N. 293 ORDINANZA (Atto di promovimento) 26 agosto 2006

Ordinanza  emessa  il  26  agosto  2006  dal  tribunale di Torino nel
procedimento   civile  promosso  da  Puliti  Marco  ed  altro  contro
E.N.P.A.L.S.

Previdenza  e  assistenza  -  Pensioni erogate dall'Ente nazionale di
  previdenza  e assistenza per i lavoratori dello spettacolo (ENPALS)
  -  Calcolo della retribuzione giornaliera pensionabile - Esclusione
  dal computo, per la parte eccedente, delle retribuzioni giornaliere
  superiori  a  lire  315.000  -  Mancato  adeguamento all'imponibile
  massimo   giornaliero   di   lire   1.000.000  -  Ingiustificato  e
  irragionevole squilibrio tra retribuzione pensionale e retribuzione
  soggetta  a  prelievo  -  Riferimenti  alle  sent.  nn. 173/1986  e
  120/2006.
- Decreto  del Presidente della Repubblica 31 dicembre 1971, n. 1420,
  art. 12,  comma settimo, come sostituito dall'art. 1, comma 10, del
  decreto legislativo 30 aprile 1997, n. 182.
- Costituzione, art. 3.
(GU n.17 del 2-5-2007 )
                             IL GIUDICE

    Sciogliendo la riserva, pronuncia la seguente ordinanza.
    Con   ricorso  depositato  il  18  luglio  2005  Puliti  Marco  e
Martignene Guido evocavano in giudizio davanti al Tribunale di Torino
-  Sezione  Lavoro  -  l'Enpals,  Ente  Nazionale  di  Previdenza  ed
Assistenza  per  i Lavoratori dello Spettacolo, con sede in Roma, per
sentirlo  condannare a ricalcolare la loro pensione «sulla base della
retribuzione   giornaliera   effettiva   percepita   e  sottoposta  a
contribuzione  piena, rivalutata a norma di legge, ed a corrispondere
loro  le  differenze  sui  ratei  via  via  maturati,  maggiorati  di
interessi legali».
    I   medesimi  esponevano  di  essere  stati  dipendenti  a  tempo
indeterminato   del   Casino'   di   Saint   Vincent,  con  qualifica
impiegatizia  di  croupier,  rispettivamente  fino  al 31 agosto 2001
(Puliti)  e al 30 giugno 2003 (Mantignene); di essere stati collocati
in pensione rispettivamente dal 1° gennaio 2001 e dal 1° luglio 2003;
di  essere stata la loro pensione liquidata in L. 71.298.903 (Puliti)
ed  in  Euro  38.420,85  (Martignene) anziche' in L. 73.496.653 ed in
Euro 42.015,00  come  dovuto  se l'istituto avesse tenuto conto della
retribuzione  effettivamente percepita e soggetta a contribuzione; di
essersi   Enpals  attenuto  nella  liquidazione  «a  quanto  disposto
dall'art. 13  del  decreto legislativo n. 503 del 30 dicembre 1992 e,
per quanto riguarda la quota A, a quanto previsto dall'art. 12, commi
2  e 7,  del  d.P.R.  n. 1420/1971  nella  versione originaria e, per
quanto  concerne  la  quota  B, alle prescrizioni di cui all'art. 12,
comma  7,  del  d.P.R.  n. 1420/1971  nella  versione  introdotta con
l'art. 1,  comma  10, del decreto legislativo n. 182/1997»; di essere
stata    la    liquidazione    non   corretta   perche'   conseguente
all'applicazione dell'art. 12, commi 2 e 7, d.P.R. n. 1420/1971 cit.,
norma questa affetta da illegittimita' costituzionale con riferimento
all'art. 3  Cost.  sia  nel testo originario sia in quello modificato
per  effetto  dell'art. 1, comma 10, decreto legislativo n. 182/1997,
in  quanto  tale  da  determinare  una  disparita' di trattamento tra
cittadini che si trovano nella medesima condizione a seconda che essi
siano   soggetti   all'Assicurazione  Generale  Obbligatoria  gestita
dall'Inps  oppure  siano assicurati presso l'Enpals; di avere infatti
il  comma  6 dell'art. 21 della legge 11 marzo 1988, n. 67, stabilito
aliquote  di  rendimento  differenziate  per la parte di retribuzione
eccedente  il tetto massimo di retribuzione annua pensionabile e cio'
senza  alcun limite in ambito INPS mentre il comma 7 dell'art. 12 del
d.P.R.  31 dicembre  1971,  n. 1420,  escludendo  dalla  retribuzione
pensionabile  la  parte di retribuzione giornaliera superiore a di L.
