N. 235 SENTENZA 18 - 26 giugno 2007

Giudizio per conflitto di attribuzioni fra Enti.

Regione  Veneto - Consiglio regionale - Immunita' dei consiglieri per
  opinioni  espresse  nell'esercizio  delle  funzioni  - Citazione in
  giudizio  del  Presidente  della Regione per risarcimento dei danni
  conseguenti  ad  asserita  diffamazione  nei  confronti  di terzi -
  Conflitto  di  attribuzione  sollevato  dalla  Regione - Denunciata
  lesione  delle  prerogative  di insindacabilita' dei componenti dei
  Consigli     regionali     e     delle    attribuzioni    regionali
  costituzionalmente  garantite  -  Inidoneita' dell'atto, non avente
  contenuto  decisorio,  a determinare un conflitto di attribuzione -
  Inammissibilita' del ricorso.
- Atto di citazione 23 ottobre 2000.
- Costituzione, artt. 121, 122, comma quarto, e 123.
(GU n.26 del 4-7-2007 )
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
  Presidente: Franco BILE;
  Giudici:  Giovanni  Maria FLICK, Francesco AMIRANTE, Ugo DE SIERVO,
Paolo  MADDALENA,  Alfio FINOCCHIARO, Alfonso QUARANTA, Franco GALLO,
Luigi MAZZELLA, Gaetano SILVESTRI, Sabino CASSESE, Maria Rita SAULLE,
Giuseppe TESAURO, Paolo Maria NAPOLITANO;
ha pronunciato la seguente

                              Sentenza

nel  giudizio  per conflitto di attribuzione tra enti sorto a seguito
degli  atti  adottati dal Tribunale di Padova nel procedimento civile
pendente  tra il prof. Germano Grassivaro e il dott. Giancarlo Galan,
Presidente  della  Regione  Veneto,  avente ad oggetto l'accertamento
della  responsabilita'  civile  del  dott.  Galan  quale autore delle
dichiarazioni  rese nel corso della 11ª seduta pubblica del Consiglio
regionale  del Veneto del 30 ottobre 1995, promosso con ricorso della
Regione  Veneto  notificato il 3 febbraio 2006 e il 23 febbraio 2007,
depositato  in  cancelleria  l'8 febbraio  2006  e  il 1° marzo 2007,
iscritto al n. 2 del registro conflitti tra enti 2006.
    Udito   nell'udienza   pubblica  dell'8 maggio  2007  il  giudice
relatore Paolo Maria Napolitano;
    Uditi  gli avvocati Mario Bertolissi e Luigi Manzi per la Regione
Veneto.

                          Ritenuto in fatto

    1.  -  La  Regione Veneto, con ricorso notificato alla Presidenza
del  Consiglio dei ministri in data 3 febbraio 2006 e al Tribunale di
Padova   in   data   23 febbraio   2007,  ha  proposto  conflitto  di
attribuzione  nei  confronti  dello  Stato  con  riguardo al giudizio
civile,  pendente  di  fronte  al  Tribunale di Padova, relativo alla
pretesa  risarcitoria  avanzata  dal  prof.  Germano  Grassivaro  nei
confronti del dott. Giancarlo Galan, Presidente della Regione Veneto,
in  relazione a talune dichiarazioni, ritenute dall'attore lesive del
suo  onore  e  della sua reputazione, rese dal convenuto nel corso di
una seduta pubblica del Consiglio regionale del Veneto.
