N. 118 ORDINANZA 21 marzo - 5 aprile 2007

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.

Fallimento  e  procedure  concorsuali - Amministrazione straordinaria
  delle  grandi  imprese  in  stato  di  insolvenza  -  Procedura  di
  amministrazione    straordinaria    cosiddetta    «accelerata»    -
  Esperibilita'  delle azioni revocatorie fallimentari in costanza di
  un   programma   di   ristrutturazione  dell'impresa  -  Denunciata
  irragionevole  disparita' di trattamento rispetto alla procedura di
  amministrazione  straordinaria  «ordinaria»  nonche' ingiustificato
  privilegio  con  effetto  distorsivo  della  libera concorrenza fra
  imprese - Questione identica ad altra gia' dichiarata non fondata -
  Mancata  prospettazione  di  nuovi argomenti di censura - Manifesta
  infondatezza.
- D.L.  23 dicembre  2003,  n. 347,  art. 6, comma 1, convertito, con
  modificazioni, dalla legge 18 febbraio 2004, n. 39, come modificato
  dall'art. 4-ter  del  d.l.  3 maggio  2004, n. 119, convertito, con
  modificazioni, dalla legge 5 luglio 2004, n. 166.
- Costituzione, artt. 3 e 41.
Fallimento  e  procedure  concorsuali - Amministrazione straordinaria
  delle  grandi  imprese  in  stato  di  insolvenza  -  Procedura  di
  amministrazione  straordinaria cosiddetta «accelerata» - Decorrenza
  dei termini di cui alla sezione III del capo III del titolo secondo
  del  r.d.  n. 267  del 1942 dalla data di emanazione del decreto di
  ammissione  dell'impresa alla procedura - Denunciata violazione del
  principio  di  eguaglianza  rispetto al regime dell'amministrazione
  straordinaria  «ordinaria»  -  Questione  identica  ad  altra  gia'
  dichiarata  manifestamente  infondata  -  Mancata prospettazione di
  nuovi   argomenti   di   censura  -  Manifesta  infondatezza  della
  questione.
- D.L.   23 dicembre  2003,  n. 347,  art. 6,  comma 1-ter,  aggiunto
  dall'art. 4-quater  del d.l. 3 maggio 2004, n. 119, come modificato
  dalla legge di conversione 5 luglio 2004, n. 166.
- Costituzione, art. 3.
Fallimento  e  procedure  concorsuali - Amministrazione straordinaria
  delle  grandi  imprese  in  stato  di  insolvenza  -  Procedura  di
  amministrazione  straordinaria  cosiddetta «accelerata» - Esercizio
  delle   azioni   revocatorie  pur  in  presenza  di  autorizzazione
  all'esecuzione  del  programma  di  ristrutturazione dell'impresa -
  Possibilita'  per  i  soccombenti  in  revocatoria di far valere il
  corrispondente  credito  nei  confronti  della procedura in caso di
  approvazione  del  concordato  - Esclusione, essendo la sentenza di
  approvazione  produttiva  di effetti rispetto ai soli creditori per
  titolo  o  causa anteriore all'apertura della procedura - Lamentata
  sostanziale  espropriazione  del  credito  -  Questione identica ad
  altra   gia'   dichiarata   manifestamente   infondata   -  Mancata
  prospettazione  di nuovi motivi di censura - Manifesta infondatezza
  della questione.
- D.L.  23 dicembre  2003,  n. 347,  combinato  disposto dell'art. 6,
  comma 1,   e   dell'art. 4-bis,   comma 10,   come  rispettivamente
  modificato   dall'art. 4-ter  e  sostituito  dall'art. 3  del  d.l.
  3 maggio  2004,  n. 119,  modificati  dalla  legge di conversione 5
  luglio 2004, n. 166.
- Costituzione, art. 42.
