N. 695 ORDINANZA (Atto di promovimento) 18 maggio 2004

Ordinanza   emessa   il   18   maggio   2004  (pervenuta  alla  Corte
costituzionale  il  19 dicembre  2006)  dal  tribunale  di Genova sul
ricorso  proposto  da  Laniz  Rodriguez Hugo Cesar contro Prefetto di
Genova

Straniero  -  Divieto  di espulsione - Estensione agli stranieri, pur
  non  in  regola  con  le norme disciplinanti il soggiorno, «giovani
  adulti»  ancora  a  carico  dei  familiari  per ragioni oggettive -
  Lesione del diritto fondamentale della persona - Irragionevolezza -
  Violazione  degli  artt. 8  e 12 della CEDU nonche' della normativa
  internazionale  e comunitaria in materia di diritti degli stranieri
  -  Violazione  del  principio di unita' familiare e di tutela della
  famiglia.
- Decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, art. 19, comma 2.
- Costituzione, artt. 2, 3, 10, 29 e 30.
Straniero  -  Ricongiungimento  familiare - Limitazione ai soli figli
  maggiorenni   a   carico,   incapaci   di   provvedere  al  proprio
  sostentamento  a  causa  di  invalidita'  totale  -  Estensione  ai
  «giovani   adulti»  ancora  a  carico  dei  familiari  per  ragioni
  obiettive  -  Mancata  previsione - Lesione di diritto fondamentale
  della  persona  -  Irragionevolezza - Violazione degli artt. 8 e 12
  della  CEDU nonche' della normativa internazionale e comunitaria in
  materia  di  diritti  degli  stranieri - Violazione dei principi di
  tutela dell'unita' familiare e di tutela della famiglia.
- Decreto  legislativo  25  luglio  1998,  n. 286, artt. 29, comma 1,
  lett. b-bis) e 30.
- Costituzione, artt. 2, 3, 10, 29 e 30.
(GU n.7 del 14-2-2007 )
                            IL TRIBUNALE

    Sentiti  il  legale  di  parte  ricorrente  ed  il rappresentante
dell'amministrazione;
    A scioglimento della riserva di cui al verbale che precede;
    Ha pronunciato la seguente ordinanza.
    Con  ricorso  in  data 10 gennaio 2004, il cittadino ecuadoriano,
signor  Hugo  Cesar  Laniz  Rodriguez,  ha chiesto a questo tribunale
l'accertamento  dell'illegittimita'  del decreto di espulsione emesso
nei  sui  confronti, in data 17 novembe 2003, dal Prefetto di Genova,
nonche'  di  ogni altro atto ad esso collegato, e conseguentemente la
declaratoria di nullita' del suddetto decreto.
    Dopo  avere  premesso  che  gli  era  stata  contestata  l'omessa
richiesta  del permesso di soggiorno entro gli otto giorni lavorativi
dall'ingresso  in  Italia,  si  doleva  innanzi  tutto  il ricorrente
dell'erroneita'  dei  presupposti  in  fatto posti a base del decreto
impugnato  (non  essendo  egli privo di residenza in Italia), e della
circostanza  che  nessuna  prova  era  stata  fornita  dall'autorita'
amministrativa  (in  ordine al momento del suo ingresso in Italia) se
non  il  richiamo  a  quanto  da lui asseritamente dichiarato, «senza
l'ausilio  di  un  interprete». Sul punto il difensore evidenziava il
fatto  che  il proprio rappresentato non era in grado di parlare e di
scrivere  la  lingua  italiana,  da cui la recisa contestazione delle
dichiarazioni  scritte che a lui venivano attribuite, definite «prive
di supporto ed inveritiere».
