N. 143 ORDINANZA 18 - 27 aprile 2007

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.

Straniero  e  apolide - Permesso di soggiorno - Rinnovo - Condanna, a
  seguito di patteggiamento, per determinati reati - Causa ostativa -
  Mancata  previsione  della subordinazione del divieto di rinnovo al
  previo  accertamento  della  pericolosita'  sociale  del soggetto -
  Sopravvenuto  mutamento  del  quadro  normativo  - Necessita' di un
  nuovo  esame  sulla  rilevanza  e  sulla non manifesta infondatezza
  della questione - Restituzione degli atti al giudice a quo.
- D.Lgs.  25 luglio  1998,  n. 286,  artt. 4,  comma 3,  e 5, comma 5
  (combinato  disposto),  come modificato dalla legge 30 luglio 2002,
  n. 189.
- Costituzione, artt. 2, 3, 11, 13, 24, 27, 29, 30, 35, 36, 41 e 117,
  primo comma.
(GU n.17 del 2-5-2007 )
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
  Presidente: Franco BILE;
  Giudici:  Giovanni  Maria FLICK, Francesco AMIRANTE, Ugo DE SIERVO,
Romano   VACCARELLA,  Paolo  MADDALENA,  Alfio  FINOCCHIARO,  Alfonso
QUARANTA,  Franco  GALLO,  Luigi  MAZZELLA, Gaetano SILVESTRI, Sabino
CASSESE, Giuseppe TESAURO, Paolo Maria NAPOLITANO;
ha pronunciato la seguente

                              Ordinanza

nel  giudizio  di  legittimita' costituzionale del combinato disposto
dell'art. 4, comma 3, e dell'art. 5, comma 5, del decreto legislativo
25 luglio 1998, n. 286 (Testo unico delle disposizioni concernenti la
disciplina   dell'immigrazione   e   norme   sulla  condizione  dello
straniero),  nel  testo  risultante  a seguito delle modifiche di cui
alla   legge   30 luglio   2002,   n. 189,   promosso  dal  Tribunale
amministrativo   regionale   della  Lombardia,  sezione  staccata  di
Brescia,  sul  ricorso  proposto  da  A.  E.  L.  contro il Ministero
dell'interno,  con ordinanza del 21 febbraio 2006, iscritta al n. 214
del  registro  ordinanze  2006  e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale
della Repubblica n. 28, 1ª serie speciale, dell'anno 2006.
    Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del Consiglio dei
ministri;
    Udito  nella  Camera  di  consiglio  del  7 marzo 2007 il giudice
relatore Francesco Amirante.
    Ritenuto  che,  nel  corso  di  un  giudizio  avente  ad  oggetto
l'annullamento  di  un  provvedimento del Questore di Mantova dell'11
gennaio 2005, con il quale e' stato rifiutato il rinnovo del permesso
di  soggiorno ad un cittadino marocchino regolarmente soggiornante in
Italia  con  la  famiglia  di  origine  dal maggio 1992, il Tribunale
amministrativo   regionale   della  Lombardia,  sezione  staccata  di
Brescia,  ha  sollevato,  in riferimento agli artt. 2, 3, 11, 13, 24,
27,  29,  30,  35,  36,  41  e  117, primo comma, della Costituzione,
questione  di  legittimita'  costituzionale  del  combinato  disposto
dell'art. 4, comma 3, e dell'art. 5, comma 5, del decreto legislativo
25 luglio 1998, n. 286 (Testo unico delle disposizioni concernenti la
disciplina   dell'immigrazione   e   norme   sulla  condizione  dello
straniero),  nel  testo  risultante  a seguito delle modifiche di cui
alla legge 30 luglio 2002, n. 189;
        che   -   riferisce  il  remittente  -  il  ricorrente  aveva
presentato  domanda  per  il  rinnovo  del permesso di soggiorno e il
Questore di Mantova, con il provvedimento impugnato, l'aveva respinta
in  quanto  a  carico  dell'istante  risultava  una  condanna  penale
irrogata,   con   sentenza  del  29  settembre  2004,  a  seguito  di
patteggiamento  e  con  sospensione  condizionale  della pena, per il
reato in materia di stupefacenti di cui agli artt. 81, secondo comma,
del codice penale e 73, comma 4, del d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309;
        che  l'amministrazione  resistente  ha chiesto il rigetto del
ricorso,  depositando una relazione della Questura nella quale veniva
riportato  il giudizio, espresso dai Carabinieri, di «scarsa condotta
morale  e  civile» del ricorrente in considerazione di due precedenti
condanne  subite:  la  prima,  per  i  reati di resistenza a pubblico
ufficiale,  lesione  personale  continuata  e  rifiuto di indicazioni
sulla  propria  identita'  personale,  e, la seconda, per il reato di
guida in stato di ebbrezza;
        che  dopo la sospensione, in via cautelare, del provvedimento
impugnato  e  il  successivo annullamento della relativa ordinanza da
