N. 701 ORDINANZA (Atto di promovimento) 5 giugno 2006

Ordinanza   emessa   il   5   giugno   2006   (pervenuta  alla  Corte
costituzionale  il  19  dicembre  2006)  dal  tribunale di Ancona nei
procedimenti  civili  riuniti  promossi  da Bernacchia Mario ed altri
contro    Dirigente   scolastico   Istituto   Tecnico   e   Comm.   e
Geom. «Cuppari» di Jesi ed altri.

Impiego  pubblico  - Personale degli enti locali trasferito nei ruoli
  del   personale   amministrativo,  tecnico  ed  ausiliario  statale
  (A.T.A.)  -  Trattamento  economico  -  Previsione,  con  norma  di
  interpretazione   autentica,   dell'attribuzione   del  trattamento
  economico  annuo  in godimento al 31 dicembre 1999 - Ingiustificato
  deteriore  trattamento  di  detto personale, rispetto ai lavoratori
  A.T.A.,  a  parita'  di  qualifica  ed  anzianita'  di  servizio  -
  Violazione  dei  principi di uguaglianza - Violazione del principio
  di   parita'   dei   lavoratori   -   Incidenza  sul  principio  di
  imparzialita' della pubblica amministrazione.
- Legge 23 dicembre 2005, n. 266, art. 1, comma 218.
- Costituzione, artt. 3, 36 e 97.
(GU n.7 del 14-2-2007 )
                            IL TRIBUNALE

    Ha pronunciato la seguente ordinanza.
    Nelle  cause  di  lavoro al n. 1711, 1712, 1713 e 1714/04 r.g. di
cui  con  il  presente  provvedimento  si  dispone  la  riunione  per
identita'  di questione di diritto ai sensi dell'art. 151 delle norme
di  attuazione  del  c.p.c.  pendenti tra Bernacchia Mario, Cherubini
Elide,  Capotondi Mario, Scaloni Ivana; Dirigente scolastico Istituto
Tecnico e Comm. e Geom. «Cuppari» di Jesi, Dirigente scolastico Liceo
Scientifico E. Medi di Senigallia, Dirigente scolastico Istit. Compr.
di Cupramontana.
    Visti gli atti e a scioglimento della riserva che precede;

                        Osserva quanto segue

Termini della controversia.
    La  controversia riguarda il mancato riconoscimento, al personale
transitato  ai  sensi  della  legge  n. 24/1999  nei  ruoli personale
amministrativo,  tecnico  ed  ausiliario  (ATA)  del  Ministero della
pubblica   istruzione,  dell'anzianita'  di  servizio  maturata  alle
dipendenze degli enti locali di provenienza.
    I  ricorrenti,  premesso  di  essere stati dipendenti di ruolo di
enti  locali  e  di essere quindi in tal senso transitati a decorrere
dal   1°  gennaio  2000  nei  ruoli  del  Ministero  dell'istruzione,
dell'universita'  e  della  ricerca,  lamentano che l'amministrazione
statale  in  seguito  a  tale  mobilita'  non  ha  riconosciuto  loro
l'anzianita'   maturata   presso  l'ente  di  origine:  inquadrandoli
infatti,  in  violazione  dell'art. 8,  comma 2 di tale legge, in una
tabella  stipendiale  inferiore  rispetto  a quella spettante in base
all'anzianita'   maturata   alle  dipendenze  degli  enti  locali  di
provenienza.
    Nei  ricorsi introduttivi viene contestata all'amministrazione la
violazione:
        dell'articolo 8 della legge n. 124/1999, che nel disciplinare
il  «Trasferimento di personale ATA degli enti locali alle dipendenze
dello    Stato»    garantisce   ai   dipendenti   il   riconoscimento
dell'anzianita'  di  servizio  a  tutti i fini, compresa l'anzianita'
maturata, oltre al conseguimento della nuova posizione stipendiale;
        dei   principi   costituzionali  di  uguaglianza  e  di  pari
retribuzione   dei  lavoratori,  di  cui  agli  artt. 3  e  36  della
Costituzione,   con   particolare   riferimento   al  personale  gia'
dipendente dello Stato di pari mansioni ed anzianita' di servizio;
    E'   chiesto   l'accertamento   del   diritto  al  riconoscimento
dell'anzianita'   maturata  alle  dipendenze  degli  enti  locali  di
provenienza  con  condanna  del  Ministero  stesso al pagamento delle
conseguenti differenze stipendiali.
