N. 348 ORDINANZA (Atto di promovimento) 6 luglio 2006

Ordinanza  emessa il 6 luglio 2006 dal tribunale di Reggio Emilia nel
procedimento penale a carico di Camisa Eros

Reati  e  pene  -  Circostanze  del  reato  - Concorso di circostanze
  aggravanti  e  attenuanti - Divieto di prevalenza delle circostanze
  attenuanti  sulle  circostanze  inerenti alla persona del colpevole
  nel  caso  previsto dall'art. 99, quarto comma, cod. pen. (recidiva
  reiterata)  -  Violazione del principio di ragionevolezza - Lesione
  dei   principi  della  responsabilita'  penale  personale  e  della
  funzione rieducativa della pena.
- Codice  penale,  art. 69, comma quarto, come modificato dall'art. 3
  della legge 5 dicembre 2005, n. 251.
- Costituzione, artt. 3 e 27.
(GU n.20 del 23-5-2007 )
                            IL TRIBUNALE

Nel  procedimento penale n. 804/06 R.G. nei confronti di Camisa Eros,
imputato  del  reato  di  cui all'artt. 628, secondo comma c.p., alla
pubblica  udienza  del  6 luglio  2006  ha  pronunziato  la  seguente
ordinanza.
    Si  procede  nei confronti di Eros Camisa con il rito abbreviato,
richiesto e disposto in sede di giudizio direttissimo - conseguente a
convalida  d'arresto  in flagranza - per il reato di rapina impropria
di cui all'art. 628, secondo comma c.p.
    A parere del tribunale dagli atti emerge la piena responsabilita'
dell'imputato  per  il  reato contestato: le dichiarazioni rese dalla
persona offesa, Sauro Fiaccadori, nel verbale di denuncia-querela, la
descrizione  dei  fatti  contenuta  nell'informativa  di  reato e nel
verbale   d'arresto,   e,   da   ultimo,   le   stesse  dichiarazioni
sostanzialmente  confessorie  dell'imputato  (  sia  pur votate a una
ricostruzione  meno  compromettente dell'accaduto) non lasciano dubbi
in merito all'accertamento della responsabilita' penale.
    Il  vero  oggetto  del  giudizio  e'  pertanto la definizione del
trattamento  sanzionatorio da applicare nel caso concreto, sulla base
delle    circostanze    aggravanti   contestate,   delle   attenuanti
ravvisabili, e della pena ritenuta congrua tra il massimo e il minimo
limite  edittale  come  definito  in  seguito  al bilanciamento delle
circostanze.
    Sotto  il  profilo delle aggravanti, va rilevato che al Camisa e'
stata    contestata    la    recidiva    reiterata,    specifica    e
infraquinquennale.
    Sotto  il profilo delle attenuanti, va affermato che nella specie
si  tratta  di  un  episodio  di  dimensioni  davvero  minime, sia in
relazione   alla  refurtiva  (una  «stecca»  di  sigarette),  sia  in
relazione  all'intensita'  e serieta' della minaccia (invero alquanto
velleitaria)  posta  in essere dal prevenuto col «roteare» in aria la
propria cintura di cuoio.
    Per  adeguare  la pena al fatto - oltre che per il riconoscimento
di  un  comportamento  processuale  tutto  sommato corretto, e per il
concreto  proposito  manifestato  di  entrare  in  una  comunita'  di
recupero  per  tossicodipendenti  (v.  dichiarazione  della Comunita'
Ma.Ris.   in   atti)   -  ad  avviso  del  tribunale  possono  essere
riconosciute   all'imputato   le   attenuanti   generiche,  cui  deve
certamente  aggiungersi  l'attenuante  di cui all'art. 62 n. 4. c.p.,
atteso il valore di quanto sottratto.
    Per quanto riguarda infine il giudizio di valenza fra circostanze
aggravanti e circostanze attenuanti, questo giudice non avrebbe dubbi
sulla  prevalenza delle seconde, posto che i precedenti dell'imputato
-  sostanzialmente  furti  e ricettazioni - si raccolgono tutti nello
spazio  temporale di tre anni, e terminano nel 1998, cioe' circa otto
anni  fa,  onde  agli  stessi  potrebbe attribuirsi solo una limitata
rilevanza  ai  fini della valutazione della pericolosita' sociale del
prevenuto.  Inoltre,  la  sola equivalenza fra circostanze imporrebbe
l'inflizione  di  una  pena sproporzionata all'effettiva offensivita'
del  fatto,  ponendosi, per di piu', probabilmente in contrasto con i
propositi  di  recupero  manifestati (a quanto pare, questa volta, in
modo  serio e responsabile) dal Camisa, col prendere contatti con una
comunita'   terapeutica   per   tossicodipendenti   dei  suoi  luoghi
d'origine.
    Sennonche'   l'art. 69,   quarto   comma  c.  p.  come  novellato
dall'art. 3,  legge  5  dicembre  2005,  n. 251,  impone,  per i casi
previsti  dall'art. 99,  quarto  comma  c.  p.  (e  cioe' nei casi di
recidiva  reiterata),  il  «divieto  di  prevalenza delle circostanze
attenuanti  sulle  ritenute  circostanze  aggravanti»  inerenti  alla
persona  del  colpevole,  consentendo dunque, al piu', un giudizio di
mera equivalenza.
    Ritiene  pero'  il  tribunale  che  un simile divieto si ponga in
contrasto con piu' norme della Carta costituzionale.
