N. 392 ORDINANZA (Atto di promovimento) 15 novembre 2006

Ordinanza  emessa il 15 novembre 2006 dalla Corte dei conti - Sezione
giurisdizionale  d'appello  per  la  Regione  Siciliana  sull'appello
proposto  da Berretta Giovanni contro Procuratore regionale presso la
sezione giurisdizionale per la Regione Siciliana.

Corte  dei  conti - Giudizio di responsabilita' - Soggetti condannati
  per  fatti  commessi  prima  dell'entrata  in  vigore  della  legge
  censurata   -  Fase  di  appello  -  Possibilita'  di  chiedere  la
  definizione  del  giudizio  mediante  il pagamento di una somma non
  inferiore al 10 per cento e non superiore al 20 per cento del danno
  quantificato  nella  sentenza  di  primo  grado  - Irrazionalita' -
  Violazione   del   principio   di  buon  andamento  della  pubblica
  amministrazione   -  Interferenza  sulla  funzione  giurisdizionale
  contabile,   con   specifico   riguardo   al  principio  di  libero
  convincimento del giudice - Violazione del principio di separazione
  del potere legislativo dal potere giudiziario.
- Legge 23 dicembre 2005, n. 266, art. 1, comma 231.
- Costituzione, artt. 3, 97, 101 e 103.
Corte  dei  conti - Giudizio di responsabilita' - Soggetti condannati
  per  fatti  commessi  prima  dell'entrata  in  vigore  della  legge
  censurata - Fase di appello - Possibilita' della sezione di appello
  della  Corte  dei conti, in caso di accoglimento della richiesta di
  definizione  del  giudizio, di determinare la riduzione della somma
  dovuta   in  misura  non  superiore  al  30  per  cento  del  danno
  quantificato   nella  sentenza  di  primo  grado  -  Irrazionalita'
  Violazione   del   principio   di  buon  andamento  della  pubblica
  amministrazione   -  Interferenza  sulla  funzione  giurisdizionale
  contabile,   con   specifico   riguardo   al  principio  di  libero
  convincimento del giudice.
- Legge 23 dicembre 2005, n. 266, art. 1, comma 232.
- Costituzione, artt. 3, 97, 101 e 103.
Corte  dei  conti - Giudizio di responsabilita' - Soggetti condannati
  per  fatti  commessi  prima  dell'entrata  in  vigore  della  legge
  censurata - Fase di appello - Previsione che il giudizio si intende
  definito  a  decorrere  dalla  data  di  deposito della ricevuta di
  versamento  presso  la  segreteria  della  sezione di appello della
  somma  dovuta  dal  condannato  -  Irrazionalita'  - Violazione del
  principio   di   buon   andamento  della  pubblica  amministrazione
  Interferenza   sulla   funzione   giurisdizionale   contabile,  con
  specifico   riguardo  al  principio  di  libero  convincimento  del
  giudice.
- Legge 23 dicembre 2005, n. 266, art. 1, comma 233.
- Costituzione, artt. 3, 97, 101 e 103.
(GU n.21 del 30-5-2007 )
                         LA CORTE DEI CONTI

    Ha adottato la seguente ordinanza n. 70/A/06/ORD.
    Sul   ricorso   in   appello   in   materia   di  responsabilita'
amministrativa iscritto al n. 1868 A resp del registro di segreteria,
presentato dal signor Berretta Giovanni, elettivamente domiciliato in
Palermo,  via  Giacomo  Serpotta  n. 66,  presso  lo  studio  del suo
procuratore  avvocato  Carmelo  Giurdanella,  per  la  riforma  della
sentenza   n. 3120   del   26 ottobre   2005   emessa  dalla  sezione
giurisdizionale della Corte dei conti per la Regione Siciliana.
    Uditi  all'udienza  del  19 ottobre 2006 il relatore, consigliere
Mariano    Grillo,   e   l'avvocato   Rosaria   Zammataro,   delegata
dall'avvocato Giurdanella a comparire all'udienza.
    Visti tutti gli atti della causa.

