvocato   dello  Stato  Massimo  Salvatorelli  per  il
Presidente  del  Consiglio dei ministri e l'avvocato Valerio Speziale
per la Regione Puglia.

                          Ritenuto in fatto

    1.  -  Con  ricorso notificato il 23 gennaio 2006 e depositato il
1° febbraio   2006,   il   Presidente  del  Consiglio  dei  ministri,
rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello  Stato, ha
impugnato  gli  artt. 2, comma 2, e 3, commi 4 e 7, della legge della
Regione  Puglia  22 novembre  2005,  n. 13  (Disciplina in materia di
apprendistato  professionalizzante),  in  quanto  contrastanti  con i
principi fondamentali in materia di tutela e sicurezza del lavoro.
    Premette  il  ricorrente  che questa Corte, con la sentenza n. 50
del  2005,  ha  osservato  come  la  materia  della formazione, lungi
dall'essere  di  esclusiva  spettanza  regionale, possa riguardare il
rapporto   privatistico   contrattuale   (per   quanto  attiene  alla
formazione  all'interno delle aziende) - di tal che la sua disciplina
rientra  nell'ordinamento  civile - mentre spetta alle Regioni e alle
Province  autonome  disciplinare la formazione esterna. Tuttavia, ne'
l'uno  ne' l'altro profilo appaiono separati nettamente tra di loro e
da  altri  aspetti  dell'istituto. Alla luce di tali interferenze, la
Corte  ha  concluso  nel  senso  che  la  commistione  di  competenze
giustifica  (e  rende  costituzionalmente legittima) l'apposizione di
principi da parte del legislatore statale che, cosi' operando, non ha
illegittimamente inciso nelle competenze regionali e ha correttamente
applicato il principio di leale collaborazione.
    Viceversa,  l'art. 2,  comma 2,  dell'impugnata  legge regionale,
prevedendo  che,  nell'ipotesi  in cui entro un certo termine non sia
raggiunta  l'intesa  tra  i  vari soggetti interessati in ordine alla
definizione  dei  profili  formativi,  questi siano determinati dalla
Giunta  regionale,  si  porrebbe in contrasto con l'art. 49, comma 5,
del  decreto  legislativo 10 settembre 2003, n. 276 (Attuazione delle
deleghe  in  materia di occupazione e mercato del lavoro, di cui alla
L.  14 febbraio  2003,  n. 30),  che,  nel dettare precisi principi e
criteri  direttivi,  impone che la regolamentazione dei detti profili
sia effettuata dalle Regioni «d'intesa con le associazioni dei datori
e  prestatori  di  lavoro  comparativamente  piu' rappresentative sul
piano  regionale». Ne consegue che il legislatore statale ha ritenuto
fondamentale,   per  la  determinazione  dei  profili  formativi,  il
concorso di tutti i soggetti indicati, non ammettendo che la relativa
intesa  sia  sostituita  da  un  atto  unilaterale della Regione, che
invece potrebbe limitarsi - secondo quanto dispone la norma censurata
-   ad   acquisire   i  pareri  delle  parti  sociali  (evidentemente
divergenti,  non avendo consentito il perfezionarsi dell'accordo), in
tal modo declassandole ad organi meramente consultivi.
    Anche  l'art. 3,  comma 4, prescrivendo che la formazione formale
si  svolga  «prevalentemente  all'esterno dell'azienda», risulterebbe
costituzionalmente   illegittimo   sotto  un  duplice  aspetto:  esso
contrasterebbe  anzitutto  - sempre sotto il profilo della competenza
concorrente  in  materia  di  tutela  e sicurezza del lavoro - con il
richiamato  art. 49  del  d.lgs.  n. 276  del  2003,  il cui comma 4,
lettera a),    fa    riferimento    alla   formazione   aziendale   o
extra-aziendale, senza porre alcuna precostituita gerarchia tra i due
tipi   di  attivita'.  Sotto  un  secondo  aspetto,  la  disposizione
censurata  illegittimamente violerebbe la previsione che rimette alla
contrattazione  collettiva  la  determinazione  delle  «modalita'  di
erogazione  e della articolazione della formazione, esterna e interna
alle  singole  aziende»,  in  cui il richiamo alla normativa pattizia
appare  limitato  dal  vincolo  di  uno  svolgimento  prevalentemente
esterno.