315.000  (salva  la  rivalutazione  secondo  gli indici Istat per gli
esercizi  successivi  al  1° gennaio 1988), «pone una discriminatoria
limitazione  alla retribuzione pensionabile dei lavoratori assicurati
presso  l'Enpals  per  i  quali  le  aliquote  di rendimento ridotte,
disposte  dal  comma  6  del citato art. 21 legge n. 67/1988, vengono
applicate  sino alla concorrenza del contestato massimale Enpals»; di
essere  in  sostanza  «la pensione di un lavoratore assicurato presso
l'Inps   ...   determinata   sulla   base  della  retribuzione  annua
pensionabile pari alla retribuzione effettiva» mentre «la pensione di
un lavoratore assicurato presso l'Enpals viene determinata sulla base
di  una  retribuzione  annua  pensionabile  che  risulta  esclusa dal
computo   per   la  determinazione  della  pensione  nella  parte  di
retribuzione   eccedente   le   somme   individuate  come  massimali»
dall'art. 12, comma 7, d.P.R. n. 1420/1971; di sussistere inoltre una
inammissibile discrasia tra retribuzione assoggettata a contribuzione
piena,  pari  a L. 1.000.000 al giorno ai sensi dell'art. 2, comma 3,
d.P.R.  n. 1420/1971,  e  retribuzione  considerata utile ai fini del
calcolo  della  pensione, come gia' detto pari a L. 315.000 al giorno
salvo rivalutazione Istat.
    L'Enpals,  costituendosi in giudizio, ribadiva la correttezza del
proprio  operato perche' conforme alle norme vigenti. Evidenziava, in
particolare,  come nessuna «illegittimita' costituzionale puo' essere
sollevata   relativamente  all'art. 12,  settimo  comma,  del  d.P.R.
n. 1429/1971» fin quando e' esistita «una perfetta corrispondenza tra
retribuzione  pensionale  e  massimale  contributivo».  Precisava che
«soltanto  nel  1991  con  la  legge  n. 412,  art. 11,  comma 2,  il
massimale  contributivo  e'  stato aumentato a L. 1.000.000 lasciando
invariata  la  retribuzione  pensionabile»  in  lire  315.000,  oltre
adeguamenti Istat.
    In  corso  di  causa le parti ricorrenti depositavano una memoria
autorizzata  nella  quale ribadivano le proprie tesi facendo richiamo
alla  intervenuta  sentenza  20-24  marzo  2006,  n. 120, della Corte
costituzionale in argomento.

                            O s s e r v a

    Sono  note  a questo giudice le ordinanze rispettivamente dell'11
febbraio  2004  del  Tribunale  di Sanremo e del 18 febbraio 2004 del
Tribunale di Bologna ed e' nota la sentenza 20-24 marzo 2006, n. 120,
della Corte costituzionale con le ragioni a fondamento della adottata
pronuncia   di   inammissibilita'  delle  questioni  rimesse  con  le
ordinanze citate.
    Cio'   posto,   la  normativa  da  esaminare,  di  incontestabile
rilevanza   per   il   caso  di  specie  in  quanto  incidente  sulla
accoglibilita'  del  ricorso  promosso  da  Puliti Marco e Martignene
Guido  con maggiore quantificazione delle pensioni in loro godimento,
si  differenzia  fra  il  periodo  antecedente  e  quello  successivo
rispetto  alla data di entrata in vigore dell'art. 11, comma 2, della
legge  30  dicembre  1991,  n. 412,  che venne a modificare l'art. 2,
comma 2, del d.P.R. n. 1420/1971.
    Fino  a tutto il 1991 - stante la operativita' dell'art. 2, comma
3,  d.P.R.  n. 1420/1971 («Le aliquote ... si applicano integralmente
sulla  retribuzione giornaliera non eccedente il limite massimo di L.
315.000,   corrispondenti  alla  penultima  classe  della  tabella  F
allegata  al  d.P.R.  27  aprile  1968,  n. 488, maggiorata del 5 per
cento,  mentre  sulla eventuale eccedenza di retribuzione giornaliera
si  applica  un  contributo  di  solidarieta'  nella misura del 3 per
cento»)  e dell'art. 12, comma 7, stesso d.P.R. («Al fine del calcolo
della  retribuzione  giornaliera  pensionabile  non  si  prendono  in
considerazione,  per  la  parte eccedente le retribuzioni giornaliere
superiori  alla  penultima classe della tabella F, allegata al d.P.R.
27  aprile  1968,  n. 488,  aumentata  del  5  per cento») nelle loro
originarie  formulazioni  -  vi  era  coincidenza fra la retribuzione
pensionabile  e  la  retribuzione  soggetta  a prelievo contributivo,
questo  ultimo  per  la  parte non espressamente indicata come avente
esclusiva funzione solidaristica.
