N. 493 ORDINANZA (Atto di promovimento) 15 febbraio 2007

Ordinanza  emessa  il  15  febbraio 2007 dal tribunale amministrativo
regionale  della  Sicilia  -  Sezione staccata di Catania sul ricorso
proposto  da comune di Taormina contro A.T.O. 3 - Provincia Regionale
di Messina ed altri

Giustizia  amministrativa  -  Tribunali  amministrativi  regionali  -
  Controversie  relative  alla  legittimita'  delle  ordinanze  e dei
  conseguenziali  provvedimenti  commissariali  adottati  in tutte le
  situazioni  di  emergenza dichiarate ai sensi dell'art. 5, comma 1,
  della   legge   24 febbraio  1992,  n. 225  -  Competenza,  in  via
  esclusiva,  in  primo grado, attribuita al Tribunale amministrativo
  regionale  del  Lazio  -  sede  di  Roma  - Irragionevole deroga al
  principio  della  competenza del Tribunale amministrativo regionale
  della  Regione  in  cui  il  provvedimento  e'  destinato  ad avere
  incidenza  -  Violazione  del diritto di difesa e del principio del
  giudice  naturale  -  Violazione  del  principio  del decentramento
  territoriale  della giurisdizione amministrativa - Violazione della
  norma   statutaria  che  attribuisce  al  Tribunale  amministrativo
  regionale Sicilia le controversie di interesse regionale.
- Decreto-legge  30 novembre 2005, n. 245, art. 3, commi 2-bis, 2-ter
  e 2-quater, introdotti dalla legge 27 gennaio 2006, n. 21.
- Costituzione,   artt. 3,  24,  25  e  125;  Statuto  della  Regione
  Siciliana, art. 23.
(GU n.26 del 4-7-2007 )
                IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE

    Ha pronunciato la seguente ordinanza ai sensi dell'art. 23, comma
2, legge n. 87/1953, sul ricorso n. 2630/06 R.G., proposto dal comune
di  Taormina,  rappresentato  e  difeso  dall'avv. Mario  Intilisano,
domiciliato   presso   la  segreteria  del  Tribunale  amministrativo
regionale;
    Contro  l'Ambito  territoriale  ottimale,  denominato «A.T.O. 3 -
Provincia  regionale di Messina», con sede in Messina, in persona del
legale  rappresentante  pro  tempore;  il commissario delegato per l'
emergenza  idrica  pro tempore Presidente della Regione Siciliana pro
tempore;   il   commissario   ad  acta  presso  l'Autorita'  d'ambito
dell'Ambito  territoriale  ottimale, denominato «A.T.O. 3 - Provincia
regionale  di  Messina»;  la Regione Siciliana, in persona del legale
rappresentante  pro  tempore;  tutti  rappresentati  e  difesi  dall'
Avvocatura  dello Stato, con domicilio eletto in Catania, via Vecchia
Ognina,  149,  presso  la  sua  sede; e nei confronti della Provincia
Regionale  di  Messina,  in  persona  del  legale  rappresentante pro
tempore, non costituita;
    Per l'annullamento previa sospensione:
        della   deliberazione   del   commissario   ad   acta  presso
l'Autorita'  d'ambito  dell'ATO n. 3 di Messina (nominato con decreto
del  commissario  delegato per l'emergenza idrica n. 596 del 4 aprile
2006) n. 1 del 23 maggio 2006 con la quale:
          a)   si   revocavano   le  precedenti  deliberazioni  della
Conferenza  d'Ambito  dell'A.T.O. 3 n. 1 del 9 giugno 2005, nn. 2 e 3
del 24 giugno 2005 e n. 4 del 27 settembre 2005;
          b)  si  stabiliva di affidare il servizio idrico a societa'
di  capitali  privata  da  individuarsi  a  seguito  di gara europea,
secondo  le  modalita'  prescritte  con  il  disciplinare di gara, lo
schema  di  convenzione  di  gestione  e  lo  schema  di disciplinare
tecnico;
          c)  si  approvava  il  disciplinare di gara presisposto dal
responsabile   della  segreteria  tecnica  operativa,  lo  schema  di
convenzione   di  gestione,  lo  schema  di  disciplinare  tecnico  e
costituenti  parte  integrante di tale deliberazione; si dava mandato
alla  segreteria  tecnica  operativa  di  porre  in  essere  tutti  i
provvedimenti   conseguenziali   connessi  alla  attuazione  di  tale
deliberazione  ed,  in  particolare,  di attivare le procedure per la
pubblicazione  del  disciplinare  di gara e dei relativi allegati nel
rispetto  dei termini prescritti dalla vigente normativa e, comunque,
entro il 31 maggio 2006;
          d)  si  dava,  inoltre,  mandato  alla  segreteria  tecnica
operativa   di   adottare  ogni  altro  provvedimento  connesso  alla
attuazione di tale deliberazione;
        del  bando  di gara e disciplinare di gara del 24 maggio 2006
(pubblicato  per  estratto nella GURS 1° giugno 2006 n. 22 Parte lI),
con  i  quali si indiceva una procedura concorsuale avente ad oggetto
la scelta di un soggetto qualificato per il successivo affidamento in
concessione  (in  conformita' ai principi generali dell'art. 20 della
legge  n. 36/1994  e  successivo decreto legislativo n. 152/2006, del
d.m.  22 novembre 2001 e successivo d.m. 2 maggio 2006, e a norma del
decreto legislativo 17 marzo 1995 n. 158 e dell'art. 113 comma 5-ter,
del   decreto  legislativo  n. 267/2000  e  successive  modifiche  ed
integrazioni)   della   gestione   del   servizio   idrico  integrato
(denominato  anche  SII) nell'ATO n. 3 Messina, comprendente i comuni
specificati  nella  convenzione di gestione che regola i rapporti tra
l'Autorita'  d'ambito  ed  il  gestore  allegata a tale disciplinare,
nonche'  dell'esecuzione diretta dei lavori e servizi connessi per lo
stesso ATO n. 3 Messina;
        dell'esecuzione  diretta dei lavori e servizi connessi per lo
stesso ATO n. 3 Messina;
    Visto il ricorso con i relativi allegati;
    Visti  gli atti di costituzione nel giudizio Commissario delegato
emergenza idrica - Presidenza Regione Siciliana e Regione Siciliana;
    Visti gli atti tutti della causa;
    Designato relatore per la camera di consiglio del 12 ottobre 2006
il referendario dott. Salvatore Gatto Costantino;
    Uditi  altresi'  gli  avvocati  delle  parti,  come  da  relativo
verbale;
    Ritenuto in fatto ed in diritto quanto segue:
                              In fatto
    Espone  il  comune  di  Taormina  che,  unitamente  ai  comuni di
Letojanni,  Castelmola e Giardini Naxos, promuoveva negli anni '70 la
costituzione di un consorzio per la distribuzione della rete fognante
e per la realizzazione degli impianti di depurazione e manutenzione a
servizio  dei  predetti comuni. Con decreto dell'assessore degli enti
locali della Regione Siciliana n. 385 del 30 marzo 1977 veniva quindi
costituito tra i comuni di Taormina, Castelmola, Giardini e Letojanni
il  consorzio  per  la  distribuzione  della  rete  fognante,  per la
realizzazione degli impianti di depurazione e manutenzione con sede a
Taormina.  Attraverso  contributi  statali e regionali concessi negli
anni  il  consorzio  predetto  realizzava  due  notevoli  impianti di
depurazione  per  lo  smaltimento  dei  reflui  fognari  dei predetti
quattro  comuni, localizzati uno a Nord nel territorio di fognari dei
predetti  quattro comuni veniva raggiunto a decorrere dall'anno 1995,
con costi che erano posti, per statuto, a carico dei quattro predetti
comuni consorziati in ragione della popolazione residente.