    1.1. - In fatto la ricorrente premette che:
        durante la seduta pubblica del Consiglio regionale del Veneto
del  30 ottobre  1995,  nel corso della quale si doveva deliberare in
merito  all'affidamento  di  taluni  incarichi di direzione di alcune
strutture   amministrative   regionali,   un  consigliere  regionale,
rilevato  che  nella edizione di quel giorno di un diffuso quotidiano
locale  era  stata  pubblicata  una intervista resa dal prof. Germano
Grassivaro  estremamente  critica  in  ordine alla individuazione del
destinatario  di uno degli incarichi in questione, aveva chiesto alla
Giunta chiarimenti;
        intervenendo nel dibattito consiliare per rendere i richiesti
chiarimenti,  il Presidente della Regione, dott. Galan, aveva esposto
le ragioni, di carattere personale, che, a suo dire, avevano motivato
l'astiosa  critica  nei confronti della persona designata a ricoprire
l'incarico conferito dalla Regione;
        con  riguardo  a  tali  dichiarazioni,  svolte  nella  seduta
consiliare  e  premesse  al voto, il prof. Grassivaro, assumendone il
contenuto  diffamatorio,  conveniva  in  giudizio  il dott. Galan per
ottenerne la condanna al risarcimento del danno patito;
        pur   avendo   il  convenuto  eccepito,  nel  costituirsi  in
giudizio,  fra le altre difese, la «improponibilita' della domanda ex
art. 122, comma quarto, Cost.», il giudice istruttore «a piu' riprese
evitava  di pronunciarsi» su di essa, rinviando, infine, alla udienza
del 18 maggio 2006, per la precisazione delle conclusioni;
        informata,  infine,  della pendenza di detto procedimento, la
Regione,  con  la  deliberazione  della Giunta n. 3730 del 6 dicembre
2005,  ha  autorizzato  la  proposizione del ricorso per conflitto di
attribuzione,  ritenendo  che  «l'attivazione del procedimento civile
[avesse]  inciso  in  via diretta sull'autonomia del Presidente della
Regione e in via mediata sulla autonomia costituzionalmente garantita
alla   Regione,   in  violazione  degli  artt. 121-122  e  123  della
Costituzione» risultando, piu' in generale, «compromesso il principio
secondo  il  quale  l'esercizio  delle  funzioni  di Presidente della
Regione  (stante  il rilievo costituzionale dell'autonomia regionale)
non puo' essere sindacato da organi giurisdizionali».
    2.  -  Tanto premesso, la difesa della ricorrente Regione osserva
che,  se nel merito e' del tutto evidente la violazione dell'art. 122
della  Costituzione,  in quanto le dichiarazioni oggetto del giudizio
civile   sono   state   rese  in  una  pubblica  udienza  consiliare,
nell'esercizio  di  funzioni amministrative di organizzazione interna
costituzionalmente  assegnate  alla  Regione e regolate dallo Statuto
(sentenze  nn. 276  e 76 del 2001, n. 391 del 1999), la questione, in
limine litis, presenta profili «di assoluta singolarita».
    Infatti,  nel  caso  di specie, si intende attivare la tutela che
l'art. 122  della Costituzione prevede per i consiglieri regionali, a
fronte  non  di  un  atto  costituente  esercizio della giurisdizione
penale  o  contabile,  ma nella pendenza di un giudizio civile, ancor
prima  di una decisione di merito da parte del giudicante. Si tratta,
pertanto,  di  valutare  quale  sia  il momento in cui in un giudizio
civile  ci  si  trovi  di  fronte  ad  un atto statale invasivo della
autonomia regionale.
