N. 739 ORDINANZA (Atto di promovimento) 13 aprile 2007

Ordinanza  emessa  il  13 aprile  2007  dal  tribunale amministrativo
regionale  del  Veneto  sul  ricorso  proposto da Sartori Leonardo ed
altri contro Universita' degli studi di Padova ed altro

Universita'  - Ricercatori universitari - Immissione nella fascia dei
  ricercatori  confermati  -  Riconoscimento,  per intero ai fini del
  tattamento  di quiescenza e di previdenza e per i due terzi ai fini
  della     carriera,    dell'attivita'    effettivamente    prestata
  nell'Universita'   in   qualita'  di  tecnici  laureati  -  Mancata
  previsione  secondo  il piu' recente orientamento giurisprudenziale
  del  Consiglio  di Stato - Ingiustificato deteriore trattamento dei
  tecnici   laureati  rispetto  alle  altre  categorie  professionali
  indicate  dall'art. 7,  legge  21 febbraio 1980, n. 28 a parita' di
  professionalita'    -   Incidenza   sui   principi   di   autonomia
  amministrativa,  di  liberta'  della  funzione  docente  e  di buon
  andamento della pubblica amministrazione - Violazione del principio
  di  proporzionalita' ed adeguatezza della retribuzione - Eccesso di
  delega.
- Decreto  del  Presidente  della  Repubblica 11 luglio 1980, n. 382,
  art. 103,   comma 3,   come  modificato  dall'art. 23  della  legge
  23 dicembre 1999, n. 488.
- Costituzione, artt. 3, 33, 36, 76 e 97.
(GU n.44 del 14-11-2007 )
                IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE

    Ha   pronunciato   la  ordinanza  a'  sensi  e  per  gli  effetti
dell'art. 23 e ss. della legge 11 marzo 1953, n. 87, sul ricorso R.G.
n. 1166/2006,   proposto   da  Sartori  Leonardo,  Caenazzo  Luciana,
Rigobello  Maria  Pia, Chemello Liliana, Anglani Franca, Fregona Iva,
Zancato  Mirella, Ermani Mario e Zennaro Lucio, tutti rappresentati e
difesi  dall'avv. Paolo Francesco Brunello, con elezione di domicilio
in Venezia presso la segreteria della sezione;
    Contro  l'Universita'  degli  studi di Padova, in persona del suo
rettore pro tempore, costituitosi in giudizio, rappresentato e difeso
dall'Avvocatura  distrettuale  dello Stato, domiciliataria ex lege in
Venezia,  piazza  San  Marco  n. 63;  il  Ministero  dell'istruzione,
dell'universita'  e  della  ricerca,  in  persona  del  Ministro  pro
tempore, non costituitosi in giudizio, per l'accertamento del diritto
dei  ricorrenti  medesimi  al  riconoscimento  del  servizio prestato
presso  l'Universita'  in qualita' di tecnici laureati, ai fini della
ricostruzione della carriera.
    Visto  il  ricorso con i relativi allegati, notificato l'8 maggio
2006  e  depositato  il  1°  giugno 2006  presso  la segreteria della
sezione;
    Visto  l'atto  di costituzione in giudizio dell'Universita' degli
studi di Padova;
    Viste le memorie prodotte dalle parti;
    Visti gli atti tutti di causa;
    Uditi  nella  pubblica  udienza del 18 gennaio 2007, (relatore il
consigliere  Fulvio  Rocco)  l'avv. P. F. Brunello per i ricorrenti e
l'avvocato  dello Stato Daniela Salmini per l'Universita' degli studi
di Padova;
    Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue.

                     F a t t o  e  D i r i t t o

    1.1.  - I  ricorrenti,  dott.  Leonardo  Sartori,  dott.  Luciana
Caenazzo,  dott.  Maria  Pia Rigobello, dott. Liliana Chemello, dott.
Franca Anglani, dott. Iva Fregona, dott. Mirella Zancato, dott. Mario
Ermani   e  dott.  Lucio  Zennaro,  espongono  di  essere  dipendenti
dell'Universita'  degli  studi  di  Padova  inquadrati  nel ruolo dei
ricercatori universitari confermati.
    Piu'  esattamente, il dott. Sartori e' stato inquadrato nel ruolo
anzidetto  con  decreto  rettorile  n. 2188/01  dd. 1° ottobre 2001 e
decorrenza  giuridica  1° ottobre 2001; la dott. Caenazzo con decreto
rettorile  n. 1331/2002  dd.  1° luglio  2001  e decorrenza giuridica
1° luglio 2002; la dott. Rigobello con decreto rettorile n. 1525/2001
dd.  2 luglio  2001  e  decorrenza  giuridica 2 luglio 2001; la dott.
Chemello  con  decreto  rettorile  n. 2236/01  dd.  1° ottobre 2001 e
decorrenza  giuridica  1° ottobre  2001; la dott. Anglani con decreto
rettorile  n. 2235/2001  dd.  1°  ottobre 2001 e decorrenza giuridica
1° ottobre  2001; la dott. Fregona con decreto rettorile n. 2234/2001
dd.  1° ottobre 2001 e decorrenza giuridica 1° ottobre 2001; la dott.