    In seguito al compimento di un procedimento di promozione privata
di  concessione  di  opera  pubblica  previsto dall'art. 42-ter della
legge   Reg.   Sic.   29 aprile  1985  n. 21  (cosi'  come  formulato
dall'art. 21  della  legge Reg. Sic. n. 4/1996 e successive modifiche
ed   integrazioni)  instaurato  dalla  Societa'  SIBA  S.p.a.  veniva
stipulato  tra  tale  Societa' e il Consorzio predetto contratto rep.
n. 69  del  20 dicembre 2001, registrato a Taormina al n. 411 in data
20 dicembre  2001, con il quale tale Consorzio demandava ed accollava
alla  Societa'  SIBA S.p.a. l'esecuzione del progetto - offerta dalla
stessa  presentato n. 1662/2000 - rev. 2 del 16 ottobre 2001 relativo
alla costruzione delle opere e la gestione per la durata di nove anni
dell'impianto  di  depurazione  Nord compresi collettori e centraline
per  l'importo  annuo  di L. 1.336.500.000 (Euro 690.244,65) compresa
IVA  al 10%, di cui L. 944.900.000 (Euro 488.000,13) per canone annuo
gestione     impianti     salvo    adeguamento    e    L. 391.600.000
(Euro 202.244,52)  per canone annuo rimborso investimenti fissando la
durata,  previo  verbale  di consegna redatto in contraddittorio, dal
1° gennaio 2002 al 31 dicembre 2010.
    Poiche'  l'art. 5  di  tale  contratto prevede che la concessione
predetta  e'  stata affidata ed accettata sotto l'osservanza assoluta
ed  inscindibile delle norme, condizioni, patti e modalita' dedotti e
risultanti  dal  progetto  del 16 ottobre 2001 e negli atti tecnici e
corredo   dello   stesso,   nelle   deliberazioni  del  consiglio  di
amministrazione  n. 49  del  21 dicembre  2000 e n. 53 del 18 ottobre
2001  nonche'  alle  condizioni,  patti  e  modalita'  previsti nella
vigente  legislazione  in  materia  di  lavori pubblici nella Regione
Siciliana,   i  comuni  di  Taormina,  Giardini  Naxos,  Letojanni  e
Castelmola   con  deliberazioni  dei  rispettivi  Consigli  Comunali,
stabilivano  il  trasferimento  della gestione del servizio idrico al
consorzio  predetto, autorizzando nel contempo il Consorzio stesso ad
attivare  il procedimento amministrativo per la sua trasformazione in
S.p.a.  a totale capitale pubblico nonche' a redigere ed approvare il
conseguente statuto e relativi atti.
    Tali    adempimenti    venivano    eseguiti   con   deliberazione
dell'assemblea  del  consorzio  predetto n. 4 del 30 agosto 2004, che
decideva la approvazione della trasformazione in S.p.a. del consorzio
stesso autorizzando il presidente di quest'ultimo a porre in essere i
conseguenti   atti   per   il   completo  perfezionamento  di  quanto
deliberato;   inoltre,   l'assemblea   del   consorzio  predetto  con
deliberazione n. 3 dell'11 maggio 2005 approvava lo schema di statuto
della  societa'  per  azioni  (con  denominazione di «Acque Pubbliche
Multiservizi  S.p.a.»  )  a  totale  capitale  pubblico  incedibile a
soggetti privati composto da n. 33 articoli.
    Espone  quindi  il  comune  ricorrente che in atto e' in corso da
parte  dei  consigli comunali dei suddetti quattro comuni consorziati
l'esame  del predetto schema di statuto della menzionata societa' per
azioni.
    Sennonche',  a mente della legge 5 gennaio 1994 n. 36 (cosiddetta
«Legge  Galli») recepita dalla legge Reg. Sic. n. 10/1999 con decreto
del  Presidente  della  Regione  Siciliana  n. 114 del 16 maggio 2000
venivano  determinati  gli ambiti territoriali ottimali; e i predetti
quattro  comuni  facenti  parte  del  consorzio  predetto  sono stati
inseriti nell'ATO n. 3 - Provincia regionale di Messina.
