N. 397 ORDINANZA (Atto di promovimento) 21 novembre 2006

Ordinanza  emessa il 21 novembre 2006 dal tribunale di S. Maria Capua
Vetere nel procedimento di prevenzione relativo a Iorio Luigi

Misure  di  prevenzione - Sorveglianza speciale di pubblica sicurezza
  con  obbligo  di  soggiorno  nel comune di residenza - Revoca della
  patente  di guida per sopravvenuto difetto dei prescritti requisiti
  morali  -  Istanza  di  sospensione  del  decreto applicativo della
  misura  di prevenzione - Omessa previsione in capo al Giudice della
  prevenzione  dei  poteri  di  autorizzare,  in  presenza di gravi e
  comprovati motivi connessi all'esercizio dell'attivita' lavorativa,
  il  sottoposto  alla  guida  di un veicolo al fine di recarsi in un
  luogo  determinato  fuori  del  comune  di  residenza  o  di dimora
  abituale,  e  di  escludere il ritiro, il divieto di emissione e di
  rinnovo  della  patente  di guida nel caso in cui per effetto degli
  stessi    verrebbero   a   mancare   i   mezzi   di   sostentamento
  all'interessato   ed  alla  famiglia  -  Omessa  previsione  di  un
  sindacato  del  Giudice della prevenzione in ordine alla revoca, al
  diniego  di  rilascio  e  di  rinnovo  della  patente  di  guida  -
  Denunciata  violazione  del  principio  di  ragionevolezza sotto il
  particolare  profilo della ingiustificata disparita' di trattamento
  di  situazioni  normativamente  assimilabili - Asserita lesione del
  diritto   costituzionalmente   tutelato   al  lavoro  -  Denunciata
  violazione  dei  principi costituzionali relativi alla tutela della
  famiglia e ai doveri genitoriali.
- Legge  27 dicembre 1956, n. 1423, art. 7-bis; legge 31 maggio 1965,
  n. 575,   art. 10,   comma  quinto;  codice  della  strada  (d.lgs.
  30.4.1992, n. 285), artt. 120, 128, 130, comma 1, lett. b).
- Costituzione, artt. 3, 4, 29 e 35.
(GU n.22 del 6-6-2007 )
                            IL TRIBUNALE

    Letti   gli  atti  del  proc.  n. 84/03  R.G.M.P.,  pendente  nei
confronti  di Iorio Luigi, nato ad Aversa l'8 luglio 1962 e residente
in   San   Cipriano  d'Aversa  alla  via  Lattari  n. 9,  attualmente
sottoposto  a  misura  di  prevenzione della sorveglianza speciale di
p.s.  con obbligo di soggiorno nel comune di residenza ai sensi della
legge  n. 575/1965  in forza di decreto emesso da questo tribunale in
data 21 giugno 2006;
    Letta,  in particolare, l'istanza avanzata dallo Iorio in data 14
luglio  2006  con  la  quale  egli  aveva  richiesto  al  collegio di
sospendere  l'esecuzione  del  decreto  applicativo della misura onde
consentire  al  prevenuto  di  continuare a svolgere la sua attivita'
lavorativa con mansioni di autista;
    Fissata   udienza  camerale  per  la  trattazione,  acquisita  la
documentazione depositata dall'istante;
    Rilevato  che  il  collegio, a scioglimento della riserva assunta
all'esito  dell'udienza  del  26  settembre  2006, in cui il pubblico
ministero  aveva  chiesto  il  rigetto dell'istanza, mentre la difesa
dello  Iorio  aveva  insistito  per l'accoglimento della medesima, ha
disposto  la  rimessione della causa sul ruolo avendo verificato, nel
caso  posto  all'attenzione  del tribunale, la sussistenza di temi di
costituzionalita';
    Considerato  che,  pertanto,  e' stata celebrata l'udienza del 21
novembre  2006,  in  cui il collegio ha sentito le parti in ordine ai
profili di costituzionalita' emergenti;

                            O s s e r v a

    Come  detto,  Iorio  Luigi  ha chiesto al collegio di disporre la
sospensione  dell'esecuzione  del decreto applicativo delle misure in
corso  al  fine di consentirgli di continuare a lavorare come autista
presso  la  ditta  che  lo  aveva  assunto  con tali mansioni in data
anteriore alla sua sottoposizione a misura di prevenzione.