(GU n.15 del 11-4-2007 )
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
  Presidente: Franco BILE;
  Giudici:  Francesco  AMIRANTE,  Ugo  DE  SIERVO, Romano VACCARELLA,
Paolo  MADDALENA,  Alfio FINOCCHIARO, Alfonso QUARANTA, Franco GALLO,
Luigi MAZZELLA, Gaetano SILVESTRI, Sabino CASSESE, Maria Rita SAULLE,
Giuseppe TESAURO, Paolo Maria NAPOLITANO;
ha pronunciato la seguente

                              Ordinanza

nei  giudizi  di  legittimita'  costituzionale dell'art. 6, commi 1 e
1-ter, del decreto-legge 23 dicembre 2003, n. 347 (Misure urgenti per
la  ristrutturazione  industriale  di  grandi  imprese  in  stato  di
insolvenza),  convertito,  con modificazioni, nella legge 18 febbraio
2004,  n. 39,  come,  rispettivamente,  modificato  dall'art. 4-ter e
aggiunto  dall'art. 4-quater  del decreto-legge 3 maggio 2004, n. 119
(Disposizioni  correttive ed integrative della normativa sulle grandi
imprese in stato di insolvenza), convertito, con modificazioni, nella
legge  5 luglio  2004,  n. 166,  nonche' del combinato disposto degli
artt. 6,  comma 1,  e  4-bis,  comma 10,  del  medesimo decreto-legge
n. 347  del 2003, come, rispettivamente, modificato dall'art. 4-ter e
sostituito  dall'art. 3 del decreto-legge n. 119 del 2004, modificati
dalla  legge  di  conversione  n. 166  del  2004;  promossi  con  due
ordinanze  del  25 febbraio 2006 e del 20 febbraio 2006 dal Tribunale
ordinario di Parma nei procedimenti civili vertenti, rispettivamente,
tra Parmalat s.p.a. in amministrazione straordinaria ed altra e Banca
Agricola  Mantovana  s.p.a., e tra Parmalat s.p.a. in amministrazione
straordinaria  ed altra e Banca Popolare di Milano soc. coop. a r.l.,
iscritte  ai  numeri  328  e  329  del  registro ordinanze del 2006 e
pubblicate  nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 38, 1ª serie
speciale, dell'anno 2006;
    Visti   gli   atti   di   costituzione   di  Parmalat  s.p.a.  in
amministrazione  straordinaria e Banca Popolare di Milano soc. coop a
r.l.,  nonche'  gli  atti  di  intervento  di  Parmalat  s.p.a. e del
Presidente del Consiglio dei ministri;
    Udito  nella  Camera di consiglio del 21 febbraio 2007 il giudice
relatore Romano Vaccarella.
    Ritenuto  che,  nel  corso  di  due  giudizi civili, con distinte
ordinanze   del  25 febbraio  2006  (n. 328  r.o.  del  2006)  e  del
20 febbraio  2006  (n. 329  r.o. del 2006), il Tribunale ordinario di
Parma  - premesso che Parmalat s.p.a., con decreto del Ministro delle
attivita'  produttive  del  24 dicembre 2003, e' stata assoggettata a
procedura di amministrazione straordinaria e che lo stesso Tribunale,
con  sentenza  del  27 dicembre  2003,  ha  dichiarato  lo  stato  di
insolvenza  della  predetta  societa', con estensione della procedura
concorsuale a Parmalat Finanziaria s.p.a. e ad altre societa' facenti
parte  di  un  unico  gruppo - ha sollevato questioni di legittimita'
costituzionale:
        a) in  riferimento  agli  artt. 3  e  41  della Costituzione,
dell'art. 6,  comma 1,  del  decreto-legge  23 dicembre  2003, n. 347
(Misure urgenti per la ristrutturazione industriale di grandi imprese
in  stato  di insolvenza), convertito, con modificazioni, nella legge
18 febbraio   2004,   n. 39,   come  modificato  dall'art. 4-ter  del
decreto-legge  3 maggio  2004,  n. 119  (Disposizioni  correttive  ed
integrative   della  normativa  sulle  grandi  imprese  in  stato  di
insolvenza),  convertito,  con  modificazioni,  nella  legge 5 luglio
2004,  n. 166,  nella  parte in cui consente l'esercizio delle azioni
revocatorie  previste  dagli  artt. 49  e  91 del decreto legislativo
8 luglio   1999,   n. 270   (Nuova   disciplina  dell'amministrazione
straordinaria  delle  grandi  imprese in stato di insolvenza, a norma
