N. 122 ORDINANZA (Atto di promovimento) 2 novembre 2005

Ordinanza  emessa  il  2  novembre  2005  dal tribunale di Napoli nel
procedimento  civile  promosso da Cantarella Adriano contro Monte dei
Paschi di Siena S.p.A.

Societa'  -  Controversie  in  materia  di  diritto  societario  e di
  intermediazione  finanziaria  - Procedimento di primo grado dinanzi
  al tribunale in composizione collegiale - Disciplina introdotta dal
  legislatore  delegante  -  Mancata  o  insufficiente indicazione di
  principi   e   criteri  direttivi  nella  legge  di  delegazione  -
  Illegittimita' derivata della disciplina introdotta dal legislatore
  delegato.
- Legge  3 ottobre  2001, n. 366, art. 12; «per derivazione», decreto
  legislativo  17 gennaio  2003,  n. 5, artt. 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8, 9,
  10, 11, 12, 13, 14, 15, 16 e 17.
- Costituzione, art. 76.
In via  subordinata:  Societa'  -  Controversie in materia di diritto
  societario e di intermediazione finanziaria - Procedimento di primo
  grado  dinanzi al tribunale in composizione collegiale - Disciplina
  introdotta  dal  legislatore  delegato - Difformita' dai principi e
  criteri  direttivi  posti  dalla  legge  n. 366/2001  -  Eccesso di
  delega.
- Decreto  legislativo 17 gennaio 2003, n. 5, artt. 2, 3, 4, 5, 6, 7,
  8, 9, 10, 11, 12, 13, 14, 15, 16 e 17.
- Costituzione,  art. 76, in relazione all'art. 12 della legge delega
  3 ottobre 2001, n. 366.
(GU n.12 del 21-3-2007 )
                            IL TRIBUNALE

    Letti  gli  atti  relativi  alla causa civile iscritta al n. R.G.
10878/2005 osserva

                              In fatto

    Con  atto  di citazione notificato in data 11 aprile 2005 il sig.
Cantarella  Adriano,  correntista  dell'Agenzia  n. 7 di Napoli della
S.p.A.  Monte  dei  Paschi  di  Siena,  riferiva  di  essersi rivolto
nell'anno  1998  all'addetto  alla  consulenza  finanziaria  di  tale
agenzia che, consultato in merito a possibili investimenti, gli aveva
prospettato  l'acquisto  di obbligazioni argentine con cedola annuale
effettuato  con  ordini  telefonici  rispettivamente  impartiti il 27
marzo, il 31 marzo ed il 30 giugno 1998 per il complessivo importo di
".  223.658.961.  Riferiva  ancora  i Cantarella di aver regolarmente
percepito  gli  interessi sino al 2002 quando era stato dichiarato il
defaut dell'emittente.
    Tanto  premesso  l'istante,  assumendo  che  la  S.p.A. Monte dei
Paschi  di  Siena aveva dato corso ad ordini d'acquisto non impartiti
in  forma  scritta,  non  aveva  fornito alcuna informazione circa le
caratteristiche  delle  obbligazioni sottoscritte, non aveva valutato
la  bassissima  propensione  al  rischio  del  cliente evincibile dai
precedenti  investimenti,  non  aveva  informato  l'istante sul basso
rating  dello  strumento  finanziario  in questione ed aveva agito in
evidente conflitto di interessi, in quanto partecipe del sindacato di
collocamento  dei titoli, inducendo l'attore ad accentrare gran parte
della  propria  liquidita'  su  una  sola  tipologia  di  titoli,  la
conveniva  in  giudizio chiedendo al tribunale adito di dichiarare la
nullita'  degli  ordini  di  acquisto  impartiti e la responsabilita'
della banca per l'investimento eseguito condannandola al risarcimento
del  danni  patiti  da  ragguagliare  alla  mancata  percezione degli
interessi annui nella misura stabilita ed alla perdita del capitale.