    Cio'  in  quanto  a  seguito  dell'irrogazione della sorveglianza
speciale  di  p.s.  con  obbligo di soggiorno nel comune di residenza
l'autorita'  amministrativa  ha  disposto  la revoca della patente di
guida  allo  Iorio,  in applicazione degli artt. 120 e 130 del codice
della strada.
    Egli  ha  anche  sottolineato  che  l'attivita' lavorativa svolta
costituisce  unica fonte di sostentamento per se' e per il suo nucleo
familiare e che l'applicazione delle misure in corso, con conseguente
ritiro  della patente di guida, impedendogli di fatto di continuare a
lavorare  come  autista, non gli consente di soddisfare efficacemente
le necessita' primarie dei suoi congiunti.
    La  questione  e'  attualmente disciplinata dagli artt. 120, 130,
comma  1,  lett.  b),  e  128 (per quanto attiene specificamente alla
revisione  della  patente di guida) del decreto legislativo 30 aprile
1992,  n. 285  (nuovo codice della strada): l'art. 120 comprende, tra
coloro  che non possono ottenere la patente di guida per mancanza dei
requisiti  morali,  le  persone che sono state o sono sottoposte alle
misure  di  prevenzione  di cui alla legge n. 1423/1956 ed alla legge
n. 575/1965, fatti salvi gli eventuali provvedimenti riabilitativi.
    L'art.  130,  comma  1,  lett.  b), dello stesso decreto dispone,
invece,  che  la  patente di guida e' revocata quando il titolare non
sia  piu' in possesso dei richiesti requisiti morali e, quindi, anche
nel  caso  che l'applicazione di una misura di prevenzione intervenga
dopo il rilascio della patente.
    Infine  l'art.  128,  in tema di revisione della patente, prevede
che  gli  uffici  della Direzione generale della M.C.T.C., nonche' il
prefetto  nei casi previsti dall'art. 187, possono disporre che siano
sottoposti a visita medica presso la Commissione medica locale di cui
all'art.  119, comma 4, o ad esame di idoneita' i titolari di patente
di  guida,  qualora  sorgano dubbi sulla persistenza nei medesimi dei
requisiti fisici e psichici prescritti o dell'idoneita' tecnica.
    L'esito  della  visita  medica  o  dell'esame  di  idoneita' sono
comunicati  ai competenti uffici provinciali della Direzione generale
della  M.C.T.C.  per  gli  eventuali  provvedimenti  di sospensione o
revoca della patente.
    A fronte di tale sistema normativo che sancisce, come si vede, la
perdita  della  patente  ovvero l'impossibilita' di un suo rilascio o
rinnovo come conseguenza automatica (e non frutto di discrezionalita'
amministrativa)  dell'applicazione  di  misure di prevenzione, non e'
previsto  alcun  margine  di  valutazione  in  capo  al giudice della
prevenzione,  attraverso  il  quale si possa - ancora durante la fase
giurisdizionale  ed  in  presenza  di  circostanze  straordinarie  ed
eccezionali   tali   da  ipotizzare  una  seria  lesione  di  diritti
costituzionalmente   garantiti   del  sottoposto  e  del  suo  nucleo
familiare  - incidere sull'automatico ritiro della patente, come pure
sull'impossibilita' di ottenerne il rilascio o il rinnovo.
    Nessuna   disposizione  alla  luce  dell'ordinamento  in  vigore,
infatti,  consente  al  giudice  procedente  di  impedire,  ovvero di
attenuare,   tali   conseguenze   accessorie   all'irrogazione  della
sorveglianza speciale di p.s.
    Ed  alcuna  norma  gli  permette  di impedire, qualora sussistano
condizioni  specifiche  particolarmente  gravi,  il  contrasto  che a
giudizio  del  collegio  viene  inevitabilmente a determinarsi tra le
esigenze di controllo sociale della persona giudicata pericolosa, cui
e'  sottesa  la  misura  di  prevenzione,  e  la  necessita'  di  non
comprimere diritti costituzionalmente tutelati che vengano in rilievo
in capo al sottoposto ed ai suoi prossimi congiunti.
