N. 102 ORDINANZA 7 - 21 marzo 2007

Giudizio   sull'ammissibilita'   del   ricorso   per   conflitto   di
attribuzione tra poteri dello Stato.

Parlamento   -  Immunita'  parlamentari  -  Procedimento  penale  nei
  confronti  di due senatori imputati, in concorso, della promozione,
  direzione  e  partecipazione ad associazione di carattere militare,
  avente  scopo  politico  Deliberazione  di  insindacabilita'  della
  Camera  di  appartenenza  -  Conflitto di attribuzione proposto dal
  giudice   dell'udienza   preliminare  del  Tribunale  di  Verona  -
  Riproposizione  del  conflitto  gia' sollevato dallo stesso giudice
  nel corso del medesimo procedimento e della stessa fase di giudizio
  - Inammissibilita' del ricorso.
- Deliberazione  del  Senato  della  Repubblica 31 gennaio 2001 (doc.
  IV-quater, n. 60).
- Costituzione,  art. 68,  primo  comma;  legge 11 marzo 1953, n. 87,
  art. 37.
(GU n.13 del 28-3-2007 )
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
  Presidente: Franco BILE;
  Giudici:  Francesco  AMIRANTE,  Ugo  DE  SIERVO, Romano VACCARELLA,
Paolo  MADDALENA,  Alfio FINOCCHIARO, Alfonso QUARANTA, Franco GALLO,
Luigi MAZZELLA, Gaetano SILVESTRI, Sabino CASSESE, Maria Rita SAULLE,
Giuseppe TESAURO, Paolo Maria NAPOLITANO;
ha pronunciato la seguente

                              Ordinanza

nel  giudizio  per  conflitto  di attribuzione tra poteri dello Stato
sorto  a  seguito delle deliberazioni del Senato della Repubblica del
31 gennaio    2001    (doc.    IV-quater,   n. 60),   relative   alla
insindacabilita',   ai   sensi   dell'art. 68,   primo  comma,  della
Costituzione,  delle  opinioni  dei  senatori  Vito  Bruno  Gnutti  e
Francesco  Speroni,  promosso  con  ricorso  del giudice dell'udienza
preliminare  del  Tribunale  di  Verona, depositato in cancelleria il
17 novembre  2006  ed  iscritto  al  n. 19 del registro conflitti tra
poteri dello Stato 2006, fase di ammissibilita'.
    Udito  nella  Camera di consiglio del 21 febbraio 2007 il giudice
relatore Paolo Maria Napolitano.
    Ritenuto che il giudice dell'udienza preliminare del Tribunale di
Verona, investito di un procedimento penale a carico di Vito Gnutti e
di  Francesco Speroni, ambedue senatori all'epoca dei fatti, imputati
del reato di cui all'art. 1 del decreto legislativo 14 febbraio 1948,
n. 43 (Divieto delle associazioni di carattere militare), con ricorso
del  9 ottobre  2006,  depositato  nella  cancelleria  della Corte il
successivo  17  novembre,  ha sollevato conflitto di attribuzione tra
poteri  dello  Stato  nei  confronti  del Senato della Repubblica, in
relazione  alle  deliberazioni con le quali l'Assemblea, nella seduta
del  31 gennaio  2001  (doc.  IV-quater,  n. 60), ha dichiarato che i
fatti  per  i  quali era in corso il procedimento penale concernevano
opinioni  espresse  da due membri del Parlamento nell'esercizio delle
funzioni  parlamentari  e,  in  quanto  tali,  insindacabili ai sensi
dell'art. 68, primo comma, della Costituzione;
        che   il   ricorrente   premette   di  aver  gia'  sollevato,
nell'ambito  del  medesimo procedimento, conflitto di attribuzione in
relazione  alle  stesse  deliberazioni,  precisando  che  il relativo
ricorso  era  stato  dichiarato,  in sede di valutazione preliminare,
ammissibile  con  ordinanza  di  questa Corte n. 380 del 2001 e, poi,
dichiarato  inammissibile con sentenza n. 267 del 2005, in quanto «il
ricorrente,  [...]  non (aveva) assolto all'onere di una enunciazione
esaustiva   delle   condotte  poste  in  essere  dagli  imputati  che
prescind(esse)  dalla tecnica adottata nella formulazione del capo di
imputazione  e  dalla sussistenza dei requisiti minimi di indicazione
del  "fatto", prescritti dal codice di procedura penale nella diversa
prospettiva  di salvaguardare le esigenze del diritto di difesa e del
contraddittorio»;
        che,  mancava «quindi, in radice la possibilita' di stabilire