    Con  comparsa  di risposta notificata il 10 giugno 2005 la S.p.A.
Monte  dei  Paschi di Siena resisteva alla domanda di cui invocava il
rigetto   deducendo   che:  a)  le  disposizioni  dl  acquisto  delle
obbligazioni  risultavano  validamente  impartite in forma diversa da
quella  scritta;  b) nessuna responsabilita' le era imputabile per il
cattivo  esito  dell'  investimento  in  quanto:  1) il cliente aveva
ricevuto  una  dettagliata informativa circa i rischi dello strumento
finanziario  prescelto  ed aveva sempre manifestato propensione verso
investimenti ad alta remunerativita' accettando i rischi connessi; 2)
all'  atto dell' acquisto dei titoli la Repubblica Argentina non dava
alcun  segno di sofferenza economica e i titoli obbligazionari emessi
avevano  ancora  un rating tale da risultare perfettamente appetibili
sul   mercato;   3)   nulla   comprovava  il  dedotto  coinvolgimento
nell'investimento  di  gran  parte  delle  risorse  finanziarie dell'
attore  e  la partecipazione della banca al sindacato di collocamento
dei  titoli  che, in ogni caso, non poteva reputarsi elemento da solo
sufficiente a radicare un conflitto di interessi.
    La  convenuta,  in  relazione  all'  eventuale accoglimento della
proposta  domanda  di  nullita'  dei contratti di acquisto dei titoli
obbligazionari,   spiegava   poi  domanda  riconvenzionale  volta  ad
ottenere la condanna di parte attrice alla restituzione dei titoli in
oggetto   e  delle  somme  percepite  con  le  cedole  medio  tempore
incassate.
    Operata  la notifica di memorie di replica ai sensi degli artt. 6
e  7,  d.lgs.  n. 5/2003, l'attore provvedeva a notificare alla banca
convenuta  istanza  di  fissazione  di  udienza  ai sensi dell'art. 8
decreto  legislativo  cit.  e ne curava il deposito in cancelleria in
vista  dell'adozione  del  decreto previsto dal successivo art. 12 ad
opera  dello  scrivente,  quale  giudice  relatore,  il quale ritiene
preliminarmente   di   dover  affrontare  la  seguente  questione  di
costituzionalita'.

                          I n d i r i t t o

    L'art. 12 della legge di delega n. 366/2001 prevede che:
        1) Il Governo e' inoltre delegato ad emanare norme che, senza
modifiche  della  competenza,  per  territorio  e  per materia, siano
dirette  ad  assicurare  una  piu'  rapida ed efficace definizione di
procedimenti nelle seguenti materie:
          a) diritto societario, comprese le controversie relative al
trasferimento delle partecipazioni sociali ed ai patti parasociali;
          b)  materie disciplinate dal testo unico delle disposizioni
in   materia  di  intermediazione  finanziaria,  di  cui  al  decreto
legislativo  24  febbraio  1998, n. 58, e successive modificazioni, e
dal  testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia, di cui
al   decreto   legislativo  1°  settembre  1993,  n. 385,  successive
modificazioni.