    Cio'  premesso,  in  applicazione della normativa vigente, questo
collegio  avrebbe  dovuto dichiarare inammissibile l'istanza di Iorio
Luigi  per  come  originariamente  e  testualmente  qualificata:  va,
infatti,  esclusa  la  possibilita'  di sospendere l'esecuzione della
misura  di  prevenzione  in  corso  stante l'assenza di una specifica
disposizione   che   consenta   cio'  al  giudice  procedente  ed  in
applicazione  del principio generale, sancito dall'art. 4, commi 10 e
11   della   legge   n. 1423/1956,  dell'immediata  esecutivita'  del
provvedimento  applicativo  di misure di prevenzione anche durante il
decorso dei termini per proporre impugnazione ovvero nelle more dello
stesso giudizio di impugnazione.
    Diversamente  qualificando l'istanza ed intendendola nel senso di
una  richiesta  volta  ad  ottenere dal collegio un provvedimento che
consenta   allo   Iorio  di  conservare  la  patente  di  guida,  con
correlativa  possibilita'  di  continuare  a  lavorare  come autista,
analogamente    questo    tribunale    avrebbe   dovuto   dichiararne
l'inammissibilita',  proprio  in  quanto  non  esiste  dejure condito
alcuna competenza del giudice della prevenzione sul punto.
    Esclusa  la  possibilita' (del resto non richiesta dalla difesa),
inoltre,  di  un'anticipata revoca nel merito delle misure applicate,
peraltro  in  epoca recentissima, allo Iorio, il collegio non avrebbe
potuto  che  - eventualmente ed in presenza di tutte le condizioni di
legge  -  autorizzare  il  sottoposto  ad  allontanarsi dal comune di
soggiorno obbligato a fine di lavorare ai sensi dell'art. 7-bis della
legge  n. 1423/1956, nell'interpretazione estensiva che di tale norma
offre da tempo la giurisprudenza, anche costituzionale.
    Ma  cio' senza che egli potesse in concreto continuare a prestare
attivita'  professionale  come  autista,  essendo precluso al giudice
della  prevenzione  ogni  sindacato sull'opportunita' di consentire o
meno   alla  persona  sottoposta  a  misura  di  ottenere  ovvero  di
conservare la patente di guida.
    E'  evidente  che una tale risposta non sarebbe comunque andata a
soddisfare  le  necessita'  esposte  dal richiedente il quale, con la
patente  di  guida  revocata  dalla  p.a., non potrebbe continuare ad
espletare le mansioni per le quali era stato assunto.
    Cio'   premesso   e   diversamente  opinando,  il  tribunale,  in
applicazione    del    potere   officioso   attribuito   al   giudice
dall'ordinamento,   ritiene   di   dovere   sollevare   eccezione  di
incostituzionalita'   dell'art.   10,  comma  5,  legge  n. 575/1965,
dell'art.  7-bis,  legge n. 1423/1956, nonche' del combinato disposto
degli  artt.  120,  128  e  130,  comma  1,  lett.  b),  del  decreto
n. 285/1992,  per  violazione  degli  artt.  3,  4,  29  e  35  della
Costituzione.
    Il  collegio  reputa  il tema posto di assoluta rilevanza ai fini
della  presente  decisione  e  ritiene,  altresi', non manifestamente
infondata la relativa questione.
    In ordine al primo aspetto, infatti, e' di tutta evidenza come la
questione   sia  rilevante  nell'ambito  della  valutazione,  cui  e'
chiamato  questo  tribunale,  dell'istanza  avanzata  da Iorio Luigi:
anche   in   caso   di   accoglimento   della  richiesta  concernente
l'autorizzazione  ad  allontanarsi  per motivi di lavoro dal luogo di
soggiorno obbligato, infatti, tale provvedimento non avrebbe comunque
sostanziale  rispondenza  all'interesse  effettivo  del  richiedente,
considerato  che il collegio non potrebbe giammai, alla stregua della
normativa  vigente,  consentirgli  di conservare la patente di guida,
neppure al limitato fine dell'espletamento dell'attivita' lavorativa.
