N. 337 ORDINANZA 26 settembre 2007

Giudizio  di ammissibilita' del ricorso per conflitto di attribuzione
  tra poteri dello Stato.

Segreto  di Stato - Indagini della Procura della Repubblica presso il
  Tribunale  di Milano sul sequestro di persona di Nasr Osama Mustafa
  Hassan,  alias  Abu  Omar,  svolte  nei confronti di funzionari del
  SISMI  e  di  agenti di un Servizio straniero - Note del Presidente
  del  Consiglio  dei  ministri  nonche'  dell'Ufficio  Stampa  e del
  Portavoce della Presidenza del Consiglio riguardanti l'esistenza di
  documenti  coperti  da segreto di Stato - Ricorso per conflitto tra
  poteri  dello Stato sollevato dalla Procura della Repubblica presso
  il  Tribunale  di  Milano  - Lamentata utilizzazione del segreto di
  Stato  in  relazione  a fatti eversivi dell'ordine costituzionale -
  Denunciato  eccesso  di potere e falsita' dei presupposti - Dedotta
  mancata  esplicitazione  delle  ragioni essenziali dell'apposizione
  del     segreto    -    Lamentata    violazione    del    principio
  dell'obbligatorieta' dell'azione penale e quindi delle attribuzioni
  costituzionali  del  pubblico ministero - Sussistenza dei requisiti
  soggettivi   e   oggettivi   -   Ammissibilita'   del  conflitto  -
  Comunicazioni e notificazioni conseguenti.
- Nota  del Presidente del Consiglio dei ministri del 26 luglio 2006,
  prot. n. USG/2.SP/813/50/347; nota del Presidente del Consiglio dei
  ministri dell'11 novembre 2005, prot. n. USG/2.SP/1318/50/347; nota
  dell'Ufficio  Stampa  e  del Portavoce del Presidente del Consiglio
  dei  ministri  per  la  stampa  del  5 giugno 2007;  direttiva  del
  Presidente   del   Consiglio   dei  ministri  del  30 luglio  1985,
  n. 2001.5/707.
- Costituzione, art. 112; legge 11 marzo 1953, n. 87, art. 37.
(GU n.38 del 3-10-2007 )
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
  Presidente: Franco BILE;
  Giudici:  Giovanni  Maria FLICK, Francesco AMIRANTE, Ugo DE SIERVO,
Paolo MADDALENA, Alfio FINOCCHIARO, Alfonso QUARANTA, Luigi MAZZELLA,
Gaetano  SILVESTRI,  Maria Rita SAULLE, Giuseppe TESAURO, Paolo Maria
NAPOLITANO;
ha pronunciato la seguente

                              Ordinanza

nel  giudizio  di  ammissibilita'  del  conflitto di attribuzione tra
poteri  dello Stato sollevato dal Procuratore della Repubblica presso
il Tribunale di Milano nei confronti del Presidente del Consiglio dei
ministri, in relazione alla nota (prot. n. USG/2.SP/19813/50/347) del
26 luglio  2006  a  firma  del Presidente del Consiglio dei ministri,
on. Romano   Prodi;   alla   nota   (prot.   n. USG/2.SP/1318/50/347)
dell'11 novembre  2005  a  firma  del  Presidente  del  Consiglio dei
ministri,  on.  Silvio  Berlusconi;  alla  nota  per  la stampa del 5
giugno 2007  dell'Ufficio  stampa  e del portavoce del Presidente del
Consiglio  dei  ministri,  on.  Romano  Prodi,  ed alla direttiva del
Presidente   del   Consiglio   dei   ministri   del  30 luglio  1985,
n. 2001.5/707,  in materia di tutela del segreto di Stato nel settore
degli  Organismi di informazione e di sicurezza, promosso con ricorso
depositato  in  cancelleria il 12 giugno 2007 ed iscritto al n. 6 del
registro   conflitti   tra   poteri   dello   Stato   2007,  fase  di
ammissibilita'.
    Udito  nella Camera di consiglio del 26 settembre 2007 il giudice
relatore Giovanni Maria Flick.
