N. 650 ORDINANZA (Atto di promovimento) 12 dicembre 2006
Ordinanza emessa il 12 dicembre 2006 dal tribunale amministrativo regionale della Campania sul ricorso proposto da Santoro Irene contro Commissario delegato del Governo per l'emergenza rifiuti, bonifiche e tutela delle acque della Regione Campania ed altro. Giustizia amministrativa - Tribunali amministrativi regionali - Controversie relative alla legittimita' delle ordinanze e dei conseguenziali provvedimenti commissariali adottati in tutte le situazioni di emergenza dichiarate ai sensi dell'art. 5, comma 1, della legge 24 febbraio 1992, n. 225 - Competenza, in via esclusiva, in primo grado, attribuita al Tribunale amministrativo regionale del Lazio, sede di Roma - Irragionevole deroga al principio della competenza del Tribunale amministrativo regionale della Regione in cui il provvedimento e' destinato ad avere incidenza - Violazione del principio del giudice naturale - Violazione del principio del decentramento territoriale della giurisdizione amministrativa. - Decreto-legge 30 novembre 2005, n. 245, art. 3, commi 2-bis, 2-ter e 2-quater, introdotti dalla legge 27 gennaio 2006, n. 21. - Costituzione, artt. 3 e 25.(GU n.38 del 3-10-2007 )
IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE Ha pronunciato la seguente ordinanza, sul ricorso n. 13842/2003 reg. gen. proposto da Santoro Irene, rappresentata e difesa dall'avv. Luigi Cimino, con lo stesso elettivamente domiciliata in Napoli alla via San Giovanni a Carbonara n. 91, presso lo studio dell'avv. Giuseppe De Roma; Contro Regione Campania, in persona del Presidente pro tempore e nella qualita' di Commissario di Governo per l'emergenza rifiuti, bonifiche e tutela delle acque, rappresentato e difeso dall'Avvocatura distrettuale di Napoli, presso la stessa legalmente domiciliato in Napoli; Prefettura di Napoli, in persona del Prefetto delegato ex o.P.C.m. del 7 ottobre 1994, rappresentata e difesa dall'Avvocatura distrettuale dello Stato di Napoli, presso la stessa legalmente domiciliata in Napoli; per l'annullamento dell'atto di retrocessione del fondo di proprieta' della ricorrente, degli atti in oggetto indicati e di tutti quelli connessi, e per la condanna delle amministrazioni al pagamento dell'indennita' di occupazione, maggiorata di rivalutazione ed interessi, nonche' del risarcimento dei danni quantificato in euro 87.667,60 oltre rivalutazione ed interessi, e di euro 1.690,75 per il valore dei frutti dell'epoca pendenti, oltre rivalutazione ed interessi; Visto il ricorso con i relativi allegati; Vista la memoria di costituzione in giudizio dell'Avvocatura di Stato; Vista la documentazione depositata dall'Amministrazione resistente; Vista la memoria difensiva prodotta dalla ricorrente; Visti gli atti tutti di causa: alla pubblica udienza dell'8 novembre 2006, relatore il cons. Donadono, uditi gli avvocati presenti di cui al verbale di udienza. F a t t o Con ricorso notificato il 19 novembre 2003, la sig.ra Irene Santoro, nella dedotta qualita' di proprietaria di un fondo sito in localita' Boschetto di Piedimonte Matese (in catasto al fgl. 20, p.lle 76, della superficie di are 82,75), riferiva che: con ordinanza prot. n. P/10740/DIS del 18 febbraio 1995, seguita dalle ordinanze prot. nn. P/24130/DIS. P/24131/DIS. P/24132/DIS. P/24133/DIS e P/24134/DIS del 21 giugno 1996, il Prefetto, delegato ex o.P.C.m. del 7 ottobre 1994 a fronteggiare la situazione di emergenza nel settore dei rifiuti nella regione Campania, aveva disposto l'occupazione temporanea d'urgenza del suolo in questione al fine di realizzare una discarica; successivamente, con ordinanza prot. n. P/43818/DIS del 19 maggio 2000, la stessa autorita' commissariale disponeva la revoca della realizzazione della discarica e la restituzione delle aree occupate agli aventi diritto; in data 17 ottobre 2000 si redigeva il verbale di restituzione dell'area occupata e seguiva la determinazione dell'indennita' di occupazione che veniva parzialmente contestata dall'interessata; sennonche' la ricorrente non sarebbe rientrata nella libera disponibilita' del