dell'articolo 1  della  legge 30 luglio 1998, n. 274), in costanza di
un programma di ristrutturazione;
        b) nonche',  con  la  sola ordinanza del 20 febbraio 2006, in
riferimento  all'art. 3 Cost., dell'art. 6, comma 1-ter, del medesimo
decreto-legge   n. 347  del  2003,  aggiunto  dall'art. 4-quater  del
decreto-legge  n. 119  del  2004,  come  modificato  dalla  legge  di
conversione n. 166 del 2004, nella parte in cui dispone che i termini
stabiliti  dalle  disposizioni  della  sezione  III  del capo III del
titolo  secondo  del  regio decreto 16 marzo 1942, n. 267 (Disciplina
del   fallimento,  del  concordato  preventivo,  dell'amministrazione
controllata e della liquidazione coatta amministrativa), si computano
a  decorrere  dalla  data  di  emanazione  del  decreto di ammissione
dell'impresa  alla procedura di amministrazione straordinaria e rende
applicabile  tale  disposizione  anche in tutti i casi di conversione
della procedura in fallimento;
        c) in  riferimento  all'art. 42 Cost., del combinato disposto
degli artt. 6, comma 1, e 4-bis, comma 10, del medesimo decreto-legge
n. 347  del 2003, come, rispettivamente, modificato dall'art. 4-ter e
sostituito  dall'art. 3 del decreto-legge n. 119 del 2004, modificati
dalla  legge  di  conversione  n. 166  del  2004,  nella parte in cui
prevede   «una   sostanziale   espropriazione  del  credito»  di  cui
all'art. 71 del regio decreto n. 267 del 1942 (legge fallimentare);
        che nella prima ordinanza di rimessione (n. 328 r.o.del 2006)
si riferisce che Parmalat s.p.a. in amministrazione straordinaria, in
persona del commissario straordinario, ha convenuto in giudizio Banca
Agricola Mantovana s.p.a., per sentir revocare, ai sensi dell'art. 67
della legge fallimentare, i pagamenti effettuati da Parmalat s.p.a. a
favore della convenuta nel corso del «periodo sospetto» per l'importo
complessivamente   indicato   in  citazione,  chiedendo,  quindi,  la
condanna della banca al pagamento della corrispondente somma;
        che  nella  seconda  ordinanza di rimessione (n. 329 r.o. del
2006)   si   riferisce   che   Parmalat   s.p.a.  in  amministrazione
straordinaria, in persona del commissario straordinario, ha convenuto
in giudizio Banca Popolare di Milano soc. coop. a r. l., per ottenere
la   revoca,  ai  sensi  dell'art. 67,  secondo  comma,  della  legge
fallimentare,  dei  pagamenti eseguiti dalla debitrice a favore della
convenuta  nel  «periodo  sospetto», e, conseguentemente, la condanna
della  stessa  banca  alla restituzione della corrispondente somma da
essa percepita;
        che   le   banche  convenute,  costituitesi  ritualmente  nei
rispettivi  giudizi,  hanno  resistito alle domande, eccependo in via
pregiudiziale   l'illegittimita'   costituzionale   dell'art. 6   del
decreto-legge n. 347 del 2003, per contrasto con gli artt. 3, 24 e 41
Cost.;
        che,  quanto  alla  rilevanza  delle  sollevate questioni, il
giudice  rimettente  afferma  che  essa e' insita «nella possibilita'
stessa  di  proporre  l'azione  revocatoria»  fallimentare,  «pur  in
presenza   di   autorizzazione   all'esecuzione   del   programma  di
ristrutturazione»,  grazie  alla previsione dell'art. 6, comma 1, del
decreto-legge  n. 347  del  2003, e che «la rilevanza riverbera, poi,
anche  sotto  il  profilo  del  computo  dei  termini del cosi' detto
periodo sospetto, in quanto e' evidente, che, qualora si superasse la
questione  precedente,  nel corso del processo sarebbe indispensabile
esaminare  i  crediti  revocandi  a partire da un determinato momento
storico  in poi, integrante, appunto, il gia' detto periodo sospetto,
all'interno   del   quale  deve  ricadere  l'atto  solutorio  oggetto