    Fissate,  con  successivo  decreto  del  Presidente della Regione
Siciliana  del  7 agosto  2001 le modalita' di costituzione degli ATO
per  il  governo  e  l'uso  delle  risorse idriche, la conferenza dei
sindaci  e  del  presidente  della provincia regionale di Messina con
decisione  n. 2/2001  del  9  novembre  2001 sceglieva la convenzione
quale  forma  di  cooperazione  per  la  gestione del servizio idrico
integrato   ai  sensi  dell'art. 24  della  legge  n. 142/1990,  come
recepita  dalla  legge Reg. Sic. n. 48/1991, nonche' dell'art. 30 del
decreto  legislativo  n. 267/2000;  in  data  8 luglio  2002  veniva,
quindi,  formalmente costituito l'Ambito territoriale ottimale n. 3 -
Provincia   regionale   di   Messina   con  la  sottoscrizione  della
convenzione  regolante  i  rapporti  tra  gli  enti  locali ricadenti
nell'anzidetto Ambito Territoriale. Precisa il comune di Taormina che
dell'ATO  3  -  Messina  fanno  parte  i  108  comuni ricadenti nella
provincia  regionale  di  Messina  e  che la convenzione che regola i
rapporti tra gli enti locali istituiva sette comprensori (composti da
un numero variabile di comuni) a capo di ciascuno dei quali era posto
un  comune.  A detti comprensori la convenzione anzidetta tra l'altro
attribuiva  specifici  poteri propositivi in materia di: proposta del
modello    organizzativo-gestionale    con    il    connesso    piano
economico-finanziario,  proposta  del programma degli interventi, del
piano  finanziario,  proposta dell'attivita' di controllo sui servizi
(art. 13-bis della convenzione).
    Cio' posto, il comune di Taormina espone ancora che la conferenza
dei sindaci e del presidente della provincia regionale di Messina con
deliberazione  n. 1  del  9 giugno  2005,  revocata  la deliberazione
n. 1/2004 del 22 gennaio 2004, (relativa all'affidamento del servizio
idrico integrato mediante concessione a terzi), disponeva di affidare
la  gestione  del servizio idrico integrato dell'ATO n. 3 - Messina a
una societa' a capitale interamente pubblico partecipata da tutti gli
enti  locali  dell'ATO n. 3 Messina, costituita fra i 108 comuni e la
provincia  regionale  di  Messina  ed avente ad oggetto la cosiddetta
gestione  «in  house»,  ma  faceva  salve  le  proroghe gia' concesse
dall'Assemblea all'A.M.AM. ed al Consorzio rete fognante tra i comuni
di Taormina, Giardini Naxos, Letojanni e Castelmola.
    Successivamente  la  medesima  conferenza (con deliberazione n. 2
del  24  giugno  2005) approvava lo statuto della societa' per azioni
Messina  Acque  S.p.a.  da  costituire  quale  soggetto  gestore  del
servizio   idrico   integrato   nell'ATO   n. 3  -  Messina,  con  la
ripartizione  delle  quote  sociali  ed impegnava ciascun ente locale
convenzionato  ad  approvare,  nei  rispettivi  consigli comunali, lo
statuto  della societa' per azioni Messina Acque S.p.a.; inoltre (con
deliberazione  n. 3  di pari data) approvava lo schema di convenzione
di  servizio  tra  Autorita' e soggetto gestore nell'ATO n. 3 Messina
con  relativo  disciplinare  tecnico,  impegnando ciascun ente locale
convenzionato  ad  approvare,  nei  rispettivi  consigli comunali, la
sopra  richiamata convenzione di servizio, in conformita' all'art. 18
della convenzione di cooperazione istitutiva dell'Autorita' d'ambito.
A  cio' seguiva una ulteriore deliberazione (la n. 4 del 27 settembre
2005)  con  la  quale la conferenza dava mandato ai consulenti, ad un
gruppo  di sindaci e ad un notaio di verificare in tempi ridottissimi
le   possibili   soluzioni   atte  a  pervenire  sollecitamente  agli
adempimenti  preliminari  alla  costituzione  della societa' pubblica
anche ove possibile tra i comuni che avessero espresso la volonta' in
seguito.
    A questo punto, il commissario delegato per l'emergenza idrica in
Sicilia  con  nota  prot.  n. 656 del 20 gennaio 2006 diffidava l'ATO
predetto a porre in essere entro il 31 gennaio 2006 quanto necessario
per l'affidamento del servizio idrico integrato nel medesimo ATO.
    A  fronte  di  cio',  il  presidente della provincia regionale di
Messina  convocava  piu'  volte  la  conferenza  dei  sindaci  e  del
presidente  della  provincia regionale di Messina e poneva all'ordine
del   giorno,   tra  l'altro,  la  «presa  d'atto  caducazione  delle
precedenti  delibere  relativa  alla  scelta di gestione con societa'
interamente pubblica n. 1 del 9 giugno 2005, n. 2 del 24 giugno 2005,
n. 3  del  24 giugno 2005» ma tali sedute venivano dichiarate deserte
per mancanza di quorum strutturale.
    Quindi, il Commissario delegato per l'emergenza idrica in Sicilia
con   decreto  n. 596  del  4 aprile  2006,  avvalendosi  dei  poteri
sostitutivi  e  derogatori  previsti  dalle  ordinanze n. 3189/2002 e
n. 3299/2003,   nominava   commissario  presso  l'Autorita'  d'ambito
dell'ATO  n. 3 di Messina l'avv. Giovanni Immordino con il compito di
provvedere,  in  via  sostitutiva  della conferenza dei sindaci e del
presidente  della provincia di Messina, al compimento delle procedure
per  l'affidamento  del  servizio idrico integrato entro il 30 giugno
2006, attuale scadenza dello stato di emergenza idrica nel territorio
della Regione Siciliana.