proprio fondo, ancora, occupato da cumuli di rifiuti. In relazione a quanto precede l'interessata proponeva l'impugnativa e le domande in epigrafe. L'avvocatura erariale si costituiva in giudizio resistendo alle pretese avverse. D i r i t t o 1. - E' controversa la legittimita' di atti emanati dal prefetto delegato ai sensi dell'ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri del 7 ottobre 1994 e delle successive ordinanze di modifica ed integrazione, per fronteggiare lo stato di emergenza verificatosi nella regione Campania, nel settore dello smaltimento dei rifiuti, in applicazione dell'art. 5, della legge n. 225 del 1992. Nelle more del giudizio e' intervenuta la legge 27 gennaio 2006, n. 21, con la quale sono stati inseriti all'art. 3 del decreto-legge 30 novembre 2005, n. 245, in sede di conversione dello stesso, tre nuovi commi (commi 2-bis, 2-ter e 2-quater) che attribuiscono al Tribunale amministrativo regionale del Lazio, sede di Roma, la competenza a conoscere dei provvedimenti commissariali nelle situazioni di emergenza dichiarate ai sensi dell'art. 5, comma 1, della legge 24 febbraio 1997, n. 225. Piu' precisamente, i predetti commi dispongono: 2-bis. In tutte le situazioni di emergenza dichiarate ai sensi dell'art. 5, comma 1, della legge 24 febbraio 1992, n. 225, la competenza di primo grado a conoscere della legittimita' delle ordinanze adottale e dei consequenziali provvedimenti commissariati spetta in via esclusiva, anche per l'emanazione di misure cautelari, al tribunale amministrativo regionale del Lazio, con sede in Roma. 2-ter. Le questioni di cui al comma 2-bis sono rilevate d'ufficio. Davanti al giudice amministrativo il giudizio e' definito con sentenza succintamente motivata ai sensi dell'art. 26 della legge 6 dicembre 1971, n. 1034, e successive modificazioni, trovando applicazione i commi 2 e seguenti dell'art. 23-bis della stessa legge. 2-quater. Le norme di cui ai commi 2-bis e 2-ter si applicano anche ai processi in corso. L'efficacia delle misure cautelari adottate da un tribunale amministrativo diverso da quello di cui al comma 2-bis permane fino alla loro modifica o revoca da parte del tribunale amministrativo regionale del Lazio, con sede in Roma, cui la parte interessata puo' riproporre il ricorso». Le citate disposizioni (che vengono ad affiancarsi alle altre ipotesi in cui la legge riserva al Tribunale amministrativo regionale centrale la cognizione su controversie di diverse da quelle ordinariamente devolute: cfr. l'art. 33 della legge n. 287 del 1990; l'art. 1, comma 26, della legge n. 24 del 1997; l'art. 17 della legge n. 195 del 1958, come sostituito dall'art. 74 del 1990; e da ultimo, l'art. 3 del decreto-legge n. 220 del 2003, convertito con in legge n. 280 del 2005, sul quale e' in buona parte ricalcata la normativa ora in esame) riguardano dunque le controversie aventi ad oggetto le ordinanze ed i provvedimenti consequenziali emanati dall'autorita' commissariale incaricata di fronteggiare le situazioni di emergenza deliberate dal Consiglio dei ministri, ai sensi dell'art. 5, comma 1, legge n. 225 del 1992, in occasione di calamita' naturali, catastrofi o altri eventi che, per intensita' ed estensione, debbono essere affrontati con mezzi e poteri straordinari. In questa materia, la disciplina ordinaria regolante il riparto della competenza territoriale tra i tribunali amministrativi regionali viene modificata sotto due principali profili: il comma 2-bis prevede che la competenza di primo grado e' devoluta in via esclusiva al Tribunale amministrativo regionale di Roma, in deroga agli artt. 2 e 3 della legge n. 1034 del 1971; il comma 2-ter prevede che il difetto di competenza, che investe anche il potere cautelare, deve essere rilevato anche d'ufficio e determina la definizione del giudizio incardinato presso il tribunale amministrativo incompetente, in deroga al regime previsto dall'art. 31 della stessa legge n. 1034. Inoltre, in base al comma 2-quater, l'attribuzione al Tribunale amministrativo regionale Lazio di questa nuova competenza di tipo funzionale