N. 356 ORDINANZA 22 - 26 ottobre 2007

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.

Consiglio   Superiore  della  Magistratura  (C.S.M.)  -  Procedimento
  disciplinare  -  Prevista  facolta' del Ministro della giustizia di
  partecipare  all'udienza  disciplinare  -  Denunciata  lesione  dei
  principi di soggezione dei giudici solo alla legge, di indipendenza
  della  magistratura,  del giusto processo ed esorbitanza dai limiti
  della  facolta'  ministeriale di promuovere l'azione disciplinare -
  Sopravvenienza  di  modifiche normative incidenti anche sulle norme
  impugnate  -  Necessita'  di  una nuova valutazione della rilevanza
  della  questione  nel  giudizio  a  quo  Restituzione degli atti al
  giudice remittente.
- D.Lgs.  23 febbraio  2006,  n. 109,  artt. 17 e 19; legge 25 luglio
  2005,  n. 150,  art. 2,  comma 7,  lettera e),  numeri  9  e  10  e
  lettera f), numeri 3 e 4.
- Costituzione,  artt. 101,  104,  primo  comma, 107, comma secondo e
  111.
(GU n.42 del 31-10-2007 )
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
  Presidente: Franco BILE;
  Giudici:  Francesco AMIRANTE, Ugo DE SIERVO, Paolo MADDALENA, Alfio
FINOCCHIARO,  Alfonso QUARANTA, Franco GALLO, Luigi MAZZELLA, Gaetano
SILVESTRI, Sabino CASSESE, Maria Rita SAULLE, Giuseppe TESAURO, Paolo
Maria NAPOLITANO;
ha pronunciato la seguente

                              Ordinanza

nel  giudizio  di  legittimita' costituzionale del combinato disposto
degli  artt. 17 e 19 del decreto legislativo 23 febbraio 2006, n. 109
(Disciplina   degli   illeciti  disciplinari  dei  magistrati,  delle
relative  sanzioni  e  della  procedura  per  la loro applicabilita',
nonche'  modifica  della  disciplina  in  tema  di  incompatibilita',
dispensa  dal  servizio  e trasferimento di ufficio dei magistrati, a
norma  dell'articolo 1,  comma 1,  lettera  f), della legge 25 luglio
2005,  n. 150),  e dell'art. 2, comma 7, lettera e), numeri 9 e 10, e
lettera f),  numeri 3 e 4, della legge 25 luglio 2005, n. 150 (Delega
al  Governo  per  la  riforma  dell'ordinamento giudiziario di cui al
regio  decreto  30 gennaio  1941,  n. 12,  per  il  decentramento del
Ministero   della   giustizia,   per  la  modifica  della  disciplina
concernente  il  Consiglio  di presidenza, della Corte dei conti e il
Consiglio  di  presidenza della giustizia amministrativa, nonche' per
l'emanazione di un testo unico), promosso con ordinanza del 5 ottobre
2006   della  sezione  disciplinare  del  Consiglio  superiore  della
magistratura,  iscritta  al  n. 215  del  registro  ordinanze  2007 e
pubblicata  nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 16, 1ª serie
speciale, dell'anno 2007.
    Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del Consiglio dei
ministri;
    Udito  nella  Camera  di consiglio del 10 ottobre 2007 il giudice
relatore Gaetano Silvestri.
    Ritenuto   che  con  ordinanza  del  5 ottobre  2006  la  sezione
disciplinare  del Consiglio superiore della magistratura ha sollevato
-  in  riferimento  agli  artt. 101,  104,  primo comma, 107, secondo
comma,   e   111  della  Costituzione  -  questione  di  legittimita'
costituzionale del combinato disposto degli artt. 17 e 19 del decreto
legislativo  23 febbraio  2006,  n. 109  (Disciplina  degli  illeciti
disciplinari   dei   magistrati,  delle  relative  sanzioni  e  della
procedura   per   la  loro  applicabilita',  nonche'  modifica  della
disciplina  in  tema  di  incompatibilita',  dispensa  dal servizio e
trasferimento  di  ufficio  dei  magistrati, a norma dell'articolo 1,
comma 1,   lettera   f),  della  legge  25 luglio  2005,  n. 150),  e
dell'art. 2, comma 7, lettera e), numeri 9 e 10, e lettera f), numeri
3  e  4, della legge 25 luglio 2005, n. 150 (Delega al Governo per la
riforma   dell'ordinamento   giudiziario  di  cui  al  regio  decreto
30 gennaio  1941,  n. 12,  per  il  decentramento del Ministero della
giustizia,  per la modifica della disciplina concernente il Consiglio
di  presidenza,  della  Corte  dei conti e il Consiglio di presidenza
della  giustizia amministrativa, nonche' per l'emanazione di un testo
unico),  nella  parte in cui prevedono la facolta' del Ministro della
giustizia  di  partecipare  all'udienza  disciplinare  che  si svolge
dinanzi   alla  competente  sezione  del  Consiglio  superiore  della
magistratura;
        che,  secondo quanto riferito dalla rimettente, nel corso del
giudizio  disciplinare  a  quo  si  e'  costituito  il Ministro della
giustizia,  con  atto  del  18 luglio  2006,  contenente la delega al
compimento  delle  attivita'  processuali  ad  un  magistrato addetto