    2.1.  -  «Al  fine  di  circoscrivere  l'area  di  incertezza» la
ricorrente  Regione  ritiene utile fissare, ricostruendoli sulla base
di quanto desume dalla giurisprudenza di questa Corte e «con l'avallo
della  migliore  dottrina»,  una  serie di «punti fermi» formatisi in
materia, di seguito riportati:
        a) l'esonero  dalla  responsabilita'  dei  componenti  di  un
organo  e'  funzionale  alla  tutela  dei  compiti  di rappresentanza
politica   dell'organo   stesso;   b)  attraverso  la  lesione  delle
prerogative  di  cui  all'art. 122, quarto comma, della Costituzione,
sono  violati anche gli artt. 121 e 123 della Costituzione, posto che
i  limiti  alla  espressione  di  opinioni  e  voti  del  consigliere
regionale   pregiudicano  l'intera  organizzazione  del  Consiglio  e
l'esercizio,  costituzionalmente protetto, delle sue funzioni; c) gli
artt. 68   e  122  della  Costituzione  creano  «eccezionali  deroghe
all'attuazione     della     funzione     giurisdizionale»,    poste,
rispettivamente,  a  salvaguardia  del  Parlamento e delle «autonomie
costituzionalmente  garantite»;  d)  le  prerogative previste da tali
disposizioni   soggiacciono   a   principi   fra  loro  analoghi;  e)
l'immunita'  anche  del  consigliere  regionale  comporta,  nei  suoi
confronti,   «la  carenza  di  potere  giurisdizionale»,  di  talche'
l'esercizio  di  quest'ultimo si traduce nell'alterazione dell'ordine
costituzionale  delle  competenze;  f)  la  immunita' del consigliere
regionale riguarda ogni tipo di responsabilita'; g) compresa, quindi,
quella  civile;  h)  il  conflitto  di  attribuzione  fra enti, dalla
originaria  configurazione  di  tipo  soggettivo, e' approdato ad una
configurazione   oggettiva   riguardante   «non  la  spettanza  della
competenza,  ma  il modo di esercizio [...] di essa»; i) il conflitto
di  attribuzione  puo'  originare  anche da atti giurisdizionali o da
atti    «comunque   strumentali   all'esplicazione   delle   funzioni
giurisdizionali»;  l)  nella  progressiva  estensione del concetto di
atto invasivo, sono stati fatti rientrare «comportamenti concludenti,
non  estrinsecantisi in atti formali», atti interni, atti preparatori
e  comportamenti omissivi, tanto che si e' affermato che il conflitto
e'  divenuto strumento di garanzia anticipata rispetto ad una lesione
anche  solo  potenziale;  m)  nei  conflitti  di  attribuzione non e'
principalmente  in discussione la validita' dell'atto invasivo quanto
la competenza che si assume violata.
    2.2.  -  Con  riguardo  alla  fattispecie in esame, la ricorrente
Regione,  ribadito  che  il  dott. Galan e' chiamato a rispondere per
dichiarazioni  rese  nel  corso  di una seduta pubblica del Consiglio
regionale, piu' precisamente in sede di discussione preliminare ad un
voto  relativo  alla  assunzione  di  atti  di  spettanza  regionale,
dichiarazioni   in   relazione   alle  quali  «gode  dell'eccezionale
guarentigia   dell'irresponsabilita',   ex  art. 122,  quarto  comma,
Cost.»,    rileva   che   il   Tribunale   di   Padova,   proseguendo
nell'esercitare   la   giurisdizione,  «nonostante  [...]  il  parere
contrario  della  Regione,  e  [...]  la rituale eccezione di parte»,
avrebbe  menomato,  in carenza assoluta di potere, la «ampia liberta'
di valutazione e di decisione riservata ai consiglieri regionali», la
cui   sfera   di   autonomia,  unitamente  a  quella  della  Regione,
risulterebbe cosi' mutilata.
    La  ricorrente  rileva  che,  esaminata  la  casistica  formatasi
riguardo  alla  lesione  delle  prerogative di cui all'art. 122 della
Costituzione,  emerge  che «ai fini della ammissibilita' del giudizio
davanti  a  questa  Corte, e' sufficiente il solo fatto della pretesa
dell'esercizio  della  giurisdizione»,  non  essendo  necessario  che
questo si materializzi nella «forma della sentenza o di un altro atto
definitivo».
    Nel giudizio civile la notificazione della citazione determina la
pendenza  della lite e «fa si' che il giudice debba pronunciare sulla
domanda»,  ma,  trattandosi  di  atto di parte, pur se essa e' lesiva
delle  prerogative del consigliere, non abilita alla proposizione del
conflitto  di attribuzione. Tuttavia, prosegue la ricorrente, se alla
citazione  segue  un'attivita'  di  fronte  al giudice e da parte del
giudice,  non  ci  si  troverebbe  piu'  di  fronte  ad  un  «atto di
iniziativa  privata».  Cosi',  nel  caso in esame, il giudice, avendo
disposto  la  prosecuzione del giudizio, «ha adottato atti tipici del
processo»,   dimostrando   cosi'   la   volonta'   di  esercitare  la
giurisdizione  al  di la' dei limiti a lui assegnati a garanzia delle
prerogative dei consiglieri regionali.