dell'azione revocatoria»;
        che,  quanto  alla non manifesta infondatezza della questione
sub   a),   in  riferimento  all'art. 3  Cost.,  il  giudice  a  quo,
riproducendo   la   motivazione  di  altre  ordinanze  di  rimessione
pronunciate dallo stesso Tribunale nelle date del 18 novembre 2005, e
del   16,  20  e  23 febbraio  2006,  osserva  che  l'amministrazione
straordinaria  cosiddetta  «accelerata» (introdotta dal decreto-legge
n. 347  del  2003)  e  la  procedura di amministrazione straordinaria
«ordinaria»   (disciplinata   dal   d.lgs.   n. 270   del   1999)  si
differenziano  per  quanto  attiene  alle  «fasi  di  ingresso» ed ai
requisiti   dimensionali  concernenti  il  numero  dei  dipendenti  e
l'entita'  dei  debiti,  senza  che  le  innovazioni  introdotte  dal
decreto-legge  n. 347 del 2003 alterino i caratteri comuni con quelli
della procedura disciplinata dal d.lgs. n. 270 del 1999;
        che  in  entrambe  le  procedure  e' prevista l'esperibilita'
dell'azione  revocatoria fallimentare, ma che questa, nella procedura
cosiddetta   «ordinaria»,   e'   consentita  «soltanto  se  e'  stata
autorizzata  l'esecuzione  di  un programma di cessione dei complessi
aziendali»  (art. 49,  comma 1,  del  d.lgs. n. 270 del 1999), e cio'
coerentemente  con  la  ratio dell'azione, che, secondo la concezione
«indennitaria»,  mira a ricostituire il patrimonio dell'imprenditore,
ovvero,   secondo   la   configurazione  «antindennitaria»,  tende  a
distribuire  le  perdite nell'ambito di una cerchia di creditori piu'
ampia  rispetto  a  quella che comprende soltanto i soggetti che sono
tali al tempo dell'apertura della procedura;
        che,  nonostante  questa  duplice  finalita', recuperatoria e
redistributiva,  non  sia  conciliabile con una procedura strumentale
alla    conservazione    dell'impresa,   la   norma   denunciata   ha
irragionevolmente  esteso a questa ipotesi l'ambito di applicabilita'
dell'azione  revocatoria fallimentare, interrompendo «immotivatamente
quel   legame   di  continuita'  [...]  tra  finalita'  concretamente
perseguita dalla procedura e strumenti alla stessa connessi»;
        che  l'ammissibilita'  dell'azione  nella fase di risanamento
dell'impresa  ha  «ampliato  il  sacrificio  dei terzi, ribaltando la
scelta  consapevolmente  operata con l'art. 49» del d.lgs. n. 270 del
1999,  in  violazione del canone di ragionevolezza, poiche' le azioni
disciplinate   dai   succitati  artt. 6  e  49  riguardano  procedure
analoghe, che coinvolgono interessi omogenei e perseguono il medesimo
obiettivo;
        che   non   vale   sostenere  la  compatibilita'  dell'azione
revocatoria  con  l'ipotesi  di  cessione  dell'attivita'  d'impresa,
realizzata  mediante un concordato, ad un soggetto terzo (l'assuntore
o una diversa societa), in quanto la norma censurata prevede in linea
generale  la proponibilita' dell'azione revocatoria anche qualora sia
stato autorizzato il programma di ristrutturazione, indipendentemente
dalla  circostanza  che  questo  sia  realizzato secondo le modalita'
ordinarie (art. 4 del decreto-legge n. 347 del 2003), ovvero mediante
un  concordato, che puo' costituire uno degli strumenti del programma
di    ristrutturazione    (art. 4-bis,    comma 1,    dello    stesso
decreto-legge);
        che,  sempre  quanto  alla  non  manifesta infondatezza della
medesima  questione,  in  riferimento all'art. 41 Cost., il giudice a
quo   osserva   che  il  risanamento  dell'impresa  attuato  mediante
l'esperimento  dell'azione  revocatoria  fallimentare  costituisce un
ingiustificato  privilegio  per  l'impresa  ammessa  alla procedura e
realizza  un  effetto  distorsivo  della  concorrenza,  in  quanto il