Zancato  con  decreto  rettorile  n. 3553/2001 dd. 1° dicembre 2001 e
decorrenza  giuridica  1° dicembre  2001; il dott. Ermani con decreto
rettorile  n. 2331/2001 dd. 1° ottobre 2001 e decorrenza giuridica 1°
ottobre 2001; il dott. Zennaro con decreto rettorile n. 1333/2002 dd.
1° luglio 2002 e decorrenza giuridica 1° luglio 2002.
    I  ricorrenti  espongono di aver prestato servizio, prima di tale
loro   inquadramento,  quali  tecnici  laureati  presso  la  medesima
Universita'  degli  studi  di  Padova  e  di essere stati quindi gia'
inquadrati nei ruoli del personale tecnico universitario espletando -
a  seconda  della  qualifica  professionale  posseduta  - mansioni di
medico, biologo, farmacista, chimico o ricercatore.
    In  particolare,  il  dott. Sartori, la dott. Chimello e il dott.
Ermani  espongono  di  aver  ivi  espletato le mansioni di medico con
funzioni  assistenziali e di ricerca, rispettivamente a decorrere dal
1° gennaio  1980,  dal  1° settembre  1998 e dal 20 dicembre 1985; la
dott.  Caenazzo, la dott. Rigobello e la dott. Anglani le mansioni di
biologo  con  funzioni  di  ricerca  rispettivamente  a decorrere dal
19 marzo  1991,  dal 18 dicembre 1984 e dal 1° gennaio 1986; la dott.
Fregona  le mansioni di biologo con funzioni di professore incaricato
e  di  docenza  dal 23 novembre 1977; la dott. Zancato le mansioni di
farmacista  con  funzioni  di  ricerca  dal  1° marzo  1995; il dott.
Zennaro  le mansioni di chimico con funzioni di ricerca dal 16 aprile
1991.
    Dopo   aver   ottenuto  il  nuovo  inquadramento  nel  ruolo  dei
ricercatori,   tutti   i  ricorrenti  hanno  individualmente  chiesto
all'Amministrazione  universitaria  la  ricostruzione  della  propria
carriera  a' sensi dell'art. 103 del d.P.R. 1° luglio 1980, n. 382, e
cio'  al  fine  di  ricomprendervi  anche il servizio precedentemente
prestato quale tecnico laureato.
    L'Universita',  peraltro,  con  note dd. 6 agosto 2002 dirette ai
singoli  interessati  e  firmate  dal Capo servizio concorsi e camere
dell'Area  accademica, ha respinto le istanze da essi rispettivamente
avanzate con la seguente motivazione: «i servizi di cui Lei chiede il
riconoscimento  non  sono  previsti ai fini della ricostruzione della
carriera quale ricercatore universitario confermato».
    1.2. - Cio'  posto,  con  il ricorso in epigrafe i predetti dott.
Leonardo  Sartori, dott. Luciana Caenazzo, dott. Maria Pia Rigobello,
dott.  Liliana  Chemello,  dott.  Franca  Anglani, dott. Iva Fregona,
dott.  Mirella  Zancato,  dott.  Mario  Ermani  e dott. Lucio Zennaro
chiedono  l'accertamento  del  proprio  diritto al riconoscimento del
servizio  prestato  presso  l'Universita',  in  qualita'  di  tecnici
laureati, ai fini della ricostruzione della carriera.
    I  ricorrenti  deducono  al  riguardo l'errata interpretazione ed
applicazione  dell'art. 103,  terzo comma, del d.P.R. n. 382 del 1980
anche  in  relazione  a quanto disposto dall'art. 12, lett. i), della
legge 21 febbraio 1980, n. 28.
    In  subordine,  i  medesimi  ricorrenti  chiedono  sia  sollevato
incidente  di incostituzionalita' del combinato disposto del medesimo
art.  103  del  d.P.R. n. 382 del 1980, in relazione all'art. 7 della
medesima  legge  n. 28  del  1980,  per violazione degli artt. 3 e 97
Cost.,   limitatamente   alla  parte  in  cui  non  consentirebbe  il
riconoscimento,  ai  fini  della  ricostruzione ovvero dello sviluppo
della carriera dei ricercatori confermati a' sensi dell'art. 1, comma
10,  della  legge 14 gennaio 1999, n. 4, del servizio prestato per un
periodo   minimo  di  3  anni  dai  medesimi  come  medici,  biologi,
farmacisti  e chimici nella vigenza del precedente loro inquadramento
quali tecnici laureati presso l'Universita'.
    2. - Si  e'  costituita  in giudizio l'Universita' degli studi di
Padova,   eccependo   in   via   preliminare   l'inammissibilita'   e
l'irricevibilita'  del ricorso in quanto asseritamente proposto quale
azione  di  accertamento  di  un  diritto avverso un provvedimento di
inquadramento   che   avrebbe   dovuto   essere   -   per   contro  -
inderogabilmente  impugnato  quale  atto autoritativo entro i termini
contemplati   al  riguardo  dall'art. 1,  primo  comma,  della  legge
6 dicembre  1971,  n. 1034,  come  modificato dall'art. 1 della legge
21 luglio 2000, n. 205.