    Secondo  quanto  sostenuto  in  ricorso l'unico dato certo emerso
dalla  visione del suo passaporto era l'ingresso negli Stati Uniti in
data  20 maggio 2003, mentre nessuna attestazione vi era in ordine al
suo  ingresso  in  Area Schengen. In realta', a dire dello straniero,
solo  da  pochi  giorni  egli  si trovava in visita presso la propria
madre,   regolarmente  residente  in  Italia,  avendo  nella  propria
disponibilita'  un'abitazione  in cui essa convive con i propri figli
(fratelli  del ricorrente). In secondo luogo la difesa del ricorrente
lamentava   l'omessa   comunicazione   dell'avvio   del  procedimento
amministrativo   di   espulsione,  in  violazione  del  principio  di
carattere  generale  di  cui  all'art. 7 della legge n. 241/1990, non
ricorrendo  le esigenze di celerita' affermate dall'amministrazione e
non  avendo,  per le ragioni indicate, lo straniero alcuna ragione di
rendersi  irreperibile. Infine il ricorrente affermava che il decreto
opposto  avrebbe  violato  le  norme  in  materia di unita' familiare
(artt. 29  e  30  della  Costituzione,  l'art. 8 della legge 4 agosto
1955,  n. 848  e  l'art. 13 della Convenzione OIL del 24 giugno 1975,
n. 143,  ratificata  in  Italia  con  legge  10 aprile 1981, n. 158).
Secondo  le  argomentazioni  esposte  i  diritti  della famiglia come
societa' naturale fondata sul matrimonio, ed in particolare quelli di
mantenere,  istruire,  educare  i  figli,  non  potevano considerarsi
cessati  con  la  maggiore eta', con la precisazione che nella specie
sarebbe  stato  violato il diritto alla vita familiare del ricorrente
e,  segnatamente,  al  mantenimento della relazione con la madre ed i
fratelli,  in  una  situazione  in  cui la misura dell'espulsione non
trovava  giustificazione  nei superiori interessi pubblici (ad es. la
sicurezza  nazionale,  il benessere  economico  del  Paese, la difesa
dell'ordine  pubblico,  la  prevenzione  dei  reati,  la tutela della
salute o della morale, ...).
    Nel  corso  della presente procedura l'amministrazione versava in
atti  il  contestato  modulo plurilingue, apparentemente sottoscritto
dal ricorrente in data 16 novembre 2003, ove la data dell'ingresso in
Italia veniva individuata nel 21 maggio 2003.
    All'esito   della  prima  udienza  questo  giudice  disponeva  la
sospensione,  in  via cautelare, dell'efficacia esecutiva del decreto
di  espulsione  impugnato,  ed invitava il difensore del ricorrente a
documentare   l'inserimento   del   ricorrente   presso  la  famiglia
d'origine,   la   regolarita'  della  presenza  in  Italia  dei  suoi
congiunti,   e   lo   svolgimento   di  attivita'  lavorativa,  o  la
frequentazione della scuola, da parte dei parenti presenti in Italia.
Successivamente  lo  stesso difensore veniva autorizzato a depositare
una   memoria   al  fine  di  meglio  approfondire  la  questione  di
costituzionalita' prospettata con il ricorso introduttivo.
    All'udienza  del  26 aprile  2004  il  difensore  del  ricorrente
insisteva,  in  principalita',  per  l'accoglimento  del  ricorso, in
subordine affinche' fosse sollevata la questione di costituzionalita'
dell'art. 29,  comma 1, del d.lgs. n. 286/1998, nonche' dell'art. 19,
comma  2,  dello  stesso  testo normativo atteso il contrasto con gli
artt. 2,  3, 10, 29, 30 Cost., quanto alla prima norma in quanto essa
non  prevede  siano  ricongiungibili i figli maggiorenni a carico, se
non  nel caso in cui essi non siano in grado di provvedere al proprio
mantenimento  per  ragioni di salute, e in ordine alla seconda norma,
in  quanto  essa  non  prevede  il  divieto di espulsione anche degli
stranieri titolari di un diritto all'unita' familiare, conviventi con
parenti  regolarmente  soggiornanti  con  i  quali  potrebbero essere
ricongiunti.   Il   rappresentante  dell'amministrazione  concludeva,
invece,  per  la  reiezione  del ricorso stante l'irregolarita' della
posizione dello straniero sul territorio nazionale.
