N. 667 ORDINANZA (Atto di promovimento) 30 marzo 2007

Ordinanza  emessa  il  30  marzo  2007 dal tribunale dei minorenni di
Palermo nel procedimento relativo a M.R.

Minori  -  Figli  naturali  -  Istanza  di genitore non coniugato per
  l'affidamento  esclusivo del figlio convivente, per la condanna del
  genitore  non convivente al versamento di un assegno mensile per il
  mantenimento  del  figlio,  e per l'inibizione o la limitazione del
  potere  di  vigilanza e del diritto di visita spettanti al genitore
  non  convivente - Normativa applicabile ai procedimenti relativi ai
  figli  di  genitori  non  coniugati,  con  particolare  riguardo al
  profilo  della  competenza del Tribunale dei minorenni - Estensione
  ai  detti  procedimenti  della disciplina dettata dalla legge n. 54
  del  2006,  recante  disposizioni  in  materia  di  separazione dei
  genitori  e affidamento condiviso dei figli - Denunciata violazione
  del  principio  di  uguaglianza - Incidenza sul diritto di difesa -
  Asserita  lesione del principio costituzionale del giudice naturale
  precostituito per legge.
- Legge 8 febbraio 2006, n. 54, art. 4, comma 2.
- Costituzione, artt. 3, 24 e 25.
(GU n.39 del 10-10-2007 )
                    IL TRIBUNALE PER I MINORENNI

    Ha pronunciato la seguente ordinanza nel procedimento relativo al
minore M. R., nato a Palermo il ..................., di F. e di C. P.
    Premesso  che  la  madre  ha  rappresentato a questo tribunale di
avere  convissuto  more uxorio con il M. e di avere dato alla luce R.
in data 15 gennaio 2005.
    Considerato  che  l'istante,  ritenendo  di essere affidataria ex
lege  ai  sensi dell'art. 317-bis c.c. del minore con lei convivente,
ha  chiesto ai sensi degli artt. 155 e ss. c.c., 317-bis e 336 c.c. e
709-ter  c.c.  l'affidamento esclusivo del figlio; la condanna del M.
al  versamento  di un assegno mensile per il mantenimento del bambino
pari  ad  euro  516,46  o  della  maggiore  o  minore somma che sara'
ritenuta equa dal tribunale per i minorenni.
    Rilevato   che  la  ricorrente  ha,  ancora,  chiesto  che  nella
commisurazione  dell'assegno questo tribunale tenga conto dei criteri
indicati   dall'art. 155,   comma  4  c.c.,  155,  comma  2  e  delle
disposizioni    dell'art. 709-ter    c.p.c.    e    che,   ai   sensi
dell'art. 317-bis  c.c.,  si inibisse al padre il potere di vigilanza
ed  il  diritto  di  visita  del  figlio  ed  in  subordine che se ne
limitasse l'esercizio.
    Visto il parere del p. m., che ha chiesto l'affidamento esclusivo
del  minore alla madre con regolamentazione del diritto di visita del
padre,  senza  specificare alcun riferimento normativo. Rilevato che,
questo tribunale per i minorenni e' chiamato quindi a pronunciarsi ai
sensi  degli  artt. 155 e ss. c.c., dell'art. 4/2, legge n. 54/2006 e
317-bis c.c.
    Visti  gli  artt. 23  e  s.s. legge 11 marzo 1953, n. 87, solleva
questione   di   incostituzionalita'   dell'art. 4   comma  2,  legge
n. 54/2006, nella parte in cui estende le disposizioni della medesima
legge  anche  ai  procedimenti  relativi  ai  figli  di  genitori non
coniugati, per violazione degli artt. 3, 24, 25 della Costituzione.
    Invero, si osserva quanto segue.
    La  legge n. 54/2006 e' intervenuta a modifica delle disposizioni
applicabili ai procedimenti di separazione fra i coniugi.
    Presupposto  di  fatto  dell'intera disciplina e' lo scioglimento
per qualsiasi causa del vincolo matrimoniale.