ricavato  dell'azione revocatoria non e' destinato al soddisfacimento
dei  creditori,  ma  costituisce una forma di finanziamento forzoso a
favore dell'impresa insolvente ed a carico dei terzi;
        che,  quanto  alla non manifesta infondatezza della questione
sub  b),  relativa  all'art. 6, comma 1-ter, del decreto-legge n. 347
del 2003, il quale fa decorrere il cosiddetto periodo sospetto «dalla
data  di  emanazione  del decreto di cui al comma 2 dell'articolo 2»,
ossia  del  decreto  ministeriale di ammissione alla procedura, e «si
applica  anche  in  tutti  i  casi  di conversione della procedura in
fallimento»,  il  Tribunale  -  rilevato  che l'art. 49, comma 2, del
d.lgs.  n. 270  del  1999  fa  decorrere  i  medesimi  termini  dalla
dichiarazione  dello  stato  di  insolvenza,  e  dunque da un momento
successivo  a  quello  indicato  dalla norma denunciata - osserva che
tale    anticipazione    sarebbe    «del   tutto   ingiustificata   e
irragionevole», si' da violare l'art. 3 Cost;
        che,  quanto  alla non manifesta infondatezza della questione
sub  c),  sollevata  in  riferimento  all'art. 42  Cost., relativa al
combinato  disposto  degli  artt. 6,  comma 1, e 4-bis, comma 10, del
decreto-legge  n. 347 del 2003, il giudice rimettente - premesso che,
in   caso   di   vittorioso   esperimento   dell'azione   revocatoria
fallimentare, il creditore soccombente, che abbia restituito la somma
percepita, diviene «titolare di un corrispondente diritto di credito,
d'ammontare  pari  a  quello  della  soccombenza»,  e  che  il citato
art. 4-bis,  comma 10,  stabilisce  che,  in caso di approvazione del
concordato,  «la  sentenza  e'  provvisoriamente  esecutiva e produce
effetti nei confronti di tutti i creditori per titolo, fatto, ragione
o  causa  anteriore  all'apertura  della procedura di amministrazione
straordinaria»  -  osserva  che  la  lettera di tale disposizione non
consente  al  creditore  convenuto, che risulti soccombente a seguito
dell'esercizio  dell'azione  revocatoria fallimentare, di far valere,
ai   sensi  dell'art. 71  della  legge  fallimentare,  nei  confronti
dell'assuntore  il  suo  credito  in  quanto  originato  da «un fatto
sicuramente posteriore all'apertura della procedura»;
        che,  nel giudizio di cui all'ordinanza n. 329 r.o. del 2006,
si  e'  costituita  Banca Popolare di Milano soc. coop. a r.l., parte
convenuta  nel  processo principale, chiedendo che le questioni siano
accolte;
        che in entrambi i giudizi dinanzi alla Corte si e', altresi',
costituita  Parmalat  s.p.a.  in  amministrazione  straordinaria,  in
persona  del  commissario  straordinario,  la  quale  ha concluso per
l'inammissibilita'   o,   in   subordine,  per  l'infondatezza  delle
questioni;
        che  e' intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri,
rappresentato  e  difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, che ha
concluso per l'inammissibilita' e, comunque, per l'infondatezza delle
questioni,  richiamando  le considerazioni gia' svolte nei precedenti
giudizi  e, in particolare, in quelli definiti con la sentenza n. 172
del  2006  di questa Corte, e deducendo l'irrilevanza delle questioni
sub b) e sub c);
        che e' intervenuta, altresi', Parmalat s.p.a., in persona del
legale   rappresentante   pro  tempore,  la  quale  ha  concluso  per
l'inammissibilita'   o,   in   subordine,  per  l'infondatezza  delle
questioni;
        che  in entrambi i giudizi Parmalat s.p.a. in amministrazione
straordinaria e Parmalat s.p.a. hanno depositato memorie illustrative
delle  rispettive  conclusioni,  riproducendo  le argomentazioni gia'
svolte nei giudizi definiti con l'ordinanza n. 456 del 2006 di questa
Corte.
