N. 669 ORDINANZA (Atto di promovimento) 26 aprile 2007
Ordinanza emessa il 26 aprile 2007 dal giudice di pace di Trieste sul ricorso proposto da Shigjeqi Urim contro Prefetto di Trieste Straniero e apolide - Procedura per il riconoscimento dello status di rifugiato politico - Ricorso al Tribunale in composizione monocratica territorialmente competente avverso la decisione della Commissione territoriale di diniego dello status di rifugiato politico - Efficacia sospensiva sul provvedimento di allontanamento del territorio nazionale - Esclusione - Incidenza sul diritto di difesa. - Decreto-legge 30 dicembre 1989, n. 416, art. 1-ter, comma 6, convertito in legge 28 febbraio 1990, n. 39. - Costituzione, art. 24.(GU n.39 del 10-10-2007 )
IL GIUDICE DI PACE Sciogliendo la riserva formulata nel verbale dell'udienza del 20 aprile 2007, nella causa introdotta con ricorso depositato in cancelleria in data 4 aprile 2007 dal sig. Shigjeqi Urim, nato a Prizen in Kosovo il 26 ottobre 1983, e residente o comunque domiciliato in Trieste, rappresentato e difeso, giusta delega in allegato al ricorso, dall'avvocato Giovanni Iacono, con domicilio eletto presso lo studio del medesimo avvocato in Monfalcone, Corso del Popolo n. 54, ricorrente, nei confronti del «Prefetto della Provincia di Trieste» domiciliato presso, l'avvocatura distrettuale dello Stato in Trieste, resistente, per l'annullamento ovvero la sospensione del decreto di espulsione dal territorio nazionale n. 27 del 3 febbraio 2007, adottato dal Prefetto di Trieste e notificato in pari data dalla Questura di Trieste con obbligo di lasciare il territorio dello Stato entro cinque giorni dalla data di notifica, per violazione della disposizione di cui all'art. 14, comma 5-bis, d.lgs. n. 286/1998, come modificato dalla legge n. 189/2002, ha pronunciato la seguente ordinanza. Visto l'art. 737 del c. proc. civ. Sospesi i provvedimenti impugnati fino alla data di definizione del presente ricorso. Verificata la regolare costituzione del contraddittorio. Sentite le parti in Camera di consiglio all'udienza del 20 aprile 2007. Esaminata la documentazione depositata dalla pubblica amministrazione. Ammesso il ricorrente al gratuito patrocinio ai sensi del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115. Considerato in fatto L'odierno ricorrente, entrato nel territorio italiano nel mese di giugno 2003, aveva presentato domanda di riconoscimento dello status di rifugiato e/o asilo politico alla competente Questura di Trieste, ed aveva ottenuto un valido permesso di soggiorno, per «richiesta asilo politico» con scadenza 6 marzo 2005. Con provvedimento del 9 marzo 2005, notificato all'interessato a mezzo della Questura di Trieste in data 18 aprile 2005, al ricorrente era stato negato il riconoscimento dello stato di rifugiato politico e nella stessa data la medesima questura gli aveva notificato il decreto di espulsione del 18 aprile 2005 emesso a suo carico dal Prefetto di Trieste, in considerazione proprio del diniego di riconoscimento dello status di rifugiato pronunciato dalla Commissione centrale competente, con contestuale ordine del questore di lasciare il territorio italiano entro cinque giorni. Avverso il suddetto diniego l'odierno ricorrente aveva presentato ricorso giurisdizionale ritualmente notificato in data 2 maggio 2005, ricorso tuttora pendente avanti al Tribunale civile di Trieste con prossima udienza fissata per il giorno 10 luglio 2007. In data 3 febbraio 2007 con proprio decreto n. 27, il Prefetto di Trieste aveva disposto ulteriore espulsione nei confronti dell'odierno ricorrente con la motivazione della violazione della disposizione di cui all'art. 14, comma 5-bis del d.lgs. n. 286/1998 per essersi trattenuto sul territorio dello Stato italiano non ottemperando al precedente ordine del questore. Il ricorso in trattazione e' stato proposto contro quest'ultimo decreto di espulsione n. 27 del 3 febbraio 2007, per i seguenti motivi: a) illegittimita' per violazione di legge e per motivazione carente, in violazione del disposto di cui all'art. 10-bis della legge n. 241/1990, come modificata dalla legge 11 febbraio 2005, n. 15, in quanto prima dell'emanazione del decreto di espulsione (3 febbraio 2007, non aveva accordato all'interessato il termine di dieci giorni per l'eventuale