    Com'e'  noto  il  matrimonio  puo' definirsi un negozio giuridico
bilaterale   caratterizzato  dalla  manifestazione  di  volonta'  dei
coniugi  di  prendersi  rispettivamente  in  marito  e  moglie  a cui
l'ordinamento  giuridico riconosce effetti giuridicamente rilevanti e
segnatamente  gli  effetti  di cui agli artt. 143 e ss. c.c.: obbligo
della    fedelta';    all'assistenza   morale   e   materiale;   alla
collaborazione    nell'interesse   della   famiglia;   a   concordare
l'indirizzo della vita di famiglia; di mantenere, istruire ed educare
la prole, ecc.
    Il  matrimonio, pertanto, per volonta' dei contraenti, imprime un
carattere  di  stabilita'  al  vincolo  coniugale e genera diritti ed
obblighi  giuridicamente rilevanti per entrambi coniugi, diversamente
da quanto avviene tra coloro che non sono coniugati.
    Ma  dal  matrimonio, cosi' come dalla convivenza e persino da una
relazione   occasionale,   nel   momento  in  cui  nasce  un  figlio,
scaturiscono  diritti  e  doveri  per  entrambi  i genitori, che sono
indipendenti  dall'esistenza di un vincolo matrimoniale e che esigono
una regolamentazione che incide sulla relazione genitori-figli.
    Cio'   significa   che   mentre   lo   scioglimento  del  vincolo
matrimoniale  determina  la  necessita'  di  regolamentazione  di  un
duplice ordine di posizioni: quella dei coniugi fra loro e quella dei
coniugi  in  quanto  «genitori»  separati, nel caso in cui il vincolo
matrimoniale  non  sussista,  l'unica disciplina necessaria e' quella
relativa   all'esercizio   della   genitorialita'   ed  agli  aspetti
patrimoniali legati al rapporto di filiazione.
    La  legge n. 54/2006, dopo avere modificato la normativa relativa
ai procedimenti ed alle situazioni dei coniugi separati, introducendo
peraltro  anche  un  regime  sanzionatorio  applicabile  al  genitore
inadempiente   dopo  l'esaurimento  del  procedimento  relativo  alla
separazione,  ha  precisato  all'art. 4,  comma 2 che le disposizioni
della  legge  n. 54/2006  «si  applicano  in  caso  di  scioglimento,
cessazione degli effetti civili, nullita' del matrimonio, "nonche' ai
procedimenti relativi ai figli di genitori non coniugati"».
    Con   questa   disposizione   il   legislatore   ha   esteso  «ai
procedimenti»  relativi  ai  figli di genitori separati non coniugati
una  normativa  complessa  avente  natura  sostanziale, processuale e
sanzionatoria,  senza  tenere conto della diversita' delle situazioni
sopra  indicate  e  senza  specificare  esattamente  i  margini  e le
modalita'   di   tale   estensione,   cosi'  generando  un'ambiguita'
interpretativa  che determina, e di fatto ha determinato, in tutto il
territorio  nazionale  una diversita' di trattamento delle persone ed
un'incertezza normativa costituzionalmente inammissibile.
    L'art. 155,  comma  1 c.c., come novellato dalla legge n. 54/2006
in  particolare  prevede  che  in  caso  di separazione personale dei
genitori  coniugati  il  figlio  ha  diritto  a mantenere un rapporto
continuativo ed equilibrato con ciascuno di essi, di ricevere cura ed
educazione ed istruzione da entrambi i genitori e conservare rapporti
significativi  con  gli  ascendenti  e  con i parenti di ciascun ramo
genitoriale.  Il  comma  2  della  medesima  norma  sancisce  che per
realizzare le finalita' previste dal comma 1 il giudice che pronuncia
la  separazione  dei  coniugi valuta prioritariamente la possibilita'
che il minore venga affidato ad entrambi i genitori oppure stabilisce
a quale di essi i figli sono affidati.