    Il  predetto  Commissario  ad  acta  presso  l'Autorita' d'ambito
dell'ATO  n. 3  di  Messina  (nominato  con  decreto  del Commissario
delegato  per  l'emergenza  idrica  n. 596  del  4 aprile  2006)  con
deliberazione n. 1 del 23 maggio 2006:
        1)  revocava  le  precedenti  deliberazioni n. 1 del 9 giugno
2005, nn. 2 e 3 del 24 giugno 2005 e n. 4 del 27 settembre 2005 della
conferenza d'ambito dell'ATO 3 di Messina;
        2)  disponeva  di  affidare  il  servizio  idrico integrato a
societa'  di  capitali  privata  da  individuarsi  a  seguito di gara
europea, secondo le modalita' prescritte con il disciplinare di gara,
lo  schema  di  convenzione  di  gestione e lo schema di disciplinare
tecnico;
        3)   approvava   il  disciplinare  di  gara  predisposto  dal
responsabile   della  segreteria  tecnica  operativa,  lo  schema  di
convenzione   di  gestione,  lo  schema  di  disciplinare  tecnico  e
l'addendum  al  piano  d'ambito  REV  3,  con  i  relativi  allegati,
costituenti parte integrante di tale deliberazione;
        4) dava mandato alla segreteria tecnico-operativa di porre in
essere  tutti i provvedimenti conseguenziali connessi alla attuazione
di  tale  deliberazione  ed, in particolare, di attivare le procedure
per la pubblicazione del disciplinare di gara e dei relativi allegati
nel  rispetto  dei  termini  prescritti  dalla  vigente  normativa e,
comunque, entro il 31 maggio 2006.
    Con  tale bando di gara e disciplinare di gara del 24 maggio 2006
(pubblicato per estratto nella GURS 1° giugno 2006 n. 22 parte II) si
indiceva  procedura  concorsuale  avente  ad  oggetto la scelta di un
soggetto  qualificato  per il successivo affidamento in concessione -
in   conformita'   ai  principi  generali  dell'art. 20  della  legge
n. 36/1994  e successivo decreto legislativo n. 152/2006, del d.m. 22
novembre  2001 e successivo d.m. 2 maggio 2006, e a norma del decreto
legislativo  17 marzo  1995  n. 158 e dell'art. 113, comma 5-ter, del
decreto  legislativo n. 267/2000 successive modifiche ed integrazioni
- della gestione del servizio idrico integrato (denominato anche SII)
nell'ATO  n. 3  Messina,  comprendente  i  comuni  specificati  nella
convenzione  di  gestione  che  regola  i  rapporti  tra  l'Autorita'
d'ambito   ed  il  gestore  allegata  a  tale  disciplinare,  nonche'
dell'esecuzione  diretta  di  lavori e servizi connessi per lo stesso
ATO n. 3 Messina.
    Pertanto,   avverso   la   suddetta  procedura  dell'ATO  rivolta
all'affidamento  in  concessione  a terzi della gestione del servizio
idrico integrato per l'intero territorio ricadente nella provincia di
Messina  per  la  durata di anni trenta senza escludere dalla gara il
territorio  dei  comuni  di  Taormina,  Giardini  Naxos,  Letojanni e
Castelmola  facenti  parte  del predetto consorzio e quindi assumendo
che  non  e'  stata  salvaguardata la forma e la capacita' gestionale
dell'esistente  consorzio ed assumendo che non e' stata rispettata la
volonta'  dei quattro comuni facenti parte del consorzio a continuare
ad  avvalersi  di  tale consorzio per la gestione del servizio idrico
integrato,  il  comune  di  Taormina, ha proposto il presente ricorso
avverso  i  suddetti  provvedimenti, meglio riepilogati nell'epigrafe
del presente atto per i seguenti motivi.
    1) Illegittimita'  derivata;  2) Eccesso di potere; 3) Violazione
di  legge;  4)  Eccesso  di  potere  in  ordine all'impossibilita' di
provvedere  nel  termine  del  30 giugno  2006; 4) (5). Violazione di
legge.  Difetto  di  motivazione.  Travisamento  dei  fatti;  5) (6).
Violazione  di legge. Difetto di motivazione. Travisamento dei fatti.
6)   (7).  Violazione  del  d.lgs.  3 aprile  2006  n. 152;  7)  (8).
Violazione  del d.lgs 3 aprile 2006 n. 152., del decreto del Ministro
dell'ambiente e della tutela del territorio del 2 maggio 2006.
    Si  sono  costituite  in  giudizio  l'Avvocatura  di  Stato  e la
societa'  ricorrente,  difendendo  la  legittimita' del provvedimento
impugnato e chiedendo il rigetto del ricorso avversario.
    Alla  Camera  di  consiglio  del  12 ottobre 2006, fissata per la
trattazione  della domanda cautelare, la causa e' stata trattenuta in
decisione.

                               Diritto

    Parte  ricorrente  impuqna  gli  atti  commissariali  inerenti la
organizzazione  e  la  attuazione di specifiche forme di gestione del
servizio idrico integrato dell'ATO 5 di Messina.
    I)  Il  ricorso  e'  rivolto  avverso  provvedimenti adottati dal
presidente  della  regione, per mezzo di proprio commissario ad acta,
nell'esercizio   dei   poteri  a  questo  conferiti  in  qualita'  di
Commissario  delegato  di  protezione  civile  per l'emergenza idrica
nella   Regione  Sicilia.  Pertanto,  il  collegio  deve  affrontare,
necessariamente   e   preliminarmente,  la  questione  relativa  alla
competenza  inderogabile recentemente attribuita al TAR del Lazio per
la cogniziorie di vicende quale quella in esame.
    Tale  competenza  sorge per effetto della norma di cui alla legge
n. 21/2006,  pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 23 del 28 gennaio
2006,  che,  all'art. 3,  per quel che qui rileva dispone...(omissis)
...  «2-bis.  In tutte le situazioni di emergenza dichiarate ai sensi
dell'art. 5,  comma  1,  della  legge  24 febbraio  1992,  n. 225, la
competenza  di  primo  grado  a  conoscere  della  legittimita' delle
ordinanze  adottate  e dei consequenziali provvedimenti commissariali
spetta  in via esclusiva, anche per l'emanazione di misure cautelari,
al  Tribunale  amministrativo  regionale del Lazio, con sede in Roma.
2-ter.  Le  questioni di cui al comma 2-bis, sono rilevate d'ufficio.
