N. 122 ORDINANZA (Atto di promovimento) 2 novembre 2005
Ordinanza emessa il 2 novembre 2005 dal tribunale di Napoli nel procedimento civile promosso da Cantarella Adriano contro Monte dei Paschi di Siena S.p.A. Societa' - Controversie in materia di diritto societario e di intermediazione finanziaria - Procedimento di primo grado dinanzi al tribunale in composizione collegiale - Disciplina introdotta dal legislatore delegante - Mancata o insufficiente indicazione di principi e criteri direttivi nella legge di delegazione - Illegittimita' derivata della disciplina introdotta dal legislatore delegato. - Legge 3 ottobre 2001, n. 366, art. 12; «per derivazione», decreto legislativo 17 gennaio 2003, n. 5, artt. 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8, 9, 10, 11, 12, 13, 14, 15, 16 e 17. - Costituzione, art. 76. In via subordinata: Societa' - Controversie in materia di diritto societario e di intermediazione finanziaria - Procedimento di primo grado dinanzi al tribunale in composizione collegiale - Disciplina introdotta dal legislatore delegato - Difformita' dai principi e criteri direttivi posti dalla legge n. 366/2001 - Eccesso di delega. - Decreto legislativo 17 gennaio 2003, n. 5, artt. 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8, 9, 10, 11, 12, 13, 14, 15, 16 e 17. - Costituzione, art. 76, in relazione all'art. 12 della legge delega 3 ottobre 2001, n. 366.(GU n.12 del 21-3-2007 )
IL TRIBUNALE Letti gli atti relativi alla causa civile iscritta al n. R.G. 10878/2005 osserva In fatto Con atto di citazione notificato in data 11 aprile 2005 il sig. Cantarella Adriano, correntista dell'Agenzia n. 7 di Napoli della S.p.A. Monte dei Paschi di Siena, riferiva di essersi rivolto nell'anno 1998 all'addetto alla consulenza finanziaria di tale agenzia che, consultato in merito a possibili investimenti, gli aveva prospettato l'acquisto di obbligazioni argentine con cedola annuale effettuato con ordini telefonici rispettivamente impartiti il 27 marzo, il 31 marzo ed il 30 giugno 1998 per il complessivo importo di ". 223.658.961. Riferiva ancora i Cantarella di aver regolarmente percepito gli interessi sino al 2002 quando era stato dichiarato il defaut dell'emittente. Tanto premesso l'istante, assumendo che la S.p.A. Monte dei Paschi di Siena aveva dato corso ad ordini d'acquisto non impartiti in forma scritta, non aveva fornito alcuna informazione circa le caratteristiche delle obbligazioni sottoscritte, non aveva valutato la bassissima propensione al rischio del cliente evincibile dai precedenti investimenti, non aveva informato l'istante sul basso rating dello strumento finanziario in questione ed aveva agito in evidente conflitto di interessi, in quanto partecipe del sindacato di collocamento dei titoli, inducendo l'attore ad accentrare gran parte della propria liquidita' su una sola tipologia di titoli, la conveniva in giudizio chiedendo al tribunale adito di dichiarare la nullita' degli ordini di acquisto impartiti e la responsabilita' della banca per l'investimento eseguito condannandola al risarcimento del danni patiti da ragguagliare alla mancata percezione degli interessi annui nella misura stabilita ed alla perdita del capitale. Con comparsa di risposta notificata il 10 giugno 2005 la S.p.A. Monte dei Paschi di Siena resisteva alla domanda di cui invocava il rigetto deducendo che: a) le disposizioni dl acquisto delle obbligazioni risultavano validamente impartite in forma diversa da quella scritta; b) nessuna responsabilita' le era imputabile per il cattivo esito dell' investimento in quanto: 1) il cliente aveva ricevuto una dettagliata informativa circa i rischi dello strumento finanziario prescelto ed aveva sempre manifestato propensione verso investimenti ad alta remunerativita' accettando i rischi connessi; 2) all' atto dell' acquisto dei titoli la Repubblica Argentina non dava alcun segno di sofferenza economica e i titoli obbligazionari emessi avevano ancora un rating tale da risultare perfettamente appetibili sul mercato; 3) nulla comprovava il dedotto coinvolgimento nell'investimento di gran parte delle risorse finanziarie dell' attore e la partecipazione della banca al sindacato di collocamento dei titoli che, in ogni caso, non poteva reputarsi elemento da solo sufficiente a radicare un conflitto di interessi. La convenuta, in relazione all' eventuale accoglimento della proposta domanda di nullita' dei contratti di acquisto dei titoli obbligazionari, spiegava poi domanda riconvenzionale volta ad ottenere la condanna di parte attrice alla restituzione dei titoli in oggetto e delle somme percepite con le cedole medio tempore incassate. Operata la notifica di memorie di replica ai sensi degli artt. 6 e 7, d.lgs. n. 5/2003, l'attore