                              F a t t o

    Il  signor  Berretta  Giovanni  ha  proposto  appello  avverso la
sentenza  n. 3120  del 2005 della sezione giurisdizionale della Corte
dei   conti  che  lo  ha  condannato  al  pagamento  della  somma  di
euro 18.075,11  quale  risarcimento  del  danno erariale causato alla
Croce  rossa  italiana  nella  qualita'  di  presidente  del Comitato
provinciale di Ragusa dello stesso Ente.
    L'appellante  ha dedotto in via preliminare la nullita' dell'atto
di citazione perche' parte attrice, da un lato, non ha individuato la
normativa  vigente,  risultando  percio'  del  tutto insufficienti le
ragioni  di  diritto  che  avrebbero  condotto alla conclusione della
illegittimita'  degli  esborsi,  dall'altro,  perche'  il collegio ha
integrato  il  contenuto  della citazione in violazione dell'art. 163
n. 3  e  n. 4  del c.p.c. con conseguente nullita' della sentenza, ed
inoltre    non   haaccolto   la   richiesta   di   integrazione   del
contraddittorio  nei  confronti  dei responsabili della CRI a livello
centrale  e  a livello provinciale, per cui va dichiarata la nullita'
della  citazione perche' pronunciata a contraddittorio non integro in
violazione  dell'art. 102  c.p.c.  Nel  merito  ha  dedotto l'erronea
interpretazione  delle  disposizioni  richiamate dal giudice di primo
grado,  l'insussistenza  degli  estremi  dell'illecito  erariale e la
genericita' della motivazione ed ha concluso esprimendo la necessita'
di considerare i rilevanti vantaggi conseguiti dall'amministrazione e
dalla   comunita'   amministrativa   da   cui   deriva  l'assenza  di
qualsivoglia  danno  erariale chiedendo l'assoluzione ed in subordine
operare una piu' incisiva riduzione dell'addebito.
    Il  procuratore generale nelle sue conclusioni ha preliminarmente
eccepito   la   inammissibilita'   dell'appello   per   notificazione
intempestiva.  Nel  merito  ha chiesto che l'appello venga respinto e
confermata la sentenza appellata.
    Con  istanza depositata il 30 giugno 2006 l'appellante ha chiesto
che  il  procedimento venga definito ai sensi dell'art. 1, commi 231,
232  e  233  della legge n. 266 del 2005 mediante il pagamento di una
somma onnicomprensiva pari al 10% del danno quantificato in sentenza.
    Sull'istanza  di  definizione  agevolata il procuratore generale,
rilevata    preliminarmente   la   intempestivita'   della   notifica
dell'appello,   sostiene  che  la  suddetta  istanza  deve  ritenersi
inammissibile per carenza del giudizio d'impugnazione.
    In subordine esprime parere contrario al suo accoglimento.
    L'appellante  ha quindi prodotto brevi note con le quali sostiene
l'infondatezza   dell'eccezione  di  intempestivita',  posto  che  il
termine  finale  utile  per  la notifica era festivo ad insiste nella
istanza  di  definizione  agevolata del giudizio e in ogni caso nella
richiesta  di  accoglimento dell'appello con conseguente annullamento
della sentenza impugnata.
    Tutte  le  parti  sono  intervenute alla discussione in Camera di
consiglio  confermando le domande gia' avanzate con i rispettivi atti
conclusionali.

