N. 374 SENTENZA 5 - 9 novembre 2007

Giudizio per conflitto di attribuzione tra Enti.

Regioni  (in  genere)  -  Camere  di Commercio - Ricorso gerarchico -
  Determinazione,  con atto del Presidente della Regione Liguria, del
  numero   dei  rappresentanti  nel  Consiglio  Camerale  di  Imperia
  spettante  a  ciascuna  organizzazione  imprenditoriale  -  Ricorso
  amministrativo  proposto  da  Confcommercio  e  Confesercenti della
  Provincia  di  Imperia  al  Ministero  dello  sviluppo  economico -
  Decisione  nel  merito  -  Ricorso  per  conflitto  di attribuzione
  proposto  dalla Regione Liguria - Eccezione di inammissibilita' per
  ritenuta tardivita' - Reiezione.
- Decreto del Ministero dello sviluppo economico - Direzione generale
  per il commercio, le comunicazioni e i servizi, 27 febbraio 2007.
- Costituzione,  artt. 117  e  118;  legge  costituzionale 18 ottobre
  2001, n. 3, art. 9, comma 2.
Regioni  (in  genere)  -  Camere  di Commercio - Ricorso gerarchico -
  Determinazione,  con atto del Presidente della Regione Liguria, del
  numero   dei  rappresentanti  nel  Consiglio  Camerale  di  Imperia
  spettante  a  ciascuna  organizzazione  imprenditoriale  -  Ricorso
  amministrativo  proposto  da  Confcommercio  e  Confesercenti della
  Provincia  di  Imperia  al  Ministero  dello  sviluppo  economico -
  Decisione  nel  merito  -  Ricorso  per  conflitto  di attribuzione
  proposto  dalla Regione Liguria - Eccezione di inammissibilita' per
  ritenuta genericita' e oscurita' delle censure - Reiezione.
- Decreto del Ministero dello sviluppo economico - Direzione generale
  per il commercio, le comunicazioni e i servizi, 27 febbraio 2007.
- Costituzione,  artt. 117  e  118;  legge  costituzionale 18 ottobre
  2001, n. 3, art. 9, comma 2.
Regioni  (in  genere)  -  Camere  di Commercio - Ricorso gerarchico -
  Determinazione,  con atto del Presidente della Regione Liguria, del
  numero   dei  rappresentanti  nel  Consiglio  Camerale  di  Imperia
  spettante  a  ciascuna  organizzazione  imprenditoriale  -  Ricorso
  amministrativo  proposto  da  Confcommercio  e  Confesercenti della
  Provincia  di  Imperia  al  Ministero  dello  sviluppo  economico -
  Decisione  nel  merito  -  Ricorso  per  conflitto  di attribuzione
  proposto  dalla  Regione  Liguria - Attrazione in sussidiarieta' di
  funzione  non  proporzionata  alla esigenza unitaria di omogeneita'
  nella  determinazione  delle modalita' di costituzione dei consigli
  camerali -  Non  spettanza  allo  Stato  del  potere  esercitato  e
  conseguente  annullamento  dell'atto  impugnato  -  Assorbimento di
  ulteriori profili.
- Decreto del Ministero dello sviluppo economico - Direzione generale
  per il commercio, le comunicazioni e i servizi, 27 febbraio 2007.
- Costituzione,  artt. 118  (e  117); legge costituzionale 18 ottobre
  2001, n. 3, art. 9, comma 2).