provvedeva a notificare alla banca convenuta istanza di fissazione di udienza ai sensi dell'art. 8 decreto legislativo cit. e ne curava il deposito in cancelleria in vista dell'adozione del decreto previsto dal successivo art. 12 ad opera dello scrivente, quale giudice relatore, il quale ritiene preliminarmente di dover affrontare la seguente questione di costituzionalita'. I n d i r i t t o L'art. 12 della legge di delega n. 366/2001 prevede che: 1) Il Governo e' inoltre delegato ad emanare norme che, senza modifiche della competenza, per territorio e per materia, siano dirette ad assicurare una piu' rapida ed efficace definizione di procedimenti nelle seguenti materie: a) diritto societario, comprese le controversie relative al trasferimento delle partecipazioni sociali ed ai patti parasociali; b) materie disciplinate dal testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria, di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, e successive modificazioni, e dal testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia, di cui al decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385, successive modificazioni. 2) Per il perseguimento delle finalita' e nelle materie di cui al comma 1, il Governo e' delegato a dettare regole processuali, che in particolare possano prevedere: a) la concentrazione del procedimento e la riduzione dei termini processuali; b) l'attribuzione di tutte le controversie nelle materie di cui al comma 1 al tribunale in composizione collegiale, salvo ipotesi eccezionali di giudizio monocratico in considerazione della natura degli interessi coinvolti; c) la mera facoltativita' della successiva instaurazione della causa di merito dopo l'emanazione di un provvedimento emesso all'esito di un procedimento, sommario cautelare in relazione alle controversie nelle materie di cui al comma 1, con la conseguente definitivita' degli effetti prodotti da detti provvedimenti, ancorche' gli stessi non acquistino efficacia di giudicato in altri eventuali giudizi promossi per finalita' diverse; d) un giudizio sommario non cautelare, improntato a particolare celerita' ma con il rispetto del principio del contraddittorio, che conduca all'emanazione di un provvedimento esecutivo anche se privo di efficacia di giudicato; e) la possibilita' per il giudice di operare un tentativo preliminare di conciliazione, suggerendone espressamente gli elementi essenziali assegnando eventualmente un termine per la modificazione o la rinnovazione di atti negoziali su cui verte la causa e, in caso di mancata conciliazione, tenendo successivamente conto dell'atteggiamento al riguardo assunto dall parti ai fini della decisione sulle spese di lite; f) uno o piu' procedimenti camerali, anche mediante la modifica degli articoli 737 e seguenti del codice di procedura civile ed in estensione delle ipotesi attualmente previste che, senza compromettere la rapidita' di tali procedimenti, assicurino il rispetto dei principi del giusto processo; g) forme di comunicazione periodica dei tempi medi di durata dei diversi tipi di procedimento di cui alle lettere precedenti trattati dai tribunali, dalle Corte di appello e dalla Corte di cassazione». In relazione alla struttura che il legislatore delegato e' stato chiamato a delineare per il processo ordinario - e con esclusione del riferimento a principi dettati in tema di giudizio cautelare che concernono profili non rilevanti in questo giudizio - dal disposto dell'art. 12 della legge n. 366 del 2001 sono estrapolabili i seguenti principi 1) divieto di modifica della competenza territoriale e per materia; 2) necessita' di assicurare una piu' rapida ed efficace definizione di procedimenti; 3) possibilita' di dettare regole processuali che in particolare possano prevedere: a) la concentrazione del procedimento e la riduzione dei termini processuali; b) l'attribuzione di tutte le controversie nelle materie di cui al comma 1 al tribunale in composizione collegiale, salvo ipotesi eccezionali di giudizio monocratico in considerazione della natura degli interessi coinvolti; e) la possibilita' per il giudice di operare un tentativo preliminare di conciliazione, suggerendone espressamente gli elementi essenziali, assegnando eventualmente un termine per la modificazione o la rinnovazione di atti negoziali su cui verte la causa e, in caso di mancata conciliazione, tenendo in seguito conto dell'atteggiamento al riguardo assunto dalle parti ai fini della decisione sulle spese di lite. Nella legge n. 366/2001 il legislatore, dunque, si e' limitato ad indicare le materie nelle quali il governo poteva intervenire, l'obiettivo di rendere piu' rapida ed efficace la definizione dei procedimenti, il divieto di modificare la competenza