    Venendo al merito della decisione rileva questo giudicante che il
primo  motivo  del  ricorso,  inerente  alla  pretesa  erroneita' dei
presupposti  in  fatto  posti  a  base  del decreto impugnato, e alla
mancanza  di  prova  circa  il  momento dell'ingresso in Italia dello
straniero, non appare fondato. Ed infatti, premesso che il ricorrente
non  ha  disconosciuto la firma da lui apposta sul modulo pluriuingue
della  Questura  di Genova (c.d. dichiarazione d'identita' personale)
versato  in atti dall'amministrazione, in relazione alla compilazione
dello  stesso  non  si  pone un problema di comprensione o meno della
lingua  italiana,  in quanto il modulo in questione contiene anche la
traduzione in lingua spagnola dell'informazione che viene richiesta a
chi  e'  chiamato a compilarlo. Non vi e' pertanto motivo di dubitare
della  veridicita' di quanto affermato dal signor Laniz Rodrignez nel
punto in cui egli ha dichiarato di essere entrato nel nostro Paese il
21 maggio  2003.  Cio'  comporta  l'essere  pienamente  integrata  la
fattispecie  di cui all'art. 13, secondo comma, lettera b) del d.lgs.
n. 286/1998, relativa al fatto di essersi lo straniero trattenuto nel
territorio dello Stato senza avere richiesto il permesso di soggiorno
nel  termine previsto (otto giorni lavorativi dall'ingresso, ai sensi
dell'art. 5,   comma  2,  del  citato  testo  normativo).  In  ordine
all'ipotesi  di  un  ritardo dovuto alla forza maggiore il ricorrente
non  solo  non  ha  offerto  alcuna prova in tal senso, ma neppure ha
fatto cenno a tale problematica.
    Quanto  al  secondo  motivo  del  ricorso, vale a dire il mancato
avviso  dell'avvio  della procedura di cui il ricorrente si duole, la
giurisprudenza  di  questo  ufficio  e'  consolidata nel senso che, a
fronte  del nuovo quadro normativo determinato dall'entrata in vigore
della  legge  n. 189/2002,  l'avvenuta  tipizzazione delle ipotesi di
espulsione  amministrativa  dello  straniero  esclude  l'esercizio di
potere  discrezionale  da  parte  dell'Autorita' competente, la quale
infatti,  accertata la ricorrenza di una delle ipotesi previste dalla
legge, e' tenuta alla automatica emissione del decreto di espulsione,
senza  necessita'  di  ulteriori indagini volte a verificare caso per
caso la sussistenza di ulteriori circostanze.
    In  sostanza,  proprio  in  ragione  del carattere obbligatorio e
vincolato  sopra  delineato del provvedimento di espulsione, previsto
ai  sensi  dell'art. 13,  secondo  e  terzo  comma,  della c.d. legge
Bossi-Fini,  l'amministrazione  puo'  dirsi esonerata dall'obbligo di
cui   all'art. 7   della   legge   n. 241/1990,   ferma  restando  la
possibilita'  di  differire il pieno contraddittorio tra l'organo che
emette  il provvedimento e chi ne e' destinatario nel giudizio avanti
al giudice ordinario.
    Devono   a   questo   punto   essere   affrontati  i  profili  di
incostituzionalita'   della   normativa   in   materia  di  stranieri
evidenziati  dal  difensore  del  ricorrente  che,  sia  pure  in via
subordinata, ha posto al giudicante, come si e' anticipato, una serie
di   questioni  inerenti  al  presunto  contrasto  del  provvedimento
impugnato  con  il  diritto all'unita' della famiglia. Al fine di una
migliore  comprensione  di  tali aspetti appare preliminare dare atto
delle  risultanze  di fatto emerse nel corso della presente procedura
per  quanto  concerne  il  nucleo  parentale di riferimento del Laniz
Rodriguez.
