N. 42 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 10 ottobre 2007

Ricorso  per  questione  di legittimita' costituzionale depositato in
cancelleria il 10 ottobre 2007 (della Provincia autonoma di Trento)

Sanita' pubblica - Servizio sanitario nazionale - Medici del servizio
  pubblico   -   Attivita'   libero   professionale   intramuraria  -
  Acquisizione   di   spazi   ambulatoriali   esterni,   aziendali  e
  pluridisciplinari  -  Acquisto,  locazione, stipula di convenzioni,
  previo  parere  vincolante  del  Collegio  di  direzione  o  di una
  commissione   paritetica   a  livello  aziendale  -  Ricorso  della
  Provincia  autonoma  di Trento - Denunciata limitazione, attraverso
  norme  di  dettaglio,  della  potesta'  di  autonoma disciplina del
  servizio  pubblico  da  parte  della  Provincia,  in relazione alla
  materia  dell'organizzazione  degli enti provinciali e alla materia
  della    tutela    della   salute,   limitazione   della   funzione
  amministrativa provinciale.
- Legge 3 agosto 2007, n. 120, art. 1, comma 4, primo periodo.
- Costituzione,  artt. 117,  comma terzo, e 118; legge costituzionale
  18 ottobre 2001, n. 3, art. 10; Statuto della Regione Trentino-Alto
  Adige, art. 8, n. 1.
Sanita' pubblica - Servizio sanitario nazionale - Medici del servizio
  pubblico   -   Attivita'   libero   professionale   intramuraria  -
  Acquisizione   di   spazi   ambulatoriali   esterni,   aziendali  e
  pluridisciplinari  -  Ricorso  a  convenzioni  - Limiti e termini -
  Ricorso   della   Provincia   autonoma   di   Trento  -  Denunciata
  limitazione,  attraverso  norme  di  dettaglio,  della  potesta' di
  autonoma disciplina del servizio pubblico da parte della Provincia,
  in   relazione   alla   materia   dell'organizzazione   degli  enti
  provinciali  e  alla materia della tutela della salute, limitazione
  della funzione amministrativa provinciale.
- Legge 3 agosto 2007, n. 120, art. 1, comma 10.
- Costituzione,  artt. 117,  comma terzo, e 118; legge costituzionale
  18 ottobre 2001, n. 3, art. 10; Statuto della Regione Trentino-Alto
  Adige, art. 8, n. 1.
Sanita' pubblica - Servizio sanitario nazionale - Medici del servizio
  pubblico  -  Attivita' libero professionale intramuraria - Garanzia
  di  corretto esercizio nel rispetto di modalita' indicate - Ricorso
  della  Provincia  autonoma  di  Trento  -  Denunciata  limitazione,
  attraverso   norme   di   dettaglio,  della  potesta'  di  autonoma
  disciplina  del  servizio  pubblico  da  parte  della  Provincia in
  relazione alla materia della tutela della salute.
- Legge 3 agosto 2007, n. 120, art. 1, comma 4, secondo periodo.
- Costituzione,  artt. 117,  comma terzo, e 118; legge costituzionale
  18 ottobre 2001, n. 3, art. 10.
Sanita' pubblica - Servizio sanitario nazionale - Medici del servizio
  pubblico  -  Attivita'  libero  professionale  intramuraria - Piano
  aziendale  concernente  i  volumi  di  attivita' istituzionale e di
  attivita'   libero-professionale   intramuraria  -  Pubblicita'  ed
  informazione  -  Ricorso  della  Provincia  autonoma  di  Trento  -
  Denunciata   limitazione,  attraverso  norme  di  dettaglio,  della
  potesta'  di  autonoma  disciplina  del  servizio pubblico da parte
  della  Provincia  in  relazione  alla  materia  della  tutela della
  salute.
- Legge  3 agosto  2007,  n. 120,  art. 1,  comma 5,  secondo periodo
  escluso il primo inciso, e terzo periodo.
- Costituzione,  artt. 117,  comma terzo, e 118; legge costituzionale
  18 ottobre 2001, n. 3, art. 10.
Sanita' pubblica - Servizio sanitario nazionale - Medici del servizio
  pubblico  -  Attivita'  libero  professionale  intramuraria - Piano
  aziendale  concernente  i  volumi  di  attivita' istituzionale e di
  attivita'   libero-professionale   intramuraria   -   Procedura  di
  approvazione  e  consenso  ministeriale  -  Ricorso della Provincia
  autonoma  di  Trento  - Denunciata limitazione, attraverso norme di
  dettaglio,  della  potesta'  di  autonoma  disciplina  del servizio
  pubblico  da  parte della Provincia in relazione alla materia della
  tutela  della  salute,  limitazione  della  funzione amministrativa
  provinciale, contrasto con le regole sulle fonti.
- Legge 3 agosto 2007, n. 120, art. 1, comma 6.
- Costituzione,  artt. 117,  comma terzo, e 118; legge costituzionale
  18 ottobre 2001, n. 3, art. 10; Statuto della Regione Trentino-Alto
  Adige, art. 16; d.lgs. 16 marzo 1992, n. 266, artt. 2 e 4.