    In  subordine,  la  medesima  difesa  replica  puntualmente  alle
censure   avversarie   e   si   oppone,  comunque,  all'eccezione  di
incostituzionalita'  sollevata  dalla controparte reputando evidente,
nella  specie,  la diversita' dei rapporti riconosciuti - o meno - ai
fini  della  ricostruzione  di  carriera  e risultando, pertanto, del
tutto  coerente  e  razionale  la  scelta  discrezionale  operata  al
riguardo dal legislatore.
    3. - Non  si e', viceversa, costituito in giudizio il pur evocato
Ministero dell'istruzione, universita' e ricerca.
    4. - Alla  pubblica udienza del 18 gennaio 2007 la causa e' stata
trattenuta per la decisione.
    5. - Tutto  cio' premesso, il Collegio preliminarmente rileva che
nel  presente  procedimento si verte in materia di accertamento di un
diritto patrimoniale dei ricorrenti che consegue al provvedimento che
ha  disposto  il  loro  inquadramento  nella qualifica di ricercatore
universitario confermato.
    Ai  sensi  dell'art. 103, comma 4, prima parte, del d.P.R. n. 382
del  1980 - ossia in relazione alla vigente disciplina «a regime» del
relativo istituto - la domanda di riconoscimento di tale diritto puo'
essere avanzata all'Universita' di appartenenza, «entro un anno dalla
conferma  in  ruolo»:  termine,  questo,  che  sembrerebbe  sia stato
rispettato  dai ricorrenti medesimi e la cui eventuale violazione non
e' stata comunque eccepita dall'Amministrazione convenuta.
    Consegue  da cio', quindi, che il presente giudizio rientra nella
giurisdizione  esclusiva  del  giudice  amministrativo,  a' sensi del
combinato  disposto  dell'art. 7,  secondo comma, della legge n. 1034
del  1971  e  successive  modifiche  e  degli artt. 3, comma 2, e 63,
comma 4,  del  d.lgs.  30 marzo  2001,  n. 165,  nel  cui  ambito  le
posizioni  di  diritto  soggettivo  sono  fatte giudizialmente valere
entro gli ordinari termini di prescrizione del diritto medesimo.
    Pertanto,  le  eccezioni di inammissibilita' e di irricevibilita'
sollevate dalla difesa erariale non assumono fondamento.
    6.1.   - Il   Collegio  reputa  -  peraltro  -  che  nell'attuale
formulazione  delle  disposizioni  che disciplinano l'istituto di cui
trattasi, la domanda dei ricorrenti non possa essere accolta.
    6.2. - Va  premesso  che,  per quanto qui segnatamente interessa,
l'art.  103  del  d.P.R.  n. 382  del  1980 dispone nel senso che «ai
professori   di   ruolo   all'atto   della  nomina  a  ordinario,  e'
riconosciuto  per  due  terzi,  ai  fini  della carriera, il servizio
prestato   in  qualita'  di  professori  l'universitari  associati  e
professori  incaricati,  per  la  meta'  il  servizio  effettivamente
prestato  in  qualita' di ricercatori universitari o di enti pubblici
di  ricerca,  di  assistente,  di  ruolo  o incaricato, di assistente
ordinario,  di  tecnico  laureato,  di  astronomo e ricercatore degli
osservatori  astronomici,  astrofisici e vesuviano, di curatore degli
orti  botanici e di conservatore dei musei e per un terzo il servizio
prestato  in una delle figure previste dall'art. 7, legge 21 febbraio
1980,  n. 28,  nonche'  in  qualita'  di assistente volontario (primo
comma);  «ai professori associati, all'atto della conferma in ruolo o
della   nomina   in  ruolo  ai  sensi  del  precedente  art.  50,  e'
riconosciuto  per  due  terzi  ai  fini  della  carriera, il servizio
effettivamente  prestato  in  qualita'  di  professore incaricato, di
ricercatore   universitario   o  di  enti  pubblici  di  ricerca,  di
assistente  di  ruolo  o  incaricato, di assistente straordinario, di
tecnico  laureato,  di  astronomo  e  ricercatore  degli  osservatori
astronomici, astrofisici e vesuviano, di curatore degli orti botanici
e  di  conservatore  di  musei  e  per  la  meta' agli stessi fini il
servizio  prestato  in  una  delle figure previste dal citato art. 7,
legge  21 febbraio  1980,  n. 28, nonche' per un terzo in qualita' di
assistente  volontario» (secondo comma); «ai ricercatori universitari
all'atto   della   loro   immissione  nella  fascia  dei  ricercatori
confermati,  e'  riconosciuta  per  intero ai fini del trattamento di
quiescenza  e  previdenza  e  per  i due terzi ai fini della carriera
l'attivita'  effettivamente  prestata  nelle universita' in una delle
figure  previste dall'art. 7, legge 21 febbraio 1980, n. 28, nonche',
a  domanda,  il  periodo  corrispondente  alla frequenza dei corsi di
dottorato  di  ricerca  ai  soli fini del trattamento di quiescenza e
previdenza  con onere a carico del richiedente» (terzo comma, come da
ultimo  modificato  per  effetto dell'art. 23 della legge 23 dicembre
1999, n. 488).