per territorio e materia, la tendenziale collegialita' del procedimento, la possibilita' di valutare l'atteggiamento delle parti in sede di tentativo di conciliazione e la possibilita' di dettare regole che favorissero la riduzione dei termini e la concentrazione del procedimento. L'assoluta genericita' e parzialita' dell'indicazione relativa alle modalita' da seguire, per la realizzazione dell'obiettivo dichiarato di voler assicurare una piu' rapida ed efficace definizione di procedimenti nelle materie individuate, ha di fatto lasciato libero il legislatore delegato di creare un nuovo modello processuale che esula completamente dallo schema del procedimento ordinario disciplinato dal codice di procedura civile. A fronte della situazione di fatto venutasi a creare, che vede da un lato una legge delga che nulla o quasi dice in ordine ai principi direttivi cui sarebbe dovuto ispirare il legislatore delegato e dall'altro un decreto legislativo che crea un nuovo modello processuale sovvertendo, nelle materie indicate dalla legge di delega, i tradizionali canoni che governano il processo civile, a questo giudice si pongono due opzioni interpretative che in ogni caso conducono ad un dubbio di costituzionalita' in relazione all'art. 76 della Costituzione. La prima opzione interpretativa, sia in ordine logico sia di scelta che questo giudice reputa piu' consona allo spirito del complesso normativo costituito dalla legge delega e dal decreto legislativo, e' quella di ritenere che il legislatore delegante non abbia indicato con sufficiente determinazione i principi ed i criteri normativi che avrebbero dovuto guidare l'operato del legislatore delegato e che quindi l'art. 12 della legge n. 366/2001 non soddisfi il precetto dell'art. 76 della Costituzione il quale consente la delega dell'esercizio della funzione legislativa al Governo solo previa determinazione di principi e criteri direttivi. Non ignora questo tribunale come, per giurisprudenza costante della Corte costituzionale, i principi direttivi che l'art. 76 Cost. richiede alla legge delega non escludono la possibilita' di lasciare al legislatore delegato un ampio margine di discrezionalita' nell'individuare le modalita' attraverso cui realizzare gli obiettivi prefissati dalla legge delega. Il potere attribuito al Legislatore delegato pero', per quanto ampio, non puo' mai travalicare il limite della discrezionalita' nel senso che, come la Corte costituzionale insegna sin da risalenti pronunzie, «la legge delegante va considerata con riferimento all'art. 76 della Costituzione, per accertare se sia stato rispettato il precetto che ne legittima il processo formativo. L'art. 76 indica i limiti entro cui puo' essere conferito al Governo l'esercizio della funzione legislativa. Per quanto la legge delegante sia a carattere normativa generale, ma sempre vincolante per l'organo delegato, essa si pone in funzione di limite per lo sviluppo dell'ulteriore attivita' legislativa del Governo. I limiti dei principi e criteri direttivi, del tempo entro il quale puo' essere emanata la legge delegata, di oggetti definiti, servono da un lato a circoscrivere il campo della delegazione si da evitare che la delega venga esercitata in modo divergente dalle finalita' che la determinarono; devono dall'altro consentire al potere delegato la possibilita' di valutare le particolari situazioni giuridiche della legislazione precedente, che nella legge delegata deve trovare una nuova regolamentazione. Se la legge delegante non contiene, anche in parte, cennati requisiti, sorge il contrasto tra norma dell'art. 76 e norma delegante denunciabile al sindacato della Corte costituzionale, s'intende dopo l'emanazione della legge delegata» (cfr. Corte cost. 26 gennaio 1957, n. 3). In particolare, per quel che rileva in questa sede, nulla ha detto la legge delega in ordine allo schema processuale da adottare, lasciato non piu' alla scelta discrezionale ma all'arbitrio del legislatore delegato, come emerga chiaramente dal contenuto del decreto legislativo che ha creato un nuovo modello di processo al di fuori delle regole dettate dal codice di procedure civile. Il nuovo rito societario previsto per il processo di cognizione davanti ai tribunale costituisce infatti, come indicato dalla stessa relazione della commissione ministeriale, un vero e proprio nuovo modello processuale, che si distacca volutamente sia dal modello processuale del 1942, sia da quello del processo del lavoro del 1973 ed infine anche da quello delineatosi con la riforma del 1990. Il nuovo rito di cognizione di primo grado davanti al tribunale in materia societaria prevede tutta la prima fase del processo senza l'intervento del giudice; nell'atto di citazione ai sensi dell'art. 