                            D i r i t t o

    Va   preventivamente  rigettata  l'eccezione  di  intempestivita'
dell'appello  che  risulta  notificato nei termini di legge il giorno
successivo a quello finale scadente in giornata festiva.
    Vanno  poi rigettate le eccezioni di nullita' rivolte all'atto di
citazione  ed  alla  sentenza gravata. Riguardo all'atto di citazione
vanno  condivise le considerazioni gia' esposte in sentenza dal primo
giudice   che  rigettato  l'eccezione,  riproposta  in  questa  sede,
riconoscendo   che   nella  sostanza  la  domanda  era  adeguatamente
circostanziata. In effetti risultano sufficientemente individuate dal
procuratore regionale le ragioni giuridiche della pretesa avanzata in
giudizio,  tant'e'  che  rispetto  alle  stesse la parte convenuta ha
potuto  esplicare  con  ampiezza  le  proprie  difese.  Destituita di
fondamento  e'  altresi'  la  censura  secondo  la  quale il collegio
avrebbe  integrato  il  contenuto  della citazione, dato che il primo
giudice  si  e'  limitato alla corretta identificazione degli effetti
giuridici scaturenti dai fatti dedotti.
    Cio'  premesso,  quanto alla istanza di definizione agevolata del
giudizio  di responsabilita', l'art. 1, della legge 23 dicembre 2005,
n. 266,  prevede  che  «Con  riferimento alle sentenze di primo grado
pronunciate  nei  giudizi  di  responsabilita' dinanzi alla Corte dei
conti  per  fatti  commessi  antecedentemente alla data di entrata in
vigore  della  presente legge, i soggetti nei cui confronti sia stata
pronunciata  sentenza  di  condanna  possono chiedere alla competente
sezione  di  appello,  in  sede  di impugnazione, che il procedimento
venga definito mediante il pagamento di una somma non inferiore al 10
per  cento  e  non  superiore  al 20 per cento del danno quantificato
nella  sentenza»  (comma  231) «La sezione di appello, con decreto in
camera  di  consiglio, sentito il procuratore competente, delibera in
merito  alla richiesta e, in caso di accoglimento, determina la somma
dovuta in misura non superiore al 30 per cento del danno quantificato
nella   sentenza  di  primo  grado,  stabilendo  il  termine  per  il
versamento»  (comma  232).  Infine  che  «il  giudizio  di appello si
intende definito a decorrere dalla data di deposito della ricevuta di
versamento   presso   la   segreteria   della   sezione  di  appello»
(comma 233).
    La  sezione dubita della legittimita' costituzionale di un simile
sistema  di  regole, applicabili nella specie poiche' il mutamento di
diritto  sostanziale  e'  avvenuto prima dell'accertamento definitivo
della  responsabilita'  dei  soggetti  intimati,  in  relazione  agli
artt. 3, 97, 101, e 103 Cost.
    Dalla  giurisprudenza  costituzionale (sentt. nn. 68 del 1971, 63
del  1973  e 1032 del 1988) sembra desumersi che la concreta garanzia
dei  principi  costituzionali  di eguaglianza, del buon andamento del
controllo  contabile,  i  quali ultimi sono legati dal comune fine di
assicurare l'efficienza e la regolarita' della gestione finanziaria e
patrimoniale  degli  enti pubblici, sia sostanzialmente affidata alla
legge   ordinaria.   Sono   riservate,   infatti,   al  discrezionale
apprezzamento  del  legislatore  non  solo  la  determinazione  e  la
graduazione  dei  tipi  e  dei  limiti  di  responsabilita'  che,  in
relazione   alle  varie  categorie  di  dipendenti  pubblici  o  alle
particolari situazioni regolate, appaiono come le forme piu' idonee a
garantire  l'attuazione  dei  predetti  principi costituzionali (sent
n. 411  del  1988;  ord.  n. 549  del  1988,  nonche',  in  relazione
all'art. 28  Cost.,  le  sentt. nn. 2 del 1968, 123 del 1972, 164 del
1982,  26  del 1987), ma anche la possibilita' di stabilire un limite
patrimoniale  della  responsabilita' amministrativa (sent. n. 340 del
2001).
    Cio'  significa  in  ultima analisi, per un verso, che, ancorche'
non  sia  possibile  trarre dall'ordinamento (artt. 97 e 103, secondo
comma,  Cost.)  un  principio  di inderogabilita' delle comuni regole
della  responsabilita', si puo', tuttavia, da esso ricavare la regola
secondo  la  quale  la  discrezionalita'  del legislatore, per essere
correttamente  esercitata,  deve  determinare  e  graduare i tipi e i
limiti  della  responsabilita',  caso  per  caso, in riferimento alle
diverse  categorie  di  dipendenti  pubblici  ovvero alle particolari
situazioni,  stabilendo, per ciascuna di esse, le forme piu' idonee a
garantire  i  principi  del  buon andamento e del controllo contabile
(sent. 371  del  1998)  e,  per  l'altro, che, in sede di giudizio di
legittimita' costituzionale, le leggi disciplinati la responsabilita'
dei pubblici dipendenti sono sindacabili, in riferimento ai parametri
invocati, solo sotto il profilo della ragionevolezza della disciplina
