N. 62 ORDINANZA 19 febbraio - 2 marzo 2007

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.

Processo   penale   -  Giudizio  abbreviato  -  Materiale  probatorio
  utilizzabile  ai  fini  della  decisione - Inclusione degli atti di
  investigazione  difensiva  - Lamentata violazione del principio del
  contraddittorio  nella formazione della prova - Questione sollevata
  in forma ancipite - Manifesta inammissibilita'.
- Cod. proc. pen., artt. 438 e 442, comma 1-bis.
- Costituzione, art. 111.
(GU n.10 del 7-3-2007 )
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
  Presidente: Franco BILE;
  Giudici:  Giovanni  Maria FLICK, Francesco AMIRANTE, Ugo DE SIERVO,
Romano   VACCARELLA,  Paolo  MADDALENA,  Alfio  FINOCCHIARO,  Alfonso
QUARANTA,  Franco  GALLO,  Luigi  MAZZELLA, Gaetano SILVESTRI, Sabino
CASSESE, Maria Rita SAULLE, Giuseppe TESAURO, Paolo Maria NAPOLITANO;
ha pronunciato la seguente

                              Ordinanza

nel  giudizio  di  legittimita' costituzionale degli artt. 438 e 442,
comma 1-bis,  del  codice di procedura penale, promosso con ordinanza
del   13 ottobre   2004  dal  giudice  dell'udienza  preliminare  del
Tribunale  di  Sassari  nel procedimento penale a carico di F. G. F.,
iscritta  al  n. 72  del  registro  ordinanze 2005 e pubblicata nella
Gazzetta   Ufficiale   della  Repubblica  n. 9,  1ª  serie  speciale,
dell'anno 2005.
    Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del Consiglio dei
ministri;
    Udito  nella  camera  di consiglio del 7 febbraio 2007 il giudice
relatore Giovanni Maria Flick.
    Ritenuto   che,   con   l'ordinanza   in   epigrafe,  il  giudice
dell'udienza  preliminare  del  Tribunale di Sassari ha sollevato, in
riferimento    all'art. 111    della   Costituzione,   questione   di
legittimita'  costituzionale  degli artt. 438 e 442, comma 1-bis, del
codice  di  procedura penale, nella parte in cui non escludono che il
difensore possa depositare il fascicolo delle indagini difensive, «di
cui  all'art. 391  cod. proc. pen.» (recte: art. 391-octies, comma 3,
cod.   proc.   pen.),   e   chiedere   «contestualmente  il  giudizio
abbreviato»;  o, in alternativa, nella parte in cui non consentono al
giudice   «di   dichiarare  inutilizzabili  gli  atti  contenuti  nel
fascicolo   del   difensore   nel  caso  sia  domandato  il  giudizio
abbreviato»;  oppure,  infine,  nella  parte in cui non consentono al
pubblico ministero, nel caso considerato, di chiedere l'ammissione di
prova contraria;
        che  il giudice a quo - investito della richiesta di rinvio a
giudizio di persona imputata dei reati di maltrattamenti in famiglia,
minaccia,  favoreggiamento  e  truffa - riferisce, in punto di fatto,
che  il  difensore aveva depositato il fascicolo delle investigazioni
difensive  (contenente una «deposizione testimoniale e documentazione
concernente  la  causa»),  formulando  contestualmente  richiesta  di
giudizio abbreviato, non subordinata ad una integrazione probatoria;
        che, aderendo all'eccezione formulata dal pubblico ministero,
il  rimettente  -  sul  presupposto  che  gli  atti di investigazione
difensiva  entrino a far parte del materiale utilizzabile dal giudice
ai fini della decisione da assumere all'esito del giudizio abbreviato
-  dubita  della  compatibilita'  delle  disposizioni  censurate  con
l'art. 111  Cost.,  in  particolare sotto il profilo del rispetto del