parte   del   Consiglio   di  Stato,  la  Questura  di  Mantova,  con
provvedimento  del  27  ottobre  2005,  ha  revocato  il  permesso di
soggiorno    provvisorio   rilasciato   al   ricorrente   a   seguito
dell'ordinanza di sospensiva;
        che,   consegnentemente,  con  motivi  aggiunti,  anche  tale
provvedimento  e' stato impugnato e, con successivo decreto, e' stata
accolta,  in  via  provvisoria,  la  relativa  istanza incidentale di
sospensione;
        che,  con ulteriore provvedimento, e' stato, poi, rinviato al
merito l'esame della domanda cautelare;
        che il Tribunale amministrativo regionale remittente richiama
il   contenuto   delle   disposizioni   censurate  sottolineando,  in
particolare, come, in base all'art. 4, comma 3, del d.lgs. n. 286 del
1998,  non  e'  ammesso  in  Italia  lo straniero condannato, anche a
segnito  di  patteggiamento della pena, per una serie di reati, fra i
quali quelli inerenti agli stupefacenti, e come il successivo art. 5,
comma  5,  dispone  che  il  permesso  di  soggiorno o il suo rinnovo
vengono  rifiutati quando mancano o vengono a mancare i requisiti per
l'ingresso  in  Italia,  con  la  consegnenza che, in presenza di una
condanna  per  uno  dei  reati  di  cui al citato art. 4, comma 3, il
diniego  di  rinnovo  del  permesso  di  soggiorno  (o la sua revoca)
rappresenta   un   epilogo   automatico,   non   essendo   consentita
all'autorita'  amministrativa  alcuna  concorrente  valutazione della
pericolosita' sociale in concreto dello straniero;
        che,  in  applicazione  di  tale  normativa  -  il cui tenore
letterale   non   consente,   ad   avviso   del   remittente,  alcuna
interpretazione  adeguatrice  -  nel  caso di specie il provvedimento
impugnato  e'  stato  emanato  in  via  automatica, nell'esercizio di
un'attivita'     vincolata    della    Questura,    in    conseguenza
dell'intervenuta  condanna  con  pena patteggiata, senza alcun vaglio
della   pericolosita'   sociale   del   ricorrente   e  senza  alcuna
possibilita'  di dare rilievo a quegli elementi che hanno determinato
la concessione della sospensione condizionale della pena;
        che  da  tanto deriva, secondo il giudice a quo, la rilevanza
della   questione,  in  quanto  solo  l'accoglimento  della  medesima
potrebbe comportare l'accoglimento del ricorso;
        che,  quanto alla non manifesta infondatezza della questione,
il   Tribunale  amministrativo  regionale  remittente  sottolinea  il
contrasto  tra gli invocati parametri e le due suddette disposizioni,
applicate  in  combinato  disposto,  nella  parte in cui pongono come
«automatico,  inderogabile  ed  assoluto elemento ostativo al rinnovo
del  permesso  di  soggiorno  [...]  un'unica  isolata  condanna  per
determinati  reati,  anche  di  lieve o lievissima entita'; senza che
possa  assumere  alcun  rilievo  l'esame dell'eventuale pericolosita'
sociale    dell'istante,    compiuto   in   concreto   dall'autorita'
amministrativa»;
        che,  in  primo  luogo,  la  normativa  in oggetto violerebbe
l'art. 3  Cost.,  inteso  come principio di ragionevolezza e coerenza
interna  della  legge, nonche' i diritti fondamentali dello straniero
regolarmente  soggiornante in Italia, in quanto, pur essendo pacifico
che  la  disciplina della permanenza degli stranieri e' affidata alla
discrezionalita'  del  legislatore, tale discrezionalita' incontra il
limite  della ragionevolezza da ritenere, nel caso in esame, superato
a  causa  dell'assoggettamento  al  medesimo  trattamento  sia  dello
straniero  che  per la prima volta chieda di fare ingresso in Italia,
sia  di  quello  che, soggiornandovi gia' da lungo tempo, e', quindi,
stabilmente  radicato  nel  territorio  nazionale  ed  ha maturato la
ragionevole aspettativa di fermarvisi;
        che,  sotto  tale profilo, viene altresi' in considerazione -
anche  in riferimento all'art. 117, primo comma, Cost. - la direttiva
n. 2003/109/CE  del  Consiglio,  del  25 novembre 2003, relativa allo
status  dei cittadini di Paesi terzi soggiornanti di lungo periodo e,
in  particolare,  il  suo  ottavo  «considerando» (ove si precisa che
nella  nozione  di  ordine  pubblico  puo'  rientrare  anche una sola
condanna   penale,  ma  si  specifica  che  tale  provvedimento  deve
riferirsi  ad  un  reato  grave),  nonche'  gli  artt. 6  e 12 ove si
prevedono,  rispettivamente,  il diniego dello status di soggiornante
