N. 341 ORDINANZA (Atto di promovimento) 7 novembre 2006

Ordinanza  emessa  il  7  novembre  2006  dal G.I.P. del Tribunale di
Novara nel procedimento penale a carico di Rizza Paolo Gaetano

Reati  e  pene  -  Circostanze  del  reato  - Concorso di circostanze
  aggravanti  e  attenuanti - Divieto di prevalenza delle circostanze
  attenuanti  sulle  circostanze  inerenti alla persona del colpevole
  nel  caso  previsto dall'art. 99, quarto comma, cod. pen. (recidiva
  reiterata) - Lesione del principio della funzione rieducativa della
  pena.
- Codice  penale,  art. 69, comma quarto, come modificato dall'art. 3
  della legge 5 dicembre 2005, n. 251.
- Costituzione, art. 27, comma terzo.
(GU n.20 del 23-5-2007 )
                            IL TRIBUNALE

    Ha  emesso  la seguente ordinanza ex art. 23, legge dell'11 marzo
1953, n. 87.
    Visti   gli  atti  del  procedimento  penale  soprarubricato  nei
confronti  di  Rizza  Paolo  Gaetano per il reato ex artt. 99, quarto
comma  c.p.  e 73, comma 1-bis lett. a) d.P.R. n. 309/1990 in Trecate
il 17 gennaio 2006.

                    O s s e r v a  i n  f a t t o
    In  data  17  gennaio  2006  Rizza Paolo Gaetano veniva tratto in
arresto  per il reato di detenzione illecita di sostanze stupefacenti
del tipo cocaina ed hashish.
    Il  provvedimento  restrittivo  scaturiva  dall'esecuzione  di un
decreto  di  perquisizione  locale  e  personale disposto dal p.m. di
Novara nei confronti dell'odierno imputato, a seguito di segnalazioni
del  comune  di  Magenta relative alla situazione della figlia minore
dell'odierno   imputato  (Rizza  Priscilla)  ed  alle  preoccupazioni
manifestate  dalle  assistenti  sociali  e  dalla madre della ragazza
circa  il  presunto  consumo  di  sostanze  stupefacenti  all'interno
dell'abitazione dei Rizza.
    Le  perquisizioni  effettuate durante la mattinata del 17 gennaio
2006 davano esito positivo portando al rinvenimento e sequestro di un
bustina  di plastica di cm 6x9, contenente al suo interno due bustine
contenenti  gr. 5,00  e 0,9 di cocaina; una bustina di plastica di cm
6x9  contenente  marijuana  del  peso  di  gr.  2,8;  un sacchetto In
plastica  avente  all'interno  due  sacchetti  contenenti gr. 94,00 e
60,50  di  marijuana;  un  mozzicone  di  «spinello»  rinvenuto in un
posacenere, ed infine un contenitore in plastica sigillato contenente
100  bustine  di  cm 6x9, tre bustine sfuse vuote dello stesso tipo e
misura,  un  rocchetto  di  nastro  isolante  di  colore  nero  quasi
esaurito.
    L'esito  positivo  del  narcotest  per  entrambe  le  qualita' di
stupefacente rinvenuto portava all'arresto del Rizza per il fiagrante
reato  di  detenzione  ai  fini  di  spaccio  per  come  declinato in
imputazione.
    Nel   medesimo  contesto  venivano  assunte  anche  le  spontanee
dichiarazioni   dei   figli   dell'imputato  (Rizza  Rosita  e  Rizza
Beniamino):  la  prima  riferiva  di abitare con il padre da circa un
mese  e  di  aver  rinvenuto  la  droga  solo il giorno dell'arresto,
precisando  di  fare uso di marijuana ogni tanto. Il secondo riferiva
di abitare con il padre da circa un anno e di fare saltuariamente uso
di  «canne»  consumata  in compagnia di conoscenti ed amici e di aver
visto «l'erba» del padre solo il giorno dell'arresto.
    In  sede  di  interrogatorio di convalida Rizza negava totalmente
gli  addebiti  asserendo  il  consumo  personale  dello  stupefacente
rinvenuto,  giustificando l'assunzione di cocaina per lenire i dolori
derivanti  da  un  grave  infortunio occorsogli circa 7 mesi addietro
(con  frattura  del  bacino  e  dei polsi), insieme a 6/7 spinelli di
marijuana.   sempre   per   la   stessa   ragione  medicamentosa.  Il
provvedimento  restrittivo  veniva convalidato ed applicata la misura
cautelare  dell'obbligo  di  dimora  con  divieto  di  allontanamento
notturno,  sulla  ritenuta  non credibilita' delle dichiarazioni rese
dall'interessato.
