N. 360 ORDINANZA 24 - 31 ottobre 2007

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.

Imposte   e  tasse  -  Imposta  sul  reddito  delle  persone  fisiche
  (I.R.PE.F.)  -  Accertamento  con  adesione del contribuente (nella
  specie, societa' in accomandita semplice) ai fini delle imposte sui
  redditi  e  dell'IVA  -  Accertamento  parziale nei confronti delle
  persone  fisiche che non hanno definito i redditi prodotti in forma
  associata  -  Onere  in capo al socio contribuente di dimostrare il
  minore reddito percepito - Asserita lesione del diritto di difesa -
  Questione  priva  di  motivazione sulla rilevanza e contraddittoria
  sulla non manifesta infondatezza - Manifesta inammissibilita'.
- D.L.  28 marzo  1997,  n. 79  (convertito, con modificazioni, dalla
  legge 28 maggio 1997, n. 140), art. 9-bis, comma 18.
- Costituzione, art. 24.
(GU n.43 del 7-11-2007 )
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
  Presidente: Franco BILE;
  Giudici:  Giovanni  Maria FLICK, Francesco AMIRANTE, Ugo DE SIERVO,
Paolo  MADDALENA,  Alfio FINOCCHIARO, Alfonso QUARANTA, Franco GALLO,
Luigi  MAZZELLA, Sabino CASSESE, Maria Rita SAULLE, Giuseppe TESAURO,
Paolo Maria NAPOLITANO;
ha pronunciato la seguente

                              Ordinanza

nel   giudizio   di   legittimita'   costituzionale  dell'art. 9-bis,
comma 18,  del decreto-legge 28 marzo 1997, n. 79 (Misure urgenti per
il    riequilibrio   della   finanza   pubblica),   convertito,   con
modificazioni,  dalla  legge  28 maggio  1997,  n. 140,  promosso con
ordinanza  depositata il 13 ottobre 2006 dalla Commissione tributaria
regionale  della  Sicilia, sezione staccata di Siracusa, nel giudizio
vertente  tra  Vera  Giudice  e  l'Agenzia delle entrate - Ufficio di
Siracusa, iscritta al n. 202 del registro ordinanze 2007 e pubblicata
nella  Gazzetta  Ufficiale della Repubblica n. 15, 1ª serie speciale,
dell'anno 2007.
    Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del Consiglio dei
ministri;
    Udito  nella Camera di consiglio del 26 settembre 2007 il giudice
relatore Franco Gallo.
    Ritenuto  che,  nel  corso  di  un  giudizio di appello avente ad
oggetto  la  sentenza  di  primo  grado  con  cui era stata rigettata
l'impugnazione  proposta  da  una  contribuente  avverso un avviso di
accertamento in rettifica relativo all'IRPEF del 1993, la Commissione
tributaria regionale della Sicilia, sezione staccata di Siracusa, con
ordinanza  pronunciata  il  20 luglio 2006 e depositata il 13 ottobre
successivo,   ha   sollevato,   in   riferimento   all'art. 24  della
Costituzione,     questione     di     legittimita'    costituzionale
dell'art. 9-bis,  comma 18,  del  decreto-legge  28 marzo 1997, n. 79
(Misure   urgenti   per  il  riequilibrio  della  finanza  pubblica),
convertito, con modificazioni, dalla legge 28 maggio 1997, n. 140, in
quanto  applicabile  anche  alle  persone  fisiche  che sono socie di
societa'  le  quali  abbiano  definito  con  adesione  i loro redditi
sociali   entro  il  termine  del  15 dicembre  1995,  fissato  dagli
artt. 2-bis   e   3   del  decreto-legge  30 settembre  1994,  n. 564
(Disposizioni   urgenti   in   materia   fiscale),   convertito,  con
modificazioni, dalla legge 30 novembre 1994, n. 656;
        che,  secondo  quanto  premesso in punto di fatto dal giudice
rimettente,  la  societa'  in  accomandita  semplice di cui era socia
l'appellante   aveva   definito   entro   il  15 dicembre  1995,  per
l'anno 1993  (ai sensi degli artt. 2-bis e 3 del decreto-legge n. 564
del  1994,  convertito,  con  modificazioni,  dalla  legge n. 656 del
1994),  un reddito sociale maggiore rispetto a quello originariamente
dichiarato dalla medesima societa';
        che  lo  stesso giudice premette altresi', sempre in punto di
fatto,  che  l'amministrazione finanziaria, con l'impugnato avviso di
accertamento,  aveva  successivamente  imputato alla suddetta socia -
una  persona  fisica -  il  maggior  reddito  da  partecipazione alla
societa' risultante dalla menzionata definizione del reddito sociale,