    La  seconda parte del comma 2 dell'art. 155 ed i successivi commi
dell'art. 155, insieme gli artt. 155-ter e quater, quinquies e sexies
c.c.,  stabiliscono  le  modalita'  di determinazione dell'assegno di
mantenimento, di assegnazione della casa coniugale, ecc.
    L'art. 155-bis  prevede,  inoltre,  che il giudice possa disporre
l'affidamento dei figli ad uno solo dei genitori qualora ritenga, con
provvedimento  motivato,  che  l'affidamento  all'altro sia contrario
all'interesse del minore.
    Nel  caso  in  cui,  invece,  i  genitori  non  siano  coniugati,
l'art. 317-bis c.c. prevede al secondo comma che se il riconoscimento
e'  fatto  da  entrambi i genitori, l'esercizio della potesta' spetta
congiuntamente  ad  entrambi i conviventi e se non sono conviventi la
potesta'  spetta al genitore con cui il figlio convive ed il giudice,
nell'esclusivo  interesse  del  figlio,  puo' decidere diversamente e
puo' anche «escludere la potesta' di entrambi i genitori».
    Al  genitore  che  non  esercita  la potesta' compete comunque il
potere  di vigilare sulla istruzione, educazione e condizioni di vita
del figlio.
    Nulla prevede l'art. 317-bis riguardo alla regolamentazione delle
questioni  patrimoniali  attinenti  i rapporti fra i genitori e nulla
prevede  di  specifico  in  ordine  alle  modalita' di determinazione
dell'assegno  di mantenimento nei confronti del figlio, lasciato alla
disciplina  prevista  dagli  artt. 433 e ss. c.c. e dagli artt. 147 e
148  c.c.,  che  impongono  ai  genitori  un'obbligazione  di  natura
solidale, eseguibile coattivamente.
    L'art. 38  disp.  att.  c.c.  nonche'  una copiosa giurisprudenza
della  suprema Corte attribuisce alla competenza del giudice minorile
esclusivamente  le  questioni  relative  all'affidamento  di figli di
genitori  non  coniugati  ex art. 317-bis c.c., lasciando gli aspetti
patrimoniali  alla  competenza  del  giudice  civile  ordinario,  con
l'unica  eccezione  di  cui  agli artt. 269 e ss. c.c., di competenza
esclusiva del tribunale per i minorenni.
    Orbene, l'art. 4, comma 2 della legge n. 54/2006 ha esteso sic et
simpliciter  tutte  le  norme  della  medesima legge «ai procedimenti
relativi  ai  figli  di genitori non coniugati», senza operare alcuna
distinzione  riguardo  alle  diverse  situazioni sopra descritte, con
conseguente  mancanza  di chiarezza sia in ordine alla individuazione
dei «procedimenti» ai quali applicare la normativa sia in ordine alla
individuazione dell'autorita' giudiziaria competente a decidere.
    E'  proprio  in  relazione  a tale indeterminatezza normativa che
questo   giudicante   ravvisa   l'illegittimita'  costituzionale  del
predetto  art. 4,  comma  2,  legge  n. 54/2006, per violazione degli
artt. 3, 24 e 25 della Costituzione.
    L'art. 4,  comma  2, legge n. 54/2006, infatti, oltre a prevedere
un  illogico assoggettamento dei genitori separati non coniugati alle
conseguenze   derivanti   dallo  scioglimento  di  un  patto  (quello
matrimoniale)   mai   voluto,   evidenzia  aspetti  di  ambiguita'  e
imprecisione tali da generare notevoli dubbi.
    E'  possibile,  infatti,  elaborare  -  e  di  fatto  sono  state
elaborate - almeno tre interpretazioni diverse che a parere di questo
giudice presentano tutte profili di incostituzionalita'.