    Acquisiti  gli  esiti  delle  analisi chimico tossicologiche (che
hanno indicato un principio attivo medio pari al 45% per la cocaina e
che oscilla dal 12,5 al 13,4 % per la marijuana) e sulla base di tale
attivita'   istruttoria   il  g.i.p.  emetteva  decreto  di  giudizio
immediato  a  seguito  di  richiesta formulata dal p.m. L'imputato ha
avanzato istanza di definizione con rito abbreviato non condizionato.
    In  sede  di  celebrazione  dell'udienza  camerale  la  difesa ha
sollevato    in   via   preliminare   eccezione   di   illegittimita'
costituzionale  dell'art.  3,  legge n. 251/2006 per violazione degli
artt. 3,  primo  comma,  25,  secondo  comma e 27, terzo comma cost.,
ritenendo  tale  norma incostituzionale nella parte in cui prelude il
giudizio di prevalenza circostanziale tra aggravanti ed attenuanti in
caso di recidivo ex art. 99, quarto comma c.p.
    Il  p.m. si e' associato alla richiesta difensiva evidenziando la
fondatezza e la manifesta rilevanza della questione sollevata.

                         I n  d i r i t t o

    La  questione di illegittimita' costituzionale appare rilevante e
fondata unicamente in relazione all'art. 27, terzo comma cost.
    In punto rilevanza della questione sollevata si osserva.
    E'  pacificamente  emersa  (e  non e' in ogni caso contestata) la
condotta materiale della detenzione di gr. 5,9 di cocaina e 157,3 gr.
di marijuana in capo all'imputato.
    Del  pari  risulta provata dalla pubblica accusa la detenzione ai
fini  di  spaccio discendente dalla valutazione complessiva, in prima
battuta, della differente qualita' di sostanza (cocaina e marijuana),
del  non modesto dato quantitativo ponderale dello stupefacente (pari
a  complessivi  gr.  5  di  cocaina  e  157,3  gr.  di marijuana gia'
suddivisa)  che, sebbene in via astratta non sia incompatibile con la
destinazione  personale,  e'  un dato che va tuttavia letto alla luce
delle  circostanze  concrete  nelle  quali  e'  stato  rinvenuto  che
inequivocabilmente depongono a favore della tesi accusatoria.
    In  primo  luogo  le  modalita'  di  confezionamento  della droga
(involucri  immediatamente  cedibili),  oltre che dal rinvenimento di
strumenti inequivocabilmente utilizzati per lo spaccio della sostanza
(ci  si  riferisce  alla  predisposizione  di  numerosi  sacchetti di
plastica  per  le  singole  dosi e del nastro adesivo utizzato per la
sigillatura  delle  confezioni), nonche' dalla mancanza di adeguate e
lecite fonti di reddito.
    In  tale  contesto  le  dichiarazioni  rese  dal Rizza in sede di
convalida,   nella   loro  inverosimiglianza,  valgono  a  rafforzare
l'ipotesi accusatoria.
    Invero  la  versione  del  Rizza  contrasta  non  solo con quanto
coerentemente  asserito dai figli dello stesso, i quali hanno escluso
un'attivita'  cosi'  rilevante  di reperimento, scorta ed uso plurimo
quotidiano  di  droga  da  parte  del padre riferendo di aver appreso
della  presenza  della droga solo all'atto dell'intervento della p.g.
Ma  anche dalle stesse modalita' di assunzione (piu' volte al giorno)
che  come  tali  non  sarebbero  sfuggite  all'osservazione dei figli
conviventi.  In  ogni  caso  il  costo per l'approvvigionamento della
droga  pare  del  tutto  incompatibile  con  la  situazione economico
sociale  dell'imputato (operaio in malattia per infortunio con canone
d'affitto di Euro 300 al mese, spese di mantenimento e figli).
    Tuttavia  il fatto in contestazione, ad avviso del giudicante, va
ricondotto  all'ipotesi attenuata di cui al quinto comma dell'art. 73
d.P.R.   n. 309/1990:   il   quantitativo  non  elevato  di  sostanza
stupefacente,  e  le  modalita' concrete dell'azione complessivamente
considerate, depongono in tal senso confortando la valutazione di una
minima   offensivita'   della   condotta   in  contestazione  per  la
collettivita'.
    Per  giurisprudenza  costante ed univoca tale ipotesi costituisce
una  circostanza  attenuante  e non una fattispecie autonoma di reato
(cfr. ex pluribus e da ultimo Cass. 24 febbraio 2005 Cianchetta).