    Infine,  risulterebbe illegittimo (in quanto incidente in materia
di  competenza  legislativa statale esclusiva, regolando le modalita'
della  formazione  interna)  anche  il  comma 7  dello stesso art. 3,
laddove  prevede che «la formazione interna deve avere a oggetto, per
un  periodo  minimo iniziale della durata di venti ore nel primo mese
di  svolgimento  del  rapporto,  i  metodi  di  organizzazione  della
produzione  e  i  sistemi  di  prevenzione  degli  infortuni  e delle
malattie   professionali».   Infatti,   la   formazione   all'interno
dell'azienda e' regolamentata pattiziamente e afferisce, pertanto, al
regime  contrattuale  privatistico, sicche' qualunque disposizione di
carattere   generale   non   puo'  che  rientrare  nella  materia  di
legislazione   esclusiva   prevista   dall'art. 117,  secondo  comma,
lettera l), della Costituzione. Tale parametro sarebbe in conclusione
violato dalle tre norme censurate.
    1.2.  -  Si  e'  costituita  la  Regione  Puglia, che ha altresi'
depositato   memoria   nell'imminenza  dell'udienza,  preliminarmente
eccependo  l'inammissibilita'  delle censure concernenti gli artt. 2,
comma 2,  e  3,  comma 4,  posto  che  l'impossibilita'  di sollevare
dinanzi  alla  Corte  un  giudizio  di  legittimita'  relativo  ad un
potenziale  contrasto  con  gli  interessi  nazionali  esclude che il
Governo  possa,  in  base all'art. 127 Cost., lamentare tout court la
violazione  dei  principi fondamentali contenuti nella legge statale,
la  quale  non  configura  un «eccesso di competenza», ma soltanto il
mancato rispetto di disposizioni che hanno la finalita' di consentire
il  coordinamento  tra  due poteri legislativi autonomi e concorrenti
(quello  statale  e quello regionale). Quindi, secondo la resistente,
il  Governo contesta il merito della legge regionale, ma non mette in
discussione  il potere della Regione di disciplinare con legge quella
specifica  materia:  cosi',  nel  sostenere  che la legge regionale -
nella   misura   in  cui  non  rende  vincolanti  le  intese  con  le
associazioni  sindacali rappresentative dei contrapposti interessi e,
in caso di mancato accordo, considera le opinioni sindacali come meri
pareri  -  avrebbe  violato  un  principio  fondamentale (consistente
nell'obbligatorio  concorso  di  tutti  i soggetti sindacali indicati
nella regolamentazione dei profili formativi), non si denuncerebbe in
alcun   modo   l'eccesso  di  competenza  della  Regione,  bensi'  si
sosterrebbe  che  essa,  pur  avendo  esercitato  il  proprio  potere
legislativo  negli  ambiti  di  competenza  attribuiti  dall'art. 117
Cost.,  non  avrebbe rispettato i principi fondamentali dettati dalla
legislazione statale.
    La  Regione si sofferma, poi, sulle conclusioni della sentenza di
questa  Corte  n. 50  del 2005, osservando che, se essa correttamente
muove  dall'idea che la formazione attiene sia al profilo causale del
rapporto  di  lavoro  (e  quindi  deve  essere inclusa nella sfera di
competenza  dell'ordinamento  civile),  sia a quello della formazione
professionale - appartenente, invece, alla potesta' legislativa delle
Regioni   -   tuttavia   la  concreta  applicazione  dei  criteri  di
ripartizione  tra  le  due  forme  di competenza legislativa dovrebbe
essere  diversamente individuata. Infatti, allorche' l'art. 117 Cost.
attribuisce  agli  enti territoriali il potere legislativo in materia
di  «formazione  professionale»,  intende  affidare  alle Regioni una
competenza generale su tutto cio' che riguarda gli aspetti formativi,
senza  necessita'  di  distinguere  tra formazione pubblica esterna e
formazione   privata  aziendale.  Quest'ultima,  percio',  e'  sempre
connessa  ad  un  profilo  di  crescita  e  di  qualificazione  delle
conoscenze  del  lavoratore,  che  e'  ricompreso  nell'ambito  della
formazione   propriamente   detta,   cui   fa  riferimento  il  testo
costituzionale.  Alla  competenza  legislativa statale residuerebbero
quegli   aspetti   della  formazione  professionale  che  influenzano
direttamente  il  contratto di lavoro nel suo profilo interno, mentre
la  determinazione del contenuto formativo, sia esterno sia interno -
che  rispecchia  anche  un interesse pubblicistico ad incrementare le
competenze   del   lavoratore  ed  a  favorirne  la  possibilita'  di
occupazione,  cosi'  attenendo  al  mercato del lavoro - non puo' che
essere attribuita alla Regione.