2 non e' piu' indicata l'udienza avanti al giudice ed il termine che l'attore fissa ai convenuto per la comunicazione della comparsa di risposta e' stabilito solo nel minimo; cosi' nella comparsa di risposta, ai sensi dell'art. 4, il convenuto puo' a sua volta fissare all'attore, per eventuale replica, un termine stabilito ancora una volta solo nel minimo; con lo stesso meccanismo l'art. 6 prevede la possibilita' di una replica da parte dell'attore e l'art. 7 la possibilita' di un controreplica da parte del convenuto e poi ancora ulteriori repliche e controrepliche. Solo a seguito dell'istanza di fissazione di udienza di cui all'art. 8 interviene il giudice, in un momento pero' in cui sia il thema decidendum che il thema probandum si sono gia' definitivamente formate totalmente al di fuori del suo controllo. D'altra parte la stessa istanza d fissazione di udienza, con gli effetti preclusivi rilevantissimi stabiliti dall'art. 10, e' uno strumento lasciato nella totale disponibilita' delle parti o anche di una sola di esse, che puo' utilizzarlo a suo piacimento, nel momento ritenuto piu' opportuno. Ancora poi va segnalato l'art. 13 in tema di contumacia d costituzione tardiva del convenuto, che introduce l'innovativo principio (di cui nella delega non vi e' traccia), per cui nel caso in cui il convenuto non notifichi la comparsa di risposta nel termine stabilito o anche solo si costituisca tardivamente i fatti affermati dall'attore . . . si intendono non contestati e il tribunale decide sulla domanda in base alla concludenza di questa. Da quanto precede emerge con chiarezza che il legislatore delegato, in forza di una delega assolutamente carente sotto il profilo dell'indicazione di criteri direttivi, ha potuto creare una disciplina interamente nuova per il processo societario di cognizione ordinaria, anticipando quel rito ordinario prefigurato dal testo redatto dalla commissione ministeriale per la riforma del processo civile. Non reputa questo tribunale che possa andare esente da dubbi di costituzionalita' una legge delega che nel consentire la creazione di un nuovo processo, seppur circoscritto a determinate materie, si limiti ad indicare un obiettivo, quello di «assicurare una piu' rapida ed efficace definizione di procedimenti», tra l'altro nemmeno particolarmente qualificante in quanto comune a qualsivoglia progetto di riforma del processo civile, un divieto di «modifica della competenza territoriale e per materia», una preferenza per collegialita', un rilevante ruolo del tentativo di conciliazione e un'indicazione di massima a favore della «concentrazione del procedimento e della riduzione dei termini processuali». Di conseguenza ad avviso del tribunale, in quanto non manifestamente infondata, va rimessa la questione di costituzionalita' dell'art. 12 della legge n. 336/2001 nella parte relativa al procedimento ordinario di primo grado e per derivazione, degli articoli da 2 a 17 del decreto legislativo n. 5 del 2003. La questione e' altresi' rilevante in quanto, vertendosi in materia di intermediazione mobiliare e di vendita di prodotti finanziari, il giudizio e' stato iniziato nell'alveo procedimentale previsto dal d.lgs. n. 5 del 2003, emanato in forza della predetta legge di delega, e dalla pronunzia della Corte costituzionale dipende l'applicabilita' dell'intera nuova disciplina processuale alla concreta fattispecie sottoposta al vaglio di questo Tribunale ivi inclusa la possibilita' di poter adottare il decreto di fissazione dell'udienza di discussione innanzi al Collegio. In via subordinata, e per l'ipotesi in cui la Corte dovesse ritenere costituzionalmente legittimo l'art. 12 della legge n. 366/2001, reputa questo tribunale che non sia manifestamente infondato il dubbio di costituzionalita' degli articoli 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8, 9, 10, 11, 12, 13, 14, 15, 16 e 17 del d.lgs. n. 5 del 2003 per contrasto con l'art. 76 della Costituzione in quanto emanati eccedendo dai principi e criteri direttivi dettati dalla legge al n. 366 del 2001. Per evitare il sospetto di incostituzionalita' per indeterminatezza e genericita' si dovrebbe invero compiere lo sforzo interpretativo di leggere la legge n. 366 del 2001 facendo riferimento alla disciplina del vigente processo di cognizione davanti al tribunale, come contenuta nel libro II, titolo I, c.p.c., il rito cioe' che sino al 31 dicembre 2003 e' stato applicato anche alle controversie societarie e che il legislatore delegante aveva davanti a momento della concessione della delega, sforzo interpretativo gia' compiuto da altri giudici ordinari (cfr. Tribunale Brescia 18 ottobre 2004 che ha rimesso la questione alla Corte costituzionale). La disciplina del processo di cognizione