    Sul  versante  delle aggravanti risulta contestata la recidiva ex
art. 99,  quarto  comma  c.p.  da  intendersi come recidiva reiterata
specifica,  in  quanto  risultano  quattro  condanne  di  cui due per
detenzione illecita di stupefacenti
    La  recidiva  rientra  tra le circostanze inerenti la persona del
colpevole (art. 70 u.c.c.p.).
    L'art. 69  c.p.  che  disciplina  il giudizio di bilanciamento in
caso   di   concorso  tra  aggravanti  ed  attenuanti  (cd.  concorso
eterogeneo)  e'  stato modificato dall'art. 3, legge 5 dicembre 2005,
n. 251  (in  vigore  dall'8  dicembre  2005)  prevedendo  all'u.c. il
divieto  di  prevalenza  delle  circostanze attenuanti sulle ritenute
aggravanti  nei  casi  previsti  dall'art. 99, comma 4, nonche' dagli
artt. 111 e 112, comma 1 n. 4 c.p.
    Orbene  nel caso di specie la gravita' del fatto e la conseguente
pericolosita'  sociale  dimostrata  dal  reo  con la condotta tenuta,
risultano   di  modesta  entita',  tenuto  conto  dell'esiguita'  del
quantitativo  di  droga  detenuto e del fatto che i precedenti penali
dell'imputato,  pur numerosi, risultano sostanzialmente legati ad una
condizione di tossicodipendenza e comunque risalenti all'anno 2000.
    Sicche' vigente l'art. 69 c.p. ante novella 2005, l'attenuante ad
effetto  speciale  sarebbe  stata  ritenuta  prevalente rispetto alla
recidiva,    consentendo    l'individuazione    di   un   trattamento
sanzionatorio  congruo  all'effettiva  gravita'  della  condotta  che
spaziava  da i a sei anni di reclusione e da Euro 3.000 a Euro 26.000
di multa.
    Mentre  nell'attuale  formulazione  dell'art. 69  c.p.  il minimo
sanzionatotio  applicabile  nel  caso  in esame, e previo giudizio di
equivalenza,  sarebbe quello di anni 6 di reclusione e Euro 26.000 di
multa  (tenuto  conto del trattamento piu' favorevole alla luce delle
modifiche introdotte al d.P.R. n. 309/1990 dal d.l. 30 dicembre 2005,
n. 272),  trattamento che pare del tutto sproporzionato alla condotta
tenuta dall'imputato nell'occorso.
    Da qui la rilevanza della prospettata questione di illegittimita'
costituzionale.
    In punto fondatezza della questione si osserva.
    La  questione non appare fondata con riferimento all'art. 3 Cost.
in  relazione  alla violazione del principio di ragionevolezza inteso
quale particolare accezione del principio uguaglianza.
    Va  osservato,  in  via  generale, che la Corte costituzionale ha
avuto  modo  piu'  volte di affermare che il legislatore, nell'ambito
della  sua  discrezionalita'  e competenza, nell'individuazione della
quantita'  e  qualita'  della  pena incontra come unico limite quello
della  ragionevolezza,  la  cui  violazione  porta ad una conseguente
disparita'   di   trattamento  (da  ultimo  sent.  n. 78/2005;  sent.
n. 219/2004;   ord.   n. 438/2001,  n. 207/1999,  n. 435/1998;  sent.
n. 306/1993).
    In particolare, riguardo alla condizione di soggetto recidivo, va
sottolineato  che il legislatore ne ha differenziato (in termini meno
favorevoli)   il   trattamento  sanzionatorio  rispetto  al  soggetto
incensurato,  considerando  la recidiva una condizione di sintomatica
pericolosita'  soggettiva  piu'  intensa rispetto alle altre forme di
recidiva.  A titolo  esemplificativo  il  legislatore  ha  escluso il
recidivo  reiterato  dall'applicazione  di  numerosi  istituti  quali
l'amnistia,   l'indulto   (salvo   diversa  disposizione  di  legge),
l'oblazione  ex  art. 162-bis c.p., la sospensione condizionale della
pena,  l'estinzione  delle  pene  della  reclusione e della multa per
decorso del tempo.
    In  alcuni  casi  (da  ultimo  in  tema  di  predusione  al  rito
alternativo  del  parteggiamento) la Corte costituzionale ha ritenuto
che  il  differente  trattamento  sanzionatorio  fosse  sostenuto  da
motivazioni  ragionevoli,  giungendo  anche  a  precisare che «tra le
"condizioni  personali  e  sociali"  richiamate dall'art. 3 Cost. per
escludere   che   possano  costituire  il  presupposto  di  eventuali
trattamenti discriminatori, non rientrano certamente quelle che, come
la   recidiva,  derivano  da  una  condotta  illegale  o  addirittura
criminosa»   (sent.   n. 421/2004;   e   prima  sent.  n. 100/1971  e
n. 5/1977).