        2)  Per  il  perseguimento delle finalita' e nelle materie di
cui  al comma 1, il Governo e' delegato a dettare regole processuali,
che in particolare possano prevedere:
          a)  la  concentrazione  del procedimento e la riduzione dei
termini processuali;
          b) l'attribuzione di tutte le controversie nelle materie di
cui al comma 1 al tribunale in composizione collegiale, salvo ipotesi
eccezionali  di  giudizio  monocratico in considerazione della natura
degli interessi coinvolti;
          c)  la  mera  facoltativita' della successiva instaurazione
della  causa  di  merito dopo l'emanazione di un provvedimento emesso
all'esito  di  un  procedimento, sommario cautelare in relazione alle
controversie  nelle  materie  di  cui  al comma 1, con la conseguente
definitivita'   degli   effetti   prodotti  da  detti  provvedimenti,
ancorche'  gli  stessi non acquistino efficacia di giudicato in altri
eventuali giudizi promossi per finalita' diverse;
          d)   un  giudizio  sommario  non  cautelare,  improntato  a
particolare   celerita'   ma   con  il  rispetto  del  principio  del
contraddittorio,  che  conduca  all'emanazione  di  un  provvedimento
esecutivo anche se privo di efficacia di giudicato;
          e)  la  possibilita' per il giudice di operare un tentativo
preliminare di conciliazione, suggerendone espressamente gli elementi
essenziali assegnando eventualmente un termine per la modificazione o
la rinnovazione di atti negoziali su cui verte la causa e, in caso di
mancata      conciliazione,     tenendo     successivamente     conto
dell'atteggiamento  al  riguardo  assunto  dall  parti  ai fini della
decisione sulle spese di lite;
          f)  uno  o  piu'  procedimenti  camerali, anche mediante la
modifica degli articoli 737 e seguenti del codice di procedura civile
ed  in  estensione  delle  ipotesi  attualmente  previste  che, senza
compromettere  la  rapidita'  di  tali  procedimenti,  assicurino  il
rispetto dei principi del giusto processo;
          g)  forme  di  comunicazione  periodica  dei  tempi medi di
durata   dei  diversi  tipi  di  procedimento  di  cui  alle  lettere
precedenti  trattati  dai  tribunali,  dalle Corte di appello e dalla
Corte di cassazione».
    In  relazione alla struttura che il legislatore delegato e' stato
chiamato a delineare per il processo ordinario - e con esclusione del
riferimento  a  principi  dettati  in  tema di giudizio cautelare che
concernono  profili  non  rilevanti in questo giudizio - dal disposto
dell'art. 12  della  legge  n. 366  del  2001  sono  estrapolabili  i
seguenti   principi   1)   divieto   di   modifica  della  competenza
territoriale  e  per  materia;  2)  necessita' di assicurare una piu'
rapida  ed  efficace  definizione di procedimenti; 3) possibilita' di
dettare  regole  processuali che in particolare possano prevedere: a)
la  concentrazione  del  procedimento  e  la  riduzione  dei  termini
processuali; b) l'attribuzione di tutte le controversie nelle materie
di  cui  al  comma  1  al tribunale in composizione collegiale, salvo
ipotesi  eccezionali  di giudizio monocratico in considerazione della
natura  degli  interessi coinvolti; e) la possibilita' per il giudice
di  operare  un  tentativo preliminare di conciliazione, suggerendone
espressamente  gli  elementi  essenziali, assegnando eventualmente un
termine  per  la modificazione o la rinnovazione di atti negoziali su
cui  verte  la  causa e, in caso di mancata conciliazione, tenendo in
seguito  conto  dell'atteggiamento al riguardo assunto dalle parti ai
fini della decisione sulle spese di lite.
    Nella legge n. 366/2001 il legislatore, dunque, si e' limitato ad
indicare  le  materie  nelle  quali  il  governo  poteva intervenire,
l'obiettivo  di  rendere  piu'  rapida ed efficace la definizione dei
procedimenti, il divieto di modificare la competenza per territorio e
materia,   la   tendenziale   collegialita'   del   procedimento,  la
possibilita'  di  valutare  l'atteggiamento  delle  parti  in sede di
tentativo  di  conciliazione  e la possibilita' di dettare regole che
favorissero   la  riduzione  dei  termini  e  la  concentrazione  del
procedimento.
    L'assoluta  genericita'  e  parzialita' dell'indicazione relativa
alle  modalita'  da  seguire,  per  la  realizzazione  dell'obiettivo
dichiarato   di   voler   assicurare  una  piu'  rapida  ed  efficace
definizione  di  procedimenti  nelle materie individuate, ha di fatto
lasciato  libero  il  legislatore delegato di creare un nuovo modello
processuale  che  esula  completamente  dallo schema del procedimento
ordinario disciplinato dal codice di procedura civile.