    Nel  merito,  tuttavia,  la censura relativa all'art. 2, comma 1,
risulterebbe   non   fondata,   poiche'  dalla  lettura  del  comma 5
dell'art. 49  del  d.lgs.  n. 276 del 2003 sarebbe possibile rilevare
che  l'intesa  con  le  associazioni  sindacali comparativamente piu'
rappresentative   non   e'   espressamente  inclusa  tra  i  principi
fondamentali  che  devono  essere rispettati dagli enti territoriali.
Del  resto,  la  norma  statale  evocata  prevede soltanto che vi sia
l'intesa  con  le  associazioni  sindacali, ma non stabilisce che, in
caso  di mancanza di accordo, non si possano concretamente regolare i
profili  formativi  dell'apprendistato.  Se  la  disposizione dovesse
essere  interpretata  nel  senso voluto dal Governo, essa, secondo la
resistente,  sarebbe  del  tutto  in  contrasto  con l'art. 117 della
Costituzione.  Infatti,  subordinare  la  potesta'  legislativa delle
Regioni all'intesa obbligatoria con le parti sociali, significherebbe
condizionare  il  procedimento  di  formazione della legge regionale,
oltre che attribuire alle associazioni sindacali un potenziale potere
di veto che si tradurrebbe in un esproprio della potesta' legislativa
degli enti territoriali.
    Quanto poi all'art. 3, comma 4, della legge regionale impugnata -
secondo   il   quale   la   formazione  formale  deve  essere  svolta
prevalentemente all'esterno dell'azienda - la resistente afferma che,
contrariamente  a  quanto  sostenuto  in  ricorso, non esiste nessuna
disposizione  che  vieti  di  attribuire  prevalenza  ad un contenuto
formativo (in questo caso, quello esterno) piuttosto che ad un altro,
in   quanto   la  legge  statale  consente  che  la  qualifica  venga
riconosciuta  dopo la formazione interna od esterna, attribuendo alla
Regione  il  potere di riconoscere soltanto la formazione aziendale o
solo  quella extra aziendale o anche entrambe e di far riferimento ad
entrambi  i  tipi  di  attivita'  formativa  anche  con riguardo alla
determinazione  delle  centoventi  ore  di  formazione  di base. Tale
scelta  rispecchia un ulteriore criterio di efficienza formativa: sul
mercato operano, infatti, una serie di imprese e soggetti accreditati
che  sono  in grado di fornire una qualificazione professionale molto
superiore  a  quella  che  potrebbe  essere  conseguita  con  la mera
formazione  interna.  In  questo  caso, quindi, la formazione esterna
garantisce    un   miglior   controllo   sull'effettivo   svolgimento
dell'attivita' di qualificazione professionale del lavoratore.
    Tali   argomenti   consentirebbero   di   ritenere   non  fondata
l'ulteriore  censura  sollevata  dal  Governo,  nella parte in cui la
norma  condizionerebbe  la  contrattazione  collettiva  nel  senso di
privilegiare  la  formazione  esterna:  infatti,  l'evocato  art. 49,
comma 5, lettera b), del d.lgs. n. 276 del 2003 non pone alcun limite
che inibisca la prevalenza di un tipo di formazione sull'altra, ma si
limita  ad  impedire che il contratto collettivo regoli la formazione
solo interna od esterna, visto che invece tale potere regolativo deve
essere   esercitato   in   relazione  ad  entrambe  le  modalita'  di
effettuazione  della  formazione  (e  tale interpretazione scaturisce
dall'uso  della  congiunzione «e» contenuta in tale disposizione). La
norma,   in  conclusione,  non  pone  alcun  vincolo  diverso  e  non
condiziona   la  possibilita'  per  la  Regione  di  attribuire  alla
contrattazione  collettiva  la  facolta' di stabilire le modalita' di
erogazione  e  di articolazione della formazione svolta in prevalenza
all'esterno ed in misura inferiore in azienda.