Davanti  al  giudice  amministrativo  il  giudizio  e'  definito  con
sentenza  succintamente  motivata  ai  sensi  dell'articolo 26, della
legge  6  dicembre 1971 n. 1034, e successive modificazioni, trovando
applicazione  i  commi 2 e seguenti dell'articolo 23-bis della stessa
legge.  2-quater. Le norme di cui ai commi 2-bis e 2-ter si applicano
anche  ai  processi  in  corso.  L'efficacia  delle  misure cautelari
adottate  da  un tribunale amministrativo diverso da quello di cui al
comma  2-bis  permane  fino  alla loro modifica o revoca da parte del
Tribunale  amministrativo  regionale del Lazio, con sede in Roma, cui
la parte interessata puo' riproporre il ricorso».
    Osserva  il  collegio  che  la  fattispecie  in esame e' attratta
nell'applicazione della citata legge n. 21/2006, art. 3, in quanto il
potere  amministrativo  posto  in  essere  da  parte  del Commissario
delegato rientra chiaramente nel novero delle situazioni di emergenza
dichiarate  ai  sensi  dell'art.  5, comma 1, della legge 24 febbraio
1992,   n. 225,   e   «consequenziali   provvedimenti   commissariali
applicativi».
    Il  collegio,  pertanto,  ritenendola  rilevante  ai  fini  della
decisione di assumere in ordine alla predetta trasmissione degli atti
al  Tribunale  amministrativo  regionale  Lazio  e non manifestamente
infondata,  solleva  questione  di  legittimita'  costituzionale  del
predetto  art. 3,  e  segnatamente del comma 2 nelle sottonumerazioni
bis,  ter,  quater,  come sara' esposto nei seguenti paragrafi e come
gia'  fatto  in  ordine  ad altra fattispecie per la cui decisione e'
venuta  in  rilievo  la medesima norma (cfr. Tribunale amministrativo
regionale Sicilia, I, ord. n. 90 del 7 marzo 2006).
    I)  La  rilevanza  della  questione  ai  fini  della decisione da
assumere e' di tutta evidenza. Il collegio sarebbe tenuto, sulla base
della    normativa   sopravvenuta   -   ove   non   dubitasse   della
incostituzionalita'   di  essa  e  quindi  non  ritenesse  necessario
investire  il  Giudice  delle  leggi  della  relativa  questione  - a
trasmettere gli atti al Tribunale amministrativo regionale del Lazio.
    Non  vale  a  mutare  la superiore considerazione il fatto che il
giudizio sia stato chiamato ad essere trattato in camera di consiglio
per  la sua sola domanda cautelare, posto che la chiara dizione delle
disposizioni  in  esame  non  lascia adito a dubbi e, per effetto del
combinato  disposto  di  cui  all'art. 21  e 26 della legge Tribunale
amministrativo regionale ivi richiamato, anche in sede di trattazione
cautelare  il  collegio  dovrebbe  con  sentenza  breve dichiarare la
competenza  del Tribunale amministrativo regionale Lazio e concludere
il  giudizio,  salva  la  riassunzione di esso di fronte al Tribunale
amministrativo regionale competente, normativamente prevista.
    II)  Circa  la  non manifesta infondatezza e le ragioni che fanno
sospettare  le  norme  in  esame  di  incostituzionalita', osserva il
collegio  che  la  normativa introdotta dal legislatore con l'art. 3,
comma   2,  da  bis  a  quater,  della  legge  n. 21/2006,  contrasta
innanzitutto con l'art. 125 della Costituzione, e segnatamente con il
principio  della articolazione su base regionale degli organi statali
di  giustizia  amministrativa  di  primo  grado  ivi espressa («Nella
Regione  sono  istituiti  organi di giustizia amministrativa di primo
grado,  secondo  l'ordinamento  stabilito da legge della Repubblica»)
che  implica  il  rilievo e la garanzia costituzionale della sfera di
competenza dei singoli organi predetti.
    Non  appaiono,  all'evidenza,  manifeste  o  comunque sufficienti
ragioni logiche o di coerenza istituzionale per derogare a tale sfera
di  competenze  costituzionalmente  garantita  nella  materia  di cui
trattasi  quando,  come  nel  caso in esame, le singole situazioni di
emergenza   hanno   rilievo   spiccatamente  locale  con  conseguente
efficacia  locale  dei  relativi  provvedimenti adottati dai soggetti
delegati  alla  cura  delle  varie  situazioni emergenziali, anche se
(arg.   ex  art. 2,  comma  1,  lett.  c,  della  legge  n. 225/1992,
richiamato  dall'art. 5,  comma 3, legge cit.) essi sono adottati per
fare  fronte  a  situazioni che «per intensita' ed estensione debbono
essere fronteggiate con mezzi e poteri straordinari».
    III)   Anzi,   sotto   questo   aspetto,  la  norma  e'  altresi'
contraddittoria  ed  irrazionale  in  quanto  sottopone  al  medesimo
trattamento  processuale  situazioni  disparate  e  differenti tra di
loro.
    In  questo quadro, l'art. 5 comma 1 della legge 24 febbraio 1992,
n. 225, richiama, ai fini della applicazione dell'intera disposizione
normativa,  i  casi  in cui (ex art. 2, comma 1, lett. c, della legge
n. 225/1992)   sia   necessario   fare  fronte  con  mezzi  e  poteri
straordinari  alle  calamita' naturali, catastrofi o gli altri eventi
che  richiedano  tale  intervento  per  intensita'  ed estensione. La
previsione  di  cui  alla  legge  n. 21/2006 radica la competenza del
Tribunale  amministrativo  regionale Lazio in tutti i casi in cui sia
dichiarato  lo  stato  di  emergenza ai sensi del comma 1 dell'art. 5
appena  citato  e  quindi  con  esclusione  dei casi di intervento di
protezione  civile  per  gli  eventi  che  possano  essere affrontati
mediante  interventi  attuabili  dai  singoli  enti e amministrazioni
competenti  in  via  ordinaria  (art. 2,  lett.  a)  e  di quelli che
richiedano intervento coordinato di questi ultimi (art. 2, lett. b).