    Ritenuto  che,  con  ricorso  depositato  il  12  giugno 2007, la
«Procura  della  Repubblica presso il Tribunale di Milano, in persona
del   Procuratore   della  Repubblica»,  ha  sollevato  conflitto  di
attribuzione tra poteri dello Stato nei confronti del «Presidente del
Consiglio   dei   ministri  pro  tempore»,  in  relazione  alla  nota
n. USG/2.SP/19813/50/347  del  26 luglio  2006,  con  la  quale - con
riferimento  alla  vicenda  del  sequestro  di  persona di Nasr Osama
Mustafa  Hassan,  alias  Abu  Omar, avvenuto in Milano il 17 febbraio
2003  -  l'attuale  Presidente del Consiglio dei ministri, on. Romano
Prodi,  comunicava  alla  Procura  della  Repubblica di Milano che su
tutti i «fatti concernenti il sequestro», sulle vicende «che lo hanno
preceduto»  e «in generale [su] tutti i documenti, informative o atti
relativi  alla  pratica delle c.d. "renditions"» era stato apposto il
segreto  di  Stato  da parte del precedente Presidente del Consiglio,
on.  Silvio Berlusconi, e che tale segreto era stato «successivamente
confermato   dallo   scrivente»;   nonche'  in  relazione  alla  nota
n. USG/2.SP/1318/50/347  dell'11 novembre  2005  del  Presidente  del
Consiglio  dei  ministri, on. Silvio Berlusconi; ed in relazione alla
Nota  per  la  stampa  del  5  giugno 2007  dell'Ufficio Stampa e del
Portavoce  del  Presidente  del  Consiglio, on. Romano Prodi, e, «per
quanto  possa occorrere», alla direttiva del Presidente del Consiglio
dei ministri 30 luglio 1985 n. 2001.5/707;
        che il ricorrente ricostruisce le circostanze di fatto da cui
origina  il  conflitto  evidenziando,  in particolare, che la Procura
della  Repubblica  di  Milano  - nel corso delle indagini preliminari
svolte  in relazione al citato sequestro di persona - aveva richiesto
ai direttori del Servizio per le informazioni e la sicurezza militare
(SISMI) e del Servizio per le informazioni e la sicurezza democratica
(SISDE) di comunicare se, in base ad accordi con la CIA, questa fosse
tenuta  a  comunicare  ai servizi italiani la presenza nel territorio
nazionale  di  personale  dipendente  e  se i Servizi stessi avessero
intrattenuto  rapporti,  con  riferimento  al suddetto sequestro, con
personale dipendente della CIA presente in Italia;
        che,  con  la  citata  nota  dell'11 novembre  2005, l'allora
Presidente del Consiglio, on. Silvio Berlusconi, aveva affermato, tra
l'altro, di voler accogliere la richiesta di «fornire gli elementi di
informazione  richiesti  nella  misura  in cui gli stessi risultavano
partecipabili   all'autorita'   giudiziaria»,   ribadendo,  tuttavia,
l'«indefettibile  dovere istituzionale [di] salvaguardare, nei modi e
nelle   forme  normativamente  previsti,  la  riservatezza  di  atti,
documenti,  notizie  e  ogni altra cosa sia idonea a recar danno agli
interessi  protetti» dall'art. 12 della legge 24 ottobre 1977, n. 801
(Istituzione  e  ordinamento  dei  servizi  per  le informazioni e la
sicurezza e disciplina del segreto di Stato);
        che  nello  svolgimento  di ulteriori attivita' di indagine -
quali  l'esame  di  persone  informate dei fatti e le intercettazioni
telefoniche - non era stato mai opposto il segreto di Stato;
        che  la  Procura  milanese  aveva  disposto una perquisizione
negli uffici del SISMI, siti nella via Nazionale, n. 230, di Roma, in
uso  ad un funzionario di tale Servizio - eseguita il 5 luglio 2006 e
conclusasi   con   il   sequestro   di  materiale  informatico  e  di
documentazione - e che neppure in questo caso era stato opposto alcun
segreto  di  Stato:  ed  anzi,  con  missiva  dell'11 luglio 2006, il
direttore  del  SISMI aveva confermato l'inesistenza dell'apposizione