    Cio'  in  applicazione  della normativa sopra citata, non essendo
consentito   al   giudice   della   prevenzione  di  sindacare  sulla
possibilita'  o  meno  che  il  sottoposto mantenga o consegua ovvero
ottenga il rinnovo della patente di guida, atteso che la revoca della
stessa (o l'impossibilita' di ottenere l'abilitazione o la revisione)
e'   configurata   de   jure   condito  come  automatica  conseguenza
dell'applicazione  di  una misura di prevenzione personale, in ordine
alla quale vengono in rilievo esclusivamente le specifiche competenze
(neppure  discrezionali,  si ribadisce) dell'autorita' amministrativa
sul punto.
    Cio'  in  quanto,  come accennato, manca allo stato una specifica
disposizione  che  presti  efficace  tutela in presenza di situazioni
soggettive  straordinarie  che  richiedano  salvaguardia  in  via  di
urgenza  e  mettano  a  repentaglio  la  stessa  affermazione di beni
primari  dell'individuo  -  al  sottoposto  cui sia stata ritirata la
patente  di  guida,  come invece risulta normativamente stabilito sia
nell'art. 7-bis della legge n. 1423/1956 che nell'art. 10 della legge
n. 575/1965.
    Tali argomentazioni saranno illustrate in dettaglio innanzi.
    Ulteriore  valutazione  cui e' chiamato il giudice in questa sede
e'  quella  della  non  manifesta  infondatezza del thema decidendum,
dovendosi  comprendere  se  la normativa citata possa o meno dirsi in
violazione della Carta costituzionale e se il tema all'attenzione del
collegio  sia  o  meno  manifestamente infondato: orbene, anche sotto
questo  profilo,  il  tribunale  ritiene  di potere addivenire ad una
conclusione  positiva  in  merito alla non manifesta infondatezza del
tema,  per  cui  la  questione  va  rimessa  al  giudizio della Corte
costituzionale.
    Viene  in  primo  luogo  in  rilievo la violazione ad opera delle
disposizioni de quibus dell'art. 3 della Costituzione, norma che pone
il  fondamentale principio dell'eguaglianza formale e sostanziale dei
cittadini innanzi alla legge.
    Detta norma, sancendo una regola di parita' non solo apparente ma
anche  effettiva,  si  indirizza  a  tutte le funzioni dello Stato ed
impone  l'imparzialita'  del  legislatore  sotto  due importantissimi
aspetti,  quello del divieto di discriminazione per ragioni di sesso,
razza,  lingua,  religione, opinioni politiche e condizioni sociali e
personali,  e  quello  del  divieto  di  trattare  in  modo  difforme
situazioni  soggettive  riconoscibili come uguali, con il correlativo
divieto  di  trattare  in  modo  eguale  situazioni configurabii come
diverse.
    In  particolare,  questo secondo principio comporta l'obbligo del
legislatore  di  non  violare le regole della logica, che costituisce
invalicabile   limite   giuridico  all'esercizio  di  ogni  attivita'
discrezionale:  conseguentemente,  andra' dichiarata l'illegittimita'
delle  norme  che  appaiano prive del carattere imprescindibile della
ragionevolezza, che permea di se' l'intero sistema normativo vigente.
    Nel  caso  in esame il collegio rileva che le disposizioni citate
del  codice  della  strada  realizzano  una  vistosa violazione della
regola  di  eguaglianza  sostanziale  contenuta nel menzionato art. 3
della  Costituzione, con particolare riferimento alla norma contenuta
nell'art. 10, comma 5, della legge n. 575/1965.
    In  altre  parole, si e' di fronte ad una lesione del criterio di
ragionevolezza   derivante   dal  trattamento  completamente  diverso
riservato  dal  legislatore  a due situazioni soggettive senza dubbio
qualificabili come analoghe.