    3.   -   Precisato  che  oggetto  del  ricorso  e'  la  lesivita'
dell'esercizio  stesso della giurisdizione, la ricorrente osserva che
la  esistenza  di  un  atto  statale  invasivo delle sue attribuzioni
potrebbe essere dimostrata anche per altra via: cioe' estendendo alla
immunita' dei consiglieri regionali i principi elaborati in relazione
alle prerogative dei parlamentari nazionali.
    In  particolare, cosi' come e' attribuito, in via esclusiva, alla
Camera  di  appartenenza del parlamentare il potere di valutare se la
condotta ascritta a quello sia o meno coperta dalla insindacabilita',
di  talche'  la  deliberazione  assembleare  in  tal  senso  preclude
l'esercizio  della  giurisdizione, cosi' anche l'atto con il quale la
Regione interviene a tutela del proprio consigliere avrebbe efficacia
inibitoria del procedimento giurisdizionale.
    Il giudice, pertanto, non potrebbe che prenderne atto, declinando
la  giurisdizione.  Ove  diversamente operasse si avrebbe illegittima
invasione da parte dello Stato delle attribuzioni regionali.
    3.1.   -  Siffatta  soluzione,  secondo  la  ricorrente,  sarebbe
necessitata:  a)  dall'identico  tenore letterale dell'art. 68, primo
comma, della Costituzione e del successivo art. 122, quarto comma; b)
dalla  portata generale del principio secondo il quale le prerogative
di un organo debbono prevedere strumenti di autotutela; c) dalla pari
dignita'  costituzionale  «di  tutti  i  soggetti  della Repubblica»,
sancita,  in  particolar modo, dalla nuova formulazione dell'art. 114
della Costituzione.
    3.2.  -  Ad  identiche  conclusioni,  prosegue  la ricorrente, si
arriverebbe ove, applicandosi analogicamente ai consiglieri regionali
i  principi  fissati  per  i  parlamentari  nazionali  dalla legge 20
giugno 2003, n. 140 (Disposizioni per l'attuazione dell'art. 68 della
Costituzione  nonche'  in  materia  di  processi penali nei confronti
delle  alte  cariche dello Stato), si ritenesse esistente anche per i
primi la «pregiudizialita' parlamentare» prevista dalla legge citata.
    In  favore  della opportunita' della applicazione analogica della
legge  nazionale,  depone  la  considerazione che solo il legislatore
statale  puo' assicurare uguale protezione ai consiglieri di tutte le
Regioni  nell'esercizio  delle  stesse  funzioni.  Pertanto,  se alla
Regione «spetta il potere di dichiarare l'insindacabilita' dei propri
consiglieri»,  cosi' inibendo l'inizio o la prosecuzione del giudizio
di  responsabilita'  a  carico di questi, da cio' viene ulteriormente
dimostrata la invasivita' dell'operato del Tribunale di Padova.
    4.  -  Nel  merito, la ricorrente rileva che le dichiarazioni per
cui  e' processo sono state rese nel corso di una seduta pubblica del
Consiglio   regionale,   in   particolare   in  sede  di  discussione
preliminare   ad   una  votazione  relativa  a  nomina  di  spettanza
consiliare.
    Cio'  detto, la Regione Veneto osserva come la prerogativa di cui
all'art. 122  della Costituzione operi a tutela di tutte le attivita'
attraverso  le  quali  si  svolgono  funzioni  affidate  al Consiglio
regionale  dalla  Costituzione  o  da  altre  disposizioni cui questa
rinvia.   Fra   tali  funzioni  rientra,  come  risulta  anche  dalla
giurisprudenza  della  Corte,  quella di autorganizzazione. Ad avviso
della  ricorrente e', altresi', indubbio (a maggior ragione a seguito
delle  riforme costituzionali del 1999 e del 2001) che la garanzia di
cui  al  quarto comma dell'art. 122 della Costituzione copre anche le
funzioni amministrative spettanti ai Consigli regionali.