davanti al tribunale contenuta nel codice di procedura civile prevede che il processo si svolga attraverso la successione di piu' udienze fisse ed obbligatorie, in particolare quella di prima comparizione (art. 180 c.p.c.) quindi la prima udienza di trattazione (art. 183 c.p.c.), cui puo' seguire un'udienza per la discussione e l'ammissione delle prove (art. 184 c.p.c.) ed eventualmente un'ulteriore udienza di precisazione delle conclusioni (art. 189 c.p.c.). Se si volesse individuare una determinatezza dei criteri direttivi nell legge di delega si dovrebbe necessariamente ritenere che il legislatore delegante, indicando il principio di «concentrazione del procedimento», abbia fatto evidentemente riferimento proprio a questa scansione prevista nel processo ordinario. Ugualmente il processo ordinario vigente prevede che tra il giorno della notificazione della citazione e quello dell'udienza comparizione debbano intercorrere termini liberi non minori di sessanta giorni, fissa il termine meramente ordinatorio di quindici giorni per la successione fra le varie udienze (art. 81 delle norme di attuazione c.p.c.), stabilisce ai sensi dell'art. 183, comma 5 c.p.c. un termine massimo di trenta giorni per il deposito di memorie e di altri trenta per le repliche, non prestabilisce nessun termine per il deposito delle memorie istruttorie ex art. 184 c.p.c., primo comma seconda parte e prevede il termine di sessanta giorni per il deposito delle comparse conclusionali e di venti per eventuale repliche. Soltanto con il riferimento a tali termini potrebbe riempirsi di contenuto la generica indicazione del legislatore delegante del principio di «riduzione dei termini processuali». Solo questa lettura, estremamente riduttiva e per questo proposta in via subordinata rispetto all'altra, del principi fissati dal legislatore delegante, altrimenti invero generici, sarebbe possibile per evitare il dubbio di costituzionalita' della legge n. 366 del 2001. E' pero' evidente che in questo caso l'articolato contenuto negli artt. da 2 a 17 del d.lgs. 17 gennaio 2004 n. 5, con cui si e' inteso dare attuazione alla delega, contrasterebbe con i principi fissati dal legislatore delegante per «eccesso di delega», alla luce della caratteristiche del nuovo rito societario come gia' sopra sintetizzate. L'operazione effettuata dal decreto legislativo non e' stata quella di prevedere un rito concentrato rispetto all'attuale rito ordinario disciplinato dagli artt. 163 ss. c.p.c. bensi' quella, che si e' gia' evidenziata, di introdurre nell'ordinamento un'anticipazione del rito ordinario prefigurato dal testo redatto dalla commissione ministeriale per la riforma del processo civile. Anche la questione di costituzionalita' proposta in via subordinata rilevante ai fini del presente giudizio per le stesse ragioni indicate per 14 questione proposta in via principale Tanto premesso, in fatto e diritto, va disposta la sospensione del presente giudizio e la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale per la decisione sulla questione pregiudiziale di legittimita' costituzionale in quanto rilevante non manifestamente infondata. Alla cancelleria vanno affidati gli adempimenti di competenza, ai sensi dell'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87.
P. Q. M. Dichiara rilevante per il giudizio e non manifestamente infondata, in relazione all'art. 76 della Costituzione, la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 12 della legge n. 366/2001 nella parte in cui, in relazione al giudizio ordinario di primo grado in materia societaria, intermediazione finanziaria nonche' in materia bancaria e creditizia, non indica i principi e criteri direttivi che avrebbero dovuto guidare le scelte del legislatore delegato e, per derivazione, degli articoli da 2 a 17 del d.lgs. n. 5 del 2003. In via subordinata il Tribunale dichiara rilevante per il giudizio e non manifestamente infondata, in relazione all'art. 76 della Costituzione, la questione di legittimita' costituzionale degli articoli da 2 a 17 del d.lgs. n. 5 del 2003 perche' difformi dai principi e criteri direttivi dettati dalla legge di delega n. 366/2001; Ordina alla cancelleria di notificare la presente ordinanza al presidente de Consiglio dei ministri, nonche' di darne comunicazione al Presidente de Senato della Repubblica, al Presidente della Camera dei deputati e alle parti del presente giudizio; Dispone l'immediata trasmissione degli atti, comprensivi della documentazione attestante il perfezionamento delle prescritte notificazioni comunicazioni, alla Corte costituzionale. Sospende il giudizio in corso. Si comunichi a cura della cancelleria. Cosi' deciso in Napoli, il 25 ottobre 2005. Il giudice relatore: Canale 07C0316