    Va  opportunamente  soggiunto, a completamento della ricognizione
delle  disposizioni  normative rilevanti ai fini del decidere, che la
Corte  costituzionale,  con  sentenza 7 luglio 1995, n. 305, ha - tra
l'altro  - dichiarato l'illegittimita' costituzionale del primo comma
teste'  riportato  nella parte in cui, ai fini della ricostruzione di
carriera dei professori di ruolo, rende valutabili i servizi prestati
nella  scuola  secondaria,  assimilandoli al servizio prestato in una
delle  figure  di  cui all'art. 7 della legge n. 28 del 1980, nonche'
l'illegittimita'  costituzionale  del  secondo  e  terzo comma, nella
parte   in   cui,   ai   fini   della   ricostruzione   di  carriera,
rispettivamente,   dei   professori   associati   e  dei  ricercatori
confermati,   rende   valutabili  i  servizi  prestati  nella  scuola
secondaria  assimilandoli  al servizio prestato in una delle predette
figure di cui all'art. 7 della legge n. 28 del 1980.
    Per  quanto  concerne  le  «figure previste dall'art. 7, legge 21
febbraio  1980,  n. 28» cui le disposizioni dianzi riportate rinviano
agli  effetti  dell'individuazione  dei pregressi periodi di servizio
che  danno  titolo alla ricostruzione di carriera, va evidenziato che
esse sono individuate nel contesto della disciplina che, a suo tempo,
era  stata predisposta e applicata ai fini del primo accesso al ruolo
dei  ricercatori  universitari  e  che, per l'appunto, corrisponde al
predetto  art. 7, il cui comma 6 segnatamente contempla: «a) titolari
di  assegni  biennali  di  formazione  scientifica e didattica di cui
all'art. 6 del d.l. 10 ottobre 1973, n. 580, convertito in legge, con
modificazioni,  dalla  legge 30 novembre 1973, n. 766; b) titolari di
borse  di  studio  conferite  per l'anno accademico 1973-74, ai sensi
delle  leggi  31 ottobre  1966,  n. 942 e 24 febbraio 1967, n. 62; c)
borsisti   laureati   vincitori  di  concorsi  pubblici  banditi  dal
Consiglio  nazionale  delle  ricerche  e  da  altri  enti pubblici di
ricerca  di  cui  alla tabella VI, allegata alla legge 20 marzo 1975,
n. 70  e  successive  modifiche, nonche' dall'Accademia nazionale dei
Lincei  e  dalla  Domus  Galileiana  di  Pisa; d) perfezionandi della
Scuola  normale  e  della Scuola superiore di studi universitari e di
perfezionamento  di  Pisa,  compresi  i  non  titolari  di assegni di
formazione  scientifica  e didattica; e) titolari di borse o assegni,
di  formazione  o  addestramento  scientifico  e didattico o comunque
denominati,  purche'  finalizzati  agli scopi predetti, istituiti sui
fondi   destinati   dai   consigli  di  amministrazione  sui  bilanci
universitari,  anche  se provenienti da donazioni o da contratti o da
convenzioni  con  enti  o  con  privati,  ed  assegnati  con  decreto
rettorale  a seguito di pubblico concorso; f) assistenti incaricati o
supplenti  e  professori incaricati supplenti; g) lettori assunti con
pubblico concorso o a seguito di delibera nominativa del consiglio di
amministrazione  dell'universita',  che abbiano svolto tale attivita'
per  almeno  due  anni;  h)  medici interni universitari, assunti con
pubblico concorso o a seguito di delibera nominativa del consiglio di
amministrazione dell'universita' per motivate esigenze delle cliniche
e degli istituti di cura universitari.».
    Va  pure  evidenziato  che, ai fini del predetto primo accesso ai
ruoli  dei  ricercatori universitari ma anche con indiretta incidenza
agli   effetti  dell'esercizio  del  diritto  alla  ricostruzione  di
carriera  qui  in  discussione, la Corte costituzionale, con sentenza
19 febbraio    1985,    n. 46,    ha    dichiarato   l'illegittimita'
costituzionale  della  disposizione  di cui all'anzidetta lettera f),
nella   parte   in  cui  non  prevede  l'inclusione  -  agli  effetti
dell'ammissione  al  giudizio  di  idoneita'  per l'inquadramento nel
ruolo  dei  ricercatori  universitari  confermati  - anche dei medici
interni universitari assunti con delibera nominativa del consiglio di
facolta'  per  motivate  esigenze  delle cliniche o degli istituti di
cura universitari.