di  lungo  periodo  e  l'allontanamento  del  titolare di tale status
derivanti  da  ragioni di ordine pubblico o sicurezza pubblica, ma si
richiede  espressamente  che vengano prese in considerazione anche la
durata del soggiorno e i legami instaurati con il Paese di soggiorno;
        che   dall'insieme  delle  disposizioni  della  direttiva  e'
possibile  ricavare  secondo  il  giudice  a quo, un nucleo minimo di
diritti  dello  straniero  regolarmente soggiornante in uno dei Paesi
dell'Unione  europea,  riconducibile  all'obbligo  di dare rilievo al
pregresso  soggiorno  regolare  di  lungo periodo, come indice di una
rafforzata aspettativa alla permanenza nello Stato di soggiorno;
        che,  per  il  Tribunale amministrativo regionale remittente,
analoghi parametri di riferimento si rinvengono nelle Convenzioni OIL
n. 97  del  1949 e n. 143 del 1975, nonche' nella Convenzione europea
per   la   salvaguardia   dei  diritti  dell'uomo  e  delle  liberta'
fondamentali;
        che   tali   principi  trovano  corrispondenza  nella  nostra
Costituzione   negli   artt. 2  (che  tutela  i  diritti  inviolabili
dell'uomo   come   singolo  e  nelle  formazioni  sociali),  13  (che
garantisce la liberta' personale, che potrebbe essere arbitrariamente
incisa   dall'espulsione  aniministrativa),  24  (secondo  cui  tutti
possono  agire  in  giudizio  per  la  tutela  dei  propri diritti ed
interessi  legittimi), 27 (alla cui stregua la pena deve tendere alla
rieducazione  del  condannato),  29  (che  tutela  la  famiglia  come
societa'  naturale fondata sul matrimonio), 30 (secondo cui e' dovere
e  diritto  dei  genitori mantenere, istruire ed educare i figli), 35
(che  fa  obbligo  alla Repubblica di garantire il lavoro in tutte le
sue  forme ed applicazioni), 36 (secondo cui il lavoratore ha diritto
ad  una  retribuzione  proporzionata  alla  quantita'  e qualita' del
lavoro  prestato)  e 41 (avuto riguardo alla lesione alla liberta' di
iniziativa    economica    dell'imprenditore,   che   deve   privarsi
dell'apporto collaborativo dello straniero);
        che  la  lesione dei suddetti principi appare, al remittente,
indubitabile, ove si consideri che il mancato rinnovo del permesso di
soggiorno  ha molteplici e «devastanti» effetti per l'interessato, in
quanto  questo  viene  a  trovarsi nell'impossibilita' di svolgere un
lavoro  regolare  essendo,  di fatto, condannato ad una condizione di
clandestinita'  e, con l'espulsione amministrativa, subisce la cesura
di  ogni  legame  con la comunita' nella quale si e' inserito - nella
specie  con  la  famiglia  -  il tutto senza alcuna considerazione in
merito  all'eventuale  assenza  di persistenti legami con il Paese di
origine;
        che  l'irragionevolezza  della  previsione risulterebbe anche
dalla parificazione - una volta che sia stato commesso un certo reato
-  tra  straniero  socialmente pericoloso e straniero non socialmente
pericoloso, tanto piu' che la condanna per un solo reato non puo', da
sola,  essere  considerata  sintomo di pericolosita' sociale, secondo
quanto affermato anche da questa Corte (v. sentenza n. 140 del 1982);
        che,  infine,  secondo il remittente, un ulteriore profilo di
irragionevolezza  e  contrarieta'  con l'art. 3 Cost. della normativa
censurata   e'   rappresentato   dal   collegamento   automatico  tra
l'impossibilita'  di  ottenere il rinnovo del permesso di soggiorno e
l'espulsione  amministrativa,  cosi'  pervenendosi  ad  un  risultato
uguale  a  quello censurato da questa Corte con la sentenza n. 58 del
1995, dichiarativa dell'illegittimita' costituzionale della norma che
obbliga   il   giudice  penale,  in  caso  di  reati  in  materia  di
stupefacenti,  a pronunciare, contestualmente alla condanna, l'ordine
di espulsione dello straniero;
        che,  infatti, pur essendo diversi i due procedimenti - l'uno
di  carattere amministrativo e l'altro di carattere giurisdizionale -
l'epilogo  risulta il medesimo, cioe' l'allontanamento automatico dal
territorio  dello  Stato,  con  consegnente  impossibilita' di godere
delle   liberta'   e   di   esercitare  i  diritti  riconosciuti  sia
dall'art. 13, sia dagli artt. 2, 4, 16 e 29 della Costituzione;
        che  e'  intervenuto  in giudizio il Presidente del Consiglio
dei  ministri,  rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello
Stato,   concludendo   per  la  declaratoria  di  infondatezza  della
questione.