del segreto di Stato ai fatti relativi al sequestro di persona di Abu
Omar;
        che,    tuttavia,    il   medesimo   Direttore   del   SISMI,
successivamente sottoposto ad interrogatorio in qualita' di indagato,
aveva  confermato che la vicenda de qua non era coperta da segreto di
Stato,  ma che, cio' nonostante, gli risultava impossibile fornire la
prova  della propria estraneita' ai fatti oggetto della contestazione
senza  il  riferimento  a  documenti,  non  ulteriormente  precisati,
coperti da segreto di Stato;
        che,   in  esito  a  tale  dichiarazione,  la  Procura  della
Repubblica di Milano aveva quindi richiesto al Ministro della difesa,
con missiva del 18 luglio 2006, la trasmissione di tutti i documenti,
informative  o  atti  relativi  al sequestro di persona in oggetto e,
piu'  in  generale,  alla pratica delle cosiddette renditions, vale a
dire dei sequestri e trasferimenti di sospetti terroristi al di fuori
delle  procedure  legali,  e,  con  altra missiva in pari data, aveva
richiesto  al  Presidente  del  Consiglio  dei ministri, in relazione
all'effettiva  esistenza  di  tali  atti e alla loro secretazione, di
«valutare   l'opportunita»  di  revocare  l'apposizione  del  segreto
medesimo;
        che, con nota del 26 luglio 2006, il Presidente del Consiglio
dei  ministri  aveva  rilevato  che,  in  ordine  alla documentazione
richiesta,  «risulta  effettivamente  apposto il segreto di Stato dal
precedente  Presidente  del  Consiglio  dei ministri»; che il segreto
stesso  «e'  stato successivamente confermato dallo scrivente»; e che
non  «sussistono,  nell'attuale contesto, le condizioni per rimuovere
il segreto di Stato da detta documentazione»;
        che,  a  sua volta, il Ministro della difesa, con missiva del
27 luglio  2006,  si  era  adeguato  alla risposta del Presidente del
Consiglio, dichiarandosi vincolato al segreto di Stato;
        che  il  ricorrente  afferma  ancora  che  la  Procura  della
Repubblica  di  Milano,  a  fronte  delle  citate comunicazioni, «non
formulava  alcun  interpello  ai  sensi  dell'art. 202  del codice di
procedura  penale  o dell'art. 256 dello stesso codice, ritenendo gli
elementi  eventualmente acquisibili non essenziali per la definizione
del  processo,  ed  avendo  gia'  raccolto elementi di prova ritenuti
sufficienti  per  esercitare  l'azione penale»; tale azione era stata
esercitata con la richiesta di rinvio a giudizio, cui era seguito, in
esito  all'udienza  preliminare, il decreto che disponeva il giudizio
per tutti gli imputati, in data 16 febbraio 2007;
        che,   successivamente,   il  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri  aveva  proposto conflitto nei confronti della Procura della
Repubblica   di   Milano   (conflitto   dichiarato   ammissibile  con
l'ordinanza  n. 124  del  2007) ed, al riguardo, l'odierno ricorrente
evidenzia  come,  gia'  nella memoria di costituzione in giudizio, si
fosse  ritenuta  la  menzionata  nota  del 26 luglio 2006 doppiamente
lesiva  delle  attribuzioni  costituzionali  della  Procura: in primo
luogo,  perche'  tale  documento  farebbe  retroagire «il segreto sui
fatti  di  causa  all'11 novembre  2005  o  ad  altra  data anteriore
ancorche'   sconosciuta»,   cosi'   pretendendo  di  «incidere  sulla
celebrazione e/o sull'esito del processo» in corso; in secondo luogo,
perche'  l'apposizione  del  segreto di Stato da parte del Presidente
del  Consiglio  sui  fatti  concernenti il sequestro di Abu Omar e su
tutti  i  documenti,  informative  o  atti  relativi  alle cosiddette
extraordinary   renditions,  renderebbe  comunque  piu'  difficoltosa
«l'effettuazione  di  ulteriori  indagini della Procura di Milano» su