(GU n.44 del 14-11-2007 )
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
  Presidente: Franco BILE;
  Giudici:  Francesco AMIRANTE, Ugo DE SIERVO, Paolo MADDALENA, Alfio
FINOCCHIARO,  Alfonso QUARANTA, Franco GALLO, Luigi MAZZELLA, Gaetano
SILVESTRI, Sabino CASSESE, Maria Rita SAULLE, Giuseppe TESAURO, Paolo
Maria NAPOLITANO;
ha pronunciato la seguente

                              Sentenza

nel  giudizio  per conflitto di attribuzione tra enti sorto a seguito
del  decreto  del  Ministero  dello  sviluppo  economico -  Direzione
generale  per  il  commercio,  le  comunicazioni  e  i  servizi,  del
27 febbraio  2007, con il quale e' stato deciso, ai sensi dell'art. 6
del   d.m.   24 luglio   1996,   n. 501  (Regolamento  di  attuazione
dell'art. 12,  comma 3, della legge 29 dicembre 1993, n. 580, recante
riordino   delle  camere  di  commercio,  industria,  artigianato  ed
agricoltura),   il  ricorso  proposto  dalla  Confcommercio  e  dalla
Confesercenti  della  Provincia  di  Imperia  avverso  il decreto del
Presidente  della Regione Liguria n. 64 del 27 ottobre 2006, recante:
«Determinazione  del numero dei rappresentanti nel Consiglio camerale
di  Imperia  spettante  a  ciascuna  organizzazione  imprenditoriale,
sindacale   e   associazione   dei   consumatori   e  utenti  o  loro
raggruppamenti»,   promosso   con   ricorso   della  Regione  Liguria
notificato  il  26 aprile 2007, depositato in cancelleria il 9 maggio
2007 ed iscritto al n. 4 del registro conflitti tra enti 2007.
    Visto  l'atto  di  costituzione  del Presidente del Consiglio dei
ministri;
    Udito   nell'udienza  pubblica  del  9 ottobre  2007  il  giudice
relatore Luigi Mazzella;
    Uditi  gli  avvocati  Barbara  Baroli  e  Orlando  Sivieri per la
Regione  Liguria  e  l'avvocato  dello Stato Maurizio Fiorilli per il
Presidente del Consiglio dei ministri.

                          Ritenuto in fatto

    1. - Con  ricorso  notificato  il  26 aprile 2007 e depositato in
cancelleria  il  9 maggio  2007,  la  Regione Liguria ha proposto, in
relazione  al  decreto  del  Ministero  dello  sviluppo  economico  -
Direzione  generale  per  il commercio, le assicurazioni e i servizi,
datato  27 febbraio  2007,  conflitto  di  attribuzione nei confronti
dello   Stato,  per  violazione  dell'art. 9,  comma 2,  della  legge
costituzionale  18 ottobre  2001,  n. 3  (Modifiche al titolo V della
parte  seconda  della  Costituzione),  e  degli artt. 117 e 118 della
Costituzione.
    La  ricorrente  premette  che  l'art. 5  del decreto del Ministro
dell'industria,  del  commercio  e  dell'artigianato  24 luglio 1996,
n. 501  (Regolamento di attuazione dell'art. 12, comma 3, della legge
29 dicembre 1993, n. 580, recante riordino delle camere di commercio,
industria,  artigianato  ed  agricoltura),  attribuisce al Presidente
della  Giunta  regionale  diverse  funzioni in materia di rinnovo dei
consigli   delle  camere  di  commercio,  industria,  artigianato  ed
agricoltura  e  che  il  successivo  art. 6  prevede  che, avverso le
determinazioni  del  Presidente,  le organizzazioni imprenditoriali e
sindacali   e   le   associazioni  dei  consumatori  che,  intendendo
partecipare  alla  ripartizione  dei  seggi all'interno del consiglio
camerale,  abbiano  fatto pervenire le comunicazioni prescritte dagli
artt. 2  e  3  dello stesso d. m. n. 501 del 1996, possano presentare
ricorso  al  Ministero  dell'industria (ora: Ministero dello sviluppo
economico),  che  decide  nei trenta giorni successivi alla ricezione
delle controdeduzioni presentate dalle parti.
    La  Regione  Liguria aggiunge che, nell'ambito della procedura di
rinnovo  del Consiglio camerale della Camera di commercio di Imperia,
il  Presidente  della  Giunta regionale ha emanato in data 27 ottobre
2006  il  decreto  n. 64  recante:  «Determinazione  del  numero  dei
rappresentanti nel Consiglio camerale di Imperia spettante a ciascuna
organizzazione   imprenditoriale,   sindacale   e   associazione  dei
consumatori   e   utenti   o   loro  raggruppamenti».  Il  successivo
11 dicembre  2006 la Confcommercio e la Confesercenti della Provincia
di  Imperia hanno notificato alla Regione Liguria il ricorso previsto
dall'art. 6   del  d.  m.  n. 501  del  1996,  al  fine  di  ottenere
l'annullamento  e  la riforma del citato decreto n. 64, limitatamente
ai  settori  commercio,  servizi  alle  imprese, nautica da diporto e
portualita' turistica.