Sanita' pubblica - Servizio sanitario nazionale - Medici del servizio
  pubblico  - Attivita' libero professionale intramuraria - Esercizio
  di  poteri  sostitutivi  e  destituzione per grave inadempienza dei
  direttori generali delle aziende, policlinici ed istituti, da parte
  della Provincia e dello Stato - Ricorso della Provincia autonoma di
  Trento  -  Denunciata  limitazione,  attraverso norme di dettaglio,
  della  potesta'  di  autonoma  disciplina  del servizio pubblico da
  parte  della Provincia in relazione alla materia della tutela della
  salute, limitazione della funzione amministrativa provinciale.
- Legge  3 agosto  2007,  n. 120,  art. 1,  comma 7,  primo  e quarto
  periodo.
- Costituzione,   artt. 117,   comma   terzo,   118   e   120;  legge
  costituzionale   18 ottobre  2001,  n. 3,  art. 10;  Statuto  della
  Regione Trentino-Alto Adige, art. 16; d.P.R. 28 marzo 1975, n. 474,
  artt. 1, 2 e 3; d.P.R. 19 novembre 1987, n. 526, art. 8.
Sanita' pubblica - Servizio sanitario nazionale - Medici del servizio
  pubblico   -   Attivita'   libero   professionale   intramuraria  -
  Attribuzione al Collegio di direzione o alla Commissione paritetica
  di  sanitari  del  compito  di  dirimere  le vertenze dei dirigenti
  sanitari  - Ricorso della Provincia autonoma di Trento - Denunciata
  limitazione,  attraverso  norme  di  dettaglio,  della  potesta' di
  autonoma  disciplina del servizio pubblico da parte della Provincia
  in   relazione   alla   materia   dell'organizzazione   degli  enti
  provinciali e alla materia della tutela della salute.
- Legge 3 agosto 2007, n. 120, art. 1, comma 11.
- Costituzione,  artt. 117,  comma terzo, e 118; legge costituzionale
  18 ottobre 2001, n. 3, art. 10; Statuto della Regione Trentino-Alto
  Adige, art. 8, n. 1.
(GU n.44 del 14-11-2007 )
    Ricorso  della  Provincia  autonoma  di  Trento,  in  persona del
Presidente  della  Giunta  provinciale  pro  tempore  Lorenzo Dellai,
autorizzato  con  deliberazione della giunta provinciale 28 settembre
2007,  n. 2114  (doc.  1),  rappresentata  e  difesa, come da procura
speciale n. rep. 26808 del 1° ottobre 2007 (doc. 2), rogata dal dott.
Tommaso  Sussarellu,  ufficiale  rogante  della  provincia, dall'avv.
prof.  Giandomenico  Falcon  di  Padova, dall'avv. Nicolo' Pedrazzoli
dell'Avvocatura  della Provincia di Trento e dall'avv. Luigi Manzi di
Roma,  con  domicilio  eletto  in  Roma nello studio di questi in via
Confalonieri, 5;
    Contro   il   Presidente   del  Consiglio  dei  ministri  per  la
dichiarazione  di  illegittimita' costituzionale della legge 3 agosto
2007,   n. 120   recante   «Disposizioni   in  materia  di  attivita'
libero-professionale   intramuraria   e   altre   norme   in  materia
sanitaria»,  pubblicata  nella Gazzetta Ufficiale n. 181 del 6 agosto
2007,  limitatamente all'articolo 1, commi 4, 5, 6, 7, primo e quarto
periodo,   10   e   11,   per  violazione:  dell'articolo  8,  n. 1),
dell'articolo   9,  n. 10),  e  dell'articolo  16  dello  Statuto  di
autonomia  di  cui  al  d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670; delle relative
norme  d'attuazione, in particolare del d.P.R. 28 marzo 1975, n. 474,
del  d.P.R.  26  gennaio  1980,  n. 197,  dell'articolo  8  del d.P.R
19 novembre  1987,  n. 526 e degli articoli 2 e 4 del d.lgs. 16 marzo
1992,  n. 266;  degli  articoli  117, 118 e 120 della Costituzione in
connessione  con  l'articolo 10 della legge costituzionale 18 ottobre
2001, n. 3, nei modi e per i profili di seguito illustrati.

                              F a t t o

    La  presente  controversia  ha  ad  oggetto  talune  disposizioni
statali  in  materia  di attivita' libero professionale intramuraria,
recate dalla legge n. 120 del 2007.
    Conviene    ricordare,    con   riferimento   all'oggetto   della
controversia,  che  la  Provincia  autonoma  di  Trento  e' dotata di
competenza  legislativa  concorrente in materia di «igiene e sanita',
compresa   l'assistenza   sanitaria   ed   ospedaliera»,   ai   sensi
dell'art. 9,  numero  10), del d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670, e degli
articoli  8,  n. 1,  e di potesta' legislativa primaria in materia di
«ordinamento  degli  uffici  provinciali  e  del  personale  ad  essi
addetto».  Nelle  medesime  materie,  la  provincia e' titolare delle
correlative  potesta' amministrative, in virtu' dell'art. 16 Statuto.
Converra'  anche  ricordare  che  la  Provincia di Trento finanzia il
servizio  sanitario  nell'ambito della propria finanza, senza ricorso
al fondo sanitario nazionale.