    Sempre  la  Corte  costituzionale,  con  sentenza  7 luglio 1987,
n. 284,   ha   dichiarato   l'illegittimita'   costituzionale   della
surriportata  lettera g),  nella parte in cui richiede ai lettori ivi
indicati  un'anzianita'  di  servizio  di due anni maturata alla data
dell'11 marzo  1980;  e,  ancora, la stessa Corte costituzionale, con
sentenza   14 febbraio   1989,  n. 39,  ha  ulteriormente  dichiarato
l'illegittimita'  costituzionale  della  medesima  lettera g),  nella
parte in cui non prevede l'ammissione dei lettori incaricati a' sensi
dell'art. 24  della  legge  24 febbraio  1967,  n. 62,  ai giudizi di
idoneita'  per l'accesso al ruolo dei ricercatori universitari, quali
ricercatori confermati.
    6.3.  - Venendo  ora  alla  tesi attraverso la quale i ricorrenti
intenderebbero  ottenere il beneficio del riconoscimento agli effetti
della  ricostruzione  di carriera del pregresso servizio da essi reso
nella  qualifica di tecnico laureato - riconoscimento che, come si e'
visto  innanzi,  non  risulta di per se' testualmente contemplato dal
combinato  disposto dell'art. 103, terzo comma, del d.P.R. n. 382 del
1980  come  da ultimo modificato per effetto dell'art. 23 della legge
n. 488  del  1999  e  dell'art. 7  della  legge  n. 28  del 1980 - il
Collegio  evidenzia  che la tesi stessa, in buona sostanza, si riduce
nel  ritenere  che  l'omessa  previsione  della  qualifica di tecnico
laureato  nell'art. 103, terzo comma, cit. si spiegherebbe con la sua
sostanziale  inutilita':  e cio' in quanto la qualifica di funzionari
tecnici   laureati  apparterrebbe  al  medesimo  livello  retributivo
dell'impiego  statale  universitario,  sicche'  il passaggio dall'una
all'altra  carriera  implicherebbe  la  conservazione dell'anzianita'
gia' acquisita, con la conseguenza che il riconoscimento del servizio
come  tecnico  laureato dovrebbe considerarsi regola comune a tutte e
tre  le  posizioni  di  docenza  universitaria,  essendo  in sostanza
uniforme la disciplina basilare della funzione docente.
    Sempre in tal senso, deporrebbe a favore di tale tesi ermeneutica
la   constatazione  che  non  vi  sarebbe  alcuna  ragione  giuridica
giustificatrice   dell'attribuzione  di  un  beneficio  solo  all'una
posizione di lavoro e non all'altra.
    Il Collegio, per parte propria, non sottace che tale ragionamento
ha  in passato trovato l'adesione della giurisprudenza (cfr., ad es.,
Tribunale  amministrativo  regionale  Lazio, sez. III, 11 maggio 2001
n. 422)  nonche' della IIª Sezione del Consiglio di Stato nel proprio
parere  n. 220  dd.  11 marzo 1998, ma ritiene insormontabile - anche
sulla scorta del piu' recente orientamento giurisprudenziale espresso
dalla  Sezione  VI  del  Consiglio  di Stato con la propria decisione
n. 845  dd.  17 febbraio  2003 - il dato letterale per cui l'art.103,
terzo  comma  cit.,  nel richiamare l'art. 7 della legge 28 del 1977,
non  ha  previsto  espressamente, tra i servizi riconosciuti utili ai
fini  della  carriera,  quello  svolto  nella  qualifica  di  tecnico
laureato precedentemente ricoperta.
    Deve  osservarsi,  infatti,  che  l'art. 103  in esame, dopo aver
disposto  nei  primi  due  commi,  che  ai  professori  di  ruolo  e'
riconosciuto,  ai  fini  della  carriera,  il  servizio  prestato tra
l'altro  in  qualita'  di  tecnico laureato, per meta' all'atto della
nomina  ad  ordinario  e  per  due  terzi all'atto della nomina nella
fascia  degli  associati,  nel  successivo  terzo comma del suo testo
attualmente in vigore si limita a prevedere, a favore dei ricercatori
universitari   allorquando   accedono  alla  fascia  dei  ricercatori
confermati, il riconoscimento per intero ai fini previdenziali, e per
i  due  terzi  ai  fini  di  carriera  dell'attivita' «effettivamente
prestata  nelle  Universita'  in  una  delle figure di cui all'art. 7
della  legge  21 febbraio  1980,  n. 28», tra le quali, tuttavia, non
viene  contemplata  espressamente  la  figura del funzionario tecnico
laureato.
    Il  chiaro  tenore della norma cosi' ricavata dall'immediato dato
letterale  della  disposizione  in  esame  induce  il  Collegio a non
condividere    sul    punto   l'interpretazione   che   perviene   al
riconoscimento del servizio pregresso di cui trattasi sostanzialmente
forzando  l'effettivo  significato dell'art. 103 cit. ed effettuando,
quindi,  un'operazione  ermeneutica  che, in definitiva, si palesa in
contrasto  con  la  disciplina  effettivamente  risultante  dal senso
letterale delle disposizioni in esame.