    Attesa   siffatta   situazione,   ben  evidenziata  dalla  difesa
dell'istituto nella sua comparsa di costituzione, nessuna mancanza di
ragionevolezza nel sistema e' consentito evidenziare. Potrebbe essere
ravvisata  solo una assenza di identita' fra il sistema pensionistico
Inps e quello Enpals.
    Questo  giudice  pero'  non  ritiene  corretto collegare a questa
situazione  alcuna disparita', censurabile ai sensi dell'art. 3 delle
Costituzione, dovendosi riconoscere come l'Enpals sia stato istituito
con  decreto  del  Capo  Provvisorio  dello Stato del 13 luglio 1947,
n. 708,  quale ente sostitutivo dell'Inps nell'interesse di categorie
di  lavoratori  con  caratteristiche  peculiari attraverso un sistema
ampiamente  diverso, e per certe situazioni piu' favorevole, rispetto
a quello operante per i lavoratori assicurati Inps.
    La  presenza di una generalizzata diversita' nei sistemi Enpals e
Inps  (cosi'  come  in  altri  sistemi) non consente di apprezzare in
termini di diseguaglianza la sussistenza in ambito Enpals di un certo
tetto  omogeneo  tanto  retributivo  quanto contributivo, tetto che i
ricorrenti denunciano come inesistente in ambito Inps.
    Trattandosi di sistemi rispondenti ad esigenze diverse, la scelta
legislativa  che  porto'  alla  previsione dei massimali non puo' che
essere intesa come espressione della libera decisione di disciplinare
in modo differente situazioni differenti e differenti proprio per una
pluralita'  di  ragioni  di  fondo  che  portarono nel lontano 1947 a
prevedere la nascita di un sistema previdenziale sostitutivo rispetto
a quello operante per la generalita' dei lavoratori.
    Diversa  e'  la  situazione  che  si  rinviene a far tempo dal 1°
gennaio 1992.
    Per  effetto  di  quanto disposto dall'art. 11, comma 2, legge 30
dicembre   1991,   n. 412,   l'originario  art. 2,  comma  3,  d.P.R.
n. 1420/1971  venne  modificato  e  sostituito  da una previsione del
seguente  tenore:  «Le  aliquote di cui al secondo comma si applicano
integralmente  sulla retribuzione giornaliera non eccedente il limite
massimo  di  L. 1.000.000, mentre sull'eventuale eccedenza si applica
un contributo di solidarieta' nella misura del 5 per cento, di cui il
2,50% a carico del datore di lavoro».
    Appare all'evidenza come la modifica legislativa abbia introdotto
una  sperequazione  rispetto  alla pregressa parita' tra retribuzione
pensionabile e retribuzione assoggettata a prelievo.
    La  prima  e'  rimasta  di  entita' pari a 315.000 lire al giorno
mentre  la  seconda  e'  stata  portata  da  315.000 lire al giorno a
1.000.000  di  lire  al  giorno.  Il  tutto  con la conseguenza che i
lavoratori  dello  spettacolo si trovano a dovere versare contribuiti
all'Enpals  privi,  a  livello  individuale,  di riflesso sul computo
della  futura  pensione,  fermo  restando  l'ulteriore  contributo di
solidarieta' peraltro aumentato.
    E  la  cosa  e'  divenuta  ancora  piu'  agevolmente  percepibile
allorquando   per   effetto   dell'art. 1,   comma  10,  del  decreto
legislativo 30 aprile 1997, n. 182, l'originario comma 7 dell'art. 12
del d.P.R. n. 1420/1971 abbandono' il richiamo alla «penultima classe
della  tabella F allegata al d.P.R. 27 aprile 1968, n. 488, aumentata
del  5  per  cento»,  previsione dal significato comunque gia' chiaro
alla  luce  della  specificazione di cui al comma 3 dell'art. 2 dello
stesso  d.P.R. n. 1420 sopra riportato, dicendo expressis verbis: «Ai
fini  del  calcolo della retribuzione giornaliera pensionabile non si
prendono  in  considerazione, per la parte eccedente, le retribuzioni
giornaliere  superiori  al  limite  di L. 315.000. A decorrere dal 1°
gennaio  1998 il predetto limite e' rivalutato annualmente sulla base
dell'indice  dei  prezzi  al  consumo  per  le  famiglie  di operai e
impiegati, cosi' come calcolato dall'Istat».