    Le  norme  statutarie ora citate sono state attuate dal d.P.R. 28
marzo  1975,  n. 474 (Norme d'attuazione dello statuto per la regione
Trentino-Alto  Adige  in  materia di igiene e sanita), il cui art. 2,
secondo  comma, statuisce che «alle Province competono in particolare
le  potesta' legislative ed amministrative attinenti al funzionamento
ed  alla  gestione  delle  istituzioni  e degli enti sanitari», e che
«nell'esercizio  di  tali potesta' esse devono garantire l'erogazione
di  prestazioni  di  assistenza igienico-sanitaria ed ospedaliera non
inferiori  agli standards minimi previsti dalla normativa nazionale e
comunitaria».  Il  comma  3  aggiunge  che «le competenze provinciali
relative allo stato giuridico ed economico del personale addetto alle
istituzioni  ed  enti  di  cui  al  secondo comma sono esercitate nei
limiti previsti dallo statuto».
    L'art. 3 d.P.R. n. 474/1975 tiene ferma la competenza statale per
determinate   funzioni,   tra   le  quali  non  rientrano  quelle  di
organizzazione della libera professione intramuraria.
    La Provincia di Trento ha recepito, con l'articolo 51 della legge
provinciale 27 agosto 1999, n. 3 (Misure collegate con l'assestamento
del  bilancio per l'anno 1999), la normativa statale nella materia di
cui si tratta stabilendo che «per la disciplina dell'attivita' libero
professionale dei dirigenti del ruolo sanitario trovano applicazione,
con la decorrenza fissata dalla normativa statale, le disposizioni di
cui  all'articolo  72, commi da 4 a 8 nonche' 11 e 12, della legge 23
dicembre   1998,   n. 448   (Misure   di   finanza  pubblica  per  la
stabilizzazione e lo sviluppo».
    Successivamente la disciplina di fonte legislativa provinciale e'
stata   abrogata   e   integralmente   sostituita   dall'articolo  32
(Disposizioni  concernenti  l'esercizio  dell'attivita' professionale
dei  dirigenti  del  ruolo  sanitario)  della  legge  provinciale  10
febbraio 2005, n. 1.
    Con   deliberazioni  della  Giunta  provinciale  n. 1662  del  27
febbraio  1998,  n. 3334  del  2000  e,  da  ultimo,  n. 1758  del 1°
settembre   2006   sono  state  assunte  direttive  per  disciplinare
l'esercizio dell'attivita' libero-professionale intramuraria da parte
del   personale   della  dirigenza  del  ruolo  sanitario  dipendente
dall'Azienda  provinciale  per i servizi sanitari. Con tali atti sono
state     anche     disciplinate    le    modalita'    dell'attivita'
libero-professionale intramuraria.
    Con   la  deliberazione  n. 646  del  23  marzo  2001  la  giunta
provinciale  ha  approvato  un  programma  per  la  realizzazione  di
strutture   sanitarie   destinate   allo   svolgimento  della  libera
professione intramuraria.
    La  provincia  dispone  dunque di una propria compiuta disciplina
delle  attivita' di libera professione intramuraria svolta dai medici
del servizio pubblico.
    Nella  materia  interviene  ora  la  legge 3 agosto 2007, n. 120,
Disposizioni    in    materia   di   attivita'   libero-professionale
intramuraria e altre norme in materia sanitaria.
    L'art. 1,  contiene  in  primo  luogo talune disposizioni che non
costituiscono oggetto del presente ricorso. Tra esse, in particolare,
quella  del  comma  2,  che  proroga il regime previgente, e venuto a
scadenza  il  31  luglio 2007, per il periodo in cui non siano ancora
state   realizzate   le   strutture  necessarie  all'esercizio  della
professione intramuraria.
    In  questo  contesto  lo stesso comma 2 stabilisce che, «entro il
termine  di  diciotto  mesi  a  decorrere  dalla  data  del 31 luglio
2007 ...,  le  Regioni  e le Province autonome di Trento e di Bolzano
procedono all'individuazione e all'attuazione delle misure dirette ad
assicurare,   in   accordo  con  le  organizzazioni  sindacali  delle
categorie  interessate  e  nel  rispetto  delle  vigenti disposizioni
contrattuali, il definitivo passaggio al regime ordinario del sistema
dell'attivita'   libero-professionale  intramuraria  della  dirigenza
sanitaria,  medica  e  veterinaria del Servizio sanitario nazionale e
del  personale  universitario di cui all'articolo 102 del decreto del
Presidente  della  Repubblica  11  luglio  1980,  n. 382». Anche tale
disposizione non costituisce oggetto di ricorso.
    Costituisce oggetto di ricorso, invece, il successivo comma 4, il
quale  dispone  (primo  periodo) che «tra le misure di cui al comma 2
puo'   essere  prevista,  ove  ne  sia  adeguatamente  dimostrata  la
necessita' e nell'ambito delle risorse disponibili, l'acquisizione di
spazi  ambulatoriali  esterni,  aziendali  e  pluridisciplinari,  per
l'esercizio  di  attivita'  sia istituzionali sia in regime di libera
professione   intramuraria,  i  quali  corrispondano  ai  criteri  di
congruita'  e  idoneita'  per  l'esercizio  delle attivita' medesime,
tramite  l'acquisto,  la locazione, la stipula di convenzioni, previo
parere   vincolante  da  parte  del  Collegio  di  direzione  di  cui
all'articolo  17  del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, e
successive  modificazioni, o, qualora esso non sia costituito, di una
commissione   paritetica   di  sanitari  che  esercitano  l'attivita'
libero-professionale  intramuraria,  costituita a livello aziendale».