    Va,  quindi,  ribadito che l'art. 103 cit. prevede con chiarezza,
per  i  ricercatori  universitari  confermati,  la  possibilita'  del
riconoscimento   dei   soli  servizi  prestati  precedentemente  alla
conferma  in  ruolo e tassativamente indicati nell'art. 7 della legge
n. 28  del  21 febbraio  1980,  tra  i quali non e' - per l'appunto -
incluso   quello   riferito   all'attivita'   pregressa  svolta  come
funzionario  tecnico,  e  che  pertanto  non  e'  possibile, mediante
un'interpretazione  a  contenuto eminentemente integrativo che incide
sull'effettiva  estensione  della  norma,  affermare  che  - in buona
sostanza  -  l'Amministrazione  universitaria  sarebbe  incorsa in un
equivoco  nell'applicazione  del  disposto  di cui ai primi tre commi
dell'art.  103  cit.  e  che  dall'omessa  previsione specifica sopra
menzionata  non  sarebbe  corretto  inferire  il  divieto  ex lege di
riconoscimento di siffatto tipo di servizio.
    L'interpretazione  dell'art. 103 cit. proposta dai ricorrenti non
e'  quindi  condivisa  dal  Collegio  in  quanto chiaramente viola il
principio  fondamentale di cui all'art. 12 disp. prel. c.c., in forza
del  quale  le  disposizioni normative devono essere prioritariamente
interpretate dal punto di vista letterale, non potendo attribuirsi al
testo  altro  senso  se non quello fatto palese dal significato delle
parole,  secondo  la  connessione  di  esse,  ed  essendo ammissibile
un'interpretazione  non letterale soltanto quale criterio sussidiario
in  presenza di dubbio contenuto: assunto, quest'ultimo, che peraltro
non  puo'  tradursi  nel  travisamento  di  disposizioni normative di
inequivocabile significato, come quelle in esame.
    In  definitiva, anche per il caso di specie va dunque ribadita la
necessaria  prevalenza  dell'interpretazione  letterale  sugli  altri
criteri   ermeneutici,  il  cui  impiego  assume  pertanto  carattere
sussidiario   in   dipendenza   della   loro  funzione  ausiliaria  e
secondaria;  e,  cio',  nella doverosa considerazione che la sequenza
con   cui   i   diversi   criteri  interpretativi  sono  disciplinati
dall'anzidetto  art. 12 disp. prel. c.c. reca una gerarchia di valori
propri  dell'intero  ordinamento  non  alterabili  ad  arbitrio dell'
interprete.
    Ne'  puo'  essere  condiviso  l'anzidetto ed invero breviloquente
parere  del Consiglio di Stato, sezione II, n. 220 dell'11 marzo 1998
laddove  afferma che l'elenco delle categorie enunciate nel cit. art.
7  avrebbe  «carattere  esemplificativo  e, comunque, non tassativo»,
posto  che  una  diversa  interpretazione  verrebbe a determinare una
disparita'  di  trattamento  tra  categorie di dipendenti, nonche' in
considerazione  della circostanza che il parere medesimo non affronta
nel merito la problematica all'esame, ma si sofferma sui soli effetti
che scaturirebbero genericamente dalla interpretazione considerata.
    7.1.  - Il  Collegio,  per  contro, non condivide l'assunto della
difesa  erariale secondo la quale l'art. 103, terzo comma, del d.P.R.
n. 382  del 1980 risulterebbe, nella sua attuale formulazione, immune
da  censure  di costituzionalita' in quanto il differente trattamento
contestato  dai  ricorrenti  -  ossia  la  non  valutabilita'  per  i
ricercatori confermati del servizio pregresso reso nella qualifica di
tecnico  laureato  rispetto alla valutabilita' dello stesso in favore
dei  professori  ordinari  e  associati  -  troverebbe  intrinseca ed
esaustiva  giustificazione  nella  diversita'  delle  disposizioni di
lavoro  degli  interessati e che ogni scelta al riguardo competerebbe
soltanto  alla  discrezionale  e  prudente  valutazione di merito del
legislatore  in  relazione  alle  differenti posizioni giuridiche del
personale contemplato nelle norme di cui trattasi.
    7.2. - A  tale  proposito  il Collegio reputa che, pur dovendo il
«sistema» complessivamente posto dai tre commi dell'art. 103 cit. nel
loro  attuale  testo configurare diverse «misure» della ricostruzione
di   carriera   in   funzione  delle  correlativamente  diversificate
posizioni  occupate nella funzione docente, ovvero nella posizione di
coloro  che  ad  essa  concorrono  contribuendo  «allo sviluppo della
ricerca  scientifica universitaria» e assolvendo «a compiti didattici
integrativi  dei  corsi  di  insegnamento  ufficiali, ivi comprese le
esercitazioni,  la  collaborazione  con  gli  studenti nelle ricerche
attinenti   alle   tesi   di   laurea   e   la   partecipazione  alla
sperimentazione  di  nuove  modalita' di insegnamento e alle connesse
attivita'  tutoriali» (cfr. art. 7, primo comma, legge n. 28 del 1980
cit.),  devono  essere  comunque rispettati criteri di individuazione
coerentemente  unitari  dei  servizi  pregressi che danno titolo alla
ricostruzione  della  carriera,  stante  la  sostanziale appartenenza
delle   figure  professionali  del  docente  ordinario,  del  docente
associato  e  del  ricercatore  confermato ad un unico sviluppo della
carriera medesima pur nell'ambito di diversificati sistemi di accesso
concorsuale alle rispettive qualifiche.