    La  ricorrente  espone  quindi  che,  con  nota  n. 4090/1985 del
9 gennaio  2007,  essa  ha  rappresentato al Ministero dello sviluppo
economico  che, a seguito dell'entrata in vigore delle modifiche alla
Costituzione  introdotte  dalla legge cost. n. 3 del 2001, il rimedio
del  ricorso amministrativo previsto dall'art. 6 del d. m. n. 501 del
1996  era venuto meno e che, conseguentemente, il Ministero era privo
di qualunque potere di decidere il gravame.
    Tuttavia  il  Ministero dello sviluppo economico, con decreto del
Direttore  generale  per  il  commercio, le assicurazioni e i servizi
27 febbraio  2007,  ha  deciso  nel  merito il ricorso proposto dalla
Confcommercio  e  dalla  Confesercenti  della  Provincia  di Imperia,
dichiarandolo fondato in ogni sua parte.
    Tanto  premesso  in punto di fatto, la Regione Liguria deduce, in
primo   luogo,   la  violazione  dell'art. 9,  comma 2,  della  legge
costituzionale  n. 3  del  2001,  nella  parte  in  cui  ha  abrogato
l'art. 125,  primo  comma,  della Costituzione, il quale prevedeva il
controllo degli atti amministrativi regionali da parte dello Stato.
    Ad avviso della ricorrente, tale abrogazione ha fatto ormai venir
meno  tutte le ipotesi di controllo statale su atti regionali che non
trovino  la  loro giustificazione in altre norme costituzionali. Deve
quindi  escludersi  la perdurante vigenza del potere di controllo che
lo  Stato esercitava, ai sensi dell'art. 6 del d. m. n. 501 del 1996,
nei  confronti  delle  determinazioni  del  Presidente  della  Giunta
regionale,   considerato   che   il   ricorso   previsto   da  quella
disposizione,  rientrando  nella categoria dei ricorsi amministrativi
«gerarchici  impropri»,  sarebbe  ascrivibile  appunto al sistema dei
controlli.
    In  secondo  luogo,  la  Regione  Liguria  deduce  che  il potere
esercitato  dallo  Stato  tramite  il  decreto direttoriale impugnato
confliggerebbe   con   l'assetto  delle  competenze  delineato  dagli
artt. 117 e 118 della Costituzione.
    In  proposito la ricorrente ricorda che gia' prima della modifica
del  titolo  V  della  Costituzione,  il  legislatore ordinario aveva
attribuito  alle  Regioni  un'ampia  quota  di  compiti relativi allo
«sviluppo  economico», al cui interno l'art. 11, comma 2, del decreto
legislativo 31 marzo 1998, n. 112 (Conferimento di funzioni e compiti
amministrativi  dello  Stato  alle  regioni  ed  agli enti locali, in
attuazione  del  capo I  della  legge  15 marzo 1997, n. 59), colloca
espressamente l'ordinamento delle camere di commercio.
    In  particolare,  sostiene  la Regione Liguria, gli artt. 37 e 38
del d.lgs. n. 112 del 1998 hanno eliminato il generale potere statale
di  «supremazia e di controllo» sulla vita delle camere di commercio,
tramite  l'abolizione  della  vigilanza sull'attivita' di tali enti e
del controllo sui loro statuti, bilanci e piante organiche. Quanto al
controllo  sugli organi camerali, lo stesso d.lgs. n. 112 del 1998 ha
attribuito  alle  Regioni  «l'esercizio  del  controllo  sugli organi
camerali,  in  particolare  per  i  casi  di  mancato funzionamento o
costituzione», con la sola esclusione dello scioglimento dei consigli
camerali per gravi motivi di ordine pubblico (potere mantenuto ancora
allo  Stato  dall'art. 38,  comma 1,  lettera e), del medesimo d.lgs.
n. 112 del 1998).