    Considerato   che  il  Tribunale  ordinario  di  Parma,  con  due
ordinanze  del  20  e del 25 febbraio 2006, dubita della legittimita'
costituzionale:
        a) dell'art. 6,  comma 1, del decreto-legge 23 dicembre 2003,
n. 347  (Misure urgenti per la ristrutturazione industriale di grandi
imprese in stato di insolvenza), convertito, con modificazioni, nella
legge  18 febbraio  2004,  n. 39, come modificato dall'art. 4-ter del
decreto-legge  3 maggio  2004,  n. 119  (Disposizioni  correttive  ed
integrative   della  normativa  sulle  grandi  imprese  in  stato  di
insolvenza),  convertito,  con  modificazioni,  nella  legge 5 luglio
2004,  n. 166,  nella  parte in cui consente l'esercizio delle azioni
revocatorie  previste  dagli  artt. 49  e  91 del decreto legislativo
8 luglio   1999,   n. 270   (Nuova   disciplina  dell'amministrazione
straordinaria  delle  grandi  imprese in stato di insolvenza, a norma
dell'articolo 1  della  legge 30 luglio 1998, n. 274), in costanza di
un  programma di ristrutturazione; questione sollevata in riferimento
agli artt. 3 e 41 della Costituzione;
        b) nonche',  con  la  sola  ordinanza  del  20 febbraio  2006
(n. 329  r.o.  del  2006),  dell'art. 6,  comma 1-ter,  del  medesimo
decreto-legge   n. 347  del  2003,  aggiunto  dall'art. 4-quater  del
decreto-legge  n. 119  del  2004,  come  modificato  dalla  legge  di
conversione n. 166 del 2004, nella parte in cui dispone che i termini
stabiliti  dalle  disposizioni  della  sezione  III  del capo III del
titolo  secondo  del  regio decreto 16 marzo 1942, n. 267 (Disciplina
del   fallimento,  del  concordato  preventivo,  dell'amministrazione
controllata e della liquidazione coatta amministrativa), si computano
a  decorrere  dalla  data  di  emanazione  del  decreto di ammissione
dell'impresa  alla procedura di amministrazione straordinaria e rende
applicabile  tale  disposizione  anche in tutti i casi di conversione
della  procedura  in  fallimento;  questione sollevata in riferimento
all'art. 3 Cost;
        c) del  combinato  disposto  degli artt. 6, comma 1, e 4-bis,
comma 10,   del   medesimo   decreto-legge  n. 347  del  2003,  come,
rispettivamente,  modificato dall'art. 4-ter e sostituito dall'art. 3
del   decreto-legge  n. 119  del  2004,  modificati  dalla  legge  di
conversione  n. 166  del  2004,  nella  parte  in  cui  prevede  «una
sostanziale  espropriazione del credito» di cui all'art. 71 del regio
decreto  n. 267 del 1942 (legge fallimentare); questione sollevata in
riferimento all'art. 42 Cost.;
        che,  ponendosi  con  entrambe  le  ordinanze  di  rimessione
questioni analoghe, i relativi giudizi devono essere riuniti;
        che,  relativamente  alla  questione sollevata in riferimento
agli  artt. 3  e  41  Cost., concernente l'esperibilita' delle azioni
revocatorie   nel   corso   di   una   procedura  di  amministrazione
straordinaria  il  cui programma preveda un concordato con assuntore,
non  sono  addotte  argomentazioni,  nemmeno  negli scritti difensivi
delle  parti  private, che possano indurre questa Corte a pervenire a
conclusioni diverse da quelle di cui alla sentenza n. 172 del 2006 ed
alla successiva ordinanza n. 409 del 2006;
        che  tale  questione,  dunque,  e'  manifestamente infondata,
dovendosi  ribadire che la procedura di amministrazione straordinaria
ai  sensi  della  cosiddetta  «legge  Marzano»,  ove nel programma di
ristrutturazione  sia  inserito  un  concordato con assunzione, quale
«parte  integrante»  di  esso (art. 4-bis, comma 5, del decreto-legge