    La  dizione  letterale  della  norma  indurrebbe  prima  facie  a
ritenere  che  nei  procedimenti  pendenti dinanzi al tribunale per i
minorenni andrebbero applicate tutte le norme della legge n. 54/2006,
comprese  quelle relative alle questioni patrimoniali (determinazione
assegno  di  mantenimento  dei  figli  -  attribuzione  della  casa -
sanzioni   in   caso   di   inadempimento   delle   condizioni  della
separazione), con conseguente spostamento di competenza dal tribunale
ordinario a quello per i minorenni.
    Ma,  a  prescindere  dalla considerazione che tale spostamento di
competenza non e' stato espressamente previsto dal legislatore che ha
lasciato  invariato  l'art. 38  delle  disp.att. cc., l'attribuire al
tribunale  per  i  minorenni  la  competenza a decidere riguardo alle
questioni  patrimoniali e sanzionatorie, significherebbe ammettere la
possibilita'  per  i  genitori  separati  non  coniugati  di agire in
giudizio  per  il  soddisfacimento delle proprie pretese con le forme
proprie del rito in vigore presso il medesimo tribunale, ossia quello
previsto  dagli  artt. 737 e ss. c.c. che disciplinano i procedimenti
in camera di consiglio.
    Cio'  rende  evidente  l'inammissibilita' di tale interpretazione
per contrasto con l'art. 24 della Costituzione, posto che le garanzie
difensive di entrambi i genitori risulterebbero sicuramente compresse
in  un  procedimento  di  volontaria  giurisdizione,  qual'e'  quello
attualmente  vigente  presso  il  tribunale  per i minorenni. Il rito
camerale,  infatti,  «non  e'  strutturato  per  la tutela di diritti
patrimoniali  essendo  un rito non contenzioso che si conclude con un
provvedimento   modificabile   e   revocabile   (decreto)   che,  pur
riguardando  posizioni  di  diritto  soggettivo,  si  esaurisce in un
governo di interessi sottratti all'autonomia privata, senza risolvere
un  conflitto di diritti contrapposti» (Cass., S.U., 23 ottobre 1986,
n. 6220;  Cass., S.U., 28 gennaio 1995, n. 1026; Cass. S.U., 2 aprile
1998, n. 338).
    Inoltre,  uno  spostamento  implicito  di  competenza dal giudice
civile  ordinario  al  giudice  minorile,  sarebbe  in  contrasto con
l'art. 25  della Cost., in quanto tradirebbe il principio del giudice
naturale  precostituito per legge, vista l'inesistenza di un'espressa
attribuzione  legislativa  di  competenza  al  giudice minorile delle
questioni  patrimoniali  relative  ai figli dei genitori separati non
coniugati.
    Si  consideri  altresi',  che  in ogni caso si determinerebbe una
illogica  disparita' di trattamento fra genitori coniugati separati e
genitori separati non coniugati.
    I   primi,   infatti,   sarebbero   assoggettati  solamente  alla
disciplina di cui alla legge n. 54/2006 ed al rito ordinario mentre i
secondi  sarebbero  assoggettati  contemporaneamente alle norme della
legge  n. 54/2006  all'art. 317-bis  c.c.  ed  al  rito camerale, con
conseguenze non indifferenti sul piano sostanziale e processuale.
    La   legge   n. 54   non   ha,  infatti,  modificato  o  abrogato
l'art. 317-bis  c.c.  ne'  d'altra parte tale articolo puo' ritenersi
abrogato  ai  sensi  dell'art. 15 delle preleggi. L'art. 317-bis c.c.
disciplina,  invero,  situazioni di fatto che prescindono e precedono
l'intervento  dell'autorita'  giudiziaria  e che trovano applicazione
nel  caso  in  cui uno solo dei genitori abbia riconosciuto il figlio
ovvero  nel  caso  di  genitori  non  coniugati  conviventi,  sicche'
un'abrogazione  tacita  e' inammissibile, posto che diversamente tali
situazioni non avrebbero alcuna disciplina.
    La  prima  ipotesi  interpretativa  non  puo',  pertanto, trovare
apprezzamento.
    Non  puo'  parimenti sostenersi un secondo orientamento esegetico
che  vuole,  al contrario, spostare tutta la competenza dal tribunale
per i minorenni al giudice civile ordinario.