tali fatti;
        che,   infine,   l'Ufficio   stampa  e  del  portavoce  della
Presidenza  del  Consiglio  dei  ministri, in data 5 giugno del 2007,
aveva  diffuso una nota nella quale per un verso, in palese contrasto
con  quanto contenuto nella nota del 26 luglio 2006, si affermava che
«sul  fatto "rapimento Abu Omar" del 17 febbraio 2003 non esiste agli
atti  del SISMI nessun documento quindi nessun segreto di Stato»; per
altro  verso, si precisava come la nota dell'11 novembre 2005 andasse
intesa  nel  senso che il segreto di Stato veniva apposto «su tutti i
documenti riguardanti la politica di difesa contro il terrorismo dopo
l'11 settembre   2001»,  cosi'  comprendendo  «ovviamente,  anche  il
delicato capitolo riguardante il rapporto con gli alleati»;
        che  - cio' premesso in fatto - la Procura ricorrente rileva,
quanto  all'ammissibilita'  del  ricorso sotto il profilo soggettivo,
come  per giurisprudenza costituzionale consolidata, sia da ritenersi
pacifica   tanto  la  legittimazione  attiva  del  Procuratore  della
Repubblica,  quanto  quella  passiva del Presidente del Consiglio dei
ministri;
        che,  con  riferimento  all'ammissibilita'  sotto  il profilo
oggettivo,  il  ricorrente  assume  che  - quale che sia la possibile
interpretazione  della  missiva  del  Presidente  del  Consiglio  del
26 luglio  2006  -  in  ogni caso «verrebbe genericamente impedita al
pubblico  ministero  l'acquisizione  e  l'utilizzazione  di  tutte le
informazioni  e  di  tutti  i  documenti  anche  quando  non  vi  sia
un'esplicita  apposizione ed opposizione di segreto»; con conseguente
menomazione delle attribuzioni costituzionali del pubblico ministero;
        che,  nel merito, il ricorrente denuncia, con un primo motivo
di  ricorso,  la  violazione,  negli  atti contestati, del divieto di
coprire   con   il   segreto  di  Stato  fatti  eversivi  dell'ordine
costituzionale,  in  contrasto  con  l'art. 12,  secondo comma, della
legge n. 801 del 1977;
        che  tale  sarebbe, infatti, la configurazione dei gravissimi
reati  oggetto  del  procedimento  penale  (che si iscrivono nel piu'
ampio  fenomeno delle cosiddette extraordinary renditions), in quanto
contrari  ai  principi  supremi  dell'ordinamento e, tra questi, alle
norme   che  garantiscono  i  diritti  inviolabili  dell'uomo  e,  in
particolare,  a  quelle  che  preservano  da  «ogni violenza fisica o
morale  sulle  persone  comunque sottoposte a restrizioni di liberta'
personale», secondo il disposto dell'art. 13, quarto comma, Cost.;
        che,   con  un  secondo  motivo,  il  ricorrente  denunzia  -
adducendo  il  vizio  di «eccesso di potere per errore o falsita' dei
presupposti»  - l'illegittimita' della missiva del 26 luglio 2006 del
Presidente  del  Consiglio «perche' falsamente afferma che il segreto
di  Stato  sui  fatti connessi al rapimento di Abu Omar sarebbe stato
apposto  dal  suo  predecessore»: invero, nella nota dell'11 novembre
2005,  il Presidente del Consiglio dell'epoca, on. Silvio Berlusconi,
non  aveva  affatto  inteso  «coprire con il segreto di Stato i fatti
preparatori, connessi e conseguenti al sequestro di Abu Omar» e sotto
tale  profilo  la  successiva nota del 26 luglio 2006 sarebbe appunto
illegittima «in quanto in essa si afferma una cosa che non risponde a
verita»;
        che  nondimeno  -  prosegue  il  ricorrente  - se la nota del
Presidente  Berlusconi  dovesse  essere  intesa  come  appositiva del
segreto,  essa  risulterebbe «illegittima ed inefficace» e, comunque,
mai  comunicata all'autorita' giudiziaria; con la conseguenza che «il
Presidente Prodi avrebbe fatto assai male a confermarla, coinvolgendo