    L'art.  10  citato,  infatti,  stabilisce  che le persone cui sia
stata   applicata   con   provvedimento   definitivo  una  misura  di
prevenzione  non possono ottenere licenze o autorizzazioni di polizia
e  commercio, concessioni di acque pubbliche ovvero di beni demaniali
(allorche'    siano    richieste   per   l'esercizio   di   attivita'
imprenditoriali),  concessioni  di  costruzione  e  gestione di opere
riguardanti  la  p.a.  e  concessioni di pubblici servizi, iscrizioni
negli  albi  di  appaltatori  o di fornitori di opere, beni e servizi
riguardanti  la  p.a.  (e  nell'albo  nazionale  dei costruttori, nei
registri  della  camera  di  commercio  per l'esercizio del commercio
all'ingrosso  e  nei  registri  dei  commissionari  astatori presso i
mercati   all'ingrosso),  ne'  altre  iscrizioni  o  provvedimenti  a
contenuto   autorizzatorio,   concessorio   o   abilitativo   per  lo
svolgimento  di  attivita'  imprenditoriali comunque denominati, ne',
infine,   contributi,   finanziamenti,   mutui   agevolati  ed  altre
erogazioni dello stesso tipo (comunque denominate) concessi o erogati
da  parte  dello  Stato  o  di  altri enti pubblici o delle Comunita'
europee, per lo svolgimento di attivita' imprenditoriali.
    Il  comma  2  prevede  la  decadenza  di  diritto  dalle licenze,
autorizzazioni,  concessioni, iscrizioni, etc., nonche' il divieto di
concludere  contratti e subcontratti (di appalto, cottimo fiduciario,
fornitura  di opere, beni o servizi) con la pubblica amministrazione,
come   conseguenza   automatica   del   provvedimento  definitivo  di
applicazione della misura di prevenzione.
    Il citato comma 5 statuisce tuttavia, a fronte di una cosi' grave
limitazione delle possibilita' personali di lavoro, per le licenze ed
autorizzazioni  di  polizia (ad eccezione di quelle relative ad armi,
munizioni ed esplosivi), come pure per gli altri provvedimenti di cui
al  comma  1, la possibilita' che il giudice escluda le decadenze e i
divieti previsti dal menzionato articolo «nel caso in cui per effetto
degli   stessi   verrebbero   a  mancare  i  mezzi  di  sostentamento
all'interessato ed alla famiglia».
    Si   offre,   in  tal  modo,  al  giudice  della  prevenzione  il
potere-dovere  di  agire  -  in presenza delle condizioni di legge e,
quindi,  di  un  grave rischio di lesione degli interessi primari del
sottoposto  e  dei  congiunti  -  a  tutela proprio di tali interessi
superiori  evitando,  in tal modo, che si determini nel caso concreto
un  contrasto tra le esigenze di controllo che costituiscono la ratio
della normativa di settore e la necessita' di non incidere gravemente
sul soddisfacimento dei bisogni essenziali della persona.
    Questo  collegio,  come  detto, ritiene che le disposizioni sopra
enunciate   tratteggino   situazioni  soggettive  qualificabili  come
analoghe:  il  presupposto  comune e', infatti, l'applicazione di una
misura  di  prevenzione  personale,  ed  in entrambi i casi (ossia in
ipotesi di revoca, mancato rilascio e mancata revisione della patente
di  guida  come  pure  nelle  ipotesi  di decadenza e divieti sanciti
dall'art. 10, comma 1) si e' di fronte all'automatica impossibilita',
per  effetto  del provvedimento giurisdizionale che irroga la misura,
del soggetto di ottenere dalla pubblica amministrazione un titolo che
lo  abiliti  al  compimento  di  specifiche  attivita',  nonche' alla
decadenza  di diritto (ricostruita come revoca nel caso della patente
di guida) delle abilitazioni gia' ottenute dal sottoposto in passato.
    A  fronte  di  tale  identita'  di  presupposti  di partenza e di
conseguenze   giuridiche,   la   legge   consente  al  giudice  della
prevenzione  di  intervenire  -  attraverso una valutazione che tenga
conto  delle  circostanze  specifiche  del  singolo  caso  concreto -
escludendo  in  tutto  o  in parte i divieti e delle decadenze di cui
all'art. 10, comma 1, legge n. 575/1965.
    Cio'  qualora per effetto degli stessi si dovesse determinare una
grave compressione delle quotidiane esigenze di vita del sottoposto e
della  famiglia,  tale da configurarsi come mancanza sopravvenuta dei
mezzi di sostentamento.