e  cio'  in  applicazione del denunciato comma 18 dell'art. 9-bis del
decreto-legge  n. 79 del 1997, secondo cui «L'intervenuta definizione
da  parte  delle  societa'  od associazioni di cui all'articolo 5 del
testo  unico  delle  imposte sui redditi [...] costituisce titolo per
l'accertamento,   ai  sensi  dell'articolo  41-bis  del  decreto  del
Presidente  della  Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, e successive
modificazioni  ed  integrazioni,  nei confronti delle persone fisiche
che non hanno definito i redditi prodotti in forma associata [...]»;
        che  il  giudice a quo premette poi, in punto di diritto, che
la disposizione denunciata, benche' non retroattiva, si applica anche
all'ipotesi  in  cui la societa' (come nella specie) abbia definito i
redditi  sociali  anteriormente  al 15 dicembre 1995, salvo il caso -
non  ricorrente  in  concreto - in cui l'ufficio finanziario «ha gia'
fatto  l'accertamento,  o  l'iscrizione  a  ruolo, o ha notificato la
cartella esattoriale»;
        che,    ad   avviso   del   giudice   rimettente,   si   deve
necessariamente  pervenire  a  tale  interpretazione  della  suddetta
disposizione per ragioni sia letterali (la formulazione dei commi 15,
16,  17  e 18 del citato art. 9-bis del decreto-legge n. 79 del 1997,
nonche'   dell'art. 8   del   regolamento   di   attuazione  previsto
dall'art. 3,  comma 2,  del  citato  decreto-legge n. 564 del 1994 ed
emanato  con d.P.R. 13 aprile 1995, n. 177, renderebbe applicabile la
disposizione   denunciata   ai   concordati  fiscali  intervenuti  in
qualunque  tempo  con  le  predette  societa'  od  associazioni), sia
sistematiche  (la  proroga di due anni dei termini per l'accertamento
di  cui  all'art. 43  del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, stabilita
dall'ultimo periodo del suddetto comma 18 dello stesso art. 9-bis del
decreto-legge  n. 79  del  1997, si giustificherebbe solo nel caso in
cui  il  denunciato precedente periodo dello stesso comma si applichi
anche   alle   definizioni   intervenute   anteriormente   alla  data
dell'entrata  in  vigore del comma medesimo), sia di adeguamento alla
Costituzione   (una   diversa   interpretazione   comporterebbe   una
ingiustificata disparita' di trattamento tra i soci, a seconda che la
societa'  abbia  provveduto  a  detta  definizione  entro  o  dopo il
15 dicembre 1995);
        che,  quanto  alla non manifesta infondatezza della sollevata
questione,  il  giudice  a  quo  osserva  che  il  comma  denunciato,
correttamente  interpretato  nel senso della sua applicabilita' anche
all'ipotesi  in  cui  la  societa'  abbia  definito i redditi sociali
anteriormente  al  15 dicembre  1995, viola l'art. 24 Cost., perche',
mentre pone a carico del socio contribuente l'onere di provare che la
societa'  ha  prodotto  un reddito minore di quello da essa definito,
rende  nello  stesso  tempo  quasi impossibile l'assolvimento di tale
onere,   in  quanto  le  uniche  prove  che  il  socio  puo'  opporre
all'accertamento presuntivo compiuto dell'ufficio sono costituite dai
documenti  e  dalle scritture contabili sociali, la conservazione dei
quali,  pero',  a  seguito dell'intervenuta definizione con adesione,
non  e'  piu'  obbligatoria  per  la  societa'  ai  fini fiscali (con
l'esclusione  dei soli registri IVA), in base al disposto del comma 8
dell'art. 2-bis  del  decreto-legge  n. 564 del 1994, convertito, con
modificazioni, dalla legge n. 656 del 1994;
        che,   quanto   alla  rilevanza,  la  Commissione  tributaria
regionale  afferma  che,  nella specie, «a distanza di oltre due anni
dalla  definizione e' improbabile che la societa' abbia conservato la
sua   contabilita»,  con  la  conseguenza  che  la  contribuente  «si
troverebbe [...] nell'impossibilita' di provare il suo buon diritto»;
        che  e' intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri,
rappresentato   e   difeso   dall'Avvocatura  generale  dello  Stato,
chiedendo  che  la  sollevata questione sia dichiarata manifestamente
inammissibile o infondata.