    Risultano  essere  presenti sul territorio nazionale la madre del
ricorrente,  signora  Delia  Mariana  Rodriguez Perez, collaboratrice
domestica,  munita  di  regolare  permesso  di soggiorno, titolare di
contratto  di  locazione  ad  uso  abitativo  in  Genova, il fratello
Christian Alberto, diciottenne, pure munito di permesso di soggiorno,
e  titolare  di  una ditta individuale di ponteggi, la sorella F, che
frequenta  la  scuola  elementare Ghersi di Genova Pontedecimo, ed e'
indicata  come «persona a carico convivente sul permesso di soggiorno
della  madre.  In definitiva il ricorrente e' un giovane ecuadoregno,
che  all'eta'  di  soli  ventuno  anni  ha raggiunto in Italia i suoi
familiari,  evidentemente  nella  speranza di potere ricostituire nel
nostro paese l'unita' del nucleo parentale esistente nella nazione di
origine.
    Per  completezza  e'  il  caso  di  aggiungere  che  appare fuori
discussione  lo  stato di dipendenza, anche economica, del ricorrente
dal  suo  nucleo  familiare,  atteso  che  egli  non risulta svolgere
attivita' lavorativa e, in quanto irregolare in Italia, egli non puo'
aspirare  a  lavori regolari. Tutto cio' precisato in linea di fatto,
va  ricordato in punto di diritto il contenuto dell'art. 2 del d.lgs.
n. 286/1998  il  quale  prevede che allo straniero «comunque presente
sul territorio dello Stato» sono riconosciuti «i diritti fondamentali
della  persona  umana  previsti dalle norme di diritto interno, dalle
convenzioni  internazionali  in  vigore,  e  dai  principi di diritto
internazionale   generalmente  riconosciuti».  Non  puo'  essere  poi
contestato  il  fatto  che  tra i diritti fondamentali della persona,
riconosciuti  dall'art. 2 della Carta costituzionale, rientri a pieno
titolo  «il  diritto  all'unita'  familiare». Lo stesso Giudice delle
Leggi  ha  avuto  modo  di  affermare  la  piena  equiparazione degli
stranieri  ai cittadini italiani per quanto concerne il godimento dei
diritti  in materia di famiglia (si v. ad es. le sentenze n. 28/1995,
n. 203/1997).
    In   particolare   la   Corte,   piu'  recentemente  (cfr.  sent.
n. 376/2000),  ha  ribadito che la piu' ampia protezione riconosciuta
alla   famiglia  «non  puo'  non  prescindere  dalla  condizione,  di
cittadini o di stranieri (dei genitori), trattandosi di diritti umani
fondamentali,  cui  puo'  derogarsi  solo in presenza di specifiche e
motivate  esigenze  volte  alla  tutela  delle  stesse  regole  della
convivenza democratica.». Proprio nella pronuncia da ultimo citata e'
stato evidenziato come i principi di protezione dell'unita' familiare
trovino  riconoscimento, non solo nella nostra Costituzione, ma anche
in  svariate  disposizioni  dei  trattati  internazionali  ratificati
dall'Italia  (gli  artt. 8 e 12 della legge 4 agosto 1955, n. 848 che
ha  reso  esecutiva  la  Convenzione  europea per la salvaguardia dei
diritti  dell'uomo e delle liberta' fondamentali; l'art. 10 del Patto
internazionale  relativo  ai  diritti economici, sociali e culturali;
l'art. 23  del  Patto  internazionale  relativo  ai  diritti civili e
politici, resi esecutivi dalla legge 25 ottobre 1977, n. 881).
    In  particolare  va  sottolineato che il diritto all'unita' della
famiglia  secondo  la  prospettiva  delineata dall'art. 8 della CEDU,
risponde all'esigenza che la vita familiare di un soggetto, anche non
cittadino, possa soffrire ingerenza da parte della pubblica autorita'
solo  quando  cio'  si riveli necessario «per la sicurezza nazionale,
l'ordine  pubblico,  il benessere economico del Paese, la prevenzione
dei  reati,  la protezione della salute o della morale, la protezione
dei   diritti  e  delle  liberta'  altrui».  In  argomento  non  pare
irrilevante  ricordare  che le norme della Convenzione europea per la
salvaguardia  dei  diritti  dell'uomo  e delle liberta' fondamentali,
fatte  salve  quelle  il  cui contenuto e' di genericita' tale da non
delineare  fattispecie  sufficientemente  puntualizzate, hanno valore
precettivo, secondo l'interpretazione che ne ha dato la suprema Corte
(cfr.  Cass.  sez. un. 8 maggio 1989, n. 15), nel senso che esse sono
di  «immediata  applicazione  nel  nostro Paese e vanno concretamente
valutate  nella loro incidenza sul piu' ampio complesso normativo che
si  e'  venuto  a  determinare  in  conseguenza  del loro inserimento
nell'ordinamento italiano».