    Nel  medesimo  contesto  ordinamentale  qui disaminato, la stessa
Corte  costituzionale del resto ha gia' avuto modo di affermare nella
predetta  sua  sentenza  n. 305 del 1995 - ossia in epoca antecedente
all'entrata  in  vigore  della  legge n. 4 del 1999 che ha riaperto i
termini  per il transito dei tecnici laureati con funzioni di ricerca
universitaria   nei  ruoli  dei  ricercatori  confermati  -  che  «il
riconoscimento  dei  servizi  prestati postula sempre un collegamento
tra la posizione precedente e la nuova, nel senso dell'analogia delle
funzioni,   ovvero   del   fatto   che  lo  svolgimento  dei  servizi
riconosciuti  ha  consentito,  o concorso a consentire l'accesso alla
nuova  qualifica»,  e  ha  gia'  avuto  modo  di ribadire che, a tale
specifico  riguardo,  l'art. 12 della legge n. 28 del 1980, recante -
tra  l'altro  -  la delega legislativa su cui si fonda la susseguente
adozione  della  disciplina  complessivamente contenuta nell'art. 103
cit.,  «demanda al legislatore delegato l'emanazione di norme volte a
consentire  il  riconoscimento  (anche  ai  fini  della carriera) dei
periodi  di  servizio  effettivamente  prestato  nelle universita' ai
sensi   delle   leggi  vigenti»;  e,  se  cosi'  e',  proprio  questo
riferimento  alle  «leggi  vigenti» operato dal legislatore delegante
non   puo'  essere  tradotto  dal  legislatore  delegato  in  termini
irragionevolmente  discriminatori  o  comunque preclusivi, al momento
dell'inquadramento    nella   nuova   posizione   funzionale,   della
valorizzazione anche economica della professionalita' precedentemente
acquisita nella carriera di originaria appartenenza.
    Sotto  il  profilo  storico,  a tale riguardo va evidenziato che,
prima  dell'entrata  in vigore della predetta legge n. 4 del 1999, la
mancata  previsione della valutazione nella posizione del ricercatore
confermato  del  servizio  prestato  quale  tecnico laureato aveva un
senso  in  quanto  non risultava all'epoca consentito il transito tra
tali  due  figure,  con  la  conseguente  necessita'  per  il tecnico
laureato  di  accedere alla funzione docente soltanto mediante la sua
partecipazione  ai  concorsi  per  professore  associato:  qualifica,
quest'ultima,   per   la   quale  era  stato  pertanto  coerentemente
contemplato  il  riconoscimento  del  pregresso  servizio  reso - per
l'appunto - nella posizione di tecnico laureato.
    Dopo  l'entrata  in  vigore  della  stessa  legge  n. 4  del 1999
l'assetto  ordinamentale  e  dunque mutato: ma l'ordinamento medesimo
non  si  e'  adeguato,  e  la norma invocata dai ricorrenti, se prima
invero  sarebbe  risultata  superflua, ad oggi si configurerebbe come
del  tutto  logica e coerente al «sistema», tanto che la sua mancanza
determina  una  discriminazione per gli interessati riconducibile, ad
avviso   del   Collegio,   alla   violazione   di   precisi  precetti
costituzionali.
    A  tale  riguardo,  il  Collegio reputa in primo luogo violato il
combinato  disposto degli artt. 97 e 3 Cost., in quanto la disparita'
di  trattamento  rispetto  a  situazioni di identica professionalita'
maturata  nella  pregressa  carriera  pur  con  altrettanto  identico
profitto tratto nei confronti dell'attivita' docente susseguentemente
svolta  -  sia  pure,  quest'ultima, diversificata nel suo intrinseco
«valore» tra docenza professorale e attivita' strumentale propria del
ricercatore   universitario  -  viene  ingiustificatamente  mantenuta
nell'esercizio  di un'azione amministrativa pur tenuta ad uniformarsi
ai  principi  generali  di  «imparzialita»  e  di «buon andamento» e,
quindi,  a  non  incidere  negativamente su situazioni obiettivamente
eguali nei loro presupposti di fondo.
    Ad  avviso  del  Collegio risulta peraltro violato pure l'art. 76
Cost.  laddove  si  voglia  comunque  obliterare  il predetto profilo
storico-sistematico  della sopravvenienza della legge n. 4 del 1999 e
si  intenda,  quindi,  conferire ab initio al riferimento alle «leggi
vigenti»  contenuto  nella  disposizione  della  legge  delegata  una
valenza   dinamicamente   finalizzata   ad   impedire  situazioni  di
disparita'  e,  quindi,  a  riconoscere  la  naturale rispondenza del
pregresso  servizio  svolto  quale  tecnico  laureato con funzioni di
ricerca al progressivo sviluppo della funzione docente della medesima
universita',  a  partire  pertanto  in primis dalla posizione di base
occupata  dal  ricercatore  confermato  e  non soltanto nei confronti
delle   piu'   elevate  posizioni  del  professore  associato  e  del
professore ordinario.