    Tenuto  conto  che  le  dichiarazioni  rese  dal dott. Galan sono
connesse   ad   una   tipica   attivita'   di   autorganizzazione   -
l'approvazione  cioe'  di  una  proposta  della  Giunta  relativa  al
conferimento  di  un  incarico  regionale - anche sotto tale profilo,
oltre   a  quello  dell'essere  state  rese  nel  pubblico  dibattito
assembleare,   esse   sarebbero  coperte  dalla  insindacabilita'  ex
art. 122 della Costituzione.
    4.1.  -  La  Regione Veneto prosegue ponendo in evidenza il fatto
che il consigliere regionale che ha reso le dichiarazioni oggetto del
giudizio  civile  e'  anche Presidente della Regione. Afferma che non
va,  infatti, trascurato che alla rappresentanza della Regione e alla
direzione   della   Giunta   e'   connaturata   la   possibilita'  di
«esternazioni  politiche» e che il relativo potere va al di la' delle
funzioni puntualmente assegnate al Presidente della Regione.
    Questi,  tanto  piu'  adesso  che  e'  espressione della volonta'
politica  manifestata  col  suffragio  diretto  dal corpo elettorale,
avrebbe,  ad avviso della ricorrente, quale munus publicum, una sorta
di  «diritto  di  parlare  dentro  e  fuori  le mura del Palazzo» per
chiarire  pubblicamente  il  significato  delle  scelte  del  proprio
governo.
    In  definitiva,  secondo  la ricorrente, dovrebbero «considerarsi
coperte  dall'immunita'  le  dichiarazioni presidenziali [per il solo
fatto di essere] riferibili alla sua carica».
    Alla  luce  delle  argomentazioni  che  precedono,  la ricorrente
Regione Veneto chiede che venga dichiarato che non spetta allo Stato,
e  per  esso  al  Tribunale  di  Padova, accertare la responsabilita'
civile  del  Presidente  della Regione, dott. Giancarlo Galan, per le
dichiarazioni  da  lui  rese  nel  corso  della  seduta del Consiglio
regionale del Veneto del 30 ottobre 1995, e che siano annullati tutti
gli  atti processuali adottati dal medesimo Tribunale nel giudizio di
risarcimento  danni, rubricato al r.g. n. 3705 del 2000, scaturito da
tali dichiarazioni.
    5.  -  Ne' lo Stato ne' il Tribunale di Padova si sono costituiti
in giudizio.
    6.   -  In  prossimita'  della  udienza,  la  Regione  Veneto  ha
depositato  una  memoria  illustrativa  con  la  quale, confermate le
precedenti  conclusioni,  ha  riferito,  in  relazione allo stato del
giudizio  dal  quale  trae origine il conflitto, che, all'udienza del
18 maggio  2006,  il  Tribunale  di  Padova  ha  invitato  le parti a
precisare  le  conclusioni  e alla successiva udienza del 19 ottobre,
preso  atto della pendenza del presente conflitto di attribuzione, ha
sospeso il processo in attesa della sua definizione.

                       Considerato in diritto

    1. - La Regione Veneto ha sollevato conflitto di attribuzione nei
confronti  dello  Stato  per  violazione degli artt. 121, 122, quarto
comma,  e  123  della  Costituzione,  in  relazione alla pendenza, di
fronte  al  Tribunale  ordinario di Padova, di un giudizio civile nel
quale  il  Presidente della Regione Veneto, dott. Giancarlo Galan, e'
stato  convenuto  per  essere  condannato  al  risarcimento del danno
derivante  da  talune  sue dichiarazioni rese nel corso di una seduta
pubblica del Consiglio regionale del Veneto.
    Ritiene la ricorrente che la pendenza di tale giudizio sia lesiva
della  prerogativa  di  insindacabilita'  garantita ai componenti del
Consiglio  regionale dall'art. 122, quarto comma, della Costituzione,
nonche',  in  via mediata, delle attribuzioni regionali in materia di
organizzazione  e  di  svolgimento  delle funzioni degli organi della
Regione, riconosciute dagli artt. 121 e 123 della Costituzione.
    2. - Il ricorso e' inammissibile.