    La  ricorrente  menziona,  poi,  il  parere  n. 1451 reso in data
16 maggio  2006  dalla terza sezione del Consiglio di Stato che - nel
fornire  risposta  ad  un  quesito posto dal Ministero dello sviluppo
economico in ordine alla portata delle proprie funzioni nei confronti
delle  camere di commercio - ha qualificato quelli del Ministero come
«poteri residuali», riferendoli esclusivamente alle funzioni elencate
dall'art. 38  del  d.lgs. n. 112 del 1998, ha affermato che «le norme
attribuiscono  alla regione il controllo sugli organi camerali» ed ha
concluso  nel  senso che tutto il sistema dei controlli in materia di
camere di commercio e' ormai incentrato sulle Regioni.
    La  Regione Liguria prosegue sostenendo che la riforma del titolo
V  della  Costituzione  avrebbe  consolidato  ed ampliato la scelta a
favore  della  competenza  regionale, compiendo il passo ulteriore di
attribuire la materia «camere di commercio» alla competenza esclusiva
delle  Regioni,  sulla  base  della  clausola  di residualita' di cui
all'art. 117,  quarto  comma,  della  Costituzione.  Infatti tutte le
materie   riferibili   allo  sviluppo  economico  ed  alle  attivita'
produttive  (tra  cui  l'agricoltura,  l'industria, l'artigianato, il
turismo,   il  commercio)  dovrebbero  ritenersi  assorbite  in  tale
competenza legislativa regionale.
    Inoltre  la natura degli interessi pubblici sottesi all'attivita'
amministrativa regionale svolta dal Presidente della Giunta regionale
in forza dell'art. 5 del d. m. n. 501 del 1996 (attivita' finalizzata
ad assicurare il miglior collegamento dell'organo consiliare camerale
con  il  territorio  di  riferimento  ed a garantire che le categorie
economiche    e   le   organizzazioni   imprenditoriali   localizzate
all'interno  della  circoscrizione  della  camera  di commercio siano
rappresentate   in   proporzione  alla  loro  effettiva  consistenza)
imporrebbe  di  escludere  che  le  funzioni  riguardanti la corretta
composizione  degli  organi rappresentativi delle camere di commercio
coinvolgano interessi unitari ed infrazionabili, tali da giustificare
un'intromissione  statale addirittura integralmente sostitutiva della
volonta' espressa dalla Regione.
    Infine,  a  parere  della  ricorrente, il mantenimento in vita di
detto potere statale confliggerebbe con i principi di sussidiarieta',
differenziazione   ed  adeguatezza  posti  dall'art. 118  Cost.,  non
essendo  il  livello di governo statale quello maggiormente idoneo ad
effettuare  le  valutazioni  (o  la  rivisitazione delle valutazioni)
attribuite  alle  Regioni dall'art. 5 del d. m. n. 501 del 1996. Ne',
ad   avviso   della  Regione,  sarebbero  individuabili  esigenze  di
esercizio  unitario  derivanti  dalla dimensione e dalla natura degli
interessi da curare.
    La  ricorrente  ha  quindi  concluso  chiedendo a questa Corte di
dichiarare  che non spetta allo Stato e, per esso, al Ministero dello
sviluppo economico, decidere i ricorsi previsti dall'art. 6 del d. m.
n. 501  del  1996  e, per l'effetto, di annullare, previa sospensione
dei  relativi  effetti,  il  decreto  del  Ministero  dello  sviluppo
economico - Direzione generale per il commercio, le assicurazione e i
servizi,  27 febbraio  2007,  con il quale e' stato deciso il ricorso
proposto  dalla  Confcommercio  della  Provincia  di  Imperia e dalla
Confesercenti  della  Provincia  di  Imperia  avverso  il decreto del
Presidente della Regione Liguria 27 ottobre 2006, n. 64.
    2. - Si e' costituito in giudizio il Presidente del Consiglio dei
ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello
Stato.