    Quindi  il  sistema della protezione civile e' articolato in vari
livelli  di  intervento,  contraddistinti dal corrispondente grado di
ampiezza  della  situazione  emergenziale. Sicche' per ogni tipologia
territoriale   e  «qualitativa»  della  situazione  di  emergenza  e'
chiamato ad intervenire in merito il «livello» di governo piu' vicino
alla  concreta  dimensione  delle  comunita'  colpite  e della natura
dell'emergenza,  secondo un chiaro criterio di sussidiarieta' e senza
escludere - funzionalmente e residualmente - che determinate funzioni
siano   «trasversali»   ossia   comprendano  le  competenze  di  piu'
amministrazioni o livelli di governo.
    A  fronte  di  questa  multiformita'  possibile di manifestazioni
concrete   dell'esercizio   del   potere,   la   regola  generale  di
ripartizione  delle  competenze  delineata  dagli artt. 2 e ss. della
legge Tribunale amministrativo regionale appresta una tutela coerente
con  l'art. 125 della Costituzione: derogando ad essa, l'art. 3 della
legge  n. 21/2006, contraddittoriamente ed immotivatamente assegna ex
lege   rilevanza   nazionale   a   qualsiasi   controversia   insorga
nell'esercizio  del  potere  di  protezione civile, facendo leva solo
sulla  necessita'  che  esso presupponga l'intervento extra ordinem e
quindi  a dispetto dell'articolazione del potere previsto dalla legge
n. 225/1992,  posto  che assegna la competenza funzionale a conoscere
delle  relative questioni al Tribunale amministrativo regionale Lazio
(e  quindi  spinge  l'interprete  a dover ritenere che il legislatore
abbia  cristallizzato  una  valutazione  di  rilevanza  nazionale  di
qualsiasi   questione,   inerente   la  protezione  civile,  richieda
interventi  extra  ordinem).  Vengono  cosi' attratte alla competenza
funzionale  dell'unico giudice nazionale, anche tutte le questioni di
entita'  ed  effetti  manifestamente  circoscritti alla sola parte di
territorio  regionale interessata dall'emergenza locale, specialmente
quando si verte in ordine a provvedimenti commissariali applicativi o
esecutivi  dell'ordinanza  che dichiara l'emergenza ai sensi del piu'
volte citato art. 5, senza alcuna logica o esigenza reale che imponga
una valutazione «accentrata» di esse.
    Il  problema  acquista  uno  spessore  considerevole  se  solo si
riflette  sul  fatto  che, «ordinariamente», tali provvedimenti extra
ordinem delegano quali commissari per l'emergenza il presidente della
regione  o  altri  organi  locali  gia'  titolari di poteri propri in
quella  materia; in tal senso, spesso non fanno altro che «istituire»
poteri  e  programmi  di  emergenza  affidandoli quindi (per nomina o
delega),  a  quegli  stessi organismi regionali o comunque locali che
con  i  poteri  ordinari  loro  conferiti  dall'Ordinamento non hanno
saputo fare fronte alle cause che hanno determinato l'emergenza (come
il   caso   dell'emergenza   rifiuti   o   dell'emergenza  idrica,  o
dell'emergenza  traffico).  Pertanto,  l'effetto  di  tale  prassi e'
essenzialmente   quello  di  rendere  i  provvedimenti  degli  organi
regionali «rafforzati» sotto il profilo della capacita' di derogare a
norme   dell'Ordinamento;   a   tale   gia'  rilevante  «alterazione»
dell'Ordinamento  medesimo, si aggiunge quindi una ulteriore «tutela»
giurisdizionale,  sottraendo  la  cognizione  della lite ai Tribunale
amministrativo  regionale  regionali  su  provvedimenti  che  sono  e
restano  a  tutti gli effetti locali per provenienza soggettiva oltre
che  per  effetti, per affidarla ad un unico giudice nazionale con il
quale essi non hanno alcun collegamento «naturale».
    Appare  utile  rilevare,  in  questa sede, come la giurisprudenza
della Corte costituzionale abbia espressamente riconosciuto che:
        con  l'art.  5  della legge n. 225 del 1992, e' attribuito al
Consiglio  dei Ministri il potere di dichiarare lo stato di emergenza
in ipotesi di calamita' naturali, ed a seguito della dichiarazione di
emergenza,  e  per  fare  fronte  ad  essa,  lo stesso Presidente del
Consiglio  dei  Ministri  o,  su sua delega, il Ministro dell'interno
possano  adottare  ordinanze  in deroga ad ogni disposizione vigente,
nel rispetto dei principi generali dell'ordinamento giuridico;
        l'art. 107, comma 1, lettere b) e c), del decreto legislativo
31   marzo   1998,   n. 112   (Conferimento  di  funzioni  e  compiti
amministrativi  dello  Stato  alle  regioni  ed  agli enti locali, in
attuazione del capo I della legge 15 marzo 1997, n. 59), a sua volta,
chiarisce  che  tali funzioni hanno rilievo nazionale, escludendo che
il   riconoscimento   di   poteri  straordinari  e  derogatori  della
legislazione vigente possa avvenire da parte di una legge regionale;
        queste  ultime  due  previsioni,  inoltre,  sono  gia'  stata
ritenute  dalla  Corte costituzionale (sentenza n. 327 del 2003) come
espressive   di   un   principio  fondamentale  della  materia  della
protezione  civile,  sicche'  deve  ritenersi  che esse delimitino il
potere normativo regionale, anche sotto il nuovo regime di competenze
legislative  delineato  dalla  legge  costituzionale 18 ottobre 2001,
n. 3 (modifiche al titolo V della parte seconda della Costituzione).
    Alla  luce  di  quanto  sopra  ricordato,  la Corte ha dichiarato
illegittimo  l'art.  4,  comma  4, della legge della Regione Campania
n. 8  del  2004, nella misura in cui essa ha attribuito al sindaco di
Napoli  i  poteri  commissariali  dell'ordinanza n. 3142 del 2001 del
Ministro  dell'interno,  dopo  la  scadenza  della emergenza alla cui
soluzione  tale ordinanza era preordinata, in quanto in contrasto con
l'art. 117, terzo comma, della Costituzione (Corte cost. n. 82/2005).
    Tale   ragionamento   comporta   che,  in  relazione  alla  legge
n. 225/1992  ed  all'art. 107,  comma  1,  lettere  b)  e  c)  d.lgs.
n. 112/1998,  possiedono  rilievo  nazionale «solamente» il potere di
dichiarare lo stato di emergenza e quello, distinto dal primo seppure
ad    esso   finalisticamente   connesso,   di   derogare   a   norme
dell'ordinamento.