    Considerato  che  il  Tribunale  amministrativo per la Lombardia,
sezione  staccata di Brescia, dubita, in riferimento agli articoli 2,
3,  11,  13,  24,  27,  29,  30, 35, 36, 41 e 117, primo comma, della
Costituzione,   della   legittimita'   costituzionale  del  combinato
disposto   degli  artt. 4,  comma  3,  e  5,  comma  5,  del  decreto
legislativo  25  luglio  1998, n. 286 (Testo unico delle disposizioni
concernenti  la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione
dello  straniero),  nel  testo  previgente  il  decreto legislativo 8
gennaio 2007, n. 5;
        che  la questione e' stata sollevata in un giudizio avente ad
oggetto  l'impugnazione  del provvedimento del Questore di Mantova di
rifiuto  del  rinnovo  del  permesso  di  soggiorno  ad  un cittadino
marocchino (regolarmente soggiornante in Italia con tutta la famiglia
di  origine  dal  maggio  1992  e  titolare di un proprio permesso di
soggiorno  dal marzo 1994), per aver questi riportato condanna, il 29
settembre  2004 - con pena patteggiata e con sospensione condizionale
della  medesima  -  a  un  anno  e  otto mesi di reclusione e ad euro
3.445,00  di multa, per il reato di cessione in vendita continuata di
sostanza stupefacente (hashish);
        che   il   remittente  premette  che  la  formulazione  delle
denunciate  disposizioni e' tale da non consentire alcuna valutazione
della  concreta  situazione  con riguardo all'effettiva pericolosita'
della  persona  richiedente  il  rinnovo del permesso di soggiorno, e
sostiene l'irragionevolezza dell'automatismo stabilito tra condanna e
diniego del rinnovo stesso;
        che,   piu'   in  particolare,  il  Tribunale  amministrativo
regionale  della  Lombardia censura, anzitutto, l'equiparazione fatta
dalla  legge  tra ammissione al primo ingresso e rinnovo del permesso
di  soggiorno,  senza  tenere  conto della durata della permanenza in
Italia   dello  straniero,  e  cio'  in  violazione  della  direttiva
2003/109/CE del Consiglio, del 25 novembre 2003, relativa allo status
di cittadini dei Paesi terzi soggiornanti di lungo periodo;
        che,   a   parere  del  giudice  a  quo,  anche  senza  voler
«approfondire  il  problema»  delle  conseguenze,  sulla legittimita'
costituzionale   delle   disposizioni   della  legge  nazionale,  del
contrasto  tra queste e le norme comunitarie, ai sensi dell'art. 117,
primo  comma,  Cost.,  tuttavia da queste ultime possono trarsi utili
criteri  per  valutare la soglia anche minima di ragionevolezza della
legge nazionale;
        che,  secondo  il  remittente,  il  giudizio di pericolosita'
puo', in ipotesi, fondarsi anche su una sola condanna penale, ma esso
deve  essere dato in concreto con riguardo alle specifiche condizioni
della  persona,  e  tenendo  anche  in  considerazione la valutazione
operata  dal  giudice  nel  concedere  il beneficio della sospensione
condizionale della pena;
        che,  sempre  ad  avviso  del  remittente, l'irragionevolezza
delle  disposizioni censurate sarebbe grave, in quanto il diniego del
rinnovo  del  permesso di soggiorno si riflette sulla possibilita' di
lavorare    e,   quindi,   sull'effettivo   godimento   dei   diritti
fondamentali, garantito dai parametri costituzionali invocati;
        che  appare  opportuno  precisare  anzitutto che, nel caso in
esame, la questione e' posta con specifico riferimento al diniego del
rinnovo  del  permesso  di  soggiorno  e  non,  come in altri casi in
passato  sottoposti all'esame di questa Corte, con esclusivo riguardo
al  conseguente  provvedimento  di  espulsione,  di  per se' estraneo
all'oggetto  del  giudizio  amministrativo (ordinanze n. 9 del 2005 e
n. 431 del 2006);
        che,  in  secondo  luogo,  si deve rilevare come la questione