    Nulla di tutto cio' e', invece, previsto in ordine alla revoca ed
al  divieto  di  rilascio e/o rinnovo della patente di guida, laddove
sarebbe  necessario  ed  opportuno,  a  giudizio  di questo collegio,
consentire   anche   in   tali   ipotesi  un  vaglio  giurisdizionale
riconoscendo  al  giudice  procedente  la possibilita' di intervenire
escludendo  -  ovviamente  all'esito  di una attenta ponderazione del
singolo caso e, lo si ripete, in presenza di situazioni straordinarie
tali    da   determinare   una   lesione   inevitabile   di   diritti
costituzionalmente  tutelati  - tali conseguenze dell'applicazione di
misura  di  prevenzione  nel  caso  in cui le stesse comportassero le
menzionate,   gravissime,  difficolta'  al  sottoposto  ed  alla  sua
famiglia.
    E'  di tutta evidenza, infatti, come il giudice della prevenzione
sia  l'unico  soggetto  che  puo'  intervenire  nel  caso concreto ed
evitare,   in   tal  modo,  il  contrasto  tra  gli  interessi  sopra
ricostruiti, entrambi in astratto meritevoli di tutela.
    La  circostanza  che  il  sistema  non  consenta  tale  evenienza
determina,  a  giudizio del collegio, una effettiva lesione di alcuni
dei   diritti   fondamentali   della  persona  tutelati  dalla  Carta
costituzionale.
    La  competenza  del  giudice procedente comporterebbe, invece, la
possibilita'  di  accertare in concreto e sulla base delle specifiche
emergenze  istruttorie in atti, se, ad esempio, gli elementi di fatto
dai   quali   e'   stata   fatta   discendere   l'affermazione  della
pericolosita'  sociale  del soggetto fossero connessi proprio all'uso
della  patente,  o  ancora  se  la  possibilita' di mantenere (ovvero
ottenere)   la  patente  di  guida  si  presenti  semplicemente  come
strumento per la tutela di diritti primari propri e della famiglia.
    In  tal senso, infatti, potrebbe verificarsi che il giudice della
prevenzione  addivenga  ad autorizzare il sottoposto alla guida anche
limitatamente alla tutela di questi diritti.
    E'  di tutta evidenza, infatti, come l'impossibilita' di detenere
una  patente  di guida appaia circostanza tale da incidere in maniera
assai  negativa  sulle quotidiane attivita' del sottoposto, giungendo
in  alcuni  casi  a  pregiudicargli  qualsivoglia  idonea prospettiva
lavorativa  e potendo in ipotesi determinare, in tal modo, l'assoluta
mancanza  dei  mezzi  di  sostentamento  allo stesso ed al suo nucleo
familiare.
    In ultima analisi, se tale evenienza viene ricondotta dalla legge
alle  decadenze  ed  ai  divieti  di  cui all'art. 10, comma 1, legge
n. 575/1965   (riguardanti  situazioni  particolari  di  persone  che
avevano   ottenuto   o   avrebbero   potuto   ottenere  provvedimenti
abilitativi  o  finanziamenti dalla p.a., ovvero ancora stipulare con
la   pubblica   amministrazione  contratti)  non  appare  ragionevole
escluderla  in  modo assoluto come conseguenza della privazione della
patente  di  guida, fatto di per se' assai piu' invasivo e limitante,
oltre  che potenzialmente destinato ad incidere sulla vita quotidiana
di un numero di certo maggiore di soggetti.
    Il  criterio  di  eguaglianza sostanziale di cui all'art. 3 della
Costituzione  subisce,  a  parere  di  questo tribunale, un ulteriore
diretto  vulnus in riferimento al raffronto tra il combinato disposto
delle  norme censurate e l'art. 7-bis della legge n. 1423/1956, nella
parte  in cui prevede che qualora ricorrano gravi e comprovati motivi
di  salute  le  persone  sottoposte  all'obbligo di soggiorno possano
essere autorizzate a recarsi in un luogo determinato fuori del comune
di residenza o di dimora abituale ai fini degli accertamenti sanitari
e delle cure indispensabili.
    La disposizione, peraltro interpretata dai giudici e dalla stessa
Corte  costituzionale  con una certa ampiezza (tanto da ricomprendere
ormai  non  solo  gli  stringenti  e  testuali  motivi  di salute del
sottoposto,  ma  anche  di  stretti  congiunti,  oltre che comprovate
esigenze  familiari,  latu sensu affettive, professionali e di tutela
del  diritto  di  difesa  mediante  la  partecipazione  ad  udienze),
consente  al giudice della prevenzione di autorizzare il sottoposto a
lasciare   il  comune  di  soggiorno  obbligato  per  sopperire  alle
menzionate  esigenze;  orbene,  l'impossibilita'  del  sottoposto  di
condurre un veicolo non puo' che incidere negativamente sul contenuto
di   tale   autorizzazione,  rendendola  in  alcuni  casi  del  tutto
inattuabile.