adottata e delle differenziazioni introdotte (art. 3 Cost).
    Pur  non  potendosi  negare,  dunque,  in  linea  di principio la
possibilita'   di  un  intervento  legislativo  del  tipo  di  quello
esaminato,   e',  tuttavia,  pur  sempre  necessario  che  esso  sia,
anzitutto,  strettamente  collegato  alle specifiche peculiarita' del
caso,   tali   da   escludere   che  possa  risultare  arbitraria  la
sostituzione  della disciplina generale - originariamente applicabile
-  con  quella  eccezionale  successivamente  emanata, tanto sotto il
profilo  del  rispetto  del  principio  costituzionale  di parita' di
trattamento,  quanto sotto il profilo della tutela del buon andamento
e  della  salvaguardia  da indebite interferenze dell'esercizio della
funzione  giurisdizionale.  Sennonche',  nella  specie  le previsioni
normative  denunciate  di  incostituzionalita' sono caratterizzate da
una indeterminatezza assoluta sullo scopo perseguito dal legislatore,
tale  da precludere definitivamente la ricerca di una qualsiasi ratio
normativa  che  non  sia  quella  della  limitazione patrimoniale del
risarcimento  per  se stessa; pertanto, esse, connotandosi unicamente
come  effetto premiale ingiustificato, si palesano come una negazione
illogica  e  ingiustificata  dei  principi  del  buon andamento e del
controllo contabile, che non puo' certamente rappresentare un termine
di comparizione con gli altri valori coinvolti ai fini della verifica
del rispetto dei principi di eguaglianza e di buon andamento.
    Le  previsioni  in  questione  appaiono  viziate  in relazione ai
parametri  costituzionali  indicati anche per altro aspetto. Infatti,
nel  sistema  positivo  vigente  l'attenuazione della responsabilita'
amministrativa,  nei singoli casi, e' rimessa al potere riduttivo sul
quantum  affidato  al  giudice,  che  puo'  anche  tenere conto delle
capacita'   economiche  del  soggetto  responsabile,  oltre  che  del
comportamento,   al   livello   della  responsabilita'  e  del  danno
effettivamente   cagionato.   In   contrasto   con   questi  principi
dell'orientamento  ed  assolutamente  irragionevole e', pertanto, una
riduzione    predeterminata    e    pressoche'    automatica    della
responsabilita' amministrativa e della misura del risarcimento, senza
che possa soccorrere una valutazione sull'incidenza del comportamento
complessivo  e  sulle funzioni effettivamente svolte nella produzione
del  danno,  in  occasione  della  prestazione che ha dato luogo alla
responsabilita' (cfr. Corte cost. sent. n. 340 del 2001).
    Ugualmente   incostituzionale  appare,  infine  l'affidamento  al
giudice   contabile  di  un  potere  discrezionale  illimitato  nella
individuazione  delle ragioni da porre a fondamento dell'accoglimento
della   domanda   di   riduzione   dell'addebito   e  della  concreta
determinazione  della  misura del risarcimento, avendo il legislatore
indicato solo i limiti quantitativi di tale potere fra un minimo e un
massimo  risultanti dalla norma, senza fissare i criteri direttivi ai
quali  il giudice stesso debba attenersi. Le norme in esame, infatti,
oltre  a  porsi  in  diretto  contrasto  con  i  principi di cui agli
artt. 3, 97 e 103 Cost., essendo dirette ad introdurre una disciplina
limitativa    in    forma    generalizzata    della   responsabilita'
amministrativa  con  riferimento  indiscriminato  a  tutti i pubblici
dipendenti  e  a  tutte  le  possibili situazioni, confliggono con il
principio  secondo  cui  il  giudice e' soggetto alla legge (art. 101
Cost.),  con  grave  vulnus  del  principio di separazione del potere
legislativo dal potere giudiziario.
    La  questione  di  legittimita' costituzionale, non superabile in
via   interpretativa,   e'  rilevante.  Qualora,  infatti,  le  norme
denunciate  venissero dichiarate incostituzionali non potrebbero piu'
essere  applicate  nel presente giudizio che proseguirebbe secondo il
rito ordinario.
                              P. Q. M.
    Dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di
legittimita'  costituzionale  dell'art. 1, commi 231, 232 e 233 della
legge  23 dicembre 2005, n. 266, in relazione agli artt. 3, 97, 101 e
103 Cost.
    Ordina   l'immediata   trasmissione  degli  atti,  a  cura  della
segreteria,  alla  Corte costituzionale, sospendendo conseguentemente
il    processo   sino   all'esito   del   giudizio   incidentale   di
costituzionalita'.
    Dispone  che  a  cura della segreteria, la presente ordinanza sia
notificata  al  Presidente del Consiglio dei ministri e alle parti, e
sia  comunicata  ai Presidenti della Camera dei deputati e del Senato
della Repubblica.
    Cosi'  provveduto  in  Palermo, nella Camera del consiglio del 19
ottobre 2006.
                       Il Presidente: Sancetta
07C0698