    A fronte della situazione di fatto venutasi a creare, che vede da
un  lato una legge delga che nulla o quasi dice in ordine ai principi
direttivi  cui  sarebbe  dovuto  ispirare  il  legislatore delegato e
dall'altro   un   decreto  legislativo  che  crea  un  nuovo  modello
processuale  sovvertendo,  nelle  materie  indicate  dalla  legge  di
delega,  i  tradizionali  canoni  che governano il processo civile, a
questo giudice si pongono due opzioni interpretative che in ogni caso
conducono  ad un dubbio di costituzionalita' in relazione all'art. 76
della Costituzione.
    La  prima  opzione  interpretativa,  sia  in ordine logico sia di
scelta  che  questo  giudice  reputa  piu'  consona  allo spirito del
complesso  normativo  costituito  dalla  legge  delega  e dal decreto
legislativo,  e'  quella di ritenere che il legislatore delegante non
abbia indicato con sufficiente determinazione i principi ed i criteri
normativi  che  avrebbero  dovuto  guidare  l'operato del legislatore
delegato  e che quindi l'art. 12 della legge n. 366/2001 non soddisfi
il  precetto  dell'art.  76  della  Costituzione il quale consente la
delega  dell'esercizio  della  funzione  legislativa  al Governo solo
previa determinazione di principi e criteri direttivi.
    Non  ignora  questo  tribunale  come, per giurisprudenza costante
della  Corte costituzionale, i principi direttivi che l'art. 76 Cost.
richiede  alla legge delega non escludono la possibilita' di lasciare
al   legislatore   delegato  un  ampio  margine  di  discrezionalita'
nell'individuare le modalita' attraverso cui realizzare gli obiettivi
prefissati  dalla  legge  delega. Il potere attribuito al Legislatore
delegato  pero', per quanto ampio, non puo' mai travalicare il limite
della  discrezionalita'  nel  senso che, come la Corte costituzionale
insegna   sin   da   risalenti  pronunzie,  «la  legge  delegante  va
considerata  con  riferimento  all'art. 76  della  Costituzione,  per
accertare  se  sia  stato  rispettato il precetto che ne legittima il
processo  formativo.  L'art. 76 indica i limiti entro cui puo' essere
conferito  al  Governo  l'esercizio  della  funzione legislativa. Per
quanto  la  legge  delegante  sia  a carattere normativa generale, ma
sempre  vincolante per l'organo delegato, essa si pone in funzione di
limite  per  lo  sviluppo  dell'ulteriore  attivita'  legislativa del
Governo.  I  limiti dei principi e criteri direttivi, del tempo entro
il  quale puo' essere emanata la legge delegata, di oggetti definiti,
servono  da  un lato a circoscrivere il campo della delegazione si da
evitare  che  la  delega  venga  esercitata  in modo divergente dalle
finalita'  che  la  determinarono;  devono  dall'altro  consentire al
potere delegato la possibilita' di valutare le particolari situazioni
giuridiche  della  legislazione  precedente, che nella legge delegata
deve  trovare  una  nuova regolamentazione. Se la legge delegante non
contiene,  anche  in parte, cennati requisiti, sorge il contrasto tra
norma  dell'art. 76 e norma delegante denunciabile al sindacato della
Corte   costituzionale,   s'intende  dopo  l'emanazione  della  legge
delegata» (cfr. Corte cost. 26 gennaio 1957, n. 3).
    In  particolare,  per  quel  che  rileva in questa sede, nulla ha
detto  la legge delega in ordine allo schema processuale da adottare,
lasciato  non  piu'  alla  scelta  discrezionale  ma all'arbitrio del
legislatore  delegato,  come  emerga  chiaramente  dal  contenuto del
decreto  legislativo che ha creato un nuovo modello di processo al di
fuori delle regole dettate dal codice di procedure civile.