Infatti  tale  norma,  pur avendo contenuto facoltizzante, pone anche
limitazioni che la provincia reputa illegittime all'esercizio di tali
facolta'.
    In  connessione  con  il comma e' anche impugnato il comma 10, ai
sensi  del  quale  «le  convenzioni di cui al comma 4, primo periodo,
sono  autorizzate dalle Regioni e dalle Province autonome di Trento e
di Bolzano per il periodo necessario al completamento, da parte delle
aziende,   policlinici   o  istituti  interessati,  degli  interventi
strutturali   necessari   ad  assicurare  l'esercizio  dell'attivita'
libero-professionale  intramuraria e comunque non oltre il termine di
cui al comma 2, primo periodo».
    Inoltre,  lo  stesso  comma  4  stabilisce che, «in ogni caso, le
Regioni  e  le  Province  autonome  di  Trento  e  di  Bolzano devono
garantire»  che  le  strutture  sanitarie  «gestiscano, con integrale
responsabilita'     propria,     l'attivita'     libero-professionale
intramuraria,  al  fine  di  assicurarne  il  corretto  esercizio, in
particolare  nel rispetto delle ...modalita» di seguito indicate, che
attengono al «servizio di prenotazione delle prestazioni» e al volume
di  queste  (lett. a),  alla «riscossione degli onorari relativi alle
prestazioni   erogate»   (lett.  b),  al  tariffario  (lett.  c),  al
«monitoraggio aziendale dei tempi di attesa delle prestazioni erogate
nell'ambito    dell'attivita'    istituzionale»   (lett.   d),   alla
«prevenzione  delle  situazioni  che  determinano  l'insorgenza di un
conflitto  di  interessi o di forme di concorrenza sleale» (lett. e),
ai     «provvedimenti     per     assicurare    che    nell'attivita'
libero-professionale    intramuraria ...    siano    rispettate    le
prescrizioni  di  cui  alle  lettere  a), b) e e) del presente comma»
(lett. f), al «progressivo allineamento dei tempi di erogazione delle
prestazioni nell'ambito dell'attivita' istituzionale ai tempi medi di
quelle  rese in regime di libera professione intramuraria» (lett. g).
Anche  tali  modalita' costituiscono vincoli che la provincia ritiene
ledano  la  propria  potesta'  di  autonoma  disciplina  del servizio
pubblico.
    Costituiscono  pure  oggetto  di  impugnazione i commi 5 e 6, che
disciplinano   il  piano  aziendale.  Il  comma 5  dispone  che  ogni
struttura  sanitaria «predispone un piano aziendale, concernente, con
riferimento  alle  singole  unita'  operative,  i volumi di attivita'
istituzionale  e  di  attivita' libero-professionale intramuraria», e
che   le  medesime  strutture  «assicurano  adeguata  pubblicita'  ed
informazione relativamente ai piani, con riferimento, in particolare,
alla loro esposizione nell'ambito delle proprie strutture ospedaliere
ed  all'informazione  nei  confronti delle associazioni degli utenti,
sentito  il  parere del Collegio di direzione» di cui all'articolo 17
d.lgs.   n. 502/1992  o,  qualora  esso  non  sia  costituito,  della
commissione  paritetica di sanitari di cui all'art. 1, comma 4, legge
n. 120/2007.  Tali  informazioni «devono in particolare riguardare le
condizioni  di  esercizio  dell'attivita'  istituzionale  e di quella
libero-professionale  intramuraria,  nonche'  i  criteri che regolano
l'erogazione delle prestazioni e le priorita' di accesso».
    Il comma 6 regola minuziosamente la procedura di approvazione del
piano,  subordinandone altresi' l'efficacia al consenso ministeriale.
Esso  statuisce  in  particolare  che  «i  piani sono presentati alla
regione   o   provincia   autonoma   competente,  in  fase  di  prima
applicazione,  entro  quattro  mesi  dalla  data di entrata in vigore
della  presente  legge e, successivamente, entro un limite massimo di
tre  anni  dall'approvazione  dei piano precedente»; che la regione o
provincia  autonoma  «approva  il  piano,  o  richiede  variazioni  o
chiarimenti,  entro  sessanta  giorni dalla presentazione» e che, «in
caso  di  richiesta di variazioni o chiarimenti, essi sono presentati
entro  sessanta  giorni  dalla  richiesta medesima ed esaminati dalla
regione  o  provincia  autonoma  entro i successivi sessanta giorni»;
infine  che,  «subito  dopo  l'approvazione,  la  regione o provincia
autonoma  trasmette  il  piano  al  Ministero  della  salute»  e che,
«decorsi   sessanta   giorni   dalla   trasmissione,  in  assenza  di
osservazioni  da  parte  del  Ministero  della  salute,  i  piani  si
intendono operativi».
