N. 182 SENTENZA 5 - 12 giugno 2007

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.

Processo  penale  -  Competenza  e  giurisdizione - Reato di indebita
  percezione  di  erogazioni  a danno dello Stato - Attribuzione alla
  competenza  del  giudice  in  composizione  collegiale  - Lamentata
  irragionevole  disparita'  di trattamento rispetto alla fattispecie
  di  cui  all'art. 640-bis  cod.  pen.,  di  competenza monocratica,
  nonche' violazione del principio del giudice naturale precostituito
  per  legge  -  Richiesta di pronuncia additiva per mere esigenze di
  coerenza  sistematica e simmetria del trattamento processuale delle
  due fattispecie - Intervento precluso alla Corte - Inammissibilita'
  della questione.
- Cod. proc. pen., art. 33-bis, comma 1, lettera b).
- Costituzione, artt. 3 e 25.
(GU n.24 del 20-6-2007 )
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
  Presidente: Franco BILE;
  Giudici:  Giovanni  Maria FLICK, Francesco AMIRANTE, Ugo DE SIERVO,
Paolo  MADDALENA,  Alfio FINOCCHIARO, Alfonso QUARANTA, Franco GALLO,
Luigi MAZZELLA, Gaetano SILVESTRI, Sabino CASSESE, Maria Rita SAULLE,
Giuseppe TESAURO, Paolo Maria NAPOLITANO;
ha pronunciato la seguente

                              Sentenza

nel   giudizio   di   legittimita'  costituzionale  dell'art. 33-bis,
comma 1,  lettera b),  del  codice  di procedura penale, promosso con
ordinanza  del  5 maggio  2005  dal Tribunale di Mantova, iscritta al
n. 482  del  registro  ordinanze  2005  e  pubblicata  nella Gazzetta
Ufficiale   della   Repubblica   n. 40   -   1ª   serie   speciale  -
dell'anno 2005.
    Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del Consiglio dei
ministri;
    Udito  nella  Camera  di  consiglio  del 4 giugno 2007 il giudice
relatore Gaetano Silvestri.