    Il  resistente ha eccepito preliminarmente l'inammissibilita' del
ricorso,  deducendo  che,  poiche'  la potesta' di decidere i ricorsi
proposti  avverso  le  determinazioni  del  Presidente  della  Giunta
regionale   in   materia  di  rappresentativita'  e  designazione  di
componenti  dei consigli delle camere di commercio e' attribuita allo
Stato  direttamente dall'art. 6 del d. m. n. 501 del 1996, la Regione
Liguria  avrebbe  dovuto  proporre  il conflitto avverso quella norma
regolamentare nel termine previsto dall'art. 39, secondo comma, della
legge  11 marzo  1953,  n. 87,  nella fattispecie decorrente, a tutto
voler concedere, dal 9 gennaio 2007, giorno in cui la Regione, avendo
avuto  contezza  del  ricorso proposto ai sensi dell'art. 6 del d. m.
n. 501 del 1996, aveva iniziato a contrastare la competenza statale a
decidere.  Pertanto,  ad  avviso  del  Presidente  del  Consiglio dei
ministri,  il  ricorso  per  conflitto di attribuzioni, essendo stato
notificato  solamente  il 24 aprile 2007, dovrebbe essere considerato
tardivo.
    L'Avvocatura dello Stato ha eccepito, inoltre, l'inammissibilita'
del  ricorso anche per oscurita' della pretesa azionata in giudizio e
dei   termini  del  conflitto,  non  essendo  chiaro  se  la  Regione
rivendichi  a  se'  la  competenza  a  decidere  il  reclamo  di  cui
all'art. 6  del  d.  m.  n. 501  del  1996,  ovvero escluda del tutto
l'esperibilita' di tale rimedio.
    Nel merito, il Presidente del Consiglio dei ministri nega che sia
ravvisabile  una  violazione  dell'art. 9, comma 2, della legge cost.
n. 3  del  2001,  perche'  l'abrogazione  dell'art. 125, primo comma,
Cost., avrebbe determinato esclusivamente il venir meno del controllo
sulla  legittimita' degli atti regionali esercitato dalle commissioni
statali, ma non anche di ulteriori tipologie di controllo previste da
altre norme di legge o di regolamento.
    Con  riferimento  alla  dedotta  violazione degli artt. 117 e 118
Cost.,   l'Avvocatura  dello  Stato  afferma  che  le  determinazioni
adottate  dai  Presidenti delle Giunte regionali ai sensi dell'art. 5
del  d. m. n. 501 del 1996 incidono sull'esercizio del diritto civile
delle  organizzazioni  imprenditoriali  di  nominare i componenti del
primario organo di governo delle camere di commercio che rappresenta,
nell'ambito  dei vari settori economici, le volonta', le istanze ed i
bisogni delle imprese operanti nel territorio.
    Conseguentemente, ad avviso del resistente, l'oggetto del ricorso
non  potrebbe  essere  ricondotto  a materie ascritte alla competenza
legislativa   residuale  delle  Regioni,  bensi'  a  quella  prevista
dall'art. 117,  secondo  comma,  lettera m), Cost., trattandosi della
necessita'  di  garantire su tutto il territorio nazionale un livello
essenziale   delle   prestazioni  concernenti  il  diritto  civile  a
partecipare  all'attivita'  di governo di organismi di rappresentanza
del mondo imprenditoriale quali sono le camere di commercio.
    Il  Presidente  del  Consiglio dei ministri contesta, poi, che il
mantenimento  del  potere  statale  di  decidere i ricorsi gerarchici
impropri  proposti,  ai  sensi dell'art. 6 del d. m. n. 506 del 1991,
avverso  le  determinazioni  dei  Presidenti  delle  Giunte regionali
colliderebbe  con il principio di sussidiarieta', differenziazione ed
adeguatezza  posto  dall'art. 118  della  Costituzione. Al contrario,
proprio  il  principio  di sussidiarieta' imporrebbe l'esigenza di un
esercizio   unitario  delle  funzioni  amministrative  in  questione,
dovendosi  affidare  allo  Stato  la decisione dei ricorsi gerarchici
impropri ed evitando, cosi', il rischio di determinazioni disomogenee
del    grado    di   rappresentativita'   necessario   affinche'   le
organizzazioni  imprenditoriali  possano  far  parte  degli organi di
governo  delle  camere  di  commercio  e le conseguenti inammissibili
disparita'  di trattamento tra organizzazioni imprenditoriali (spesso
dotate  di  un  omogeneo  livello  di  rappresentativita' su tutto il
territorio  nazionale),  fondate  esclusivamente  sul  diverso ambito
territoriale di operativita'.