se  quella  ascrivibile  a  ciascuno  dei due parlamentari (fosse) la
realizzazione  di  un  comportamento  di  carattere  materiale  o  la
manifestazione   di   una   opinione,  rimanendo  cosi'  preclusa  la
possibilita'   di   valutare   se   ricorrevano   le  condizioni  per
l'operativita'  della  prerogativa  di  cui all'art. 68, primo comma,
della Costituzione»;
        che,  aggiunge il G.u.p. del Tribunale di Verona, all'udienza
preliminare  del  5 ottobre  2006, e' stata pronunciata nei confronti
dei  senatori  Gnutti  e  Speroni (e di altri coimputati) sentenza di
proscioglimento  ex  art. 129  del  codice  di  procedura  penale  in
relazione  a  taluni  dei  capi  di  imputazione a loro ascritti, per
essere  le  condotte  in  essi previsti non piu' ritenute dalla legge
come  reato  e  per  essersi  estinto  per  prescrizione un ulteriore
capo dell'imputazione;
        che,  pertanto, il procedimento penale verte unicamente sulla
imputazione relativa alla violazione dell'art. 1 del d.lgs. n. 43 del
1948,   riguardo   alla   quale   il  Senato  della  Repubblica,  con
deliberazioni  del  31 gennaio  2001,  ha  dichiarato  che concerneva
opinioni espresse nell'esercizio della funzione parlamentare;
        che   il  giudice  ricorrente  precisa  che  ai  senatori  e'
contestato  di  aver partecipato, promuovendola e dirigendola, ad una
articolata  associazione  di  carattere  militare,  avente  lo  scopo
politico (secondo il programma perseguito dal partito Lega Nord cui i
predetti  senatori  hanno  aderito)  di  affermare  l'autonomia della
cosiddetta   «Padania»  o  «Nazione  Padana»  e  la  sua  separazione
dall'ordinamento  costituzionale,  creando  una  entita' statuale del
tutto autonoma;
        che,  in  particolare,  nella  prospettazione  dell'accusa, i
medesimi   parlamentari   avrebbero  posto  in  essere  comportamenti
materiali  di  effettivo  apporto  all'associazione  di cui trattasi,
rivestendo in essa un ruolo direttivo e promozionale;
        che,  prosegue  il  ricorrente,  il  Senato  della Repubblica
approvando,  nella  seduta  del  31 gennaio  2001,  la proposta della
Giunta delle elezioni e delle immunita' parlamentari, ha ritenuto che
i  fatti  addebitati  agli  onorevoli  Gnutti  e Speroni concernevano
opinioni  espresse  nell'esercizio della funzione parlamentare e che,
in  quanto  tali,  erano  insindacabili  ai sensi dell'art. 68, primo
comma, della Costituzione;
        che  il ricorrente, nel riportare ampi stralci della delibera
impugnata,  nonche'  della Relazione della Giunta, sottolinea che gli
atti compiuti dai due senatori ed integranti il reato loro contestato
non  sono  da  considerarsi  «opinioni  espresse nell'esercizio delle
funzioni parlamentari, ancorche' letti nel contesto ideologico da cui
si  e'  mossa  l'azione  politica  della  Lega  Nord  ed il programma
secessionista cui i senatori Gnutti e Speroni hanno aderito»;
        che,  aggiunge il ricorrente, la Giunta, qualificando i fatti
in   contestazione  come  «opinioni»  e  ritenendoli  connessi  «alla
funzione parlamentare in ragione dell'intento divulgativo del disegno
politico»    finalizzato    alla   realizzazione   di   «un   assetto
costituzionale  diverso dall'attuale», e' incorsa in una petizione di
principio;
        che,  ad  avviso  del G.u.p. del Tribunale di Verona, la tesi
della  Giunta,  fatta  propria  dal  Senato,  si  discosterebbe dalle
consolidate   linee  giurisprudenziali  della  Corte  costituzionale,
secondo  le  quali gli atti del parlamentare svolti extra moenia sono
insindacabili  solo se, e nella misura in cui, siano «identificabili»
come  attivita'  parlamentare:  cioe',  abbiano  una  «corrispondenza
sostanziale» di contenuto con atti parlamentari tipici;
        che,   sempre   secondo   il  ricorrente,  sulla  base  della
giurisprudenza  di  questa Corte, nei comportamenti addebitati ai due
senatori verrebbe a mancare del tutto «la riproduzione o divulgazione