e' assistita da una disciplina transitoria che rende applicabile il nuovo criterio di riparto anche ai giudizi gia' in corso alla data della sua entrata in vigore; le stesse misure cautelari gia' adottate restano soggette ad un riesame innanzi al Tribunale amministrativo regionale Lazio, al quale la parte interessata puo' riproporre ricorso. La nuova disciplina investe percio' anche il presente giudizio, in forza della predetta disposizione di diritto intertemporale. Inoltre l'ampia portata dell'art. 3, comma 2-bis del decreto-legge n. 245del 2005 comprende non solo le controversie aventi ad oggetto le ordinanze adottate in deroga alle disposizioni di legge, ma si estende anche all'impugnativa dei «consequenziali provvedimenti commissariali» e cioe' di tutti i provvedimenti emanati dai commissari delegati (art. 5, comma 4, della legge n. 225 del 1992) per l'attuazione degli interventi rientranti nell'ambito della propria competenza, come definita con la dichiarazione dello stato di emergenza (art. 5, comma 2, della ripetuta legge n. 225). 2. - Le disposizioni ora richiamate imporrebbero la definizione del presente processo con sentenza dichiarativa di incompetenza, prima ancora di ogni altra valutazione in rito e nel merito. Sennonche' il Collegio ritiene che le stesse contrastino con gli artt. 3 e 25 Cost., ed in particolare con i principi di uguaglianza, ragionevolezza e non arbitrarieta' della legge, naturalita' del giudice, per le ragioni di seguito esposte. 2.1. - I commi 2-bis, 2-ter e 2-quater dell'art. 3 del decreto-legge n. 245 del 2005, laddove devolvono al Tribunale amministrativo regionale del Lazio di Roma la competenza funzionale nei giudizi aventi ad oggetto le ordinanze ed i provvedimenti emanati nelle situazioni di stato di emergenza deliberate dal Consiglio dei ministri ai sensi dell'art. 5, comma 1, della legge n. 225/1992, appaiono, in primo luogo, in conflitto con il principio di uguaglianza sancito dall'art. 3 Cost., sotto il suo duplice profilo della parita' di trattamento e della ragionevolezza della legge. La nuova disciplina determina, infatti, un'ingiustificata disparita' di trattamento tra i destinatari di provvedimenti a efficacia infraregionale (come quelli oggetto del presente giudizio) emanati dai commissari per l'emergenza delegati localmente, il cui giudice e' individuato dalla legge in esame nel Tribunale amministrativo regionale Lazio in via esclusiva, ed i destinatari di analoghi provvedimenti emanati da altre autorita' locali, che permangono assoggettati agli ordinari criteri di riparto dettati in via generale dagli artt. 2 e 3 della legge 6 dicembre 1971, n. 1034, ancorche' assumano carattere di emergenza e siano adottati in situazioni di eccezionale pericolo da altre autorita' (cfr. l'art. 50, comma 5, del d.lgs. n. 267 del 2000, e l'art. 117 del d.lgs. n. 112 del 1998, in parte qua tenuto fermo dagli artt. 5 e 6 del decreto-legge n. 343 del 2001, convertito con la legge n. 401 del 2001). 2.2. - Sotto il profilo sostanziale, inoltre, la deroga agli ordinari canoni di riparto tra i diversi tribunali amministrativi regionali, fondati sulla territoriale dell'atto e sulla sede dell'autorita' emanante, non appare sorretta da alcun adeguato fondamento giustificativo e si risolve percio', in una manifesta violazione di quel principio di ragionevolezza che costituisce limite alla discrezionalita', legislativa in materia di determinazione della competenza territoriale (cfr. Corte cost. sentenze n. 228 del 1998, n. 452 del 1997, n. 117 del 1990). Giova rammentare, infatti, il giudice delle leggi, nel riconoscere al legislatore ampia discrezionalita' nell'operare il riparto di competenza fra gli organi giurisdizionali, ha nondimeno evidenziato l'esigenza di osservare il rispetto del principio di uguaglianza segnatamente, del canone di ragionevolezza (cfr. Corte cost., 22 aprile 1992, n. 189); tant'e' che la disposizione in quella circostanza sottoposta allo scrutinio di costituzionalita' venne dichiarata immune da vizi sotto questi profili in quanto era riscontrabile la sussistenza di un