sollevata  attualmente  dal  Tribunale amministrativo regionale della
Lombardia  attenga  all'efficacia  ostativa  di una condanna con pena
patteggiata  successiva  alla  modifica  del  d.lgs  n. 286  del 1998
introdotta  dalla  legge  n. 189  del 2002, che siffatta efficacia ha
previsto, sicche', anche sotto tale profilo, la questione si presenta
diversa  rispetto  a quella oggetto di altre pronunce di questa Corte
(sentenza n. 414 del 2006);
        che,   in   ordine   all'interpretazione  delle  disposizioni
censurate,  alcune pronunce di giudici amministrativi hanno escluso -
facendo  riferimento  principalmente  all'ultima  parte  dell'art. 5,
comma 5, nel testo vigente all'epoca dell'emissione dell'ordinanza di
rimessione  -  il criticato automatismo tra condanna penale e diniego
del rinnovo del permesso di soggiorno;
        che,  comunque,  successivamente all'emissione dell'ordinanza
di  rimessione,  con  il decreto legislativo 8 gennaio 2007, n. 3, e'
stata  data  attuazione alla direttiva 2003/109/CE del Consiglio, del
25  novembre  2003, relativa allo status dei cittadini di Paesi terzi
soggiornanti  di  lungo  periodo  ed,  inoltre,  con il coevo decreto
legislativo  n. 5  del  2007  e'  stata  data  attuazione  anche alla
direttiva 2003/1986/CE del Consiglio, del 22 settembre 2003, relativa
al   ricongiungimento  familiare  (del  pari,  gia'  da  lungo  tempo
approvata al momento dell'emissione dell'ordinanza di rimessione);
        che  per  effetto,  in particolare, di tale ultimo decreto e'
stato, fra l'altro, aggiunto un periodo finale al comma 5 dell'art. 5
in  questione, ove si afferma che per il rifiuto del rilascio, ovvero
per  la revoca o il diniego di rinnovo del permesso di soggiorno, nel
caso di straniero che abbia esercitato il diritto al ricongiungimento
familiare  o  di  familiare  ricongiunto, «si tiene conto anche della
natura  e  dell'effettivita'  dei vincoli familiari dell'interessato,
dell'esistenza di legami familiari e sociali con il Paese di origine,
nonche',  per  lo  straniero  gia' presente sul territorio nazionale,
anche  della  durata del soggiorno nel medesimo territorio nazionale»
(e  analoga  modifica  e'  stata  apportata, per quel che riguarda il
provvedimento  di espulsione, all'art. 13 del d.lgs. n. 286 del 1998,
con l'inserimento del comma 2-bis);
        che,  di conseguenza, appare opportuno restituire gli atti al
Tribunale  amministrativo  regionale  remittente affinche', alla luce
delle suddette innovazioni legislative, esprima una nuova valutazione
in  merito  alla  rilevanza  e  alla non manifesta infondatezza della
questione, tanto piu' che, nella giurisprudenza amministrativa, si va
affermando  un  indirizzo  in  base  al  quale,  pur  non  essendo da
misconoscere   il   modello   impugnatorio  dei  giudizi  concernenti
l'asserita  illegittimita'  dei provvedimenti di diniego del permesso
di  soggiorno  o del relativo rinnovo, si ritiene che il loro oggetto
«non   sia   solo  l'atto  impugnato,  ma  si  estenda  alla  pretesa
sostanziale  posta a base della impugnazione» (si veda, per tutte, la
decisione del Consiglio di Stato 7 giugno 2006, n. 3412).
                          Per questi motivi
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
    Ordina  la  restituzione  degli  atti al Tribunale amministrativo
regionale della Lombardia, sezione staccata di Brescia.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 18 aprile 2007.
                         Il Presidente: Bile
                       Il redattore: Amirante
                       Il cancelliere: Melatti
    Depositata in cancelleria il 27 aprile 2007.
                       Il cancelliere: Melatti
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