                          Ritenuto in fatto

    1. - Con ordinanza del 5 maggio 2005, il Tribunale di Mantova, in
composizione  collegiale, ha sollevato, in riferimento agli artt. 3 e
25  della  Costituzione,  questione  di  legittimita'  costituzionale
dell'art. 33-bis,   comma 1,  lettera b),  del  codice  di  procedura
penale,  nella  parte  in  cui «non comprende tra le esclusioni dalla
competenza  collegiale il reato previsto dall'art. 316-ter del codice
penale».
    Il  rimettente  procede,  per  i  delitti di cui agli artt. 640 e
316-ter del codice penale, nei confronti di un imputato la cui difesa
ha  sollevato  questione  circa  l'attribuzione  della cognizione dei
fatti al giudice collegiale, anziche' monocratico.
    Ritiene  il  giudice a quo che l'eccezione sia tempestiva, pur se
proposta   per   la   prima   volta  nel  dibattimento:  l'originaria
imputazione   comprendeva,   infatti,   anche   un  reato  di  sicura
attribuzione  del  tribunale in composizione collegiale, per il quale
il  giudice  dell'udienza  preliminare ha pronunciato sentenza di non
luogo a procedere, e pertanto l'eccezione riguardante la composizione
dell'organo  giudicante non avrebbe potuto essere utilmente sollevata
entro il termine indicato dall'art. 33-quinquies cod. proc. pen.
    Nel  merito,  il  rimettente  rileva come la fattispecie prevista
nell'art. 316-ter,  inserita  nel  capo I  del  titolo  II  del libro
secondo    del    codice   penale   (Delitti   contro   la   pubblica
amministrazione),   non   sia  compresa  nel  novero  dei  reati  che
l'art. 33-bis,   comma 1,   lettera b),   cod.   proc.  pen.  sottrae
espressamente   all'attribuzione   del   tribunale   in  composizione
collegiale.  D'altra  parte, il carattere eccezionale della norma che
disciplina  il  riparto  delle attribuzioni impedirebbe, a parere del
giudice  a  quo,  l'estensione in via interpretativa del novero delle
esclusioni.
    Su   tale   premessa,  il  rimettente  solleva  la  questione  di
legittimita'  costituzionale  di detta norma processuale, ritenendola
in  contrasto  con  il canone della ragionevolezza e con il principio
del giudice naturale.
    Sotto  il primo profilo, il giudice a quo rileva come il reato di
cui  all'art. 316-ter  cod. pen. (Indebita percezione di erogazioni a
danno dello Stato) sia generalmente considerato ipotesi sussidiaria e
residuale    rispetto    alla    fattispecie    principale   prevista
nell'art. 640-bis  cod.  pen., della quale costituisce un minus anche
con  riferimento  agli  aspetti sanzionatori (si citano, al riguardo,
Cass.,  15 ottobre  2004,  n. 43202;  Corte costituzionale, ordinanza
n. 95  del  2004),  senza  alcun  profilo  specializzante, atteso che
entrambe   le   previsioni   configurano  reati  contro  la  pubblica
amministrazione  che  possono  essere commessi da chiunque. Tuttavia,
per  effetto  della  norma censurata, la cognizione della fattispecie
sussidiaria  e  meno  grave  appartiene  al tribunale in composizione
collegiale,  mentre  la  fattispecie  piu'  ampia  e  piu'  grave  e'
attribuita alla cognizione del tribunale in composizione monocratica,
con le correlate conseguenze sul piano del trattamento processuale.
    Tale   differente   attribuzione,   a   parere   del  rimettente,
comporterebbe una disparita' di trattamento ingiustificata e priva di
ragionevolezza,  e cio' sia per quanto evidenziato nella comparazione
tra  le  fattispecie  sostanziali,  sia  perche'  la  norma censurata
introdurrebbe  una deroga immotivata al piu' importante tra i criteri
adottati  dal  legislatore  per  individuare  le ipotesi criminose da
riservare  alla  cognizione del tribunale in composizione collegiale,
vale  a  dire il «particolare allarme sociale e disvalore connesso al
reato per cui si procede».
    Secondo   il  giudice  a  quo,  la  prospettata  irragionevolezza
troverebbe  conferma,  sul piano sistematico, nel rilievo che tutti i
reati  «compresi  nel novero delle esclusioni di cui all'art. 33-bis,
lettera b),  cod.  proc.  pen., [...] pur essendo inseriti nel capo I
del titolo II del libro secondo del cod. pen. sono reati comuni e non
propri   del   pubblico   ufficiale,   cosi'   come   quello  di  cui
all'art. 316-ter cod. pen.».
    I  profili  di  contrasto  evidenziati con riferimento all'art. 3
Cost.  inciderebbero, di riflesso, sul principio sancito nell'art. 25
Cost.,  posto  che  il  rispetto  della garanzia del giudice naturale
implicherebbe   la   necessita'   che  la  legge  sul  riparto  delle
attribuzioni sia improntata a criteri di ragionevolezza.
    2.  -  E' intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei
ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello
Stato,  chiedendo che la questione di legittimita' costituzionale sia
dichiarata non fondata.
    A parere della difesa erariale, la ripartizione della «competenza
per materia» rientrerebbe nell'ambito delle valutazioni discrezionali
del  legislatore, come confermato dalla costante giurisprudenza della
Corte costituzionale, sicche' non potrebbe determinarsi disparita' di
trattamento  tra  i  cittadini  in conseguenza della diversa natura o
composizione  dell'organo  giudicante.  L'assunto  sarebbe ancor piu'
evidente  la'  dove,  come  nella  sollevata questione, si discuta di
ripartizione delle attribuzioni dell'organo giudicante, nella diversa
composizione collegiale ovvero monocratica.
    Quanto  alla prospettata violazione dell'art. 25 Cost., la difesa
dello  Stato  segnala  l'incongruenza  dell'invocato  parametro,  sul
rilievo  che  il principio della precostituzione del giudice naturale
richiederebbe  esclusivamente  che  il  giudice sia predeterminato in
base a criteri fissati a priori.