        che,  con  riguardo alla eccepita manifesta inammissibilita',
l'Avvocatura generale osserva che l'ordinanza e' priva di motivazione
sulla  rilevanza,  perche' il giudice rimettente, da un lato, afferma
che  le  scritture  contabili  sociali  sono gli unici mezzi di prova
utilizzabili dai soci per opporsi all'accertamento effettuato in base
ai redditi definiti dalla societa'; dall'altro, non precisa se, nella
specie, si sia effettivamente verificata la circostanza della mancata
conservazione di tali scritture;
        che,  con  riguardo  alla  dedotta  infondatezza,  la  difesa
erariale  osserva  che, per consolidata giurisprudenza della Corte di
cassazione  (vengono  citate le sentenze n. 14418 del 2005 e n. 13186
del  2000),  l'intervenuta  definizione  dei redditi sociali mediante
accertamento   con  adesione  da  parte  delle  societa'  di  persone
costituiva  titolo  per  l'accertamento  nei  confronti dei soci gia'
prima  dell'entrata  in vigore della disposizione censurata, la quale
si  limita ad applicare il principio della tassazione per trasparenza
gia'  stabilito  dall'art. 5  del  d.P.R.  22 dicembre  1986, n. 917,
secondo cui, ai fini dell'IRPEF, i redditi prodotti dalle societa' di
persone  sono imputati pro quota ai soci sulla presunzione della loro
percezione;
        che  inoltre,  in  ordine  alla denunciata impossibilita' del
socio  di  opporsi  all'accertamento  utilizzando scritture contabili
della   societa',   in  quanto  queste  potrebbero  non  essere  piu'
disponibili,  l'Avvocatura  generale  dello  Stato  obietta  che  non
sussiste  lesione  del  diritto  di  difesa del socio, perche': a) la
definizione  dei  redditi  sociali mediante accertamento con adesione
avviene  in  via  forfetaria,  prescindendo da quanto attestato dalle
scritture  contabili,  cosi'  da  giustificare  il venir meno, per la
societa',  dell'obbligo  di legge di conservare documenti e scritture
contabili (salvo che per i registri IVA, per i quali, invece, permane
tale  obbligo);  b)  la  suddetta  definizione  viene presumibilmente
valutata   dall'intera   compagine   sociale,  date  le  peculiarita'
organizzative delle societa' di persone; c) la contabilita' sociale o
«riflette correttamente i fatti gestionali» dichiarati dalla societa'
e,  pertanto,  «sul  piano  concreto non potrebbe apportare un valido
contributo   difensivo»,   oppure  e'  «scarsamente  attendibile»  e,
pertanto,  «eventuali  prove  a  sostegno  della  posizione del socio
sarebbero da ricercare, semmai, in documenti extracontabili».
    Considerato   che   la  Commissione  tributaria  regionale  della
Sicilia,   sezione  staccata  di  Siracusa,  dubita,  in  riferimento
all'art. 24  della  Costituzione, della legittimita' dell'art. 9-bis,
comma 18,  del decreto-legge 28 marzo 1997, n. 79 (Misure urgenti per
il    riequilibrio   della   finanza   pubblica),   convertito,   con
modificazioni,   dalla   legge  28 maggio  1997,  n. 140,  in  quanto
applicabile  anche alle persone fisiche che sono socie di societa' le
quali  abbiano  definito con adesione i loro redditi sociali entro il
termine  del  15 dicembre  1995,  fissato  dagli  artt. 2-bis e 3 del
decreto-legge  30 settembre  1994,  n. 564  (Disposizioni  urgenti in
materia   fiscale),   convertito,   con  modificazioni,  dalla  legge
30 novembre 1994, n. 656;
        che,  ad  avviso  del  giudice  rimettente,  la  disposizione
censurata,  ritenuta applicabile anche all'ipotesi in cui la societa'
(come nella specie) abbia definito i redditi sociali anteriormente al
15 dicembre  1995,  viola  l'art. 24  Cost.,  perche',  mentre pone a
carico  del  socio contribuente l'onere di provare che la societa' ha
prodotto  un  reddito  minore di quello da essa definito, rende nello
stesso  tempo  quasi  impossibile  l'assolvimento  di  tale onere, in
quanto  le  uniche  prove  che il socio puo' opporre all'accertamento
presuntivo  compiuto  dall'ufficio  sono  costituite  dai documenti e
dalle scritture contabili sociali, la conservazione dei quali, pero',
a  seguito  dell'intervenuta  definizione  con  adesione, non e' piu'
obbligatoria  per  la  societa' ai fini fiscali (con l'esclusione dei
soli  registri  IVA), in base al disposto del comma 8 dell'art. 2-bis
del  decreto-legge  n. 564  del  1994, convertito, con modificazioni,
dalla legge n. 656 del 1994, con la conseguenza che, nella specie, «a
distanza  di  oltre  due anni dalla definizione e' improbabile che la
societa'  abbia  conservato  la  sua  contabilita»  e,  pertanto,  la
contribuente  «si  troverebbe [...] nell'impossibilita' di provare il
suo buon diritto»;
        che   la   questione   e'  manifestamente  inammissibile  per
motivazione insufficiente sulla rilevanza e contraddittoria sulla non
manifesta infondatezza;
        che  in  particolare, quanto alla rilevanza, il giudice a quo
non  precisa,  in  punto  di  fatto,  se,  nella  specie:  a)  si sia
effettivamente  verificata la circostanza della mancata conservazione
delle  scritture  contabili,  da  lui prospettata solo come eventuale
(«e'   improbabile   che   la   societa'   abbia  conservato  la  sua
contabilita»;     la     contribuente     «si     troverebbe    [...]