n. 347  del  2003),  al  fine  di  provvedere alla «soddisfazione dei
creditori»  (art. 4-bis, comma 1, del decreto-legge n. 347 del 2003),
si   caratterizza   come   procedura  liquidatoria,  e  non  gia'  di
risanamento,  sin  dalla  fase iniziale, posto che il complesso delle
attivita'   dell'imprenditore   insolvente  e'  destinato  ad  essere
trasferito  all'assuntore,  per  cui  e'  escluso  in  radice  che la
procedura  sia  indirizzata  a  consentire  allo  stesso  debitore di
recuperare  «la  capacita'  di  soddisfare  regolarmente  le  proprie
obbligazioni» alla scadenza del programma (artt. 70, comma 1, lettera
b, e 74, comma 1, lettera b, del d.lgs. n. 270 del 1999);
        che  la  finalita' liquidatoria della procedura giustifica il
promovimento  delle  «azioni revocatorie previste dagli articoli 49 e
91»  del  d.lgs.  n. 270 del 1999 (art. 6, comma 1, del decreto-legge
n. 347   del   2003),   in   vista   della  cessione  delle  medesime
all'assuntore   «come  patto  di  concordato»  (art. 4-bis,  comma 1,
lettera  c-bis,  del  decreto-legge n. 347 del 2003), essendo proprio
tale cessione lo strumento che consente di incrementare le risorse da
destinare  (direttamente  o  indirettamente)  al  soddisfacimento dei
creditori  concorrenti, sicche' non puo' dirsi che dette azioni siano
esercitate  a vantaggio dell'imprenditore insolvente, il quale non e'
affatto rimesso in condizione di riprendere l'attivita' economica, ma
viene  espropriato  di  tutti  i  suoi  beni,  ne' dell'assuntore del
concordato,  il  quale  e' tenuto ad attribuzioni corrispettive della
cessio bonorum a beneficio dei creditori;
        che  la finalita' liquidatoria della procedura, e, quindi, la
proponibilita'  o  meno  dell'azione revocatoria, come chiarito dalla
giurisprudenza  di  legittimita' (Cass. 10 marzo 2006, n. 5301), deve
essere   accertata   con   riferimento  al  momento  della  decisione
sull'azione   medesima,   e  non  gia'  con  riferimento  al  momento
dell'apertura della procedura;
        che,  pertanto,  conclusivamente,  deve escludersi che, nella
indicata   fattispecie,   in   cui   si  realizza  la  condizione  di
proponibilita'  delle  azioni revocatorie posta dall'art. 6, comma 1,
del  decreto-legge  n. 347  del  2003  («purche'  si  traducano in un
vantaggio per i creditori»), l'esercizio delle medesime azioni, da un
lato,  contrasti  con  le  finalita'  recuperatorie  e redistributive
proprie   di   esse  e,  dall'altro,  possa  produrre  alcun  effetto
distorsivo  della  concorrenza,  essendo  evidente  che  dette azioni
assolvono  la  medesima  funzione  per  la  quale  sono  previste nel
fallimento;
        che,  peraltro,  esula  del  tutto  dal thema decidendum ogni
valutazione  di  conformita'  costituzionale  di  ogni  altro profilo
dell'attuale   disciplina   delle   azioni   revocatorie,   quanto  a
presupposti,   condizioni   ed   effetti,   nell'ambito  del  sistema
concorsuale,  come  pure  delle disposizioni del decreto-legge n. 347
del 2003 concernenti il concordato;
        che   analoga   pronuncia   di  manifesta  infondatezza  deve
emettersi riguardo alle altre questioni sollevate in ordine al dies a
quo  del cosiddetto «periodo sospetto» ed in ordine alla «sostanziale
espropriazione»  che,  del suo credito, subirebbe il soggetto nei cui
confronti  sia  stata  vittoriosamente esperita l'azione revocatoria,
non  essendo  state prospettate argomentazioni diverse da quelle gia'
esaminate da questa Corte con l'ordinanza n. 456 del 2006;
        che,  infatti,  quanto  alla  scelta  del  legislatore di far