                       Considerato in diritto

    1.  -  Il  Tribunale  di  Mantova, in composizione collegiale, ha
sollevato,  in  riferimento  agli  artt. 3  e  25 della Costituzione,
questione  di  legittimita' costituzionale dell'art. 33-bis, comma 1,
lettera b),  del  codice di procedura penale, nella parte in cui «non
comprende  tra  le  esclusioni  dalla  competenza collegiale il reato
previsto dall'art. 316-ter del codice penale».
    2. - La questione e' inammissibile.
    2.1.  -  Il  petitum  dell'ordinanza di rimessione consiste nella
richiesta  di  una  sentenza additiva di questa Corte, che inserisca,
tra  le  eccezioni  alle  attribuzioni  del tribunale in composizione
collegiale  previste  dalla  lettera b)  dell'art. 33-bis  cod. proc.
pen.,  il  reato  di cui all'art. 316-ter del codice penale (Indebita
percezione di erogazioni a danno dello Stato).
    Tale  ultima  disposizione  e'  stata  aggiunta  al codice penale
dall'art. 4  della  legge 29 settembre 2000, n. 300, nel quadro delle
misure   di   adeguamento  dell'ordinamento  italiano  agli  obblighi
derivanti  dalla  Convenzione sulla tutela degli interessi finanziari
delle Comunita' europee, fatta a Bruxelles il 26 luglio 1995.
    Il  motivo  dell'inserimento  della  nuova  fattispecie penale e'
stato  quello  di  prevedere  un'idonea  sanzione  per  quei fatti di
illecita percezione di contributi pubblici che non potevano rientrare
nella  fattispecie  della  truffa  aggravata  per il conseguimento di
erogazioni  pubbliche,  di  cui  all'art. 640-bis  cod. pen. La nuova
norma  -  a  differenza  di  quella che prevede la truffa aggravata -
prescinde  dagli  artifizi o raggiri e limita la condotta incriminata
all'utilizzo  o  alla  presentazione  di dichiarazioni o di documenti
falsi  o  attestanti  cose  non  vere o all'omissione di informazioni
dovute; inoltre, non e' necessario l'evento del danno per il soggetto
passivo,  ma  e' sufficiente che l'agente consegua indebitamente, per
se'  o  per altri, contributi, finanziamenti, mutui agevolati o altre
erogazioni dello stesso tipo, comunque denominate, concessi o erogati
dallo  Stato,  da  altri  enti pubblici o dalle Comunita' europee. La
pena prevista e' la reclusione da sei mesi a tre anni, a fronte della
pena da uno a sei anni comminata dal citato art. 640-bis cod. pen.
    La  giurisprudenza  di legittimita', confortata dall'ordinanza di
questa    Corte    n. 95   del   2004,   considera   la   fattispecie
dell'art. 316-ter  cod.  pen. come sussidiaria e residuale rispetto a
quella  di cui all'art. 640-bis dello stesso codice. Da cio' nasce il
dubbio   di   legittimita'  costituzionale  prospettato  dal  giudice
rimettente,  il  quale  ritiene irragionevole che la cognizione di un
reato   sussidiario  e  residuale  sia  attribuita  al  tribunale  in
composizione  collegiale,  mentre quella del reato principale (truffa
aggravata)   rimane  di  competenza  del  tribunale  in  composizione
monocratica.
    2.2. - Occorre mettere in rilievo che l'art. 316-ter cod. pen. e'
stato  introdotto  nell'ordinamento  quando  l'art. 33-bis,  comma 1,
lettera b),  cod. proc. pen. gia' esisteva ed attribuiva al tribunale
in  composizione  collegiale, salvo alcune eccezioni, tutti i delitti
previsti dal capo I del titolo II del libro secondo del codice penale
-  che  raggruppa  le  previsioni  concernenti i delitti dei pubblici
ufficiali   contro   la  pubblica  amministrazione  -  ove  la  nuova
disposizione  e'  stata  inserita, sebbene configuri un reato comune,