    L'amministrazione  convenuta contesta tale pretesa rilevando come
ai  sensi  dell'art. 3 del decreto ministeriale 5 aprile 2001, che ha
recepito   l'accordo   tra   ARAN   e  OO.SS.  del  20  luglio  2000,
l'inquadramento  debba  avvenire in base al solo maturato economico e
non anche all'anzianita' di servizio.
    La  controversia  e'  identica  a  molte altre gia' decise sia da
questo  tribunale che da altri giudici di merito e sulla questione si
e'  gia'  pronunciata,  in  termini  sempre favorevoli ai lavoratori,
anche  la  Corte  di  cassazione  (pronunce  nn. 3224  e  3225 del 17
febbraio 2005, n. 3356 del 18 febbraio 2005, n. 4722 del 4 marzo 2005
n. 7747  del  14  aprile  2005, n. 18652-18657 del 23 settembre 2005,
n. 18829 del 27 settembre 2005).
    In  sintesi  la  questione  viene  in  rilievo  per  il fatto che
nell'ordinamento  del  personale  degli  enti  locali l'anzianita' di
servizio   non   comporta  progressione  di  carriera  (e  quindi  di
retribuzione), a differenza di quanto avviene invece nell'ordinamento
del personale della scuola.
Quadro normativo di riferimento.
    La  pretesa  attorea e' dunque fondata sull'art. 8, comma 2 della
legge 3 maggio 1999, n. 124, il cui comma 1 dispone che «il personale
ATA  degli  istituti  e  scuole  statali  di ogni ordine e grado e' a
carico  dello  Stato.  Sono abrogate le disposizioni che prevedono la
fornitura di tale personale da parte dei comuni e delle province».
    Il  comma 2 prevede che «il personale di ruolo di cui al comma 1,
dipendente   dagli   enti   locali,  in  servizio  nelle  istituzioni
scolastiche  statali  alla  data  di entrata in vigore della presente
legge,  e'  trasferito  nei  ruoli  del  personale  ATA statale ed e'
inquadrato  nelle  qualifiche  funzionali e nei profili professionali
corrispondenti  per  lo  svolgimento  dei compiti propri dei predetti
profili.  A detto personale vengono riconosciuti ai fini giuridici ed
economici  l'anzianita'  maturata presso l'ente locale di provenienza
nonche'  il  mantenimento della sede in fase di prima applicazione in
presenza della relativa disponibilita' del posto».
    Il  comma 4 prevede che «il trasferimento del personale di cui ai
commi  2  e  3  avviene  gradualmente,  secondo  tempi e modalita' da
stabilire  con  decreto della pubblica istruzione emanato di concerto
con  i  Ministri  dell'interno,  del  tesoro  e  della programmazione
economica e per la funzione pubblica sentite l'Associazione nazionale
dei  comuni  italiani,  l'Unione  nazionale comuni, comunita' ed enti
montani e l'Unione delle province d'Italia...».
    In  attuazione  del  rinvio contenuto in tale disposizione per la
disciplina  di modalita' e tempi del trasferimento sono stati emanati
il decreto ministeriale del 23 luglio 1999, l'accordo ARAN/OO.SS. del
20 luglio 2000 ed il successivo decreto ministeriale 5 aprile 2001.
    Il  decreto  interministeriale  n. 23 luglio 1999 ha imposto agli
enti locali di provvedere, fino al termine dell'esercizio finanziario
1999,  alla  retribuzione  del personale ATA che passa allo Stato per
effetto  dell'art. 8  della  legge n. 124/1999, mediante applicazione
del  CCNL  del  comparto  regioni  e  autonomie  locali, demandando a
successivi  decreti  dei  Provveditorati  agli  studi e del Ministero
della  pubblica  istruzione il compito di determinare la retribuzione
stipendiale in godimento al personale trasferito e la definizione dei
criteri di inquadramento nell'ambito del Comparto scuola.