    2.1.  -  Oggetto del presente conflitto e' la perdurante pendenza
di  fronte  al  Tribunale di Padova del giudizio avente ad oggetto la
richiesta  di  risarcimento  dei  danni avanzata da persona che si e'
sentita  lesa nella sua onorabilita' da talune dichiarazioni rese, in
corso  di  seduta  pubblica  del  Consiglio regionale del Veneto, dal
Presidente della Regione.
    Le  tesi  della  Regione  possono  essere suddivise in due filoni
argomentativi:  a)  anche  se la notifica della citazione costituisce
«un  mero  atto di iniziativa privata», tuttavia, quando a seguito di
tale  atto  di  impulso si svolge «attivita' processuale davanti a un
giudice  e  da  parte di un giudice», quest'ultimo viene ad esplicare
«la  funzione giurisdizionale», con la conseguenza che «la violazione
dell'immunita' consiliare diviene ascrivibile allo Stato»; b) in ogni
caso «l'immunita' (parlamentare e) dei consiglieri regionali comporta
"la  carenza  di  potere  giurisdizionale"»:  quindi,  la  pretesa di
esercitare, [nonostante la deliberazione della Regione che solleva il
conflitto  deducendo  l'insindacabilita',  ex art. 122, quarto comma,
della  Costituzione,  delle  dichiarazioni del consigliere-presidente
della  Regione  stessa], la funzione dello ius dicere "si traduce ...
in  un'alterazione  dell'ordine  costituzionale delle competenze", in
quanto    "comporta    l'invasione    della    sfera   di   autonomia
costituzionalmente   riservata   alla   Regione   [...],  alla  quale
esclusivamente  spetta  l'esercizio  delle  funzioni che i magistrati
hanno inteso condizionare" (sent. n. 70 del 1985)».
    3. - I predetti assunti non sono condivisibili.
    3.1.  -  Con  riferimento alle argomentazioni indicate sub a), va
precisato   che,  in  realta',  nel  corso  del  giudizio  dal  quale
scaturisce  il  presente  conflitto di attribuzione, non si e' svolta
alcuna  attivita'  a  contenuto  decisorio,  essendosi  in pratica il
giudice   -   di   fronte   al  quale,  in  assenza  di  qualsivoglia
deliberazione  del  Consiglio  regionale  del Veneto, il convenuto ha
eccepito  la  insindacabilita'  delle  sue dichiarazioni - limitato a
concedere,  sulla  concorde richiesta delle parti in causa, una serie
di  rinvii,  finalizzati  alla  produzione  di  scritti difensivi, ed
avendo, anzi, egli, una volta formalizzatosi il presente conflitto di
attribuzione, sospeso il giudizio sino alla definizione del medesimo.
    Va,   al   riguardo,   osservato   che,   secondo   la   costante
giurisprudenza  di  questa  Corte,  e'  atto  idoneo  ad innescare un
conflitto  di  attribuzione  quello,  imputabile  allo  Stato  o alla
Regione,  che «sia dotato di efficacia e rilevanza esterna» o che, se
preparatorio o non definitivo, rechi gia' in se' dei requisiti minimi
di lesivita' e sia rivolto «ad esprimere in modo chiaro ed inequivoco
la  pretesa  di  esercitare  una  data competenza, il cui svolgimento
possa determinare una invasione nella altrui sfera di attribuzioni o,
comunque,  una  menomazione altrettanto attuale delle possibilita' di
esercizio  della  medesima»  (sentenza n. 771 del 1988). Nell'attuale
assetto  dei  rapporti fra attribuzioni della autorita' giudiziaria e
tutela  delle  prorogative  di  cui all'art. 122, quarto comma, della
Costituzione, una siffatta invasione e' ipotizzabile solo in presenza
di un atto, anche preliminare alla definizione del giudizio, che tali
prerogative trascuri.
    Deve  quindi  ritenersi  che, allo stato, l'autorita' giudiziaria
non  ha compiuto atti che possano in qualche modo incidere sulla piu'
volte citata guarentigia costituzionale.