di una precedente attivita' parlamentare»;
        che,  a  giudizio del ricorrente, la deliberazione del Senato
della Repubblica si rivelerebbe allora in contrasto col potere-dovere
di  assicurare  l'esercizio della funzione giurisdizionale attribuito
dalla  Costituzione  agli  organi  giudiziari;  e che, pertanto, essa
esorbiterebbe,   sempre   per   il  G.u.p.,  dall'ambito  derogatorio
consentito  dall'art. 68,  primo comma, della Costituzione, in quanto
risulterebbero  violati,  da  un  lato, gli artt. 101, secondo comma,
102,  primo  comma,  e  104, primo comma, della Costituzione, posti a
tutela   della   titolarita'   della   funzione   giurisdizionale  e,
dall'altro,   l'art. 3,   primo  comma,  della  Costituzione  per  la
disparita'  di  trattamento  che  in  tal modo sarebbe introdotta tra
cittadini,   a   seconda   che  rivestano  o  meno  la  qualifica  di
parlamentari,  consentendosi  a  questi  ultimi  condotte  in ipotesi
integranti  figure  di  reato  prive  di qualsiasi connessione con la
funzione da loro svolta.
    Considerato  che  in  questa  fase  la Corte e' chiamata, a norma
dell'art. 37, terzo e quarto comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87,
a   verificare   la   sussistenza   dei  requisiti  per  la  astratta
ammissibilita' del ricorso;
        che,  in  via  preliminare,  occorre osservare che il Giudice
dell'udienza preliminare del Tribunale di Verona, in riferimento alle
deliberazioni  adottate  dal Senato della Repubblica nella seduta del
31 gennaio  2001 (doc. IV - quater, n. 60), ripropone il conflitto di
attribuzione  che  questa Corte ha gia' dichiarato inammissibile, con
la sentenza n. 267 del 2005, poiche' non risultavano espresse in modo
esaustivo  le  condotte  poste  in  essere  dagli imputati, rimanendo
pertanto  preclusa  la  possibilita'  di  valutare se ricorressero le
condizioni  per  l'operativita' della prerogativa di cui all'art. 68,
primo comma, della Costituzione;
        che,  nel  caso  in  esame,  acquista  rilevanza  decisiva la
circostanza  che  il  conflitto  contro la stessa delibera del Senato
venga   proposto  per  la  seconda  volta,  nel  corso  del  medesimo
procedimento   e   della  stessa  fase  di  giudizio,  dall'identico,
cosicche'  si  pone  in  essere  una  situazione  che e' in oggettivo
contrasto  con  quanto  stabilito da questa Corte, fin dalla sentenza
n. 116  del  2003,  secondo  cui  le  finalita'  e  la particolarita'
dell'oggetto  del  conflitto  di  attribuzione tra poteri dello Stato
determinano  «l'esigenza  costituzionale  che  il giudizio, una volta
instaurato,  sia  concluso  in  termini  certi non rimessi alle parti
confliggenti»;
        che  non  e'  quindi ammissibile mantenere indefinitamente in
sede  processuale  una  situazione  di  conflittualita'  tra  poteri,
protraendo  cosi'  ad  libitum  il  ristabilimento  della «certezza e
definitivita' dei rapporti» (sentenza n. 116 del 2003 e, ex plurimis,
ordinanze n. 294 del 2006 e n. 143 del 2005);
        che,   pertanto,   deve  essere  esclusa,  sulla  base  delle
argomentazioni  gia' svolte da questa Corte e che qui si ribadiscono,
la  riproponibilita'  (dopo una dichiarazione di inammissibilita) del
conflitto in esame (ordinanze n. 358 e n. 280 del 2003).
                          Per questi motivi
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
    Dichiara  inammissibile  il ricorso per conflitto di attribuzione
tra poteri dello Stato proposto dal Giudice per l'udienza preliminare
del  Tribunale  di Verona, nei confronti del Senato della Repubblica,
con l'atto indicato in epigrafe.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 7 marzo 2007.
                         Il Presidente: Bile
                      Il redattore: Napolitano
                      Il cancelliere:Fruscella
    Depositata in cancelleria il 21 marzo 2007.
                      Il cancelliere:Fruscella
07C0372