    Il comma 2 dell'art. 3 di tale decreto prevede in particolare che
«con  successivo  decreto  del Ministero della pubblica istruzione di
concerto  verranno  definiti  i criteri di inquadramento, nell'ambito
del  comparto  scuola,  finalizzati  all'allineamento  degli istituti
retributivi   del  personale  in  questione  a  quelli  del  comparto
medesimo,   con   riferimento   alla   retribuzione  stipendiale,  ai
trattamenti  accessori  ed  al  Riconoscimento  ai  fini giuridici ed
economici   dell'anzianita'   maturata   presso   gli   enti,  previa
contrattazione  collettiva  fra  l'ARAN e le organizzazioni sindacali
rappresentative   del   comparto  scuola  ed  enti  locali  ai  sensi
dell'art. 34, d.lgs. n. 29/1993 e dell'art. 47 legge n. 428/1990. Gli
inquadramenti  individuali  verranno  realizzati con decreti disposti
dai Provveditori agli studi».
    L'accordo  OO.SS./ARAN  del 20 luglio 2000 - recepito dal decreto
ministeriale  5  aprile  2001  -  stabilisce  che al personale di cui
all'accordo,   pur  «nella  prosecuzione  ininterrotta  del  relativo
rapporto  di  lavoro», cessa di applicarsi a decorrere dal 1° gennaio
2000  il  C.C.N.L. 1° aprile 1999 di regioni autonomie locali e dalla
stessa data si applica il C.C.N.L. della Scuola.
    L'  art. 3.1,  riferendosi  al  personale transitato dal comparto
regioni  e  autonomie locali al comparto scuola ex legge n. 124/1999,
prevede che «... ai suddetti dipendenti viene attribuita la posizione
stipendiale,  tra  quelle indicate nell'allegata tabella B, d'importo
pari  o  immediatamente  inferiore  al trattamento in godimento al 31
dicembre 1999...», senza alcun riferimento all'anzianita' di servizio
maturata presso l'ente locale di provenienza.
    Rispetto  a  tale  originario  quadro  precettivo,  che poneva un
problema  di portata e validita' dell'art. 3.1 dell'accordo 20 luglio
2000  - decreto ministeriale 5 aprile 2001 rispetto all'art. 8, comma
2 della legge 3 maggio 1999 n. 124 (problema risolto dalla richiamata
costante  giurisprudenza  di  legittimita',  nel senso di riconoscere
senz'altro   applicabile  quest'ultima  disposizione  nel  senso  qui
invocato  dai ricorrenti), e' sopravvenuta la recente disposizione di
cui  al  comma  218  dell'art. 1  della legge 23 dicembre 2005 (legge
finanziaria  2006 pubblicata nella Gazzetta Ufficiale del 29 dicembre
2005).
    Ai  sensi  di tale disposizione «Il comma 2 dell'articolo 8 della
legge 3 maggio 1999, n. 124, si interpreta nel senso che il personale
degli  enti locali trasferito nei ruoli del personale amministrativo,
tecnico  ed  ausiliario (ATA) statale e' inquadrato, nelle qualifiche
funzionali  e  nei  profili  professionali  dei  corrispondenti ruoli
statali,   sulla   base  del  trattamento  economico  complessivo  in
godimento   all'atto  del  trasferimento,  con  l'attribuzione  della
posizione  stipendiale  di importo pari o immediatamente inferiore al
trattamento  annuo  in godimento al 31 dicembre 1999 costituito dallo
stipendio,  dalla  retribuzione  individuale di anzianita' nonche' da
eventuali   indennita',   ove   spettanti,   previste  dai  contratti
collettivi nazionali di lavoro del comparto degli enti locali vigenti
alla  data  dell'inquadramento.  L'eventuale differenza tra l'importo
della  posizione  stipendiale di inquadramento e il trattamento annuo
in  godimento  ai  31  dicembre  1999,  come  sopra  indicato,  viene
corrisposta  ad personam e considerata utile, previa temporizzazione,
ai  fini del conseguimento della successiva posizione stipendiale. E'
fatta salva l'esecuzione dei giudicati formatisi alla data di entrata
in vigore della presente legge».