all'Ispettorato   dello  stesso  ministero,  ai  sensi  dell'art. 17,
comma 5, del d.lgs. n. 109 del 2006;
        che  il  Procuratore  generale presso la Corte di cassazione,
nel  corso  dell'udienza  celebrata  il  21 luglio  2006, ha eccepito
l'inammissibilita' dell'intervento del Ministro della giustizia e, in
subordine,   l'illegittimita'   costituzionale   delle   disposizioni
contenute  negli  artt. 17  e  19  del  d.lgs.  n. 109  del  2006,  e
dell'art. 2,  comma 7, lettera c) [recte: lettera e)], numeri 9 e 10,
nonche' lettera f), numeri 3 e 4, della legge delega n. 150 del 2005,
per contrasto con gli artt. 101, 104, 107 e 111 Cost;
        che  la  sezione  rimettente,  condividendo le argomentazioni
esposte   dal   Procuratore   generale,   dubita  della  legittimita'
costituzionale  della  normativa  indicata, introdotta con la riforma
dell'ordinamento  giudiziario in materia di procedimento disciplinare
a  carico  dei  magistrati  ordinari,  nella  parte in cui prevede la
partecipazione del Ministro della giustizia al giudizio che si svolge
dinanzi alla stessa sezione disciplinare;
        che,  ad  avviso  della rimettente, le norme censurate, nella
misura  in cui configurano in capo al Ministro della giustizia poteri
che  vanno  oltre il promovimento dell'azione disciplinare, sarebbero
in  contrasto con gli artt. 101, 104 e 107 Cost., i quali, al fine di
assicurare  che  la  giurisdizione  sia  esercitata  al  di  fuori da
qualsiasi  condizionamento, garantiscono l'indipendenza e l'autonomia
dell'Ordine   giudiziario   anche   in  riferimento  all'adozione  di
provvedimenti  destinati  ad  incidere  sullo  status  dei magistrati
ordinari;
        che il giudice a quo evidenzia la disarmonia che la normativa
censurata   avrebbe   prodotto  in  un  sistema  nel  quale,  secondo
l'opinione   generale,  la  facolta'  attribuita  al  Ministro  della
giustizia  dall'art. 107,  secondo  comma,  Cost.,  rimaneva estranea
all'esercizio della giurisdizione proprio in quanto circoscritta alla
sola  iniziativa  dell'azione  disciplinare,  e  per tale ragione era
anche inidonea ad incidere sullo status dei magistrati;
        che, infatti, prosegue la rimettente, una volta esercitata la
predetta   facolta'   da   parte   dell'organo   politico,   l'azione
disciplinare  rimaneva  affidata ad organi interni alla magistratura,
in particolare al Procuratore generale presso la Corte di cassazione,
chiamato  ad  esercitare  poteri  istruttori  ed a sostenere l'accusa
davanti all'organo di autogoverno, che nella specie esercita funzioni
giurisdizionali;
        che  in  tal  modo,  secondo il giudice a quo, era assicurata
l'estraneita'    dell'organo    politico    rispetto    all'attivita'
giurisdizionale  svolta  dalla  sezione  disciplinare  del  Consiglio
superiore della magistratura, cosi' rendendosi effettiva, anche nella
materia  in  esame,  la  «relazione  esclusiva e senza mediazione del
giudice con la legge», prescritta dall'art. 101 Cost.;
        che, al contrario, la partecipazione del Ministro all'udienza
disciplinare  - discrezionale e dunque sorretta da una valutazione di
opportunita'  politica  -  assumerebbe  rilevanza  processuale, cosi'
determinando  la  cessazione  dell'estraneita'  dell'organo  politico
rispetto all'attivita' giurisdizionale;
        che  inoltre,  in  ragione della discrezionalita' che connota
l'intervento  dell'organo  politico e vale a differenziarlo da quello
del  Procuratore  generale presso la Corte di cassazione (il quale e'
obbligato ad esercitare l'azione disciplinare), la partecipazione del
Ministro   all'udienza   finirebbe   con  l'assumere  un  significato
prevalente rispetto a quello della pubblica accusa;
        che, sempre a parere della rimettente, la normativa censurata
risulterebbe  in contrasto anche con le regole del «giusto processo»,
dal  momento  che  la  presenza del Ministro, in quanto si affianca a
quella  istituzionale  del  Procuratore  generale, determinerebbe una
duplicazione  dell'accusa,  con conseguente alterazione della parita'
tra le parti;
        che  il  ruolo  del  Ministro,  in  particolare,  non sarebbe
assimilabile  alla  posizione della parte civile nel processo penale,
mancando nella specie un interesse giuridicamente tutelato diverso da
quello  gia'  rappresentato dal Procuratore generale, in difesa della
legge;
        che  il  contrasto  della  normativa censurata con i principi
costituzionali  in  materia  di  giurisdizione  sarebbe ulteriormente
confermato, secondo il giudice a quo, dalla modalita' con la quale si