    Tornando  alla  fattispecie in esame, va evidenziato il fatto che
il  nucleo  familiare  del  giovane ricorrente sta provvedendo al suo
mantenimento   e   alla  sua  assistenza  nel  pieno  rispetto  della
previsione  dell'art. 30  della  Costituzione  (e  dell'art. 147  del
nostro  codice  civile)  che  afferma,  tra  l'altro, il diritto e il
dovere  dei genitori «di mantenere i figli». Tale diritto-dovere, che
ha  a  che vedere con la necessita' di dare un concreto supporto alla
prole  lungo  tutto  l'arco  della  sua  crescita,  per  il  costante
orientamento  della  suprema Corte, non cessa con la maggiore eta' ma
si  protrae  sino  a  che  il  figlio  non  sia  in grado di rendersi
autonomo,  a  meno  che  egli  non  sia  responsabile  per il mancato
raggiungimento dell'indipendenza economica.
    Sotto  questo  profilo,  in considerazione della giovane eta' del
Laniz  Rodriguez,  tenuto  conto  della  normativa  costituzionale  e
internazionale in materia, non pare possibile, in linea di principio,
negare  il  diritto  del predetto a convivere con la propria famiglia
legittima  in Italia, atteso che egli solo all'interno del suo nucleo
parentale   originario  puo'  soddisfare  non  solo  i  suoi  bisogni
materiali,  ma  prima  ancora  quelli  di natura affettiva e, quindi,
morale. In altre parole, cio' che qui si vuole sottolineare e' che il
globale inserimento, lavorativo e scolastico, dei congiunti del Laniz
Rodriguez  in  Italia,  rende  del  tutto  astratta e, come tale, non
proponibile  l'ipotesi che l'unita' familiare possa essere realizzata
dal  ricorrente  e  dai  suoi familiari in un altro Paese diverso dal
nostro  (in  questa  prospettiva  cfr. Trib. Genova, decreto 22 marzo
2004,  est.  Martinelli,  ric. Pico Diaz Mercy Elena). Inoltre, avuto
riguardo  al  fatto  che  quella vissuta dall'opponente e' proprio la
condizione  in cui, di norma, versa una gran parte dei giovani adulti
italiani  ancora  conviventi  con  la propria famiglia d'origine, non
appare contestabile che sottoporre un ragazzo straniero ad un diverso
trattamento  comporterebbe  una  discriminazione  non  giustificabile
sulla base dei principi di diritto in precedenza esposti.
    Con riguardo alla vigente normativa in tema di stranieri viene in
rilievo l'art. 19 del d.lgs. n. 286/1998, il quale nel disciplinare i
divieti  di  espulsione,  si  limita a prendere a fare riferimento ai
figli  minori  di  stranieri  espulsi,  senza prendere minimamente in
considerazione  la posizione dei giovani adulti, titolari del diritto
all'unita'  familiare,  nella  misura  in  cui  si tratta di soggetti
ancora a carico di parenti coabitanti, questi ultimi in regola con il
permesso di soggiorno, con i quali potrebbero essere ricongiunti. Ma,
sempre con riferimento allo stesso testo normativo, in relazione alla
presente  fattispecie  e alla materia del ricongiungimento familiare,
e' pure rilevante il contenuto dell'art. 29, comma 1, lettera b-bis),
in  forza  del  quale,  proprio  con  riguardo  all'ipotesi  di figli
maggiorenni   «a   carico»,   lo   straniero   puo'   richiedere   il
ricongiungimento  con  i  predetti  soltanto «qualora non possano per
ragioni  oggettive  provvedere  al  proprio sostentamento a causa del
loro   stato   di  salute  che  comporti  invalidita'  totale».  Tale
previsione  fortemente  restrittiva appare irragionevole e gravemente
lesiva  di  quel  diritto  all'unita'  familiare  di cui, sussistendo
determinati  presupposti,  dovrebbe  poter godere anche lo straniero,
presente  sul  territorio  di  uno  Stato estero, ove si tratti di un
giovane  adulto  ancora  a  carico dei suoi familiari, per ragioni di
carattere   oggettivo   indipendenti,   quindi,  dalla  volonta'  del
soggetto.