    La  ricorrente,  come  si  e'  detto,  formula  un'altra serie di
argomentazioni  a sostegno della sua tesi circa il travalicamento che
lo  Stato,  e  per  esso  l'autorita' giudiziaria, avrebbe compiuto a
danno delle competenze che la Costituzione avrebbe posto in capo alla
Regione  per le questioni attinenti all'applicazione del quarto comma
dell'art. 122  della  Costituzione.  Afferma,  cioe', che «il giudice
civile   patavino   ha   in   corso  di  esercizio  la  giurisdizione
sull'erroneo  assunto  che e' nella sua competenza il poter giudicare
nonostante,  da  un  lato,  il  parere  contrario  della  Regione, e,
dall'altro,  la  rituale  eccezione di parte, l'uno e l'altra fondati
sull'art. 122,  quarto  comma,  Cost.  ».  Alla delibera della Giunta
regionale che solleva il conflitto conseguirebbe l'effetto inibitorio
dell'attivita'  giurisdizionale  che,  nel  caso  in  oggetto, non si
sarebbe invece verificato.
    La tesi non e' condivisibile.
    Non  si puo', infatti, accedere alle argomentazioni della Regione
che postulano un'interpretazione estensiva o analogica della legge 20
giugno 2003, n. 140 (Disposizioni per l'attuazione dell'art. 68 della
Costituzione  nonche'  in  materia  di  processi penali nei confronti
delle  alte  cariche  dello  Stato), ritenendola applicabile anche ai
consiglieri regionali.
    L'interpretazione  di  tipo  estensivo  e'  preclusa  dal preciso
tenore  letterale  dell'intero  testo  legislativo,  che fa esclusivo
riferimento   all'art. 68   della   Costituzione  e  alla  carica  di
parlamentare,  utilizzando, quindi, riferimenti ed espressioni la cui
valenza  semantica  non  e'  suscettibile di ampliamento. Della legge
citata,   avendo  questa  carattere  eccezionale  poiche'  limitativa
dell'esercizio    della   funzione   giurisdizionale,   neppure   e',
all'evidenza, consentita applicazione analogica.
    E',  altresi', erroneo ipotizzare che alla decisione della Giunta
di  sollevare  conflitto  di attribuzione possa conseguire un effetto
inibitorio che paralizzi l'esercizio della funzione giurisdizionale e
che  richieda,  per  essere  superato,  la necessita' che l'autorita'
giudiziaria  sollevi a sua volta conflitto davanti a questa Corte (si
veda,  al  riguardo,  la  sentenza  n. 195 del 2007). Tra l'altro, la
richiesta   della  Regione  e'  nel  senso  che  l'invocato  «effetto
inibitorio» dovrebbe arrestare l'attivita' dell'autorita' giudiziaria
fin da un periodo addirittura precedente alla delibera che propone il
conflitto.
    Alla  insussistenza  di un «effetto inibitorio» dello svolgimento
della  attivita'  giurisdizionale  immediatamente  riconducibile alla
proposizione  del ricorso per conflitto di attribuzione ad iniziativa
della  Giunta  regionale consegue, a fortiori, la non lesivita' della
prosecuzione  dello  svolgimento  del  processo  di  fronte alla mera
eccezione  sollevata  ex  art. 122,  quarto comma, della Costituzione
dalla  difesa del consigliere regionale la cui condotta e' oggetto di
sindacato giurisdizionale.
    Una  diversa  conclusione comporterebbe, in maniera paradossale e
del  tutto  ingiustificata,  una  tutela della insindacabilita' delle
opinioni  dei  consiglieri  regionali piu' ampia di quella apprestata
relativamente a quelle dei parlamentari nazionali.
    Conclusivamente,   essendo   l'atto   oggetto   di  conflitto  di
attribuzione   privo,  allo  stato,  di  qualsivoglia  lesivita'  nei
confronti delle attribuzioni regionali, il ricorso col quale e' stato
introdotto    il    presente   conflitto   deve   essere   dichiarato
inammissibile.
                          Per questi motivi
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
    Dichiara  inammissibile  il  ricorso  col  quale  la  Regione  ha
sollevato il conflitto di cui in epigrafe.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 18 giugno 2007.
                         Il Presidente: Bile
                      Il redattore: Napolitano
                      Il cancelliere: Fruscella
    Depositata in cancelleria il 26 giugno 2007.
                      Il cancelliere: Fruscella
07C0878