    E'  ravvisabile  innanzitutto  un  contrasto con l'art. 27, primo
comma  Cost.,  il  quale  prevede  che  la  responsabilita' penale e'
personale.
    Attribuendo  un'efficacia  cosi' incisiva alla recidiva reiterata
quale  dato  formale,  senza  alcun riguardo all'entita' dei reati gi
commessi,  al  tempo  trascorso,  al  rapporto  fra  violazioni  gia'
compiute  e violazione attuale della legge penale, alle condizioni di
vita  passate  e presenti del colpevole, insomma a qualunque elemento
della  fattispecie  idoneo  a giustificare un giudizio in concreto di
pericolosita' sociale, il legislatore ha sostanzialmente disegnato un
tipo  di  autore  -  quello  del  recidivo  reiterato  disponendo che
l'entita'   della   condanna   sia  commisurata  in  gran  parte  non
all'effettivo  disvalore del fatto - quale precipitato della reazione
fra  elementi  oggettivi  e  soggettivi,  positivi  e negativi, della
fattispecie  concreta  -  ma  unicamente all'aderenza del soggetto al
tipo  di autore. La responsabiliita' penale viene dunque in parte qua
«spersonalizzata», per essere ricondotta a una situazione tipizzata e
uniforme, con irrilevanza degli elementi individualizzanti.
    Quanto  fin  qui  osservato  conduce direttamente all'esposizione
della  seconda  censura d'incostituzionalita', ovverosia il contrasto
della  norma in oggetto con l'art. 3 della Costituzione, inteso quale
limite di ragionevolezza alla discrezionalita' del legislatore. E' di
tutta  evidenza,  infatti,  che  il  divieto  di  operare comunque un
giudizio  di  prevalenza  delle circostanze attenuanti sulla recidiva
puo'  portare  a  disparita'  di  trattamento  rilevanti  e del tutto
irragionevoli,  imponendo  di sanzionare nello stesso modo - salva la
limitata   diversificazione   consentita  dalla  forbice  della  pena
edittale  -  situazioni  completamente  diverse, sia sotto il profilo
oggettivo,  sia  sotto  il  profilo soggettivo, ovvero, al contrario,
imponendo trattamenti sanzionatori ingiustificatamente e notevolmente
diversi  rispetto  a  situazioni  pressoche' equivalenti, solo per la
presenza,  in  un caso e non nell'altro, di precedenti penali, magari
assai modesti, remoti, e di nessuna relazione con la regiudicanda.
    Va  infine ravvisato un contrasto dell'art. 69 c.p. novellato con
l'art. 27,  terzo comma Cost., nella parte in cui prevede che le pene
devono  tendere  alla  rieducazione  del  condannato.  La  previsione
normativa in parola, infatti, vietando al giudice di adeguare la pena
-  attraverso  il  giudizio  di  bilanciamento  -  fra  l'altro, alla
personalita'   del  colpevole,  in  relazione  anche  a  un  giudizio
prognostico  di reinserimento sociale, quale puo' trarsi da tutti gli
elementi  del  fatto,  mostra  di  considerare  della pena unicamente
l'aspetto  sanzionatorio-retributivo  e  di prevenzione speciale, con
totale preterizione dell'aspetto rieducativo.
    Tutti  gli  aspetti  enunciati  sono  presenti  nella fattispecie
concreta  all'esame  di questo tribunale. Precedenti penali bensi' di
una  certa  gravita',  ma  circoscritti  nel  tempo  e  ormai remoti,
imporrebbero  infatti  di infliggere al Camisa una sanzione del tutto
inadeguata   per   eccesso  rispetto  alla  fattispecie  concreta,  e
soprattutto  in  contrasto,  per  la  sua entita', con i propositi di
reinserimento  sociale  manifestati  dall'imputato,  che  allo  stato
appaiono seri e non effimeri.
    Viceversa  la possibilita' di pieno bilanciamento - in una con la
diminuzione premiale per il rito - potrebbe portare ad infliggere una
pena  detentiva inferiore a un anno, adeguata al fatto, e compatibile
sia  con  la  necessita'  di  una  doverosa  espiazione,  sia  con la
possibilita' di un futuro effettivo recupero.
    Donde  la  rilevanza della questione di costituzionalita' rimessa
alla Corte.
                              P. Q. M.
    Visto l'art. 23, legge 11 marzo 1953, n. 87:
        a)  dichiara  non  manifestamente infondata, e dunque solleva
d'ufficio,  questione  di  legittimita'  costituzionale dell'art. 69,
quarto comma c.p., come modificato dall'art. 3, legge 5 dicembre 2005
n. 251,  nella  parte  in  cui  vieta il giudizio di prevalenza delle
circostanze attenuanti sulle ritenute circostanze aggravanti nei casi
previsti  dall'art. 99,  quarto  comma,  c.p.,  per contrasto con gli
articoli 3 e 27 della Costituzione;
        b) sospende il giudizio in corso;
        c)  dispone  l'immediata  trasmissione  degli atti alla Corte
costituzionale;
        d)  ordina  che  la  presente  ordinanza  sia  notificata  al
Presidente  del  Consiglio  dei  ministri  e  ai Presidenti delle due
Camere del Parlamento.
          Reggio Emilia, addi' 6 luglio 2006
                         Il giudice: Fanile
07C0642