come  si  evince in modo chiaro dal termine «chiunque» utilizzato per
qualificare il soggetto agente.
    La  conseguenza della singolare collocazione della norma suddetta
e'  stata che il nuovo reato ha seguito le sorti processuali di tutti
i  reati  propri  dei  pubblici  ufficiali,  a proposito dei quali il
legislatore  aveva  in  precedenza scelto in blocco la competenza del
tribunale   in   composizione   collegiale,  salvo  alcune  marginali
eccezioni, gia' tassativamente indicate nel codice di rito.
    3. - La richiesta formulata dal giudice rimettente a questa Corte
di  trasferire,  mediante  una  pronuncia additiva, la cognizione del
reato   di   cui   all'art. 316-ter  dal  tribunale  in  composizione
collegiale  a  quello  in  composizione  monocratica  e' basata sulla
ritenuta  anomalia  sistematica  della  collocazione  della  suddetta
disposizione   nel  corpo  del  codice  penale,  cui  e'  seguita  la
conseguenza   processuale   reputata   irragionevole.  La  denunciata
irragionevolezza,  con  la  connessa  violazione  dell'art. 3  Cost.,
consiste - nella prospettazione del giudice a quo - esclusivamente in
una   asimmetria   del  trattamento  processuale  del  reato  di  cui
all'art. 316-ter  cod.  pen.  rispetto  a quello riservato al delitto
previsto dall'art. 640-bis dello stesso codice.
    Il  Tribunale  rimettente  non  spiega,  tuttavia, quali principi
costituzionalmente   protetti   sarebbero   lesi  per  effetto  della
prospettata asimmetria.
    Non  e'  compito di questa Corte procedere ad aggiustamenti delle
norme  processuali  per  mere  esigenze  di  coerenza  sistematica  e
simmetria,  in  ossequio ad un astratto principio di razionalita' del
sistema  normativo, senza che si possano rilevare lesioni di principi
o regole contenuti nella Costituzione o di diritti costituzionalmente
tutelati.
    Peraltro,  un eventuale intervento additivo, come quello invocato
dal giudice rimettente, avrebbe l'effetto di eliminare un'asimmetria,
ma,  nello  stesso  tempo,  ne  introdurrebbe  un'altra,  giacche' la
fattispecie  di  cui all'art. 316-ter cod. pen. sarebbe devoluta alla
cognizione  del  giudice  monocratico con pochissime altre del capo I
(quelle  previste  dagli  artt. 329, 331, primo comma, 334 e 335 cod.
pen.),  pur  non  presentando,  rispetto  ad esse, alcuna analogia di
struttura   e   funzione.   Il   che   rende   ancor   piu'  evidente
l'inammissibilita' della questione.
    4.  -  Poiche'  l'evocazione  dell'art. 25, primo comma, Cost. e'
basata   anch'essa   sulla  presunta  irragionevolezza  della  scelta
legislativa  del  giudice  competente,  valgono  per  tale  ulteriore
censura  le  considerazioni  svolte  nei  precedenti  punti in ordine
all'inammissibilita' della questione.
                          Per questi motivi
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
    Dichiara    inammissibile    la    questione    di   legittimita'
costituzionale  dell'art. 33-bis,  comma 1, lettera b), del codice di
procedura  penale, sollevata dal Tribunale di Mantova, in riferimento
agli articoli 3 e 25 della Costituzione, con l'ordinanza in epigrafe.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede della Corte costituzionale,
Palazzo della consulta, il 5 giugno 2007.
                         Il Presidente: Bile
                       Il redattore: Silvestri
                       Il cancelliere: Milana
    Depositata in cancelleria il 12 giugno 2007.
                       Il cancelliere: Milana
07C0774