Questione di costituzionalita'.
    Nelle note depositate (in ciascun procedimento) all'udienza del 5
aprile    2006   il   difensore   dei   ricorrenti   ha   evidenziato
l'illegittimita' costituzionale della nuova norma di cui al comma 218
dell'art. 1 della legge n. 266/2005 per contrasto con gli artt. 3, 36
e 97 della Costituzione.
    La  relativa  richiesta  di  remissione alla Corte costituzionale
appare  fondata  ricorrendo  sia  il  requisito della rilevanza della
questione  per  la  decisione  della  causa,  sia  quello  della  non
manifesta infondatezza della questione stessa.
    Quanto  al  primo  profilo,  va  innanzitutto  evidenziato che il
citato art. 1, comma 218, disponendo che «E' fatta salva l'esecuzione
dei giudicati formatisi alla data di entrata in vigore della presente
legge»,  ha  portata  retroattiva, in senso peraltro coerente sia con
l'autoqualifica della norma come interpretativa, sia con il fatto che
la   nuova   disciplina  interviene  su  una  vicenda  (trasferimento
personale ATA) gia' completamente esaurita.
    La  nuova  norma  va,  quindi, applicata anche nei giudizi - come
quello  in  oggetto  -  gia'  pendenti alla data di entrata in vigore
della  legge  n. 266,  incontrando, quale unico limite, la formazione
del giudicato.
    Ai sensi della nuova disposizione il contestato inquadramento dei
ricorrenti   in   base   al  solo  maturato  economico  e  non  anche
all'anzianita'  di  servizio  sarebbe  corretto  (la  norma  dispone,
infatti,  in  termini  identici  al  summenzionato art. 3 del decreto
ministeriale  5  aprile  2001),  laddove,  se  la norma stessa fosse,
invece,  dichiarata illegittima, la pretesa della ricorrente andrebbe
integralmente  accolta  sulla  base  del tenore dell'art. 8, comma 2,
legge  n. 124/1999  come  gia'  applicato dalla Cassazione nei citati
precedenti intervenuti uniformemente in materia.
    La   prospettata   questione  di  legittimita'  risulta,  dunque,
certamente rilevante ai fini della decisione della causa.
    Quanto al secondo profilo - della non manifesta infondatezza - va
premesso   che  la  norma  in  questione  non  risulta  avere  natura
sostanzialmente  interpretativa,  bensi' innovativa, ed interviene in
ogni  caso  su  una  questione  che  era risolta in senso uniforme da
numerose, omogenee, pronunce della suprema Corte.
    In   realta'   il   legislatore,   con  norma  che  si  qualifica
espressamente come interpretativa, ha introdotto un nuovo regolamento
della  fattispecie  diverso  da  quello  previsto  dal  chiaro tenore
dell'art. 8, comma 2, legge n. 124/1999.
    A  ben  vedere  un  problema  in  se'  di interpretazione di tale
disposizione  (art. 8,  comma  2)  non  si  era  nemmeno posto: nelle
numerose  controversie sorte, in tutto il territorio nazionale, sulla
questione,  il  problema  era  generalmente  quello  della  portata e
validita',  rispetto  a tale disposizione, dell'art. 3.1 dell'accordo
20 luglio 2000 - decreto ministeriale 5 aprile 2001, non di possibili
opzioni interpretative consentite dalla norma.
    La  Cassazione  costantemente,  con  le  gia'  citate pronunce ha
chiarito,  da  un  lato,  che  ai  sensi  dell'art. 8, comma 2, legge
n. 124/1999  il  trasferimento  coattivo nel diverso comparto implica
necessariamente  il  diritto  del  personale trasferito all'integrale
computo  dell'anzianita'  di  servizio,  dall'altro  che  il  decreto
ministeriale  invocato  dall'amministrazione  e' inidoneo ad innovare
l'ordinamento e a derogare a tale disposizione di legge.