    E'  ancora impugnato il comma 7, che prevede e regola l'esercizio
del potere sostitutivo, sia della Provincia che dello Stato. Con tale
comma  si  stabilisce  in  primo  luogo che «le Regioni e le Province
autonome  di  Trento  e  di  Bolzano  assicurano  il  rispetto  delle
previsioni  di cui ai commi 1, 2, 4, 5 e 6 anche mediante l'esercizio
di  poteri  sostitutivi  e  la  destituzione,  nell'ipotesi  di grave
inadempienza,  dei  direttori  generali delle aziende, policlinici ed
istituti di cui al comma 5» (primo periodo).
    La  stessa disposizione, poi, stabilisce che «il Governo esercita
i  poteri sostitutivi in caso di inadempimento da parte delle regioni
o  delle  province  autonome,  ai sensi e secondo la procedura di cui
all'articolo   8  della  legge  5  giugno  2003,  n. 131,  anche  con
riferimento  alla  destituzione  di cui al primo periodo del presente
comma» (quarto periodo).
    E'  infine  impugnato  il  comma 11,  che  direttamente affida al
Collegio  di direzione di cui all'articolo 17, d.lgs. n. 502/1992 «o,
qualora  esso  non  sia  costituito,  alla  commissione paritetica di
sanitari  di  cui  al  comma 4  del presente articolo» il compito «di
dirimere  le  vertenze dei dirigenti sanitari in ordine all'attivita'
libero-professionale intramuraria».
    Ad  avviso  della ricorrente provincia, l'articolo 1, commi 4, 5,
6,  7,  primo  e quarto periodo, 10 e 11 risultano costituzionalmente
illegittimi  e lesivi delle proprie prerogative costituzionali per le
seguenti ragioni di

                            D i r i t t o

    1) Illegittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 4.
    Come  ora  illustrato  l'articolo 1, comma 4, ammette - nel primo
periodo  -  la facolta' di acquisire spazi ambulatoriali esterni alle
strutture  sanitarie,  ma  subordinatamente  al  rispetto di limiti e
condizioni  procedurali definiti nella legge statale. In particolare,
la  possibilita' di acquisire spazi ambulatoriali esterni deve essere
esercitata   «tramite   l'acquisto,   la  locazione,  la  stipula  di
convenzioni»  e  «previo  parere  vincolante da parte del Collegio di
direzione  di cui all'articolo 17 del decreto legislativo 30 dicembre
1992,  n. 502,  e  successive  modificazioni, o, qualora esso non sia
costituito,  di una commissione paritetica di sanitari che esercitano
l'attivita'  libero-professionale  intramuraria, costituita a livello
aziendale».
    Il comma 4, primo periodo, dunque, si rivolge anche alle province
autonome  (come  risulta  dal  rinvio  al  comma  2)  e  detta  norme
dettagliate  sugli strumenti giuridici e sulla procedura con cui esse
possono  acquisire  spazi ambulatoriali esterni per l'esercizio delle
attivita'  sia  istituzionali sia di libera professione intramuraria.
In  questo  modo  -  sotto l'apparenza di una norma che autorizza ...
cio'  che in ogni caso le regioni avrebbero potuto e dovuto fare - lo
Stato  comprime la facolta' di scelta della provincia e la assoggetta
addirittura  ai  parere  vincolante del Collegio di direzione o della
«commissione  paritetica di sanitari» prevista in termini non proprio
chiari nella stessa disposizione.
    Per  il  suo carattere dettagliato, la norma risulta lesiva delle
competenze  provinciali  sia qualora si assuma a punto di riferimento
la  materia  dell'organizzazione degli enti provinciali - tra i quali
rientra  l'azienda  sanitaria  - nella quale la provincia ha potesta'
primaria,  sia  qualora  si  assuma  a  riferimento  la materia della
sanita'.  A tal proposito, sia consentito ricordare che codesta Corte
ha  affermato  che «la competenza legislativa concorrente concernente
la  "tutela della salute" (art. 117, terzo comma, della Costituzione)
e'  "assai  piu' ampia" rispetto a quella precedente dell'"assistenza
ospedaliera"  (sentenze  numeri  134  del  2006  e  270 del 2005), ed
esprime  "l'intento  di  una piu' netta distinzione fra la competenza
regionale  a  legiferare  in  queste materie e la competenza statale,
limitata   alla   determinazione   dei  principi  fondamentali  della
disciplina"   (sentenza   n. 282   del  2002)»;  e  con  la  sentenza
n. 162/2007  codesta  Corte ha statuito che «cio' comporta che, anche
in  riferimento  alle  attribuzioni  proprie delle province autonome,
l'applicazione  dell'art.  10  della  legge cost. n. 3 del 2001 trovi
fondamento  nella  maggiore  estensione  della  "tutela della salute"
rispetto   alle   corrispondenti  competenze  statutarie  in  materia
sanitaria» (punto 9.3 Diritto).