decorrere  il  termine  per  le  azioni  revocatorie,  a ritroso, dal
decreto  ministeriale di ammissione alla procedura in luogo che dalla
sentenza  dichiarativa dello stato di insolvenza, essa non puo' dirsi
lesiva   del  principio  di  parita'  di  trattamento  di  situazioni
analoghe,  ne'  irragionevole, dal momento che la procedura di cui al
d.lgs.  n. 270  del  1999  inizia  con la sentenza dichiarativa dello
stato  di  insolvenza,  la quale sentenza, invece, nella procedura ex
decreto-legge  n. 347  del  2003,  segue  il  decreto ministeriale di
ammissione; e' proprio tale atto a determinare «lo spossessamento del
debitore  e l'affidamento al commissario straordinario della gestione
dell'impresa   e   dell'amministrazione  dei  beni  dell'imprenditore
insolvente»  (art. 2,  comma 2,  del  decreto-legge n. 347 del 2003);
analogamente, nella liquidazione coatta amministrativa il termine per
l'esercizio  delle  azioni  revocatorie  decorre dal provvedimento di
apertura  della  procedura  (art. 203  della  legge  fallimentare) e,
pertanto,  dal  decreto  ministeriale  che ordina la liquidazione, se
questo precede la sentenza di accertamento dello stato di insolvenza;
        che,  quanto  alla pretesa «espropriazione», che subirebbe il
terzo  soccombente in revocatoria, a prescindere dalla pertinenza del
parametro  costituzionale  evocato,  appare  erroneo  il  presupposto
interpretativo   da   cui  muove  il  rimettente,  essendo  principio
giurisprudenziale incontroverso quello secondo il quale la revoca del
pagamento  elimina  l'effetto estintivo dell'adempimento e, pertanto,
non  crea  ex  novo  un  credito,  ma fa risorgere, insoddisfatto, il
credito    originario   con   il   suo   carattere   concorsuale   e,
conseguentemente,  rende  applicabile  il disposto dell'art. 71 della
legge fallimentare.
    Visti  gli  artt. 26,  secondo  comma, della legge 11 marzo 1953,
n. 87,  e  9,  comma 2, delle norme integrative per i giudizi davanti
alla Corte costituzionale.
                          Per questi motivi
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
    Riuniti i giudizi,
    Dichiara   la   manifesta   infondatezza   delle   questioni   di
legittimita'   costituzionale   dell'art. 6,  commi 1  e  1-ter,  del
decreto-legge   23 dicembre  2003,  n. 347  (Misure  urgenti  per  la
ristrutturazione   industriale   di   grandi   imprese  in  stato  di
insolvenza),  convertito,  con modificazioni, nella legge 18 febbraio
2004,  n. 39,  come,  rispettivamente,  modificato  dall'art. 4-ter e
aggiunto  dall'art. 4-quater  del decreto-legge 3 maggio 2004, n. 119
(Disposizioni  correttive ed integrative della normativa sulle grandi
imprese in stato di insolvenza), convertito, con modificazioni, nella
legge  5 luglio  2004,  n. 166,  nonche' del combinato disposto degli
artt. 6,  comma 1,  e  4-bis,  comma 10,  del  medesimo decreto-legge
n. 347  del 2003, come, rispettivamente, modificato dall'art. 4-ter e
sostituito  dall'art. 3 del decreto-legge n. 119 del 2004, modificati
dalla  legge  di conversione n. 166 del 2004, questioni sollevate, in
riferimento  agli  artt. 3, 41 e 42 della Costituzione, dal Tribunale
ordinario di Parma con le ordinanze in epigrafe.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 21 marzo 2007.
                         Il Presidente: Bile
                      Il redattore: Vaccarella
                      Il cancelliere: Fruscella
    Depositata in cancelleria il 5 aprile 2007.
                      Il cancelliere: Fruscella
07C0489