presentazione per iscritto di osservazioni; b) avvenuta proposizione del ricorso al competente Tribunale civile di Trieste avverso il diniego della richiesta di riconoscimento dello status di rifugiato politico, che avrebbe giustificato, quanto meno, la sospensione dell'espulsione in attesa dell'esito del ricorso stesso, cosi' riconoscendo al richiedente asilo il diritto di permanere nello Stato, al quale la domanda e' stata presentata, sino alla decisione nel merito del ricorso proposto alla competente a.g.; c) l'esecuzione dell'espulsione avrebbe pregiudicato la possibilita' del ricorrente di permanere nel territorio nazionale e di svolgervi un'attivita' lavorativa, attesa la sua richiesta di essere ammesso alle quote stabilite per i lavoratori extracomunitari per l'anno 2006. Pertanto, il ricorrente ha chiesto a questo giudice di pace in via principale l'annullamento dei provvedimenti impugnati ed in via subordinata la sospensione dell'esecutorieta'. Con propria nota del 20 aprile 2006, depositata in udienza, il Prefetto di Trieste, nel richiamarsi al contenuto della nota della Questura di Trieste del 17 aprile 2007, ha contestato i singoli motivi di ricorso, rilevando che l'applicazione dell'art. 10-bis della legge n. 241/1990, introdotto dall'art. 6 della legge n. 15 del 2005, prima della notifica della decisione, era di competenza della Commissione centrale; che la pendenza del ricorso contro la decisione della Commissione centrale non giustificava la permanenza del ricorrente in Italia, potendo egli attendere l'esito del ricorso nel suo Paese d'origine; che in base alla normativa vigente lo straniero che intende avvalersi delle quote riservate ai cittadini extracomunitari deve risiedere all'estero ed attendere nel suo Paese l'autorizzazione al lavoro che gli permetterebbe di ottenere il visto di ingresso in Italia per motivi di lavoro (art. 21 del d.lgs. n. 286/1998). Questo giudice, letto il ricorso ora in trattazione, aveva sospeso i provvedimenti impugnati sino all'esito del presente ricorso ed aveva fissato udienza di comparizione delle parti avanti a se' per l'udienza del 20 aprile 2007 ad ore 9.30, aula 11, secondo piano, via Coroneo n. 13 di Trieste. Alla predetta udienza l'avvocato Giovanni Iacono ha depositato copia dell'istanza di riesame e revoca in autotutela del decreto di espulsione ed ha concluso chiedendo, in via principale, l'accoglimento del ricorso ed in subordine la sospensione dello stesso. La dottoressa Cioffi per il Prefetto di Trieste ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso. Ritenuto in diritto Quanto sopra considerato, ritiene questo giudicante che debba essere sollevata di ufficio questione di legittimita' costituzionale dell'art. 1-ter, comma 6, del d.l. 30 dicembre 1989, n. 416, (pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana n. 303 del 30 dicembre 1989), convertito nella legge n. 39 del 1990 (pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 49 del 28 febbraio 1990 e ripubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 67 del 21 marzo 1990), nella parte in cui prevede che il ricorso avverso la decisione di non riconoscere lo status di rifugiato, adottata dalla Commissione territoriale per il riconoscimento dello status di rifugiato, presentato al Tribunale civile di Trieste in composizione monocratica, entro quindici giorni dalla notifica della predetta decisione «non sospende il provvedimento di allontanamento dal territorio nazionale». Cio' in quanto, a proprio giudizio, l'applicazione di tale disposizione comporta violazione del diritto di difesa garantito dell'art. 24 della Costituzione, il quale dispone che la difesa in giudizio e' diritto inviolabile in ogni stato e grado del procedimento. (Cfr. art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87). Ritiene, altresi', questo giudice che la questione di legittimita' costituzionale che viene sollevata d'ufficio non e' manifestamente infondata perche' il diritto di difesa del ricorrente nel giudizio dinanzi al tribunale contro il diniego della qualifica di rifugiato politico e' violato, data l'impossibilita' dello straniero, necessariamente espulso pur in pendenza del ricorso ex art. 1-ter, comma 6 del d.l. n. 416 del 30 dicembre 1989, di essere sentito personalmente e di fornire eventuali