    La stessa sent. n. 162/2007 ha annullato una norma funzionalmente
simile  (ma  con contenuto piu' lieve) a quella sul parere vincolante
del  Collegio  di direzione o della commissione paritetica. E' stato,
infatti,  considerato illegittimo un vincolo procedurale (consistente
nella necessita' di sentire «le associazioni a difesa dei consumatori
e   degli   utenti»:   art. 1,  comma  282,  secondo  periodo,  legge
n. 266/2005)  nella  adozione - da parte delle province autonome - di
disposizioni   finalizzate   a   regolare   i   casi  di  sospensione
dell'erogazione  delle  prestazioni sanitarie attinenti ai LEA (punto
10 del Diritto).
    Ora, se era illegittimo quel vincolo procedurale (considerando la
disciplina  «marcatamente  dettagliata»)  benche'  nella  materia  vi
fossero profili di competenza esclusiva statale (i livelli essenziali
delle  prestazioni), pare che a fortiori vada considerato illegittimo
un  vincolo  posto  da  una  norma  dettagliata  statale  in  materia
concorrente.  Ad avviso della provincia, poi, in questo caso la norma
deve   ricondursi   alla  materia  della  organizzazione  degli  enti
paraprovinciali,  quali  sono  le  strutture sanitarie (art. 8, n. 1,
Statuto),  e dunque considerarsi lesiva della potesta' primaria della
provincia:  infatti,  l'art. 1,  comma 4, primo periodo, ha carattere
prettamente  organizzativo,  riguardando  le  modalita' (giuridiche e
procedimentali)  con  cui  si  possono  acquisire spazi ambulatoriali
esterni.
    Ne'   si   dica   che   l'interferenza  statale  e'  giustificata
dall'art. 17,  comma 1, d.lgs. n. 502/1992, in base al quale «in ogni
azienda  e'  costituito  il  Collegio di direzione» che, fra l'altro,
«concorre  alla  formulazione ...  delle  soluzioni organizzative per
l'attuazione   della  attivita'  libero-professionale  intramuraria».
Infatti,  a  parte  la  palese  inidoneita'  della  legge ordinaria a
fungere   da  supporto  legittimante  dei  disposti  di  altra  legge
ordinaria,  e' evidente che altro e' un generico «concorrere», che la
provincia  puo'  plasmare  in  modi  diversi (affidando ad esempio il
compito  di formulare suggerimenti, proposte, osservazioni), altro e'
intestare in pratica a tale organo - mediante lo strumento del parere
vincolante - l'esercizio sostanziale della funzione.
    Il medesimo comma 4 stabilisce, nel secondo periodo, che «in ogni
caso, le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano devono
garantire»   che   le   strutture  sanitarie  gestiscano  l'attivita'
intramuraria,  con integrale responsabilita' propria, nel rispetto di
specifiche modalita' che vengono di seguito elencate.
    In  questo  modo  la  legge  statale  non  si  limita  a  fissare
obbiettivi  e  disporre  principi, ma introduce, sia pure rinviandone
l'operativita'  a  leggi  regionali,  disposizioni di dettaglio nella
materia  «tutela  della  salute»,  nella quale - come si e' esposto -
l'autonomia regionale si e' rafforzata dopo il 2001.
    In  particolare, risultano dettagliate ed invasive dell'autonomia
normativa  della  provincia  le  modalita'  di cui alla lett. a) (che
regola  addirittura  il  luogo  e  i  tempi  delle prenotazioni delle
prestazioni,  nonche'  il  personale  da  impiegare:  «affidamento  a
personale  aziendale, o comunque dall'azienda a cio' destinato, senza
ulteriori  oneri  aggiuntivi,  del  servizio  di  prenotazione  delle
prestazioni,  da  eseguire  in sede o tempi diversi rispetto a quelli
istituzionali»),  alla  lett.  b)  («garanzia della riscossione degli
onorari  relativi  alle  prestazioni erogate sotto la responsabilita'
delle aziende, policlinici e istituti di cui al comma 1»), alla lett.
c)  (che  prevede  la  determinazione  di  un  tariffario  «idoneo ad
assicurare  l'integrale  copertura  di  tutti  i costi direttamente e
indirettamente     correlati     alla     gestione     dell'attivita'
libero-professionale  intramuraria, ivi compresi quelli connessi alle
attivita'  di prenotazione e di riscossione degli onorari», imponendo
su  tale  tariffario l'accordo con «i professionisti», non si sa bene
se  come  singoli  o  come collettivo), e alla lett. d) (che, oltre a
prevedere  un  monitoraggio  sui tempi di attesa, impone la «garanzia
che,  nell'ambito dell'attivita' istituzionale, le prestazioni aventi
carattere  di  urgenza differibile vengano erogate entro 72 ore dalla
richiesta»).
    2) Illegittimita' costituzionale dell'art. 1, commi 5 e 6.
    Quanto  al  comma  5,  la  Provincia  di  Trento  non contesta il
principio  - tale lo si puo' considerare - che le strutture sanitarie
adottino  un  piano  aziendale,  «concernente,  con  riferimento alle
singole  unita'  operative,  i volumi di attivita' istituzionale e di
attivita'   libero-professionale  intramuraria».  Ed  egualmente  non
contesta,  per  la  stessa  ragione,  la seguente disposizione per la
quale  le  strutture «assicurano adeguata pubblicita' ed informazione
relativamente ai piani».