principio del contraddittorio nella formazione della prova, di cui al
quarto comma del citato articolo;
        che,  alla  stregua di tale norma costituzionale, infatti, il
contraddittorio  nella  formazione  della prova costituisce modalita'
«ordinaria»  di  svolgimento  del  processo,  cui puo' derogarsi - in
forza  del  successivo  quinto comma del medesimo art. 111 Cost. - in
via  eccezionale  e  solo  nelle  ipotesi  previste  dalla legge, per
consenso dell'imputato;
        che  la  prevista  deroga al principio del contraddittorio in
caso di consenso dell'imputato, e non (anche) del pubblico ministero,
si   giustificherebbe   nell'ottica   del   favor   rei,  rispondendo
essenzialmente  a ragioni di riequilibrio delle posizioni processuali
delle parti a fronte della «sperequazione dei mezzi investigativi» di
cui le parti stesse dispongono;
        che,  con  particolare  riguardo alla disciplina del giudizio
abbreviato, l'evidenziata ratio della deroga risulterebbe rispettata,
tuttavia,  solo  nei  casi  in  cui  il  «materiale probatorio» venga
«integralmente fornito dal pubblico ministero»;
        che,  in  tale  ipotesi,  l'imputato  e'  infatti  libero  di
valutare,   secondo   la   propria   strategia  processuale,  se  sia
conveniente  chiedere  il rito alternativo, consentendo al giudice di
porre  a  base  della  sua  decisione il materiale probatorio formato
dalla  parte  pubblica;  o accedere invece al giudizio ordinario, nel
corso  del  quale  le  prove  unilateralmente  raccolte  dal pubblico
ministero potranno essere confutate attraverso il contraddittorio;
        che  ben diversa sarebbe, tuttavia, la situazione allorche' -
come  nella  specie  -  gli  atti  di  indagine presentati al giudice
dell'udienza preliminare provengano dallo stesso imputato, essendo il
frutto    delle    investigazioni    difensive   disciplinate   dagli
artt. 391-bis e seguenti del codice di rito;
        che,   in   simile  situazione,  infatti,  la  «posizione  di
vantaggio», riconosciuta all'imputato, risulterebbe ampliata oltre il
limite  della ragionevolezza, giacche' all'imputato medesimo verrebbe
accordata  la  facolta' di «consentire alla deroga al contraddittorio
sulle prove da lui stesso prodotte sostituendosi nella manifestazione
di volonta' addirittura al pubblico ministero»;
        che  l'«anomalia»  di  siffatto regime apparirebbe ancor piu'
evidente  ove  si  consideri che l'art. 438, comma 5, cod. proc. pen.
consente  all'imputato  di formulare richiesta di giudizio abbreviato
subordinata  all'ammissione  di  una  prova, necessaria ai fini della
decisione:  richiesta  che,  tuttavia,  e' sottoposta ad un vaglio di
ammissibilita'  da  parte  del,  al  quale  e' condizionata la stessa
possibilita' di accesso al rito;
        che il difensore - proprio per evitare una decisione di segno
negativo  -  potrebbe essere quindi indotto a presentare il fascicolo
delle  indagini difensive (contenente, ad esempio, una testimonianza)
e  a  formulare contestualmente richiesta di giudizio abbreviato, non
condizionato:  conseguendo  cosi',  ad  un  tempo, «la trasformazione
automatica  del  rito»  e  l'altrettanto automatica acquisizione come
prova  della testimonianza in parola, senza che il pubblico ministero
possa in alcun modo interloquire;
        che  non  varrebbe difatti evocare, al riguardo, la facolta',
accordata  all'organo  dell'accusa dall'art. 438, comma 5, cod. proc.