    Il  nuovo  rito societario previsto per il processo di cognizione
davanti  ai tribunale costituisce infatti, come indicato dalla stessa
relazione  della  commissione  ministeriale,  un vero e proprio nuovo
modello  processuale,  che  si  distacca  volutamente sia dal modello
processuale  del 1942, sia da quello del processo del lavoro del 1973
ed  infine  anche  da  quello delineatosi con la riforma del 1990. Il
nuovo  rito  di  cognizione  di  primo  grado davanti al tribunale in
materia  societaria  prevede  tutta  la prima fase del processo senza
l'intervento del giudice; nell'atto di citazione ai sensi dell'art. 2
non  e'  piu'  indicata l'udienza avanti al giudice ed il termine che
l'attore  fissa  ai  convenuto per la comunicazione della comparsa di
risposta  e'  stabilito  solo  nel  minimo;  cosi'  nella comparsa di
risposta, ai sensi dell'art. 4, il convenuto puo' a sua volta fissare
all'attore,  per  eventuale  replica, un termine stabilito ancora una
volta  solo  nel minimo; con lo stesso meccanismo l'art. 6 prevede la
possibilita'  di  una  replica  da  parte  dell'attore  e l'art. 7 la
possibilita'  di un controreplica da parte del convenuto e poi ancora
ulteriori  repliche  e controrepliche. Solo a seguito dell'istanza di
fissazione  di udienza di cui all'art. 8 interviene il giudice, in un
momento  pero'  in cui sia il thema decidendum che il thema probandum
si  sono  gia' definitivamente formate totalmente al di fuori del suo
controllo.  D'altra  parte la stessa istanza d fissazione di udienza,
con  gli effetti preclusivi rilevantissimi stabiliti dall'art. 10, e'
uno  strumento  lasciato  nella  totale  disponibilita' delle parti o
anche di una sola di esse, che puo' utilizzarlo a suo piacimento, nel
momento ritenuto piu' opportuno. Ancora poi va segnalato l'art. 13 in
tema   di  contumacia  d  costituzione  tardiva  del  convenuto,  che
introduce  l'innovativo  principio  (di  cui  nella  delega non vi e'
traccia),  per  cui  nel  caso  in  cui il convenuto non notifichi la
comparsa   di   risposta  nel  termine  stabilito  o  anche  solo  si
costituisca  tardivamente  i  fatti  affermati  dall'attore  . . . si
intendono  non contestati e il tribunale decide sulla domanda in base
alla concludenza di questa.
    Da  quanto  precede  emerge  con  chiarezza  che  il  legislatore
delegato,  in  forza  di  una  delega  assolutamente carente sotto il
profilo  dell'indicazione  di criteri direttivi, ha potuto creare una
disciplina interamente nuova per il processo societario di cognizione
ordinaria,  anticipando  quel  rito  ordinario  prefigurato dal testo
redatto  dalla  commissione  ministeriale per la riforma del processo
civile.
    Non  reputa  questo tribunale che possa andare esente da dubbi di
costituzionalita' una legge delega che nel consentire la creazione di
un  nuovo  processo,  seppur  circoscritto  a determinate materie, si
limiti  ad  indicare  un  obiettivo,  quello  di «assicurare una piu'
rapida  ed efficace definizione di procedimenti», tra l'altro nemmeno
particolarmente qualificante in quanto comune a qualsivoglia progetto
di  riforma  del  processo  civile,  un  divieto  di  «modifica della
competenza   territoriale   e   per   materia»,  una  preferenza  per
collegialita',  un  rilevante  ruolo del tentativo di conciliazione e
un'indicazione   di   massima  a  favore  della  «concentrazione  del
procedimento e della riduzione dei termini processuali».