    Essa  contesta  invece,  le norme successive (secondo periodo del
comma  5,  escluso il primo inciso, sopra citato, e terzo periodo del
comma  5),  le quali hanno carattere dettagliato e, dunque, ledono le
competenze  legislative  provinciali nella materia della tutela della
salute.
    Infatti,  esse  riguardano le modalita' di pubblicita' del piano,
pongono  un  vincolo  procedurale (parere del Collegio di direzione o
della   commissione  paritetica)  e  deteminano  il  contenuto  delle
«informazioni»,  con cio' sovrapponendosi a legittime autonome scelte
diverse della legislazione provinciale.
    Quanto  al  comma  6, esso contiene norme di estremo dettaglio in
quanto  regola  minuziosamente  le  singole  fasi di approvazione del
piano.  Per  questo  motivo,  esso  lede le competenze costituzionali
della provincia in materia di tutela della salute.
    Ancora  maggiore poi il vulnus inferto alla disciplina statutaria
ed   attuativa  dagli  ultimi  due  periodi  del  comma  6,  i  quali
addirittura subordinano l'efficacia dei piani provinciali all'assenza
di  osservazioni  da  parte  del  Ministero,  il  quale viene cosi' a
«condividere»  le  funzioni amministrative della provincia, in palese
violazione sia dell'art. 16 dello Statuto che dell'art. 4 delle norme
di attuazione di cui al d.lgs. n. 266/1992. Qui infatti non si tratta
piu'  «solo»  della  illegittima  conformazione  da parte della legge
statale  della  fuazione  amministrativa  provinciale,  ma  della sua
sottoposizione ad una convergente valutazione amministrativa statale.
    Inoltre,  ed  infine,  le  norme  del comma 6 pretendono nel loro
insieme   di   essere   immediatamente   applicabili  nel  territorio
provinciale  nonostante  che  si  tratti  di  materia  di  competenza
provinciale, in contrasto con le regole in tema di rapporti tra fonti
statali e fonti provinciali poste dall'art. 2 d.lgs. n. 266/1992.
    3)  Illegittimita'  costituzionale  del  comma  7, primo e quarto
periodo.
    Il  comma  7  stabilisce, nel primo periodo, che «le Regioni e le
Province autonome di Trento e di Bolzano assicurano il rispetto delle
previsioni  di cui ai commi 1, 2, 4, 5 e 6 anche mediante l'esercizio
di  poteri  sostitutivi  e  la  destituzione,  nell'ipotesi  di grave
inadempienza,  dei  direttori  generali delle aziende, policlinici ed
istituti di cui al comma 5».
    La  norma  risulta  dettagliata  la'  dove  prevede  la  sanzione
specifica  della destituzione per l'ipotesi di grave inadempienza dei
direttori   generali.  In  questo  modo,  viene  lesa  la  competenza
legislativa provinciale nella materia della tutela della salute.
    Essa  risulta  inoltre  irragionevolmente  lesiva della autonomia
della  provincia  nella  parte  in  cui  impone  ad  essa -  sia pure
limitatamente alle ipotesi di «grave inadempienza» - un provvedimento
che  non si riferisce specificamente (come accade per l'esercizio dei
poteri    sostitutivi)   all'ambito   specifico   delle   prestazioni
intramurarie,  ma  rischia  di  compromettere l'intera organizzazione
dell'azienda sanitaria.
    Non  puo'  infatti  che  spettare  alla  provincia  - sia in sede
legislativa  che  amministrativa - il delicato compito di decidere se
eventuali  carenze  del  direttore  generale  in  un ambito specifico
richiedano la misura della destituzione, o se invece le capacita' per
il  resto  dimostrate  nella  conduzione dell'azienda e le incertezze
sempre  connesse  alla  gestione  di un piu' che probabile successivo
contenzioso  non  rendano  piu'  utili ed efficaci diverse soluzioni.
Il legislatore  statale crede di risolvere ogni problema prospettando
la  misura  draconiana  della  destituzione,  ma  e'  invece piu' che
verosimile   che  questa,  ove  collegata  in  termini  automatici  a
determinate   inadempienze,   porti   all'aggravamento  dei  problemi
dell'azienda  (e  dell'assistenza  che essa eroga) anziche' alla loro
soluzione, e non solo in relazione all'assistenza inframuraria.
    Il  quarto  e  ultimo periodo del comma 7 prevede l'esercizio del
potere  sostitutivo  statale,  ai sensi e secondo la procedura di cui
all'articolo  8 legge n. 131/2003, in caso di inerzia delle regioni e
delle province autonome.
    Tale  norma  risulta  lesiva  dell'autonomia amministrativa della
provincia  nella  materia  della  tutela  della salute, quale risulta
dall'art. 16 dello Statuto, dagli artt. 1, 2 e 3 d.P.R. n. 474/1975 e
dall'art. 8  d.P.R.  n. 526/1987,  che  regola l'esercizio del potere
sostitutivo  governativo nei confronti delle province, limitandolo al
«caso  di  accertata inattivita' degli organi regionali e provinciali
che comporti inadempimento agli obblighi comunitari».
    Infatti,  i rapporti tra organi statali e organi provinciali sono
regolati dallo Statuto e dalle norme di attuazione e le leggi statali
non possono introdurre ulteriori ipotesi di poteri sostitutivi.