    E'  proprio quanto avverrebbe nel caso all'esame del collegio, in
cui   il  sottoposto,  anche  in  presenza  di  un'autorizzazione  ad
allontanarsi  dal  luogo  di soggiorno obbligato al fine di espletare
l'attivita'  lavorativa  per  la  quale  era  stato  assunto in epoca
anteriore    alla    sottoposizione    a    misura,   si   troverebbe
nell'impossibilita' concreta di giovarsene non potendo certo lavorare
come  autista  senza  poter  disporre  lecitamente  di una patente di
guida.
    Non  sorretto  da  ragionevolezza  appare, quindi, l'aver, per un
verso,  attribuito  al  giudice  il  potere-dovere  di  consentire al
sottoposto,  in  presenza  delle condizioni di legge, di allontanarsi
dal   luogo   di   soggiorno   obbligato  per  soddisfare  necessita'
evidentemente   ritenute   dal  legislatore  di  assoluta  rilevanza,
precludendogli,  per  altro verso, ogni sindacato sull'opportunita' o
meno nel singolo caso della privazione della patente di guida. Che si
presenta  come  fatto  idoneo  ad  incidere  significativamente sulla
concreta  possibilita'  di  fruizione  di  detta  autorizzazione, con
correlativo  sacrificio delle esigenze alla cui salvaguardia e' stato
dettato l'art. 7-bis.
    Il   tema  ora  posto  involge  necessariamente  la  disamina  di
ulteriori  profili  di  violazione  dei  principi sanciti dalla Carta
costituzionale.
    L'art.  4 della Costituzione sancisce, infatti, il riconoscimento
da parte della Repubblica del diritto al lavoro, promuovendo altresi'
le  condizioni che rendano effettivo tale diritto; ogni cittadino ha,
inoltre,  il dovere di svolgere, secondo le proprie possibilita' e la
propria  scelta, un'attivita' che contribuisca al progresso materiale
e spirituale della societa'.
    Quello  al  lavoro  e'  stato, dunque, individuato come un vero e
proprio   diritto,  per  sottolineare  l'imperativita'  dell'esigenza
costituzionale,  morale  e  civile,  connessa  sia  alla  pretesa del
cittadino alla creazione da parte dello Stato di occasioni di lavoro,
sia  alla  eliminazione  di  qualsivoglia  interferenza nella scelta,
nelle  modalita'  di  esercizio  e  nello  svolgimento dell'attivita'
lavorativa.
    La  disposizione  e'  attuata  dall'art. 35 della Costituzione, a
norma  del quale la Repubblica tutela il lavoro in tutte le sue forme
ed applicazioni.
    Corollario  ed  applicazione di tali principi e' proprio il fatto
che  la  legge  n. 1423/1956,  all'art. 5, comma 2, nell'ambito delle
prescrizioni  che  il  giudice  della  prevenzione  puo' applicare al
sottoposto, preveda anche quella di darsi alla ricerca di una stabile
occupazione.
    Cio'  dimostra  la  forte  valenza  risocializzatrice  del lavoro
individuata  dal  legislatore  del  1956  e  rende,  per altro verso,
contraddittorio   precludere   -   automaticamente   e  senza  alcuna
possibilita'   di  un  vaglio  giurisdizionale  -  al  sottoposto  lo
svolgimento  di  tutte le attivita' professionali che necessitino del
possesso  della  patente di guida, allorche', come nel caso in esame,
cio'   comporti,   per   la  specifica  qualifica  professionale  del
richiedente,  la  pratica  impossibilita'  di  lavorare  e  determini
conseguentemente  l'incapacita'  di fare fronte ai bisogni essenziali
del suo nucleo familiare.