    Di   conseguenza   ad   avviso   del  tribunale,  in  quanto  non
manifestamente    infondata,    va    rimessa    la    questione   di
costituzionalita'  dell'art. 12  della  legge n. 336/2001 nella parte
relativa  al procedimento ordinario di primo grado e per derivazione,
degli  articoli  da  2 a 17 del decreto legislativo n. 5 del 2003. La
questione  e'  altresi' rilevante in quanto, vertendosi in materia di
intermediazione  mobiliare  e  di  vendita di prodotti finanziari, il
giudizio  e'  stato  iniziato  nell'alveo procedimentale previsto dal
d.lgs.  n. 5  del  2003,  emanato  in  forza  della predetta legge di
delega,   e   dalla  pronunzia  della  Corte  costituzionale  dipende
l'applicabilita'   dell'intera   nuova  disciplina  processuale  alla
concreta  fattispecie  sottoposta  al  vaglio di questo Tribunale ivi
inclusa  la  possibilita'  di poter adottare il decreto di fissazione
dell'udienza di discussione innanzi al Collegio.
    In  via  subordinata,  e  per  l'ipotesi  in cui la Corte dovesse
ritenere   costituzionalmente   legittimo   l'art. 12   della   legge
n. 366/2001,  reputa  questo  tribunale  che  non  sia manifestamente
infondato  il  dubbio di costituzionalita' degli articoli 2, 3, 4, 5,
6,  7, 8, 9, 10, 11, 12, 13, 14, 15, 16 e 17 del d.lgs. n. 5 del 2003
per  contrasto  con  l'art. 76  della  Costituzione in quanto emanati
eccedendo  dai  principi  e  criteri direttivi dettati dalla legge al
n. 366 del 2001.
    Per    evitare    il    sospetto   di   incostituzionalita'   per
indeterminatezza  e genericita' si dovrebbe invero compiere lo sforzo
interpretativo   di   leggere   la  legge  n. 366  del  2001  facendo
riferimento  alla  disciplina  del  vigente  processo  di  cognizione
davanti  al tribunale, come contenuta nel libro II, titolo I, c.p.c.,
il  rito  cioe' che sino al 31 dicembre 2003 e' stato applicato anche
alle  controversie  societarie  e  che il legislatore delegante aveva
davanti   a   momento   della   concessione   della   delega,  sforzo
interpretativo   gia'   compiuto  da  altri  giudici  ordinari  (cfr.
Tribunale  Brescia  18  ottobre 2004 che ha rimesso la questione alla
Corte costituzionale).
    La  disciplina  del  processo  di cognizione davanti al tribunale
contenuta  nel  codice di procedura civile prevede che il processo si
svolga   attraverso   la   successione   di  piu'  udienze  fisse  ed
obbligatorie,  in  particolare quella di prima comparizione (art. 180
c.p.c.) quindi la prima udienza di trattazione (art. 183 c.p.c.), cui
puo' seguire un'udienza per la discussione e l'ammissione delle prove
(art. 184   c.p.c.)   ed   eventualmente   un'ulteriore   udienza  di
precisazione  delle  conclusioni  (art. 189  c.p.c.).  Se  si volesse
individuare  una  determinatezza  dei criteri direttivi nell legge di
delega  si  dovrebbe  necessariamente  ritenere  che  il  legislatore
delegante,    indicando   il   principio   di   «concentrazione   del
procedimento», abbia fatto evidentemente riferimento proprio a questa
scansione prevista nel processo ordinario.
    Ugualmente  il  processo  ordinario  vigente  prevede  che tra il
giorno  della  notificazione  della  citazione  e quello dell'udienza
comparizione  debbano  intercorrere  termini  liberi  non  minori  di
sessanta  giorni,  fissa il termine meramente ordinatorio di quindici
giorni  per  la successione fra le varie udienze (art. 81 delle norme
di  attuazione  c.p.c.),  stabilisce  ai sensi dell'art. 183, comma 5
c.p.c. un termine massimo di trenta giorni per il deposito di memorie
e  di  altri trenta per le repliche, non prestabilisce nessun termine
per  il  deposito delle memorie istruttorie ex art. 184 c.p.c., primo
comma  seconda  parte  e prevede il termine di sessanta giorni per il
deposito  delle  comparse  conclusionali  e  di  venti  per eventuale
repliche.