adeguato fondamento giustificativo per la deroga agli ordinari criteri di determinazione della competenza. Invero, nella specie tale deroga non puo' essere ragionevolmente giustificata dalla rilevanza degli interessi sottesi alla situazione di emergenza nel cui ambito si iscrivono gli atti commissariali, ne' in un presunto sospetto in ordine ad un eventuale condizionamento ambientale del tribunale amministrativo locale, derivante dagli eventi emergenziali e dai mezzi eccezionali applicati per affrontarli. Nell'ordinamento processuale, infatti, le problematiche attinenti alla sottrazione dell'organo giudicante a condizionamenti, tensioni e turbamenti locali trovano soluzione con altri sistemi di spostamento della competenza che, comunque, escludono l'accentramento di tutte le controversie innanzi ad un unico organo (cfr. art. 11 c.p.p.). Peraltro, se tale fosse la ragione d'essere della disposizione, non vi sarebbe motivo di ritenere che un unico organo giudiziario sia immune da siffatti inconvenienti per le controversie relative a situazioni riguardanti il proprio ambito territoriale di insediamento. Che non vi sia una particolare esigenza in tal senso e', poi dimostrato dal fatto che le ordinarie disposizioni di riparto della competenza territoriale non soffrono eccezioni nelle altre ipotesi n cui l'ordinamento consente l'esplicazione di poteri extra ordinem in presenza di situazioni di eccezionale pericolo (il riferimento e', in primo luogo, alle ordinanze contingibili ed urgenti di competenza del sindaco, della regione o dello Stato, nei casi di cui all'art. 50, comma 5, del d.lgs. n. 267 del 2000, e all'art. 117 del d.lgs. n. 112 del 1998). Particolarmente significativa e', altresi', la circostanza che il Legislatore del 2006 non abbia concentrato innanzi al medesimo Tribunale amministrativo regionale tutte le controversie in materia e, in primo luogo, quelle concernenti la stessa dichiarazione dello stato di emergenza e la nomina del commissario delegato. La riserva di competenza a favore del Tribunale amministrativo regionale Lazio disposta dall'art. 3, comma 2-bis, citato riguarda, infatti, soltanto le ordinanze ed i provvedimenti commissariali e non anche i provvedimenti dichiarativi dello stato di emergenza (con efficacia infraregionale) o i provvedimenti del Presidente del Consiglio dei ministri di nomina dei commissari (art. 5, comma 4, della legge n. 225 del 1992), la cui cognizione rimane affidata al Tribunale amministrativo regionale locale (in base all'art. 3, comma 2, della legge n. 1034 del 1971). Il che costituisce ulteriore segno sintomatico della irrazionalita' della norma. Neppure costituisce giustificazione razionale della disciplina in esame una presunta esigenza di uniformita' d'indirizzo giurisprudenziale in materia, sia perche' nel sistema della giustizia amministrativa la funzione nomofilattica appartiene al giudice di appello, sia perche' la natura extra ordinem che possono assumere i provvedimenti emanati in virtu' dell'art. 5, comma 2, della legge n. 255/1992 li dota di caratteristiche singolari e difficilmente riducibili ad unita'. Senza considerare, poi, che essi possono avere ad oggetto le materie piu' diverse, dalle procedure concorsuali a quelle ablative, dalla provvista e gestione delle risorse materiali e personali, all'organizzazione, oltre che ovviamente le misure contingibili ed urgenti di contenuto piu' disparato. Peraltro non sembra ipotizzabile una diversa qualita' del Tribunale amministrativo regionale del Lazio insediato nella Capitale, con la configurazione di una sorta di supremazia rispetto agli altri tribunali amministrativi periferici. In vero un indizio di tale intendimento, si potrebbe cogliere, oltre che nella proliferazione di materie che vengono progressivamente accentrate nel tribunale romano, nella specifica previsione, del comma 2-quater dell'art. 3 in esame, di un peculiare potere (avulso non solo dal sistema della giustizia amministrativa, ma anche dai principi giusprocessualistici, tendenti ad escludere una doppia pronuncia sulla stessa questione di due diversi