    Con  riferimento all'impugnativa del comma 7 dello stesso art. 3,
la   Regione  osserva  che  le  interferenze  tra  le  materie  nella
disciplina    dell'apprendistato    messe   in   luce   dalla   Corte
costituzionale nella citata sentenza n. 50 del 2005 non consentono di
affermare,   come   invece  sostiene  il  ricorrente,  che  qualsiasi
regolamentazione   circa   la   materia   della   formazione  interna
costituirebbe  un'illegittima  invasione delle competenze legislative
statali.  Se  la legge regionale puo' regolare aspetti riguardanti la
formazione interna alle aziende, a maggior ragione puo' stabilire che
essa  debba riguardare il numero minimo di ore connesse ai «metodi di
organizzazione  della  produzione  e  ai sistemi di prevenzione degli
infortuni e delle malattie professionali». Non vi e' dubbio, infatti,
che  in  questo  caso  la  formazione  e'  strettamente connessa alla
sicurezza  del  lavoro  che  e' materia di competenza concorrente tra
Stato  e Regioni. In questo ambito, dunque, poiche' la Regione Puglia
ha  esercitato una competenza legislativa in materia di sicurezza del
lavoro e poiche' la formazione e' finalizzata a prevenire infortuni e
malattie   professionali,   e'   indiscutibile   che   la  disciplina
legislativa  regionale  si  muove  in  quell'ambito di «interferenze»
sulle quali la Corte costituzionale si e' gia' espressa, valorizzando
le  finalita'  di  protezione  dei lavoratori, posto che l'obbligo di
impartire  la  formazione interna all'azienda in materia di sicurezza
e' giustificato dal «fatto notorio che gli infortuni sul lavoro hanno
un  picco  preoccupante  proprio  nella fase iniziale dei rapporti di
lavoro».

                       Considerato in diritto

    1.  -  Il  Presidente del Consiglio dei ministri ha impugnato gli
artt. 2,  comma 2, e 3, commi 4 e 7, della legge della Regione Puglia
22 novembre  2005,  n. 13  (Disciplina  in  materia  di apprendistato
professionalizzante).
    Secondo  il  ricorrente,  la  prima delle disposizioni censurate,
nello  stabilire che, se l'intesa con le organizzazioni sindacali dei
lavoratori e le associazioni dei datori di lavoro riguardo ai profili
formativi  dell'apprendistato  professionalizzante  non  e' raggiunta
entro  sei  mesi  dall'entrata  in  vigore  della  legge,  la  Giunta
regionale provvede, acquisiti i pareri delle organizzazioni di cui al
comma 1  - e cioe' gli enti bilaterali e le suddette organizzazioni -
finirebbe  col  sostituire  all'intesa  una mera attivita' consultiva
delle organizzazioni delle parti sociali.
    La  disposizione  sarebbe,  quindi,  in  contrasto con i principi
fondamentali  (in  materia di tutela e sicurezza del lavoro) e con la
norma   interposta   di   cui  all'art. 49  del  decreto  legislativo
10 settembre  2003,  n. 276  (Attuazione  delle deleghe in materia di
occupazione e mercato del lavoro, di cui alla legge 14 febbraio 2003,
n. 30), che prevede l'intesa.
    Gli  stessi  parametri,  ad  avviso  del ricorrente, sono violati
anche  dall'art. 3,  comma 4, della stessa legge, il quale stabilisce
che  «la  formazione  formale  da  svolgersi  durante  il  periodo di
apprendistato   deve   essere   svolta   prevalentemente  all'esterno
dell'azienda   e   comunque   secondo  le  modalita'  previste  dalla
contrattazione  collettiva»,  perche' stabilisce una gerarchia tra le
diverse specie di formazione.
    Infine, costituirebbe violazione delle competenze esclusive dello
Stato  in  materia  di  ordinamento  civile (art. 117, secondo comma,
lettera l, Cost.) la disposizione del comma 7 dello stesso art. 3, il
quale regola in parte la formazione interna, stabilendo limiti minimi
di  orario  riguardo  ai contenuti che essa deve avere nella sua fase
iniziale, secondo quanto prescritto dalla disposizione stessa.
    2.  -  Sono fondate la prima e la terza delle questioni suddette,
mentre non e' fondata la seconda.