informazioni utili all'approfondimento dell'istruttoria. Va sottolineato in proposito che la previa audizione dell'interessato non e' una mera facolta' ma un obbligo del giudice che attiene al rispetto di un valore costituzionale, l'inviolabilita' del diritto alla difesa in ogni tipo di giudizio. (cfr. Corte di cass., sez. I civile, sentenza 12 febbraio/23 marzo 2004, n. 5728). Ritiene, infine, che la questione di legittimita' costituzionale sopra delineata e' rilevante perche' la sua decisione influisce sulla decisione della presente causa instaurata con il ricorso contro il provvedimento prefettizio di espulsione. Infatti, ove fosse dichiarata l'illegittimita' costituzionale della norma di cui all'art. 1-ter, comma 6, del d.l. 30 dicembre 1989, n. 416, quest'ultima non potrebbe essere applicata (art. 30 legge n. 87 del 1953) in pendenza del ricorso al Tribunale contro il rigetto della domanda di riconoscimento dello status di rifugiato politico, e la sospensione del provvedimento di allontanamento dal territorio nazionale sarebbe rimessa alla discrezionalita' del tribunale competente a conoscere del ricorso contro il diniego dello status di rifugiato politico. Dev'essere sottolineato che il giudice di pace puo' disporre la sospensione del decreto di espulsione impugnato solo fino alla conclusione del procedimento, tenuto conto della immediata esecutivita' del decreto di espulsione, anche se sottoposto a gravame o impugnativa da parte dell'interessato (art. 13, comma 3 del decreto legislativo n. 286/1998), e che la decisione sul ricorso contro il decreto di espulsione dev'essere adottata entro il termine prefissato dal legislatore di venti giorni dalla data di deposito del ricorso stesso (art. 13, comma 8 del T.U. citato). Pertanto, appare fortemente dubbia una soluzione ermeneutica che rimetta al giudice di pace l'adozione di una misura cautelare anticipatoria della decisione sul ricorso contro il provvedimento di espulsione. In proposito non sembra superfluo rilevare che, secondo la sentenza n. 161 della Corte costituzionale, quando siano stabiliti tempi rapidi per la decisione, la sospensione del procedimento (misura cautelare anticipatoria) non e' ammessa, tranne che, per motivi vari, quali l'impedimento del giudice o la sua astensione o ricusazione, ecc., il procedimento non possa concludersi nei tempi stabiliti dalla legge. In verita', nessuna norma giuridica autorizza il giudice del ricorso contro il decreto prefettizio di espulsione a sospendere i provvedimenti del prefetto e del questore, impugnati, oltre alla data di definizione del ricorso stesso. In definitiva, la sospensione dell'esecutivita' del decreto di espulsione impugnato dinanzi al giudice di pace non garantirebbe il diritto di difesa del ricorrente, perche' la decisione del ricorso contro il decreto di espulsione, oltre la quale, ovviamente, come sopra sottolineato, non potrebbe protrarsi la sospensione dell'esecutivita' del medesimo decreto, deve (tendenzialmente) avvenire nei termini di venti giorni.
P. Q. M. Visto l'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87; Solleva d'ufficio, in riferimento all'art. 24 della Costituzione, questione di legittimita' costituzionale dell'art. 1-ter, comma 6, del d.l. 30 dicembre 1989, n. 416, (pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana n. 303 del 30 dicembre 1989), convertito nella legge n. 39 del 1990 (pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 49 del 28 febbraio 1990 e ripubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 67 del 21 marzo 1990), nella parte in cui, premesso che il ricorso avverso la decisione della Commissione territoriale e' presentato al tribunale in composizione monocratica territorialmente competente entro quindici giorni, anche dall'estero tramite le rappresentanze diplomatiche, prescrive: «Il ricorso non sospende il provvedimento di allontanamento dal territorio nazionale». Dispone l'immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale e sospende il giudizio in corso. Ordina che a cura della cancelleria la predetta ordinanza sia notificata alle parti in causa via fax, nonche' al Presidente del Consiglio dei ministri e sia comunicata ai Presidenti delle due Camere del Parlamento. Trieste, addi' 24 aprile 2007 Il giudice di pace: Sirugo 07C1160