realizza  l'intervento processuale del Ministro, vale a dire mediante
delega  ad  un magistrato addetto all'Ispettorato del ministero della
giustizia,  e  dunque  non assistito da una posizione di indipendenza
nei confronti dell'autorita' politica;
        che  infine,  in punto di rilevanza, il giudice a quo osserva
che la decisione della questione e' destinata ad incidere sulla sorte
del procedimento in corso;
        che,  con atto depositato l'8 maggio 2007, e' intervenuto nel
giudizio  il  Presidente  del Consiglio dei ministri, rappresentato e
difeso  dall'Avvocatura generale dello Stato, il quale ha chiesto che
gli  atti  siano  restituiti  al  giudice  a  quo,  alla  luce  della
sopravvenuta    legge    24 ottobre    2006,    n. 269   (Sospensione
dell'efficacia   nonche'   modifiche   di  disposizioni  in  tema  di
ordinamento giudiziario);
        che   la   difesa  erariale  segnala,  in  particolare,  come
l'art. 1,  comma 3,  lettera i),  numeri  1  e 2, e lettera m), della
legge n. 269 del 2006 abbia inciso sulle disposizioni contenute negli
artt. 17  e  19 del d.lgs. n. 109 del 2006, eliminando la facolta' di
intervento  del  Ministro della giustizia nel giudizio disciplinare a
carico dei magistrati ordinari;
        che   nella   specie,  ad  avviso  dell'Avvocatura  generale,
sussisterebbero   i   presupposti  per  il  rinvio  degli  atti  alla
rimettente   sezione   disciplinare  del  Consiglio  superiore  della
magistratura,  in  quanto le norme censurate risultano abrogate dalla
legge  n. 269 del 2006, entrata in vigore successivamente al deposito
dell'ordinanza   di   rimessione,   e,  in  assenza  di  disposizioni
transitorie,   occorre   stabilire   se   la   nuova  disciplina  sia
immediatamente applicabile ai procedimenti disciplinari in corso.
    Considerato  che  la sezione disciplinare del Consiglio superiore
della  magistratura dubita, in riferimento agli artt. 101, 104, primo
comma,   107,   secondo   comma,  e  111  della  Costituzione,  della
legittimita'  costituzionale  del combinato disposto degli artt. 17 e
19 del decreto legislativo 23 febbraio 2006, n. 109 (Disciplina degli
illeciti disciplinari dei magistrati, delle relative sanzioni e della
procedura   per   la  loro  applicabilita',  nonche'  modifica  della
disciplina  in  tema  di  incompatibilita',  dispensa  dal servizio e
trasferimento  di  ufficio  dei  magistrati, a norma dell'articolo 1,
comma 1,   lettera   f),  della  legge  25 luglio  2005,  n. 150),  e
dell'art. 2, comma 7, lettera e), numeri 9 e 10, e lettera f), numeri
3  e  4,  della legge 25 luglio 2005 n. 150 (Delega al Governo per la
riforma   dell'ordinamento   giudiziario  di  cui  al  regio  decreto
30 gennaio  1941,  n. 12,  per  il  decentramento del Ministero della
giustizia,  per la modifica della disciplina concernente il Consiglio
di  presidenza,  della  Corte  dei conti e il Consiglio di presidenza
della  giustizia amministrativa, nonche' per l'emanazione di un testo
unico),  nella  parte in cui prevedono la facolta' del Ministro della
giustizia  di  partecipare  all'udienza  disciplinare  che  si svolge
dinanzi   alla  competente  sezione  del  Consiglio  superiore  della
magistratura;
        che,    successivamente   al   deposito   dell'ordinanza   di
rimessione,  alcune  tra le disposizioni oggetto di censura risultano
sostituite   dall'art. 1,  comma 3,  lettera i),  numeri  1  e  2,  e
lettera m),   della   legge   24 ottobre  2006,  n. 269  (Sospensione
dell'efficacia   nonche'   modifiche   di  disposizioni  in  tema  di
ordinamento giudiziario);
        che,   in  particolare,  risultano  espunte  dagli  artt. 17,
commi 5 e 7, e 19, comma 1, del d.lgs. n. 109 del 2006, le previsioni
riguardanti  la  facolta' del Ministro della giustizia di partecipare
all'udienza  disciplinare,  le  modalita'  di tale partecipazione e i
connessi poteri processuali;
        che, pertanto, gli atti vanno restituiti al giudice a quo per
un  nuovo  esame  della rilevanza della questione alla luce dello ius
superveniens.
                          Per questi motivi
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
    Ordina  la  restituzione degli atti alla sezione disciplinare del
Consiglio superiore della magistratura.
        Cosi'  deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 22 ottobre 2007.
                         Il Presidente: Bile
                       Il redattore: Silvestri
                      Il cancelliere: Di Paola
    Depositata in cancelleria il 26 ottobre 2007.
              Il direttore della cancelleria: Di paola
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