    La disposizione di cui all'art. 2, comma 2, della legge regionale
in  scrutinio,  nel prevedere che, se l'intesa non e' raggiunta entro
il  termine  di  sessanta  giorni  dall'entrata in vigore della legge
stessa,  provvede  la  Giunta regionale, attribuisce ad essa un ruolo
preminente,  incompatibile con il regime dell'intesa, caratterizzata,
quest'ultima,  nel  caso  in  esame, dalla paritaria codeterminazione
dell'atto  in  difetto  di  indicazioni della prevalenza di una parte
sull'altra  (sentenze  n. 27  del  2004, n. 308 del 2003 e n. 116 del
1994).
    Ne'  vale  prospettare  la  necessita'  di un meccanismo idoneo a
superare la situazione di stallo determinata dalla mancata intesa.
    Per  ovviare  a  siffatta  esigenza e dare concreta attuazione al
principio  di  leale  collaborazione  -  del  quale  la  prescrizione
dell'intesa,  anche  tra  i soggetti indicati, costituisce pur sempre
espressione  -  spetta al legislatore regionale stabilire, semmai, un
sistema   che   imponga   comportamenti   rivolti   allo  scambio  di
informazioni  e  alla manifestazione della volonta' di ciascuna delle
parti  e,  in ultima ipotesi, contenga previsioni le quali assicurino
il  raggiungimento  del  risultato,  senza la prevalenza di una parte
sull'altra  (per  esempio,  mediante  la  indicazione  di un soggetto
terzo).
    E', invece, in contrasto con gli evocati parametri costituzionali
la  drastica previsione, in caso di mancata intesa, della decisivita'
della   volonta'   di   una   sola   delle  parti,  la  quale  riduce
all'espressione di un parere il ruolo dell'altra.
    Parimenti  fondata  e'  la  questione avente ad oggetto l'art. 3,
comma 7, della legge reg. Puglia n. 13 del 2005.
    Infatti,  questa  Corte ha piu' volte affermato che la disciplina
della  formazione  interna  attiene  all'ordinamento  civile  e  che,
pertanto, spetta allo Stato stabilire la relativa normativa.
    E'  pur  vero che in materia di apprendistato professionalizzante
si e' rilevata (anche) un'interferenza di materie riguardo alle quali
esistono   competenze  legislative  diverse,  alla  cui  composizione
provvedono,    quando    possibile,   gli   strumenti   della   leale
collaborazione  o,  qualora  risulti  la  prevalenza  di  una materia
sull'altra,  l'applicazione  del  criterio appunto di prevalenza. Nel
caso  in  esame  e' in sede di definizione dei profili formativi - da
raggiungere,  come  si  e' detto, mediante la corretta attuazione del
regime dell'intesa - che la Regione puo' far valere i propri punti di
vista  e  le proprie esigenze anche nella disciplina della formazione
endo-aziendale, per la parte in cui questa riguardi materie attinenti
alla tutela e sicurezza del lavoro, di competenza concorrente.
    La   disposizione  in  scrutinio  contiene,  invece,  la  diretta
disciplina   di  una  parte  della  formazione  interna,  costituente
invasione della sfera di attribuzioni statali.
    Non  fondata, invece, e' la questione riguardante la disposizione
dell'art. 3,  comma 4,  prevedente  la  prevalenza  della  formazione
esterna in tema di «formazione formale».
    Si  tratta  di  questione concernente una disposizione analoga ad
altre,  contenute  in  leggi  di  altre  Regioni,  gia'  scrutinate e
ritenute  non  illegittime  con  riguardo  al  sistema del riparto di
competenze  definito dall'art. 117 Cost. (v. sentenze n. 406 e n. 425
del  2006).  Essa,  infatti, non costituisce invasione della sfera di
attribuzioni statali in materia di formazione interna.
                          Per questi motivi
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
    Dichiara  l'illegittimita' costituzionale degli artt. 2, comma 2,
e 3, comma 7, della legge della Regione Puglia 22 novembre 2005 n. 13
(Disciplina in materia di apprendistato professionalizzante);
    Dichiara  non fondata la questione di legittimita' costituzionale
dell'art. 3,  comma 4, della medesima legge regionale n. 13 del 2005,
sollevata,  in riferimento all'art. 117, secondo comma, lettera l), e
terzo  comma,  della  Costituzione,  dal Presidente del Consiglio dei
ministri con il ricorso indicato in epigrafe.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 24 gennaio 2007.
                        Il Presidente: Flick
                       Il redattore: Amirante
                       Il cancelliere:Di Paola
    Depositata in cancelleria il 6 febbraio 2007.
              Il direttore della cancelleria: Di Paola
07C0122