    Sicche' appare coerente e ragionevole, nella prospettiva dell'art
3  Cost.,  la  scelta  del  legislatore  di  riservare un trattamento
sanzionatorio  piu'  rigoroso  per  coloro  che  hanno dimostrato una
rilevante capacita' a delinquere.
      La  dedotta  illegittimita'  costituzionale ex art. 25, secondo
comma  Cost. deve ritenersi assorbita nell'art. 3 posto che la stessa
difesa  nella  prospettazione  della  questione  rinvia alle medesime
deduzioni svolte in relazione a tale norma.
    Per  contro  la  questione e' fondata in riferimento all'art. 27,
terzo comma Cost.
    La  funzione  che  la  carta costituzionale assegna alla sanzione
penale e' duplice: per un verso retributiva ed affittiva, in funzione
di  un'esigenza  di  difesa  sociale e di prevenzione generale; e per
l'altro  rieducativa  e  di  prevenzione  speciale,  in  funzione del
recupero del reo al contesto sociale.
    Le  due  funzioni  coesistono all'interno di un sistema normativo
vivente che risente ed e' direttamente influenzato dalla dinamica dei
fenomeni delinquenziali, sicche' in relazione alle scelte di politica
criminale  del  legislatore, si potra' valorizzare la prima piuttosto
che  la  seconda di tali funzioni, ma «a patto che nessuna di esse ne
risulti obliterata» (sent. n. 257/2006).
    La  stessa  Corte  costituzionale ha precisato che «in tanto puo'
concretamente parlarsi di una sostanziale non elusione delle funzioni
costituzionali  della  pena,  in quanto il sacrificio dell'una sia il
"minimo indispensabile" per realizzare il soddisfacimento dell'altra,
giacche'  soltanto  nel  quadro  di un sistema informato ai paradigmi
della  "adeguatezza  e  della  proporzionalita'"  delle misure ... e'
possibile   sindacare   la   razionalita'  intrinseca  (e  quindi  la
compatibilita'   costituzionale)   degli   equilibri   prescelti  dal
legislatore» (ibidem).
    Rimarcando,    poi,   con   preoccupazione   la   tendenza   alla
configurazione   normativa   di   «tipi  d'autore»  per  i  quali  la
rieducazione non sarebbe possibile o potrebbe non essere perseguita.
    Tali  rilievi  valgono  anche  con  riferimento all'art. 3, legge
n. 251/2005  ove  il  legislatore ha privilegiato la linea repressiva
obliterando  del tutto il percorso di rieducazione pur assegnato alla
pena:  il  legislatore  del 2005 ha mutilato il potere del giudice di
applicare   la   legge,  nell'ambito  del  suo  libero  convincimento
formatosi  nel corso del giudizio, con la preclusione del giudizio di
prevalenza   nel   bilanciamento  circostanziale  tra  attenuanti  ed
aggravanti  ex art. 69 u.c. c.p., intaccando quella che e' una vera e
propria  regola  di  giudizio alla quale e' ispirato l'intero sistema
penale  sostanziale e processuale e, prima ancora, costituzionale del
nostro ordinamento giuridico.
    Cosi'   facendo,   infatti.,   si  preclude  la  possibilita'  di
individuare in concreto quel trattamento sanzionatorio correlato alla
gravita'  del  fatto  commesso  ed alla personalita' del colpevole in
modo  tale  da  reprimere  la  sua  condotta  (f.  retributiva) ed al
contempo  da consentire quell'auspicabile cammino di recupero sociale
sotteso alla funzione rieducativi assegnata alla sanzione penale.
    Alla  luce  di  quanto  sinora  esposto va, pertanto, disposta la
sospensione  del  presente procedimento penale ai sensi dell'art. 23,
legge n. 87/1953.
                              P. Q. M.
    Visto l'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87;
    Dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di
costituzionalita'  dell'art.  69,  comma 4 c.p. cosi' come modificato
dall'art. 3,  legge  n. 251/2005,  nella  parte  in  cui  esclude  il
giudizio  di  prevalenza delle circostanze attenuanti nell'ipotesi di
concorso tra queste e la recidiva ex art. 99, quarto comma c.p.;
    Dispone  la  trasmissione degli atti alla Corte costituzionale, e
sospende il giudizio in corso;
    Dispone  che  a  cura della cancelleria la presente ordinanza sia
notificata  integralmente  al  Presidente del Consiglio dei ministri,
nonche' sia comunicata ai Presidenti delle Camere del Parlamento;
    Da' atto che la presente ordinanza e' stata letta in udienza.
        Novara, addi' 7 novembre 2006
            Il giudice per le indagini preliminari: Bossi
07C0635