    Orbene,  secondo  questo  giudice la situazione venutasi a creare
con  le  elevazione  a  L.  1.000.000  della retribuzione giornaliera
assoggettabile  a contribuzione e' priva di apparente ragionevolezza,
non  seriamente  giustificandosi  con  l'agevole richiamo a finalita'
mutualistiche, tra l'altro gia' sussistendo l'esplicita previsione di
un non irrilevante prelievo a titolo di contributo di solidarieta'.
    La  presenza  di  un  equilibrio  fra retribuzione pensionabile e
retribuzione soggetta a prelievo costituisce principio tendenziale di
ogni sistema assicurativo-previdenziale, come tale riconosciuto dalla
Corte   costituzionale   nella   sentenza   n. 173/1986,   in  quanto
espressione   di  principi  desumibili  dagli  artt. 36  e  38  della
Costituzione.
    La  differenza  fra  L. 315.000 e L. 1.000.000 introdotta ex novo
con  la  legge  n. 412/1991  sembra  scelta  normativa  difficilmente
giustificabile  anche  per  avere  inciso  in  maniera  immotivata ed
estremamente pesante su una parita' che in passato costitutiva regola
di   base.   Appare  quindi  come  non  manifestamente  infondata  la
sussistenza   di   un   possibile   contrasto  fra  la  nuova  scelta
legislativa,   che   non  modifico'  adeguatamente  il  limite  della
retribuzione  pensionabile  mantenuto  in  L. 315.000 al giorno, ed i
principi  di  uguaglianza e ragionevolezza sanciti dall'art. 3, primo
comma, Cost.
    E' vero che l'art. 5, decreto legislativo 18 gennaio 1993, n. 11,
convertito  in legge 19 marzo 1993, n. 70, ha interpretato il comma 6
dell'art. 21  della legge 11 marzo 1988, n. 67, nel senso di ritenere
applicabile  la  relativa  previsione anche all'assicurazione gestita
dall'Enpals,  ma  la  estensione  non  sembra  possa  aver portato ad
eliminare la irragionevole discrasia di cui si e' detto.
    L'art. 21,  comma 6, legge 11 marzo 1998, n. 67, dice infatti: «A
decorrere  dal  1°  gennaio  1988  ai fini della determinazione della
misura   delle   pensioni   a   carico   dell'assicurazione  generale
obbligatoria  per  l'invalidita',  la  vecchiaia  ed i superstiti dei
lavoratori dipendenti, la retribuzione imponibile eccedente il limite
massimo    di    retribuzione   annua   pensionabile   previsto   per
l'assicurazione predetta e' computata secondo le aliquote di cui alla
allegata  tabella. La quota di pensione cosi' calcolata si somma alla
pensione  determinata in base al limite massimo suddetto e diviene, a
tutti gli effetti, parte integrante di essa».
    Pertanto,  se pure la retribuzione imponibile eccedente il limite
massimo  di  retribuzione  pensionabile  diviene  utile  ai  fini del
trattamento  da erogare, contribuendo essa alla determinazione di una
quota  aggiuntiva  sebbene con una valenza ridotta, rimane pur sempre
un evidente, elevatissimo squilibrio fra l'importo di L. 315.000 come
tetto base di retribuzione pensionabile e quello di L. 1.000.000 come
di imponibile normale massimo giornaliero.
    Va  ancora evidenziato come per effetto degli adeguamenti annuali
dal  1° gennaio 1998 su entrambe le somme sopra indicate, adeguamenti
introdotti dall'art. 1 del decreto legislativo n. 182/1997, commi 9 e
10   (quest'ultimo   modificativo   dell'art. 12,   comma  7,  d.P.R.
n. 1420/1971),  il  divario  denunciato,  ad oggi gia' aumentato, sia
destinato ad aumentare sempre di piu' con il passare del tempo.
                              P. Q. M.
    Visto l'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87;
    Dichiara   rilevante   e   non   manifestamente   infondata,  con
riferimento   all'art. 3   della   Costituzione,   la   questione  di
legittimita'  costituzionale  dell'art. 12, settimo comma, del d.P.R.
31 dicembre 1971, n. 1420, nella formulazione introdotta dall'art. 1,
decimo  comma,  del  decreto  legislativo 30 aprile 1997, n. 182, per
cio'  che  concerne  la  mancanza  di  adeguamento a L. 1.000.000 del
limite di L. 315.000 di retribuzione giornaliera pensionabile.
    Dispone  che la presente ordinanza venga comunicata ai Presidenti
dei due rami del Parlamento e venga notificata alle parti in causa ed
al Presidente dei ministri.
    Dispone  infine  la  sospensione  del  giudizio e la trasmissione
degli atti alla Corte costituzionale.
        Torino, addi' 23 agosto 2006
                         Il giudice: Denaro
07C0542