    Soltanto  con il riferimento a tali termini potrebbe riempirsi di
contenuto  la  generica  indicazione  del  legislatore  delegante del
principio   di  «riduzione  dei  termini  processuali».  Solo  questa
lettura,   estremamente  riduttiva  e  per  questo  proposta  in  via
subordinata  rispetto all'altra, del principi fissati dal legislatore
delegante,  altrimenti invero generici, sarebbe possibile per evitare
il dubbio di costituzionalita' della legge n. 366 del 2001.
    E' pero' evidente che in questo caso l'articolato contenuto negli
artt. da 2 a 17 del d.lgs. 17 gennaio 2004 n. 5, con cui si e' inteso
dare  attuazione  alla  delega, contrasterebbe con i principi fissati
dal  legislatore  delegante  per «eccesso di delega», alla luce della
caratteristiche   del   nuovo   rito   societario   come  gia'  sopra
sintetizzate.  L'operazione effettuata dal decreto legislativo non e'
stata  quella  di  prevedere un rito concentrato rispetto all'attuale
rito ordinario disciplinato dagli artt. 163 ss. c.p.c. bensi' quella,
che   si   e'   gia'   evidenziata,  di  introdurre  nell'ordinamento
un'anticipazione  del  rito  ordinario  prefigurato dal testo redatto
dalla commissione ministeriale per la riforma del processo civile.
    Anche   la   questione   di  costituzionalita'  proposta  in  via
subordinata  rilevante  ai  fini  del presente giudizio per le stesse
ragioni indicate per 14 questione proposta in via principale
    Tanto  premesso,  in  fatto e diritto, va disposta la sospensione
del  presente  giudizio  e  la  trasmissione  degli  atti  alla Corte
costituzionale  per  la  decisione  sulla  questione pregiudiziale di
legittimita'  costituzionale  in  quanto rilevante non manifestamente
infondata.   Alla  cancelleria  vanno  affidati  gli  adempimenti  di
competenza, ai sensi dell'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87.
                              P. Q. M.
    Dichiara   rilevante   per   il  giudizio  e  non  manifestamente
infondata,  in relazione all'art. 76 della Costituzione, la questione
di  legittimita'  costituzionale dell'art. 12 della legge n. 366/2001
nella parte in cui, in relazione al giudizio ordinario di primo grado
in materia societaria, intermediazione finanziaria nonche' in materia
bancaria  e creditizia, non indica i principi e criteri direttivi che
avrebbero  dovuto  guidare  le scelte del legislatore delegato e, per
derivazione, degli articoli da 2 a 17 del d.lgs. n. 5 del 2003.
    In  via  subordinata  il  Tribunale  dichiara  rilevante  per  il
giudizio  e  non  manifestamente  infondata, in relazione all'art. 76
della Costituzione, la questione di legittimita' costituzionale degli
articoli  da  2  a  17  del d.lgs. n. 5 del 2003 perche' difformi dai
principi   e   criteri   direttivi  dettati  dalla  legge  di  delega
n. 366/2001;
    Ordina  alla  cancelleria  di notificare la presente ordinanza al
presidente  de Consiglio dei ministri, nonche' di darne comunicazione
al  Presidente de Senato della Repubblica, al Presidente della Camera
dei deputati e alle parti del presente giudizio;
    Dispone  l'immediata  trasmissione  degli atti, comprensivi della
documentazione   attestante   il   perfezionamento  delle  prescritte
notificazioni comunicazioni, alla Corte costituzionale.
    Sospende il giudizio in corso.
    Si comunichi a cura della cancelleria.
        Cosi' deciso in Napoli, il 25 ottobre 2005.
                     Il giudice relatore: Canale
07C0316