giudici di pari grado) relativo alla «modifica o revoca» delle misure cautelari gia' adottate nei giudizi pendenti innanzi ad altri Tribunale amministrativo regionale anche a prescindere dai presupposti (fatti sopravvenuti) ordinariamente previsti dall'art. 21 della legge n. 1034 del 1971 per l'ammissibilita' di siffatte determinazioni. Sennonche' un tale disegno creerebbe una evidente asimmetria tra i Tribunali amministrativi che andrebbe ben oltre le questioni relative ai criteri di riparto delle competenze (basate sulla sede dell'autorita' emanante e sull'ambito territoriale di efficacia ultraregionale dei provvedimenti emanati delle autorita' centrali dello Stato) finendo anche con l'incidere sull'assetto ordinamentale della giustizia amministrativa, delineato nell'art. 125 Cost., che pone sullo stesso piano tutti gli organi giudiziari di primo grado, aventi pari funzioni ed ugualmente sottoposti al sindacato del Consiglio di Stato, come giudice di appello. Infine, nessuna indicazione utile per l'individuazione delle finalita' perseguite dal Legislatore attraverso i commi 2-bis, 2-ter e 2-quater dell'art. 3, d.l. n. 245/2005, e' dato desumere dagli atti parlamentari, e in particolare dal resoconto stenografico della seduta n. 926 del 20, dicembre 2005 dell'Aula del Senato, nel corso della quale l'emendamento governativo contenente l'introduzione dei suddetti commi e' stato posto in votazione ed approvato, e dai resoconti delle successive sedute della Camera dei deputati. Per tali ragioni, le disposizioni dell'allegato alla legge 27 gennaio 2006, n. 21, e in via conseguenziale dell'art. 3, commi 2-bis, 2-ter e 2-quater, del d.l. n. 245/2005 risultano irragionevoli e percio' contrarie all'art. 3 Cost. 2.3. - L'assenza di un adeguato fondamento giustificativo della nuova competenza funzionale attribuita al Tribunale amministrativo regionale del Lazio - slegata da un razionale criterio di collegamento col giudice designano - induce questo tribunale a dubitare delle legittimita' costituzionale dell'art. 3, commi 2-bis, 2-ter e 2-quater, del decreto-legge n. 245 del 2005, introdotti dalla legge di conversione, anche per contrasto col principio del giudice naturale posto dall'art. 25, primo comma, Cost. Il Collegio non ignora che nella giurisprudenza costituzionale e' stata piu' volte affermata l'equivalenza dei termini «naturale» e «precostituiti» in quanto la locuzione «giudice naturale» deriverebbe per forza di tradizione da norme analoghe di precedenti costituzioni e non avrebbe percio' un significato proprio (cfr. Corte cost. sentenze n. 29 del 1958, del 1962, n. 72 del 1976, n. 460 del 1994). Tuttavia, se e' vero che l'espressione «giudice naturale» era gia' in precedenti Carte (ad esempio nello Statuto albertino: «Niuno puo' essere distratto dai suoi giudici naturali ...») e che i lavori preparatori della Costituzione non chiariscono il significato che si intese attribuire all'uso del termine «naturale» accanto a quello «precostituito» nell'art. 25, primo comma, Cost. nel definire la garanzia della certezza e dell'obiettivita' del giudice, sembra nondimeno che l'introduzione della formula attuale («giudice naturale precostituito»), dopo che entrambe le Sottocommissioni dell'Assemblea costituente avevano abbandonato il termine «naturale» in favore del termine «precostituito», deponga a favore delle tesi che negano l'identificazione tra i due termini. Ad avviso del Collegio, la formula «giudice naturale precostituito» non rappresenta un'endiadi, ma fonda la necessita' che la precostituzione del giudice ad opera del Legislatore avvenga nel rispetto di un principio di naturalita', nel senso di razionale maggior idoneita' del giudice rispetto alla risoluzione di determinate controversie. Nel caso della competenza territoriale, l'individuazione del giudice razionalmente piu' idoneo a decidere la controversia non sembra poter prescindere dalla considerazione (in positivo, come in negativo) dell'esistenza di un criterio di collegamento, effettivo, ragionevole ed appropriato, tra i confini entro i quali possa poi