la sua responsabilita' politica»;
        che,  con un terzo motivo di ricorso, assumendo la violazione
dell'art. 16  della  legge  n. 801  del  1977, il ricorrente si duole
della  mancata enunciazione delle ragioni essenziali dell'apposizione
del  segreto  di  Stato  in  entrambe  le  note  della Presidenza del
Consiglio (dell'11 novembre 2005 e del 26 luglio 2006);
        che  il  ricorrente  evidenzia,  infatti,  come  non solo sia
incerta,  per  le  ragioni  esposte,  l'apposizione del segreto sulla
vicenda  del  sequestro di Abu Omar, ma sarebbe in ogni caso dubbia -
qualora si ritenesse avvenuta tale apposizione - l'individuazione dei
soggetti che vi avevano provveduto e delle relative modalita';
        che  in  ogni  caso  -  prosegue il ricorrente, enunciando il
quarto  motivo  delle proprie censure - l'apposizione del segreto non
potrebbe   avere   valore   retroattivo   «qualora  si  pretenda  che
l'apposizione  del segreto del 26 luglio 2006 costituisca la conferma
di  una  precedente  segretazione,  effettuata  il  25 novembre  2005
[recte: 11 novembre 2005] o comunque in altra data»;
        che  infatti, secondo il ricorrente, la missiva del 26 luglio
2006  non fa alcun riferimento alla documentazione sequestrata presso
l'ufficio del SISMI di via Nazionale, riferendosi esclusivamente alla
documentazione  richiesta  al  Ministro  della  difesa:  nondimeno  -
sostenendosi  da  parte  del  Presidente  del Consiglio la tesi della
precedente  apposizione,  con  la  nota  dell'11 novembre  2005,  del
segreto  medesimo  e della successiva conferma - esso estenderebbe la
secretazione,  retroattivamente,  «a  tutti  i documenti e a tutte le
notizie  gia' acquisite dal p.m. relativi al sequestro Abu Omar e, in
generale, alla pratica delle c.d. renditions»;
        che,  infine,  nel ricorso si assume - quale quinto ed ultimo
motivo    di    doglianza    -    la    violazione    del   principio
dell'obbligatorieta'  dell'azione penale, posto che dalla pretesa del
Presidente  del  Consiglio  dei ministri di coprire con il segreto di
Stato,  giustificato sulla base dei «rapporti con gli alleati», tutte
le  vicende  connesse  al  rapimento  di  Abu  Omar,  deriverebbe una
menomazione delle attribuzioni costituzionali del pubblico ministero,
incidendosi  sull'esercizio della funzione dell'organo dell'accusa e,
dunque, sul principio di obbligatorieta' dell'azione penale (art. 112
Cost.);
        che,  alla  luce  di  tali censure, il ricorrente ha concluso
chiedendo,  in  via istruttoria, che venga ordinata al Presidente del
Consiglio  dei  ministri l'esibizione della direttiva 30 luglio 1985,
n. 2001.5/707,  e «di ogni altro atto con cui il segreto in questione
sarebbe  stato  apposto» e, nel merito, che la Corte dichiari che non
spetta  al Presidente del Consiglio dei ministri - con riferimento al
sequestro  di  persona  di Nasr Osama Mustafa Hassan, alias Abu Omar,
avvenuto in Milano il 17 febbraio 2003 - «disporre la segretazione di
atti e notizie riguardanti le modalita' progettuali, organizzative ed
esecutive  del  suo  rapimento,  in  quanto esse costituiscono "fatti
eversivi dell'ordine costituzionale"»; e che, comunque, non spetta al
Presidente   del   Consiglio   «segretare  notizie  e  documenti  sia
genericamente,   sia   immotivatamente,  sia  retroattivamente»;  con
conseguente  richiesta  di  annullamento  in  parte  qua  delle  note
dell'11 novembre  2005  e  del 26 luglio 2006 «e, se del caso,» della
direttiva del Presidente del Consiglio 30 luglio 1985, n. 2001.5/707,
nonche'  della  Nota  per  la  stampa  del 5 giugno 2007 dell'Ufficio
stampa e del portavoce del Presidente del Consiglio, Romano Prodi.