    Il  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri  ha quindi concluso
chiedendo   che  il  ricorso  sia  dichiarato  inammis-sibile  o,  in
subordine, respinto perche' infondato, previo rigetto dell'istanza di
sospensiva.
    3. - In   prossimita'  dell'udienza  di  discussione  la  Regione
Liguria  ha  depositato  una  memoria  nella  quale  ha  ribadito  le
argomentazioni  gia'  svolte  nel  ricorso alle quali ha aggiunto due
ulteriori deduzioni.
    In  primo  luogo, la ricorrente ha precisato di aver impugnato il
decreto  ministeriale  del  quale  qui  si  discute  anche davanti al
giudice  amministrativo  e  che il Tribunale amministrativo regionale
della   Liguria,   con   ordinanza  2  giugno 2007,  ha  disposto  la
sospensione dell'esecutivita' del provvedimento impugnato.
    In  secondo  luogo,  la Regione ha dedotto che, mentre l'art. 12,
comma 3,  della  legge  n. 580  del  1993  (vale  a  dire la norma in
attuazione  della  quale  e'  stato emanato il d. m. n. 501 del 1996)
prevedeva  l'emanazione  di norme per l'attuazione delle disposizioni
relative  alla  costituzione  del consiglio camerale «con particolare
riferimento  ai  tempi,  ai  criteri  e  alle modalita' relativi alla
procedura   di  designazione  dei  componenti  il  consiglio  e  alle
modalita'  per  esperire  i ricorsi relativi all'individuazione della
rappresentativita'   delle  organizzazioni  di  cui  al  comma 1  del
presente  articolo»,  il successivo art. 38, comma 2, lettera c), del
d.lgs. n. 112 del 1998 stabilisce che lo Stato puo' emanare «norme di
attuazione   dell'articolo 12,   commi 1  e  2,  e  dell'articolo 14,
comma 1,   della   legge  29 dicembre  1993,  n. 580,  relativi  alla
costituzione  del consiglio camerale e, rispettivamente, della giunta
camerale».  Pertanto  gia'  questa  seconda  norma, sostitutiva della
prima,  non  prevedendo piu', fra i contenuti obbligatori della fonte
regolamentare,  i  ricorsi  relativi  alla  rappresentativita'  delle
organizzazioni  imprenditoriali,  avrebbe fatto venir meno la vigenza
della parte del d. m. n. 501 del 1996 concernente quei ricorsi.

                       Considerato in diritto

    1. - La  Regione  Liguria ha proposto, in riferimento all'art. 9,
comma 2,  della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 (Modifiche
al  titolo  V  della  parte  seconda  della  Costituzione),  ed  agli
artt. 117  e  118  della  Costituzione, conflitto di attribuzione nei
confronti dello Stato, chiedendo a questa Corte di dichiarare che non
spetta allo Stato e, per esso, al Ministero dello sviluppo economico,
decidere  i  ricorsi  previsti  dall'art. 6  del decreto del Ministro
dell'industria,  del  commercio  e  dell'artigianato  24 luglio 1996,
n. 501  (Regolamento di attuazione dell'art. 12, comma 3, della legge
29 dicembre 1993, n. 580, recante riordino delle camere di commercio,
industria,  artigianato  ed  agricoltura),  e  di  annullare,  previa
sospensione  dei  relativi  effetti,  il  decreto del Ministero dello
sviluppo   economico  -  Direzione  generale  per  il  commercio,  le
assicurazioni  e  i  servizi, 27 febbraio 2007, con il quale e' stato
deciso  il  ricorso  proposto  dalla Confcommercio della Provincia di
Imperia  e  dalla Confesercenti della Provincia di Imperia avverso il
decreto del Presidente della Regione Liguria 27 ottobre 2006, n. 64.
    La  ricorrente  afferma  che l'abrogazione, da parte dell'art. 9,
comma 2, della legge cost. n. 3 del 2001, dell'art. 125, primo comma,
Cost.,  deve  far  considerare  ormai venute meno tutte le ipotesi di
controllo  statale  su  atti  regionali  che,  come  quella  prevista
dall'art. 6 del d. m. n. 501 del 1996, non trovino il loro fondamento
in altre norme costituzionali.