    Il  legislatore  non  ha  operato,  infatti,  alcuna modifica del
regime  delle  competenze di cui all'art. 38 disp. att. c.c., sicche'
sostenere  il  contrario  determinerebbe  un  contrasto con l'art. 25
della Costituzione, come gia' sopra rilevato. In ogni caso rimarrebbe
il dubbio sul concreto ambito di operativita' dell'art. 317-bis c.c.
    Secondo  una  terza  ipotesi,  potrebbe,  infine,  ritenersi  che
l'art. 4,  comma  2 della legge n. 54/2006 abbia in sostanza lasciato
invariata  la  distribuzione  delle  competenze  tra  giudice  civile
ordinario e giudice minorile.
    In  base a tale interpretazione la norma andrebbe letta nel senso
di  ritenere  estesa  ai  procedimenti  relativi  i figli di genitori
separati  non  coniugati  -  di  competenza  del  giudice  minorile -
esclusivamente  le  disposizioni  di  cui  ai commi 1 e 2 prima parte
dell'art. 155  e  di  cui  all'art. 155-bis  c.c. relativi all'affido
condiviso,   mentre   le  rimanenti  norme  della  legge  n. 54/2006,
riguardanti  le questioni partrimoniali e sanzionatorie, rimarrebbero
di competenza del giudice civile ordinario.
    Ma  anche  tale  interpretazione, a parere di questo giudice, da'
luogo   a   profili   di   incostituzionalita',  tenuto  conto  della
contemporanea  vigenza  ed  operativita'  dell'art. 317-bis  e  degli
artt. 155 e 155-bis c.c.
    Se  cosi' fosse, infatti, ciascun genitore separato non coniugato
potrebbe    indifferentemente    richiedere   al   giudice   minorile
l'applicazione  della  disciplina  dell'affido  condiviso ex art. 155
c.c.  ovvero  ritenersi  genitore  affidatario  ex art. 317-bis c.c.,
secondo  le  proprie posizioni e convinzioni, con evidente disparita'
di  trattamento  rispetto  ai genitori separati coniugati ed evidente
difficolta' di individuazione della norma in concreto applicabile.
    In  conclusione  questo giudicante ritiene che l'art. 4, comma 2,
legge  n. 54/2006  determini  di  fatto  una  disciplina la quale per
alcuni aspetti equipara illogicamente la posizione di coloro che sono
legati  da  un vincolo matrimoniale a coloro che invece non lo sono e
che   nel   complesso   risulta  comunque  intrinsecamente  priva  di
ragionevolezza  e  contraria  alle  esigenze di certezza del diritto,
come  emerge peraltro dalla disamina della giurisprudenza di merito e
della  dottrina,  che  a  distanza  di un anno dall'entrata in vigore
della legge non ha ancora trovato soluzioni convincenti e condivise.
                              P. Q. M.
    Solleva  questione  di  incostituzionalita' dell'art. 4, comma 2,
della legge n. 54/2006 nella parte in cui estende la normativa di cui
alla  medesima  legge  «ai procedimenti relativi ai figli di genitori
non   coniugati»,  per  violazione  degli  artt. 3,  24  e  25  della
Costituzione.
    Sospende  il  processo  in  corso  ai sensi degli artt. 23 e s.s.
della legge 11 marzo 1953, n. 157 e art. 1 della legge 24 marzo 1956,
n. 71.
    Dispone  che  la  presente  ordinanza  venga trasmessa alla Corte
costituzionale   insieme   con   gli   atti  e  con  la  prova  delle
comunicazioni e delle notificazioni prescritte.
    Dispone  che  a  cura della cancelleria la presente ordinanza sia
notificata  alle parti in causa, al pubblico ministero, al Presidente
del  Consiglio  dei ministri e che sia comunicata ai Presidenti delle
due Camere del Parlamento.
        Palermo, addi' 15 marzo 2007
                Il Presidente estensore: Fratantonio
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