    Considerato   che   in   questa   fase   del  giudizio,  a  norma
dell'art. 37, terzo e quarto comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87,
la  Corte costituzionale e' chiamata a delibare senza contraddittorio
in  ordine all'ammissibilita' del conflitto di attribuzione, sotto il
profilo  della  sussistenza  della  «materia  di  un conflitto la cui
risoluzione spetti alla sua competenza»;
        che,  quanto  alla  sussistenza  dei requisiti soggettivi, il
Procuratore  della  Repubblica  presso  il  Tribunale  di  Milano  e'
legittimato  a  sollevare  conflitto,  in  conformita'  alla costante
giurisprudenza di questa Corte che riconosce al pubblico ministero la
legittimazione  ad  essere  parte  di  conflitti  di attribuzione tra
poteri,   in  quanto,  ai  sensi  dell'art. 112  della  Costituzione,
titolare  diretto ed esclusivo dell'attivita' di indagine finalizzata
all'esercizio  obbligatorio  dell'azione penale (da ultimo, ordinanze
n. 124 del 2007, n. 73 del 2006 e n. 404 del 2005);
        che deve essere affermata anche la legittimazione a resistere
nel  conflitto  del  Presidente del Consiglio dei ministri, in quanto
organo competente a dichiarare definitivamente la volonta' del potere
cui  appartiene  in  ordine  alla  tutela, apposizione, opposizione e
conferma del segreto di Stato alla stregua delle norme costituzionali
che  ne  definiscono  le  attribuzioni e della legge 24 ottobre 1977,
n. 801  (da  ultimo,  ordinanze  n. 124 e n. 125 del 2007, n. 404 del
2005);
        che,  con riferimento ai presupposti oggettivi, il ricorso e'
indirizzato  a  garanzia  della  sfera di attribuzioni determinata da
norme  costituzionali,  lamentando  il  ricorrente  Procuratore della
Repubblica  la  lesione  di funzioni riconducibili all'art. 112 della
Costituzione  (da  ultimo, ordinanze n. 73 del 2006 e n. 404 del 2005
sopra richiamate);
        che  questa  preliminare valutazione, adottata prima facie ed
in assenza di contraddittorio, lascia impregiudicata ogni ulteriore e
diversa  determinazione relativamente anche ai profili attinenti alla
stessa  ammissibilita' del ricorso, avuto riguardo, fra l'altro, alla
specifica  natura  delle  lesioni  prospettate dal ricorrente e degli
atti impugnati;
        che  pertanto, allo stato, va dichiarata l'ammissibilita' del
ricorso,   tanto   sotto  il  profilo  oggettivo,  che  sotto  quello
soggettivo.
                          Per questi motivi
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
    Dichiara  ammissibile, ai sensi dell'art. 37 della legge 11 marzo
1953,  n. 87,  il  conflitto  di  attribuzione tra poteri dello Stato
proposto  dal  Procuratore  della  Repubblica  presso il Tribunale di
Milano,  nei confronti del Presidente del Consiglio dei ministri, con
il ricorso in epigrafe;
    Dispone:
        a) che la cancelleria della Corte dia immediata comunicazione
della  presente  ordinanza al ricorrente Procuratore della Repubblica
presso il Tribunale di Milano;
        b) che,  a  cura  del  ricorrente,  il  ricorso e la presente
ordinanza  siano  notificati al Presidente del Consiglio dei ministri
entro  il  termine  di  sessanta giorni dalla comunicazione di cui al
punto  a), per essere successivamente depositati nella cancelleria di
questa  Corte entro il termine di venti giorni dalla notificazione, a
norma  dell'art. 26,  comma 3,  delle norme integrative per i giudizi
davanti alla Corte costituzionale.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 26 settembre 2007.
                         Il Presidente: Bile
                         Il redattore: Flick
                      Il cancelliere: Di Paola
    Depositata in cancelleria il 26 settembre 2007.
              Il direttore della cancelleria: Di paola
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