    Ne  consegue  dunque che, sotto questo profilo, la norma in esame
e'  irragionevole  per contraddittorieta' e disparita' di trattamento
processuale,  poiche'  utilizza  lo stesso trattamento per situazioni
del  tutto  differenti  quanto  ad  ambito  territoriale  e livello e
qualita'  degli  interessi  pubblici coinvolti, nonche' per contrasto
con  l'art. 117  della  Costituzione, poiche' implicitamente, finisce
per  attribuire rilievo nazionale anche alle questioni riservate alla
competenza regionale.
    IV)  Ancora, l'aggravio della tutela giurisdizionale, soprattutto
ove,  come  nella  specie, esso non sia giustificato da una effettiva
natura accentrata (o dall'efficacia estesa a tutto il territorio) dei
provvedimenti  sui quali deve esercitarsi la cognizione del Tribunale
amministrativo   regionale   Lazio,   comporta   indubbia  violazione
dell'art. 24 della Costituzione, in particolare della possibilita' di
tutela  dei  propri  diritti  ed  interessi enunciata al primo comma;
detta   tutela   ne   risulta  minorata,  per  la  evidente  maggiore
difficolta'  di  esercitare  le  relative  azioni presso il Tribunale
amministrativo  regionale  del  Lazio piuttosto che presso gli organi
giurisdizionali localmente istituiti.
    Cio'  vale  sia per la fase transitoria in cui i giudizi pendenti
trasmigrano  al Tribunale amministrativo regionale del Lazio, sia per
le  nuove  controversie  che  secondo  la  nuova normativa dovrebbero
essere  ab  initio  instaurate  presso detto Tribunale amministrativo
regionale
    V)  Altro  profilo  di incostituzionalita' va ravvisato, inoltre,
nella violazione del principio del giudice naturale precostituito per
legge,  di  cui  all'art. 25  della  Costituzione.  Nelle  precedenti
ordinanze  della sezione, sollevate in ricorsi introdotti prima della
legge  in  esame,  si  e'  rilevato  che  la norma costituzionale ora
citata,  stabilendo  che  «nessuno  puo'  essere distolto dal giudice
naturale  precostituito  per  legge»,  esclude,  come la stessa Corte
costituzionale  afferma,  «che vi possa essere una designazione tanto
da  parte del legislatore con norme singolari, che deroghino a regole
generali,  quanto  da  altri  soggetti,  dopo che la controversia sia
insorta (sentenze n. 419 del 1998; n. 460 del 1994 e n. 56 del 1967»;
il principio e' in tali termini, e con tali citazioni dei precedenti,
richiamato nella sentenza della Corte n. 393 del 2002).
    Come   la  Corte  ha  insegnato,  perche'  tale  principio  possa
considerarsi  rispettato occorre che «... la regola di competenza sia
prefissata   rispetto  all'insorgere  della  controversia»  (sentenza
n. 193  del 2003); e basta scorrere le numerose decisioni della Corte
costituzionale  in  materia  di  principio  del  giudice naturale per
rilevare che e' proprio la preesistenza della regola che individua la
competenza  rispetto  al giudizio il criterio fondamentale in base al
quale sono state valutate le questioni sollevate.
    Tale  profilo di incostituzionalita' si apprezza particolarmente,
ad avviso del collegio, anche nel caso in cui il giudizio sia insorto
-  come nel caso di specie - dopo la entrata in vigore della norma in
esame.
    Infatti,  come detto sopra, la ripartizione regionale del giudice
amministrativo   e'  espressamente  contemplata  dalla  Costituzione,
all'art.  125  .  Tale  previsione consente di ritenere valorizzato a
livello  costituzionale  il  principio  del  giudice naturale su base
«regionale»   per   le   controversie   inerenti   la   giurisdizione
amministrativa  di  primo  grado  e  dunque  una  legge ordinaria che
sottragga  a tale previsione la cognizione di una o piu' materie, per
concentrarle presso un unico giudice «nazionale» di primo grado senza
che  sussista  una  effettiva e ragionevole necessita', in tal senso,
costituisce  sicura violazione del principio del giudice naturale per
come cosi' precostituito.
    Ricorrono  palesemente,  dunque,  le medesime considerazioni che,
precisamente,  la  sentenza della Corte costituzionale n. 41 del 2006
afferma,  anzi, ribadisce (come testualmente essa si esprime, citando
sentenze  precedenti  in  termini),  che  «alla  nozione  del giudice
naturale   precostituito  per  legge  non  e'  affatto  estranea  «la
ripartizione  della  competenza  territoriale tra giudici, dettata da
normativa   nel   tempo  anteriore  alla  istituzione  del  giudizio»
(sentenze   n. 251   del   1986  e  n. 410  del  2005)»  con  l'ovvia
precisazione  che  per normativa nel tempo anteriore alla istituzione
del giudizio si deve intendere non solo quella della legge ordinaria,
ma anche (ed a maggior ragione) quella costituzionale.
    VI)  Da  ultimo,  si  rileva un aspetto diverso che si riconnette
ancora  al tema del giudice naturale, e che deriva in via immediata e
diretta  dall'analisi  appena  esposta.  La  norma in esame, infatti,
viola   l'art. 23   dello   Statuto   della  Regione  Sicilia  (legge
costituzionale  n. 2  del  26  febbraio 1948) a norma del quale: «Gli
organi  giurisdizionali  centrali  avranno  in  Sicilia le rispettive
sezioni  per  gli  affari  concernenti  la  Regione.  Le  sezioni del
Consiglio  di  Stato  e della Corte dei conti svolgeranno altresi' le
funzioni, rispettivamente, consultive e di controllo amministrativo e
contabile.  I  magistrati  della  Corte  dei  conti sono nominati, di
accordo, dai Governi dello Stato e della regione.