    Quanto   al   potere   sostitutivo   di   cui  all'art. 8,  legge
n. 131/2003,  che da' attuazione all'art. 120 Cost., codesta Corte ha
avuto  occasione  di  chiarire  che  esso  si  applica alle regioni a
statuto  speciale  ed  alle  province autonome solo in relazione alle
«nuove funzioni» acquisite per effetto della riforma del Titolo V, ma
non  a  quelle  «statutarie»  per  le  quali  valgono  ancora oggi le
previsioni  degli statuti e delle relative norme di attuazione (v. la
sent.  n. 236/2004). Poiche' la vigilanza sulle aziende sanitarie e',
senza  dubbio,  una  funzione  gia'  spettante alle province autonome
(come  confermato  anche  di  recente:  v.  la  sent. n. 80/2007), in
relazione  ad essa lo Stato non puo' esercitare il potere sostitutivo
di cui all'art. 8, legge n. 131/2003.
    4) Illegittimita' costituzionale del comma 20.
    Il  comma  10  stabilisce  il  periodo massimo di efficacia delle
convenzioni  (autorizzate dalle regioni e dalle province autonome) di
cui al primo periodo del comma 4.
    La  norma  risulta illegittima per le medesime ragioni esposte in
relazione  al  primo  periodo  del  comma  4 (sia consentito, dunque,
rinviare  al  punto  1).  Il  comma  10  detta una norma di carattere
dettagliato  in  materia di competenza concorrente, ponendo un limite
alla facolta' della provincia. A maggior ragione, esso risulta lesivo
qualora  si  ammetta  (come  sembra  possibile)  che  la  materia  di
riferimento  e'  l'organizzazione degli enti paraprovinciali (art. 8,
n. 1, Statuto).
    In  definitiva,  appare  illogica  e  contraria alla suddivisione
delle  competenze  tra  Stato  e regioni, in particolare se dotate di
autonomia  speciale,  la  fissazione  con  legge statale di un limite
temporale  per  l'efficacia di atti la cui adozione e' dalla medesima
legge  riservata  appunto  agli  enti  territoriali. Anche tale norma
costituisce  dunque in realta' illegittima limitazione di facolta' di
ricorrere  alle  soluzioni  organizzative  piu' adatte spettante alla
provincia    nell'ambito   della   sua   autonomia   legislativa   ed
amministrativa.
    Tale   limitazione   e'  inoltre  del  tutto  irragionevole,  non
comprendendosi la ragione per la quale l'amministrazione, dopo essere
riuscita   attraverso   le  convenzioni  a  dotarsi  delle  strutture
necessarie,  dovrebbe rinunciare ad esse - per la necessaria scadenza
della   convenzione   -  proprio  nel  periodo  nel  quale  i  medici
dell'azienda  dovrebbero  utilizzare  tali  strutture per l'attivita'
professionale intramuraria.
    5) Illegittimita' costituzionale del comma 11.
    Il  comma  11 affida al Collegio di direzione di cui all'articolo
17  d.lgs.  n. 502/1992  o,  «qualora  esso  non sia costituito, alla
commissione  paritetica  di  sanitari  di cui al comma 4 del presente
articolo ...,  il  compito  di  dirimere  le  vertenze  dei dirigenti
sanitari in ordine all'attivita' libero-professionale intramuraria».
    La  norma risulta lesiva dell'autonomia provinciale in materia di
organizzazione  degli  enti  paraprovinciali (art. 8, n. 1, Statuto),
perche'  non  regola aspetti dello status dei dirigenti che attengono
all'erogazione   del   servizio  ma  individua  l'organo  competente,
all'interno  dell'apparato  dell'ente,  a  dirimere  «le vertenze dei
dirigenti   sanitari  in  ordine  all'attivita'  libero-professionale
intramuraria».
    Si   tratta   di   un   aspetto   che  si  esaurisce  nell'ambito
organizzativo  e che, pertanto, rientra nella potesta' primaria della
provincia.
    Comunque,  anche  qualora  si  volesse  ricondurre  la norma alla
«tutela   della  salute»,  essa  sarebbe  illegittima  in  quanto  ha
carattere  dettagliato e autoapplicativo, individuando con precisione
gli organi deputati a svolgere una certa funzione, in sostituzione di
quelli  individuati  dalla  provincia  mediante  la  propria potesta'
legislativa.
                              P. Q. M.
    Chiede  voglia  codesta ecc.ma Corte costituzionale accogliere il
ricorso, dichiarando l'illegittimita' costituzionale dell'articolo 1,
commi  4,  5,  6,  7,  primo  e quarto periodo, 10 e 11 della legge 3
agosto  2007,  n. 120  recante  «Disposizioni in materia di attivita'
libero-professionale   intramuraria   e   altre   norme   in  materia
sanitaria»,  nelle  parti,  nei termini e sotto i profili esposti nel
presente ricorso.
        Trento-Padova-Roma, addi' 4 ottobre 2007
Prof. avv. Giandomenico Falcon - Avv. Nicolo' Pedrazzoli - Avv. Luigi
                                Manzi

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Allegati
    1)  Deliberazione  della  giunta  provinciale  28 settembre 2007,
n. 2114.
    2) Procura speciale n. rep. 26808 del 1° ottobre 2007.
07C1213