dispiegarsi legittimamente la discrezionalita' del Legislatore. Cio' appare vieppiu' evidente allorche', come nella specie, si tratta di situazioni di emergenza aventi rilievo esclusivamente locale, con riferimento a interessi sostanziali pure di ambito strettamente locale, rientranti nella sfera giuridica di soggetti (ricorrenti, ma anche resistenti) che normalmente pure gravitano nella stessa dimensione territoriale locale. L'allontanamento del giudice competente a conoscere della controversia, sradicando la causa dalla sua sede ordinaria e naturale, comporta un grave disagio per le parti processuali, non giustificato dalla natura accentrata della pubblica amministrazione o dall'efficacia ultraregionale dei provvedimenti sui quali deve esercitarsi la cognizione del Tribunale amministrativo regionale del Lazio. Cio' incide, tra l'altro, anche sull'accesso alla tutela, giurisdizionale dei diritti e degli interessi legittimi, per la maggiore difficolta' ed i maggiori costi che devono essere sopportati dagli interessati per esercitare l'azione presso il Tribunale amministrativo regionale del Lazio. Tali anomalie risultano particolarmente gravose per i giudizi pendenti, posto che il ricorrente, dopo aver incardinato legittimamente la causa innanzi a questo Tribunale amministrativo regionale, viene costretto a trasferire il contenzioso a Roma, con un palese ed ingiustificato aggravio di costi e di tempo, senza contare l'inutile dispendio di risorse processuali. In mancanza di un ragionevole criterio di collegamento con il giudice designato, l'attribuzione legislativa di competenza viene a violare il principio della naturalita' del giudice (art. 25, primo comma, Cost.), al pari del principio di ragionevolezza (desumibile dall'art. 3 Cost.). 2.4. - Il Collegio dubita altresi' della costituzionalita' dell'allegato alla legge 27 gennaio 2006, n. 21, e in via conseguenziale dell'art. 3, 2-bis, 2-ter e 2-quater, del d.l. n. 245/2005, nella parte in cui la competenza in via esclusiva del Tribunale amministrativo regionale Lazio e' estesa anche ai giudizi in corso, nei quali l'incompetenza del diverso Tribunale amministrativo regionale adito deve essere rilevata di ufficio. Il dubbio di costituzionalita' della nominata disciplina transitoria si pone, in particolare, con riferimento disgiunto sia al principio della precostituzione del giudice (art. 25, primo comma Cost.), sia al principio di ragionevolezza e non arbitrarieta' (artt. 3 Cost.) che in ogni caso, limita il potere del legislatore di disciplinare la successione di leggi processuali nel tempo, secondo quanto si dira' nei paragrafi seguenti. 2.4.1. - Con riferimento al principio della precostituzione del giudice, lo spostamento di competenza in corso di causa dal Tribunale amministrativo regionale originariamente adito al Tribunale amministrativo regionale Lazio, e dunque la sostanziale retroattivita' della regola introdotta dall'art. 3, comma 2-bis, citato, appare in contrasto con l'art. 25, comma 1, della Costituzione, in quanto il principio secondo cui nessuno puo' essere distolto dal giudice naturale precostituito per legge non consente la designazione del giudice a posteriori, ma impone che la norma regolatrice della competenza sia prefissata rispetto all'insorgere della controversia. La Corte costituzionale ha da tempo chiarito (cfr. sentenza n. 88 del 1962) che il principio posto dall'art. 25 Cost. riguarda anche la ripartizione della competenza territoriale tra i diversi giudici. Quanto alla necessita' che il riparto territoriale sia disciplinato da una normativa anteriore (almeno) all'istituzione del giudizio, anche in questo caso il Collegio e' consapevole del fatto che la giurisprudenza costituzionale ha, in passato, ritenuto che l'art. 25 Cost. e' rispettato quando la legge, sia pur con effetto anche sui processi in corso, modifica in generale i presupposti o i criteri diretti ad individuare il giudice competente, poiche' in tali casi lo spostamento della competenza non avviene in conseguenza di una deroga alla disciplina generale, adottata vista di una determinata