    In sintesi, la norma (sedicente) di interpretazione autentica non
contiene  affatto  una  delle  possibili  varianti di senso del testo
originario,  bensi' riproduce esattamente quella normativa secondaria
(e  successiva  nel  tempo)  che  la  suprema Corte aveva ritenuto in
aperto  contrasto  con  la  disposizione  di cui all'art. 8, comma 2,
legge  n. 124/1999 (evidenza ad esempio Cass. 7747/05 che i «principi
dettati dall'art. 2112 c.c. e dalla conforme legislazione di settore,
...implicano  l'attribuzione  della qualifica corrispondente a quella
posseduta  con  l'anzianita'  gia'  maturata.  In  altri  termini, al
dipendente  A.T.A.  gia'  in  servizio  presso gli enti locali, vanno
applicati  i trattamenti economici e normativi stabiliti dal C.C.N.L.
del  comparto  scuola,  considerandolo  come  appartenente  al  detto
comparto  fin  dalla  costituzione  del rapporto di lavoro con l'ente
locale»  mentre  il  «criterio del c.d. maturato economico, ... tiene
conto  unicamente  del  trattamento  economico  complessivo goduto al
momento    dell'inquadramento   nei   ruoli   statali,   prescindendo
dall'anzianita'  effettiva»;  osserva  Cass. 18829/05 che a fronte di
«un  dettato  normativo  inequivoco  quale  quello  che  assicura  al
personale  dipendente  degli  enti  locali  trasferito  nei ruoli del
personale  statale,  ai  fini  giuridici  ed  economici  l'anzianita'
maturata   negli  enti  locali  di  provenienza»,  si  pone  ...  «la
disciplina,  contenuta  nel decreto ... 5 aprile 2001, derogatoria in
ordine  al riconoscimento dell'anzianita' maturata presso gli enti di
provenienza»).
    Si   ritiene  evidente,  in  altre  parole,  che  «riconoscimento
dell'anzianita'   gia'  maturata  presso  gli  enti  locali  ai  fini
giuridici  ed  economici»  abbia  un  significato  non solo meramente
diverso,   ma  proprio  contrario  (nei  rapporti  tra  anzianita'  e
retribuzione,   di   cui   indiscutibilmente   tratta  la  norma)  al
riconoscimento   del  «maturato  economico»:  o  la  retribuzione  si
determina  come  effetto (anche) dell'anzianita' (effettiva), oppure,
all'esatto  contrario,  si  parte  dalla  conservazione  del  livello
economico  attribuendo  (con  la «temporizzazione») al dipendente una
corrispondente  anzianita'  virtuale,  pari a quella maturata (non da
lui  presso  gli  enti  locali  ma) dai colleghi parimenti retribuiti
presso l'amministrazione statale.
    Cio'  premesso  -  e  anche  evitando di indicare, come possibile
autonomo  vizio  di  incostituzionalita',  la  falsita'  (illogicita)
dell'autodefinizione legislativa in termini di norma interpretativa -
appaiono  fondati  i  dubbi  sulla  legittimita' costituzionale della
norma   (specialmente   quale  disposizione  innovativa  a  carattere
retroattivo), se non altro considerando il seguente aspetto.
    E' pacifico che anche prima del 1999 ci fosse personale ATA, gia'
dipendente  della  scuola, per il quale l'anzianita' produceva scatti
di  stipendio;  e  che  tale  personale  svolgeva  e svolge le stesse
mansioni del personale (gia) dipendente dagli enti locali.
    Si riscontrava quindi una disparita' di trattamento, tra pubblici
dipendenti,   dovuta  ad  un  questione  meramente  formale:  diversa
retribuzione  in ragione del formale ente di riferimento nel rapporto
organico, a fronte di pari anzianita' di servizio (presso la pubblica
amministrazione   in   senso   lato),  oltre  che  dello  svolgimento
(attuale), presso la medesima amministrazione scolastica, di mansioni
identiche.