    I  ricorsi amministrativi, avanzati in linea straordinaria contro
atti  amministrativi  regionali,  saranno decisi dal Presidente della
Regione  sentite  le  sezioni regionali del Consiglio di Stato». Tale
norma  e'  stata «interpretata» dall'art. 5 del d.lgs. 6 maggio 1948,
n. 654,  contenente norme per l'esercizio delle funzioni spettanti al
Consiglio  di  Stato  nella  Regione Sicilia, il quale prevede che il
Consiglio  di giustizia esercita le attribuzioni devolute dalla legge
al Consiglio di Stato in sede giurisdizionale nei confronti di atti e
provvedimenti  definitivi  «dell'amministrazione  regionale  e  delle
altre  autorita'  amministrative  aventi  sede  nel  territorio della
Regione».
    Osserva  il  collegio  che  gia'  con  «la  sentenza  della Corte
costituzionale   in   data   12   marzo   1975,   n. 61,  dichiarando
l'illegittimita'  costituzionale delle limitazioni poste dall'art. 40
legge  6  dicembre  1971,  n. 1034,  alla  competenza  del  Tribunale
amministrativo regionale Sicilia, e' stato ritenuto che siano state a
quest'ultimo  conferite  tutte  le controversie d'interesse regionale
considerate  tali dall'art. 23, comma 1, d.l. 15 maggio 1946, n. 455,
comprendendosi   in   tale   categoria   le   controversie  sorte  da
impugnazione  di  atti  amministrativi  di  autorita' centrali aventi
effetti  limitati al territorio regionale ovvero concernenti pubblici
dipendenti  in  servizio  nella  Regione Siciliana» (Consiglio Stato,
sez. VI, 26 luglio 1979, n. 595).
    Quindi  la  legge  n. 21/2006,  in  esame,  e' costituzionalmente
illegittima  anche nella sua parte in cui, in violazione dell'art. 23
dello  statuto  regionale,  sia nella sua formulazione letterale, che
nella   interpretazione   pacifica   che   di  esso  ha  maturato  la
giurisprudenza,   anche   costituzionale,  riserva  al  Consiglio  di
giustizia   amministrativa   ed   in   primo   grado   al   Tribunale
amministrativo  regionale Sicilia, la competenza a conoscere circa le
controversie   sorte   da  impugnazione  di  atti  amministrativi  di
autorita' centrali aventi effetti limitati al territorio regionale.
    Se  le  controversie quali quella in esame fossero sottratte alla
competenza  del  Tribunale amministrativo regionale Sicilia, in primo
grado  e,  affidate  alla  cognizione  dal  Tribunale  amministrativo
regionale Lazio, fossero decise da quest'ultimo, si radicherebbe, per
tale  motivo,  la  cognizione  sulla lite in appello del Consiglio di
Stato  e  non della sua Sezione costituita dal Consiglio di giustizia
amministrativa  per  la Regione Sicilia, avente competenza funzionale
sulle  liti  rientranti  nella previsione statutaria siciliana appena
citata.  Per  mero  scrupolo  espositivo,  si  deve  rilevare  che in
proposito  non  potrebbe  obiettarsi  che  la  norma «sposta» solo la
cognizione  della  lite  nel  primo  grado di giudizio, facendo salva
quella  d'appello:  se  cosi' fosse, per la Regione Sicilia, la norma
dovrebbe   essere   ulteriormente   tacciata  di  irragionevolezza  e
contraddittorieta'  perche'  la  medesima  questione, decisa in primo
grado   al   Tribunale   amministrativo   regionale   Lazio,   quindi
«concentrata»  in capo all'«unico giudice» per la sua (cristallizzata
dal legislatore) rilevanza nazionale, tornerebbe ad essere poi decisa
in  appello  da  una  articolazione  regionale del giudice di secondo
grado,  senza  quindi  che  abbia  piu'  valenza  alcuna  la ritenuta
«centralita»   della   vicenda,   con   evidenti  ed  incomprensibili
«trasmigrazioni»  giudiziarie «vettoriali» della lite dalla Sicilia a
Roma (per il primo grado) e da Roma a Palermo (per il secondo grado).
    Intuitivamente, dunque, questa ipotetica obiezione presterebbe il
fianco ad ulteriori argomenti di censura anche sotto il profilo della
effettivita' della tutela del diritto alla difesa gia' trattato prima
(nel  senso  di  obbligo  di  non  aggravamento) e, quindi, anche del
giusto  processo ex art. 111 Cost. in termini di tempi decisionali ed
adempimenti del processo.
    VII)  Per  tute  le  esposte  considerazioni,  deve sollevarsi la
questione  di  legittimita'  costituzionale dell'art. 3, comma 2-bis,
comma  2-ter, comma 2-quater, legge n. 21/2006, per contrasto con gli
artt. 3,  125,  24  e  25  della  Costituzione  e  per  contrasto con
l'art. 23 dello statuto della Regione Sicilia.
    Deve  pertanto  essere  disposta  la trasmissione degli atti alla
Corte  costituzionale  per  la  decisione della predetta questione di
legittimita' costituzionale, sospendendosi il giudizio instaurato con
il  ricorso  in  epigrafe, fino alla restituzione degli atti da parte
della medesima Corte.
                              P. Q. M.
    Solleva,  ritenutala  rilevante  e  non manifestamente infondata,
questione  di  legittimita'  costituzionale dell'art. 3, comma 2-bis,
comma  2-ter, comma 2-quater, legge n. 21/2006, per contrasto con gli
artt. 3,  125,  24  e  25  della  Costituzione  e  per  contrasto con
l'art. 23 dello statuto della Regione Sicilia.
    Dispone,  a  norma  dell'art. 23/2  legge n. 87/1953, l'immediata
trasmissione degli atti alla Corte costituzionale.
    Il  giudizio  resta  sospeso sino alla restituzione degli atti da
parte della Corte costituzionale.
    Manda   alla   segreteria  di  notificare  copia  della  presente
ordinanza  alle  parti  in  causa,  al  Presidente  del Consiglio dei
ministri, nonche' ai Presidenti delle due Camere del Parlamento.
    Cosi'  deciso  in  Catania,  in  Camera  di consiglio, in data 12
ottobre 2006.
                       Il Presidente: Zingales
L'estensore: Gatto Costantino
07C0868