nell'impossibilita'  di  provare il suo buon diritto»); b) manchino i
registri  IVA  della  societa'  (la  conservazione  dei  quali  resta
obbligatoria,  ai  fini  fiscali, anche dopo l'intervenuto concordato
tra  l'amministrazione  finanziaria  e la societa) ovvero da essi non
siano  ricavabili  (e per quali ragioni) elementi probatori in ordine
all'entita' dei redditi sociali;
        che, sempre quanto alla rilevanza, la Commissione tributaria,
in   punto   di   diritto:   a)   non   da'  conto  dell'orientamento
giurisprudenziale  della Corte di cassazione secondo cui, anche prima
dell'entrata  in  vigore  della  disposizione  denunciata,  le  norme
tributarie  erano  interpretabili  nel  senso  che la definizione dei
redditi  mediante  accertamento con adesione, da parte della societa'
di   persone,  costituisce  titolo  per  effettuare  un  accertamento
parziale  nei  confronti  dei  soci  in  ordine al maggior reddito da
partecipazione,  ai  sensi  dall'art. 5  del d.P.R. 22 dicembre 1986,
n. 917,  recante  «Approvazione  del  testo  unico  delle imposte sui
redditi»  (sentenza  n. 14418  del  2005);  b)  non  chiarisce  se la
denunciata  lesione  del  diritto di difesa derivi dalla disposizione
censurata,   nella   parte   in  cui,  affermando  che  l'intervenuto
accertamento per adesione costituisce titolo per l'accertamento anche
nei  confronti  del  socio  persona  fisica,  pone a carico di questo
l'onere  di  provare  un  reddito sociale minore di quello risultante
dall'accertamento  con  adesione  effettuato  dalla  societa'; oppure
(come   sembrerebbe   invece   doversi   logicamente  desumere  dalle
argomentazioni  prospettate  nell'ordinanza  di  rimessione)  dal non
censurato  comma 8 dell'art. 2-bis del decreto-legge n. 564 del 1994,
quale  convertito  dalla legge n. 656 del 1994, nella parte in cui fa
venir  meno,  a  seguito  dell'intervenuta  definizione  dei  redditi
sociali mediante accertamento con adesione, l'obbligo per la societa'
di  conservare, ai fini fiscali, i documenti e le scritture contabili
(fermo, comunque, l'obbligo di conservare i registri IVA);
        che,  quanto  alla  non  manifesta  infondatezza,  il giudice
rimettente  adduce  una motivazione contraddittoria, perche' afferma,
da un lato, che la disposizione censurata, ove applicabile anche alle
persone fisiche che siano socie di societa' le quali abbiano definito
i redditi sociali con adesione entro il termine del 15 dicembre 1995,
violerebbe l'art. 24 Cost., dall'altro, che la medesima disposizione,
ove  invece  non fosse applicabile ai soci suddetti (come nel caso di
accoglimento della sollevata questione), creerebbe una ingiustificata
disparita' di trattamento tra i soci, a seconda che la societa' abbia
provveduto o no alla definizione entro il termine indicato.
    Visti  gli  artt. 26,  secondo  comma, della legge 11 marzo 1953,
n. 87,  e  9,  comma 2, delle norme integrative per i giudizi davanti
alla Corte costituzionale.
                          Per questi motivi
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
    Dichiara   la   manifesta  inammissibilita'  della  questione  di
legittimita'    costituzionale    dell'art. 9-bis,    comma 18,   del
decreto-legge   28 marzo   1997,   n. 79   (Misure   urgenti  per  il
riequilibrio  della finanza pubblica), convertito, con modificazioni,
dalla   legge  28 maggio  1997,  n. 140,  sollevata,  in  riferimento
all'art. 24   della   Costituzione,   dalla   Commissione  tributaria
regionale   della   Sicilia,   sezione   staccata  di  Siracusa,  con
l'ordinanza indicata in epigrafe.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 24 ottobre 2007.
                         Il Presidente: Bile
                         Il redattore: Gallo
                      Il cancelliere: Di Paola
    Depositata in cancelleria il 31 ottobre 2007.
              Il direttore della cancelleria: Di paola
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