o di determinate controversie, ma per effetto di un nuovo ordinamento e, dunque, della designazione di un nuovo giudice naturale (cfr. sentenze n. 56 del 1967, n. 72 del 1976). Tuttavia, sembra potersi cogliere nella piu' recente giurisprudenza della Corte un diverso indirizzo interpretativo, che, in aderenza al dettato costituzionale (per il quale il giudice naturale deve essere «precustituite», e non semplicemente «costituito», per legge), richiede che la regola sulla competenza sia posta da una normativa anteriore alla istituzione del giudizio (cfr. sentenze n. 41 del 2006, n. 251 del 1986). Nel caso di specie, viceversa, la competenza a conoscere in una esclusiva della controversia in questione e' stata attribuita al Tribunale amministrativo regionale con una legge posteriore alla proposizione del giudizio, la quale ha sottratta la competenza a questo Tribunale con effetto retroattivo. Da cio' la violazione dell'art. 25 Cost. 2.4.2. - Infine, qualora dovesse negarsi che il principio della precostituzione del giudice comporti un divieto di retroattivita' delle norme sulla competenza, non di meno la disciplina transitoria dettata dall'art. 3, commi 2-bis, 2-ter e 2-quater, del decreto-legge n. 245 del 2005, viene a ledere i limiti costituzionali di ragionevolezza e non arbitrarieta' (art. 3, Cost.) che il legislatore ordinario incontra nel regolare la successione delle leggi processuali nel tempo (cfr. Corte cost. sentenze n. 216 del 2001, n. 490 del 2000, n. 400 del 1996, ordinanza n. 294 del 1998), nonche' con il principio del giudice naturale (art. 25 Cost.). Devono, al riguardo, espressamente richiamarsi le considerazioni svolte innanzi, nei precedenti paragrafi 2.2 e 2.3, in ordine al difetto di giustificazione razionale dello spostamento di competenza verso il Tribunale amministrativo regionale Lazio: esse valgono a dimostrare non soltanto la irragionevolezza - e dunque l'illegittimita' - delle disposizioni attributive della competenza in materia per l'avvenire, ma, evidenziando l'assenza di ragionevoli esigenze di interesse generale a sostegno della deroga all'ordinario criterio di riparto, a maggior ragione palesano il carattere irragionevole ed ingiustificato della disciplina transitoria che affida alla nuova competenza accentrata anche le cause in corso. 3. - Per quanto esposto sopra, va rilevata la non manifesta infondatezza n questioni di legittimita' costituzionale dell'art. 3, commi 2-bis, 2-ter e 2-quater, del decreto-legge n. 245 del 2005, come convertito con modificazioni dalla legge 27 gennaio 2006, n. 21, per contrasto con gli artt. 3 e 25 de1la Costituzione. La questione, per quanto gia' sopra evidenziato, e' altresi' rilevante ai fini della definizione del presente giudizio, poiche' dalla sua risoluzione dipendenze la sussistenza o meno della competenza di questo Tribunale ad assumere una qualsiasi decisione sul ricorso in esame. Ogni altra determinazione in rito, nel merito e sulle spese resta riservata all'esito del giudizio innanzi alla Corte costituzionale, alla quale va rimessa la soluzione dell'indicente di costituzionalita'.
P. Q. M. Dichiara rilevanti per la definizione del ricorso n. 13842/2003 e non manifestamente infondate le questioni di legittimita' costituzionale dell'art. 3, comma 2-bis, 2-ter e 2-quater, del decreto-legge 30 novembre 2005, n. 245, come convertito con modificazioni dalla legge 27 gennaio 2006, n. 21, nei termini e per le ragioni esposti in motivazione, per contrasto con gli articoli 3 e 25 della Costituzione; sospende il giudizio in corso; ordina che la presente ordinanza sia notificata, a cura della segreteria del Tribunale amministrativo regionale, a tutte le parti in causa ed al Presidente del Consiglio dei ministri e che sia comunicata al Presidente del Senato della Repubblica ed al Presidente della Camera dei deputati; Dispone la immediata trasmissione degli atti, a cura della stessa segreteria, alla Corte costituzionale. Cosi' deciso in Napoli, nella Camera di consiglio dell'8 novembre 2006. Il Presidente: Guida Il consigliere estensore: Donadono 07c1140