    E'  evidente che la revoca ed il diniego automatico di rilascio o
rinnovo  della  patente  di  guida, per tutte le considerazioni sopra
enunciate,   comprimono   in   maniera   significativa   il   diritto
costituzionalmente   tutelato   al   lavoro,   impedendo  sovente  al
sottoposto di svolgere qualsiasi attivita' professionale che richieda
l'abilitazione  alla  guida,  ovvero  anche  solo  la  necessita'  di
spostarsi celermente da un luogo ad un altro.
    Gli   artt.   29   e  ss.  della  Carta  costituzionale,  inoltre
riconoscendo  i  diritti  della  famiglia e tracciando per i genitori
l'obbligo  di  mantenere,  istruire  ed  educare  i figli, pongono la
questione  della  compatibilita'  tra  la situazione soggettiva della
persona   sottoposta   a   misura  di  prevenzione  perche'  ritenuta
socialmente  pericolosa e l'esercizio del complesso di diritti-doveri
riconducibili alla potesta' genitoriale.
    Non  v'e'  dubbio,  infatti,  che  la privazione della patente di
guidi  si  manifesti  nella  vicenda  in  esame  come fatto idoneo ad
incidere   in   modo   assai   limitante  sull'espletamento  di  tali
diritti-doveri, primo tra tutti quello di provvedere adeguatamente al
mantenimento del nucleo familiare ed all'educazione dei figli.
    Ma,  atteso  che la sottoposizione a misura di prevenzione non e'
prevista  dall'ordinamento  come causa di perdita o sospensione della
potesta'  genitoriale  e  considerato  che  il sottoposto gode di una
certa  liberta' di movimento all'interno del comune di residenza (nel
caso  in  cui  sia  stato applicato anche l'obbligo di soggiorno) nel
rispetto  delle prescrizioni imposte con il provvedimento applicativo
della   misura   appare   necessario  contemperare  efficacemente  la
necessita'  di  controllo  del  sottoposto  ed  il suo diritto-dovere
costituzionalmente sancito di prendersi cura della famiglia.
    Cio'  nei  casi  in cui l'impossibilita' di guidare determini, in
ragione  di  peculiari  situazioni soggettive verificate in concreto,
una grave lesione di tale bene giuridico primario.
    In  conclusione,  il  collegio  dubita  che,  alla  stregua della
normativa  vigente,  i  parametri  costituzionali  innanzi  enunciati
(principio  di  eguaglianza  sostanziale,  diritto al lavoro e tutela
della  famiglia)  siano, in riferimento all'istanza avanzata da Iorio
Luigi, rispettati.
    Tale  dubbio  non  puo'  che determinare la rimessione degli atti
alla Corte costituzionale.
                              P. Q. M.
    Solleva questione di legittimita' costituzionale dell'art. 7-bis,
legge  n. 1423/1956  nella parte in cui non consente al giudice della
prevenzione  di autorizzare, in presenza di gravi e comprovati motivi
connessi  all'esercizio  di  attivita' lavorativa, il sottoposto alla
guida  di un veicolo al fine di recarsi in un luogo determinato fuori
del  comune di residenza o di dimora abituale; dell'art. 10, comma 5,
legge  n. 575/1965,  nella  parte m cui non consente al giudice della
prevenzione  di  escludere  il  ritiro,  il divieto di emissione e di
rinnovo  della  patente  di  guida  nel caso in cui per effetto degli
stessi  verrebbero a mancare i mezzi di sostentamento all'interessato
ed  alla famiglia; del combinato disposto degli artt. 120, 128 e 130,
comma  1,  lettera  b)  decreto legislativo n. 285/1992 (codice della
strada) nella parte in cui non consentono alcun sindacato del giudice
della  prevenzione in ordine alla revoca, al diniego di rilascio e di
rinnovo della patente di guida.
    Cio'   per   contrasto  con  gli  artt.  3,  4,  29  e  35  della
Costituzione.
    Sospende  la  decisione  del  giudizio in corso ed ordina che gli
atti siano trasmessi alla Corte costituzionale.
    Manda  alla  cancelleria  per  gli  adempimenti  di  rito, per la
notifica  della  presente  ordinanza  al Presidente del Consiglio dei
ministri  e  per  la  comunicazione  al  Presidente  del Senato della
Repubblica ed al Presidente della Camera dei deputati.
        Santa Maria Capua Vetere, addi' 21 novembre 2006
                       Il Presidente: Vertaldi
Il giudice estensore: Forte
07C0704