pen.,  di  chiedere l'ammissione di prova contraria: e cio' in quanto
tale  facolta'  e'  limitata  al  solo  caso di richiesta di giudizio
abbreviato subordinata ad una integrazione probatoria;
        che neppure gioverebbe opporre che il pubblico ministero puo'
comunque  sollecitare  il  giudice alla citazione del teste esaminato
dal  difensore  nelle  indagini  difensive:  giacche', da un lato, il
giudice  potrebbe  non  provvedere nel senso richiesto; e, dall'altro
lato,   anche  qualora  la  sollecitazione  fosse  accolta,  potrebbe
comunque  permanere un contrasto tra cio' che ha riferito il teste al
difensore e quanto da lui dichiarato davanti al giudice nel corso del
giudizio  abbreviato,  rimanendo  «entrambi  gli  atti  [...]  vere e
proprie prove»;
        che  e'  intervenuto  nel  giudizio  di  costituzionalita' il
Presidente   del  Consiglio  dei  ministri,  rappresentato  e  difeso
dall'Avvocatura  generale dello Stato, chiedendo che la questione sia
dichiarata  non  fondata,  perche'  basata  su un erroneo presupposto
interpretativo;
        che,    infatti,    secondo    l'Avvocatura,    il   disposto
dell'art. 442,  comma 1-bis,  cod.  proc.  pen. - nel far riferimento
unicamente  agli  atti  contenuti  nel fascicolo di cui all'art. 416,
comma 2,  alla  documentazione  di  cui all'art. 419, comma 3, e alle
prove   assunte   nell'udienza   -   non  consentirebbe  di  ritenere
utilizzabili  ai  fini  della decisione, nel giudizio abbreviato, gli
atti di investigazione difensiva.
    Considerato  che  il giudice a quo - sul presupposto che gli atti
di  investigazione  difensiva  entrino a far parte, al pari di quelli
del  pubblico  ministero,  del  materiale utilizzabile dal giudice ai
fini  della decisione da assumere all'esito del giudizio abbreviato -
dubita,   in   riferimento  all'art. 111  della  Costituzione,  della
legittimita'  costituzionale  degli artt. 438 e 442, comma 1-bis, del
codice di procedura penale;
        che,  secondo  il  rimettente,  l'inclusione  degli  atti  di
indagine  difensiva  fra  il  materiale  probatorio  utilizzabile dal
giudice  si  porrebbe in contrasto - nell'ipotesi in cui la richiesta
di  giudizio abbreviato risulti contestuale al deposito del fascicolo
del difensore, e non subordinata ad una integrazione probatoria - con
il principio del contraddittorio nella formazione della prova: e cio'
per  l'impossibilita'  di  ricondurre  la  disciplina  censurata alla
previsione  derogatoria  di  cui  all'art. 111, quinto comma, Cost. -
concernente  i  casi in cui la formazione della prova non ha luogo in
contraddittorio  per  consenso  dell'imputato - essendo tale consenso
riferibile  solo  al  materiale  di indagine proveniente dal pubblico
ministero;
        che,   tuttavia,   onde   porre   rimedio   alla   denunciata
incostituzionalita', il rimettente prospetta tre diverse soluzioni in
rapporto  di  alternativita'  irrisolta,  invocando una pronuncia che
vieti  al  difensore  di depositare il fascicolo delle investigazioni
difensive  e  chiedere contestualmente il giudizio abbreviato; ovvero
che  consenta al giudice, nel caso di richiesta del rito alternativo,
di  dichiarare  inutilizzabili  gli  atti contenuti nel fascicolo del
difensore;  ovvero,  ancora,  che  permetta  al  pubblico  ministero,
nell'ipotesi   considerata,  di  chiedere  l'ammissione  della  prova
contraria;
        che,  pertanto  - in conformita' alla costante giurisprudenza
di  questa Corte - la questione deve essere dichiarata manifestamente
inammissibile,  in quanto prospettata in forma ancipite (ex plurimis,
ordinanze  n. 363  del  2005,  n. 192  del  2004, n. 299 e n. 128 del
2003).
    Visti  gli  artt. 26,  secondo  comma, della legge 11 marzo 1953,
n. 87  e  9,  comma 2,  delle norme integrative per i giudizi davanti
alla Corte costituzionale.
                          Per questi motivi
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
    Dichiara   la   manifesta  inammissibilita'  della  questione  di
legittimita'  costituzionale degli artt. 438 e 442, comma  1-bis, del
codice  di  procedura  penale, sollevata, in riferimento all'art. 111
della   Costituzione,   dal   giudice  dell'udienza  preliminare  del
Tribunale di Sassari con l'ordinanza indicata in epigrafe.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 19 febbraio 2007.
                         Il Presidente: Bile
                         Il redattore: Flick
                       Il cancelliere:Di Paola
    Depositata in cancelleria il 2 marzo 2007.
              Il direttore della cancelleria: Di Paola
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