    Il  Collegio  reputa  violato nella specie anche l'art. 36, primo
comma,  Cost.,  in  quanto  il mancato riconoscimento dell'anzianita'
pregressa  nella  nuova  posizione funzionale viola pure il principio
generale  della  proporzionalita'  alla quantita' e alla qualita' del
lavoro  prestato,  viceversa puntualmente rispettato per le categorie
dei professori ordinari e associati.
    Da   ultimo,   anche   la   stessa   peculiarita'  dell'autonomia
universitaria  e della correlativa liberta' della funzione docente in
essa  complessivamente  svolta e presupposta dall'art. 33 Cost. viene
inficiata    dalla    permanenza    del    sopradescritto   «sistema»
discriminatorio, atteso che anche il gia' citato art. 3, comma 2, del
d.lgs. n. 165 del 2001, laddove dispone nel senso che «il rapporto di
impiego   dei   professori   e  dei  ricercatori  universitari  resta
disciplinato  dalle  disposizioni  rispettivamente vigenti, in attesa
della  specifica  disciplina  che  la  regoli  in modo organico ed in
conformita'   ai   principi  della  autonomia  universitaria  di  cui
all'art. 33  della Costituzione ed agli art. 6 e seguenti della legge
9 maggio  1989,  n. 168,  e successive modificazioni ed integrazioni,
tenuto  conto  dei  principi  di cui all'art. 2, comma 1, della legge
23 ottobre  1992,  n. 421», prefigura comunque un assetto di carriera
sostanzialmente  unitario  per  le categorie di personale pubblico in
esso  enunciate, non diversificabile nei suoi presupposti di fondo se
non  per  coerenti e giustificate scelte del legislatore: scelte che,
nel caso di specie, non e' dato di rinvenire.
    8. - In   relazione  a  tutto  cio',  e'  pertanto  sollevata  la
questione  di legittimita' costituzionale dell'art. 103, terzo comma,
del  d.P.R.  11 luglio  1980, n. 382, cosi' come da ultimo modificato
per  effetto dell'art. 23 della legge 23 dicembre 1999, n. 488, nella
parte in cui non consente ai ricercatori universitari, all'atto della
loro   immissione   nella   fascia  dei  ricercatori  confermati,  il
riconoscimento  per  intero  ai  fini del trattamento di quiescenza e
previdenza  e  per  i due terzi ai fini della carriera dell'attivita'
effettivamente  prestata  nelle  universita',  per  contrasto  con  i
principi  desumibili  dal combinato disposto degli artt. 97 e 3 della
Costituzione,  nonche'  dagli  artt. 76,  36  e 33 della Costituzione
medesima.
    La  questione  teste'  sollevata  risulta  rilevante in quanto il
beneficio   chiesto  dai  ricorrenti  risulta  precluso  dall'attuale
formulazione  della  disposizione  che si invia all'esame del Giudice
delle  leggi; ne' la questione stessa appare manifestamente infondata
in relazione alle considerazioni sin qui illustrate.
    Si  dispone,  conseguentemente,  la  trasmissione degli atti alla
Corte   costituzionale   con  conseguente  sospensione  del  presente
giudizio  a'  sensi dell'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87, al
fine della pronuncia sul presente incidente processuale.
                              P. Q. M.
    Dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di
legittimita' costituzionale dell'art. 103, terzo comma, del d.P.R. 11
luglio  1980,  n. 382,  cosi'  come  da ultimo modificato per effetto
dell'art. 23 della legge 23 dicembre 1999, n. 488, nella parte in cui
non   consente   ai  ricercatori  universitari  all'atto  della  loro
immissione  nella fascia dei ricercatori confermati il riconoscimento
per intero ai fini del trattamento di quiescenza e previdenza e per i
due  terzi  ai  fini  della  carriera  dell'attivita'  effettivamente
prestata  nelle  universita', per contrasto con i principi desumibili
dal combinato disposto degli artt. 97 e 3 della Costituzione, nonche'
dagli artt. 76, 36 e 33 della Costituzione medesima.
    Dispone  a'  sensi  dell'art. 23 e ss. della legge 11 marzo 1953,
n. 87,  l'immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale
e la sospensione del presente giudizio.
    Ordina  che  a  cura  della  segreteria la presente ordinanza sia
notificata  alle  parti in causa nonche' Presidente del Consiglio dei
ministri,  e sia comunicata al Presidente del Senato della Repubblica
e al Presidente della Camera dei deputati.
    Cosi' deciso in Venezia, nella Camera di consiglio del 18 gennaio
2007.
                       Il Presidente: Amoroso
L'estensore: Rocco
07C1279