    La  rilevanza  dei  riferimenti  normativi che precedono, ai fini
della  risoluzione  della presente decisione, appare indiscutibile in
quanto,  come  si  e'  accennato,  il  Prefetto  di  Genova ha potuto
pronunciare l'espulsione in esame proprio per la portata estremamente
riduttiva   delle  disposizioni  esaminate,  le  quali  non  appaiono
conformi  al  quadro costituzionale e alle convenzioni internazionali
in  materia.  In  definitiva  per  tutte  le  ragioni  indicate nella
motivazione  che precede le due norme da ultimo citate sembrano porsi
in  contrasto  con  gli  articoli  2,  3,  10,  29  e 30 della nostra
Costituzione.
    Conseguentemente,   in   quanto   ritenute   non   manifestamente
infondate,   si   ritiene   di   dover   sollevare  la  questione  di
costituzionalita' dell'art. 19, comma secondo del d.lgs. n. 286/1998,
nella parte in cui non prevede il divieto di espulsione per i giovani
adulti   stranieri,   titolari   del  diritto  all'unita'  familiare,
conviventi  con  parenti  regolarmente  soggiornanti e a loro carico,
nonche'   dell'art. 29,  primo  comma,  lettera  b-bis)  del  decreto
legislativo citato (cosi' come modificato dalla legge 30 luglio 2002,
n. 189), nella parte in cui, come si e' visto, limita la possibilita'
di ricongiungimento familiare ai soli figli maggiorenni «a carico» in
ragione  di  uno  stato  di salute che comporti «invalidita' totale»,
senza  estendere  tale  previsione  anche ai giovane adulti, ancora a
carico dei familiari per ragioni oggettive.
                              P. Q. M.
    Visti  gli  artt. 1  della  legge costituzionale 9 febbraio 1948,
n. 1 e 23 della legge 11 marzo 1953, n. 7;
    Dichiara  la  rilevanza  e  la  non  manifesta infondatezza della
questione  di  costituzionalita' dell'art. 19 del d.lgs. n. 286/1998,
in  relazione  agli artt. 2, 3, 10, 29 e 30 della Costituzione, nella
parte  in  cui,  nel disciplinare i divieti di espulsione, non prende
minimamente  in  considerazione  la  posizione  dei  giovani  adulti,
titolari  del  diritto  all'unita'  familiare, nella misura in cui si
tratta  di  soggetti  ancora  a  carico di parenti coabitanti, questi
ultimi in regola con il permesso di soggiorno, con i quali potrebbero
essere ricongiunti, nonche' dell'art. 29, primo comma, lettera b-bis)
del  decreto  legisiativo  citato  (cosi' come modificato dalla legge
30 luglio  2002, n. 189), sempre in relazione agli artt. 2, 3, 10, 29
e 30 della Costituzione, nella parte in cui limita la possibilita' di
ricongiungimento  familiare  ai  soli  figli  maggiorenni  a  carico,
qualora  non  possano provvedere al proprio sostentamento a causa del
loro stato di salute che comporti invalidita' totale, senza estendere
tale  previsione  anche  ai  giovane  adulti,  ancora  a  carico  dei
familiari, per ragioni oggettive.
    Dispone  la  trasmissione  degli atti alla Corte costituzionale e
sospende il giudizio in corso.
    Ordina  che  a  cura  della cancelleria la presente ordinanza sia
notificata  alle  parti  in  causa,  al  Presidente del Consiglio dei
ministri,  nonche'  comunicata  al  Presidente  delle  due Camere del
Parlamento.
    Si comunichi alle parti nelle forme di legge.
        Genova, addi' 15 maggio 2004
                      Il giudice: Mazza Galanti
07C0131