    Si  evidenzia,  sotto quest'ultimo aspetto, che lo svolgimento di
mansioni  (identiche)  presso  la medesima amministrazione scolastica
sussisteva  necessariamente  per  tutti  al  maggio  1999 (essendo in
effetti  questo  il  presupposto indicato dalla legge perche' potesse
avvenire il trasferimento); mentre nei vari casi concreti, sussisteva
con   tutta   probabilita'  gia'  da  diverso  tempo  prima,  se  non
addirittura  dalla  data  di  assunzione  in  servizio.  Peraltro, il
periodo  di  eventuale  attivita'  prestata  presso  l'ente locale di
effettiva   appartenenza,  non  implicava  affatto  (necessariamente)
svolgimento di mansioni inferiori.
    Non  si  riscontrava quindi una effettiva ragione sostanziale per
cui  (al  maggio 1999) il personale ATA formalmente incardinato negli
enti  locali  dovesse  (per  cio'  solo) conseguire una retribuizione
inferiore al personale ATA gia' dipendente statale.
    Pertanto con la disposizione di cui all'art. 8, legge n. 124/1999
(cosi'  come  interpretata dalla Cassazione nelle sentenze piu' volte
richiamate),  -  contestualmente al venir meno, da quel momento e per
il  futuro,  della  indicata  differenza formale di condizioni (tutti
sarebbero  stati in rapporto organico con la medesima amministrazione
statale),  -  il  legislatore  ha  evidentemente  voluto eliminare (o
comunque  di fatto ha sicuramente eliminato) la descritta sostanziale
iniquita' di regime.
    Si  e'  trattato in tutta apparenza di una scelta legislativa, se
non  dovuta,  quantomeno  di  evidente  e stringente opportunita', in
osservanza  dei  principi  costituzionali di uguaglianza (art. 3), di
pari  dignita'  dei  lavoratori  (art. 36)  e  di imparzialita' della
pubblica amministrazione (art. 97).
    Cio'   posto,   non   pare  giustificabile  (e  quindi  non  pare
ammissibile)  per  il  legislatore,  - oltretutto, dopo 6 anni in cui
l'ordinamento  ha  cosi'  garantito e mantenuto una effettiva e anche
formale  parita'  di  trattamento  (e qui acquista rilievo la valenza
sostanzialmente  innovativa  della  disposizione  contestata),  - una
inversione  di  marcia,  ossia un intervento normativo che, di nuovo,
introduca una discriminazione, decurtando (anche in termini nominali)
la   retribuzione   ormai  riconosciuta  dalla  legge  (art. 8  legge
n. 124/1999)  ad  un  (solo)  gruppo  dipendenti  ATA,  il  quali  si
differenziano  dagli  altri  unicamente per una situazione formale da
tempo  definitivamente superata ed attualmente inesistente (pregressa
appartenenza al ruolo organico degli enti locali).
    Per  queste  ragioni  si  ritiene non manifestamente infondata la
questione  di illegittimita' costituzionale del comma 218 dell'art. 1
della  legge  23  dicembre  2005,  n. 266  (legge  finanziaria  2006,
pubblicata  nella  Gazzetta  Ufficiale  del  29  dicembre  2005), per
contrasto con gli artt. 3, 36 e 97 della Costituzione.
                              P. Q. M.
    Dispone  la riunione dei procedimenti indicati in epigrafe, tutti
al n. 1711/2004;
    Visti  gli  artt. 134  Cost.,  23,  legge n. 87/1953, sospende il
giudizio  e  dispone  l'immediata  trasmissione degli atti alla Corte
costituzionale;
    Manda   alla  cancelleria  per  la  notifica  al  Presidente  del
Consiglio  dei  ministri  e  per la comunicazione ai Presidenti della
Camera dei deputati e del Senato della Repubblica.
    Si comunichi.
        Cosi' deciso in Ancona, il 5 giugno 2006.
                       Il giudice: De Sabbata
07C0137