    Inoltre  la  Regione  Liguria  deduce  che l'esercizio del potere
esercitato  dallo  Stato tramite il decreto direttoriale impugnato in
questa  sede  confligge  con  l'assetto di competenze delineato dagli
artt. 117  e  118  della  Costituzione. Infatti la materia «camere di
commercio»  dovrebbe  ritenersi  attribuita alla competenza esclusiva
delle  Regioni,  sulla  base  della  clausola  di residualita' di cui
all'art. 117,  quarto  comma,  della  Costituzione,  poiche' tutte le
materie   riferibili   allo  sviluppo  economico  ed  alle  attivita'
produttive sarebbero assorbite nella competenza legislativa residuale
delle Regioni.
    Infine,  il mantenimento del potere statale di decidere i ricorsi
previsti dall'art. 6 del d. m. n. 501 del 1996, violerebbe i principi
di    sussidiarieta',    differenziazione    ed   adeguatezza   posti
dall'art. 118 Cost., non essendo il livello di governo statale quello
maggiormente idoneo ad effettuare le valutazioni relative al grado di
rappresentativita'    neces-sario    affinche'    le   organizzazioni
imprenditoriali  possano  far  parte  degli  organi  di governo delle
camere di commercio.
    2. - Il   Presidente  del  Consiglio  dei  ministri  ha  eccepito
l'inammissibilita' del ricorso perche' tardivo e generico.
    Entrambi i motivi di inammissibilita' sono infondati.
    2.1  -  La pretesa tardivita' del ricorso e' fatta discendere dal
resistente  dall'affermazione  secondo  cui,  poiche'  la potesta' di
decidere  i ricorsi proposti avverso le determinazioni del Presidente
della   Giunta   regionale  e'  attribuita  allo  Stato  direttamente
dall'art. 6  del  d.  m.  n. 501  del 1996, la Regione avrebbe dovuto
proporre  il conflitto avverso quella norma regolamentare nel termine
di sessanta giorni, previsto dall'art. 39, secondo comma, della legge
11 marzo 1953, n. 87, decorrente dal 9 gennaio 2007, giorno in cui la
Regione  aveva  inviato al Ministero dello sviluppo economico la nota
con   la   quale  aveva  sostenuto  l'intervenuta  caducazione  della
competenza  statale  a decidere i ricorsi previsti dall'art. 6 del d.
m. n. 501 del 1996.
    Simili   argomentazioni   non   sono  condivisibili,  perche'  lo
sconfinamento  dello  Stato  dall'ambito delle proprie attribuzioni -
cosi'  come  configurato dalla stessa ricorrente - si e' compiuto non
certo  nel  momento  in  cui  le organizzazioni imprenditoriali hanno
proposto il ricorso al Ministero e neppure nel corso del procedimento
seguito a quel ricorso, ma solamente quando lo Stato (e, per esso, la
Direzione  generale  per  il  commercio  del Ministero dello sviluppo
economico)  ha  emesso  il  provvedimento con il quale ha ritenuto di
poter decidere nel merito il gravame propostogli e, conseguentemente,
di  dichiararlo  fondato, invitando l'autorita' regionale ad emendare
le  proprie  originarie  determinazioni.  Prima  dell'emanazione  del
decreto  in  questione,  non  v'era  materia di conflitto tra Stato e
Regione,  proprio  perche'  il  primo non aveva ancora compiuto alcun
atto  che,  sconfinando dalle sue attribuzioni, fosse idoneo a ledere
quelle  della  Regione.  Ne deriva che il termine di 60 giorni di cui
all'art. 39 della legge n. 87 del 1953 non poteva decorrere che dalla
data  di  notificazione  del  decreto oggi impugnato, vale a dire dal
5 marzo  2007,  con  la  conseguente sicura tempestivita' del ricorso
della Regione, notificato al Presidente del Consiglio dei ministri il
26 aprile 2007.
    2.2. - Quanto   all'eccezione   di   genericita',  il  resistente
sostiene  che  non  sarebbe  chiaro se la Regione rivendichi a se' la
competenza  a  decidere il ricorso di cui all'art. 6 del d. m. n. 501
del 1996 ovvero escluda del tutto l'esperibilita' di quel rimedio.
    In  proposito  si  deve  osservare  che,  in  realta',  e' chiaro
l'oggetto  del conflitto sollevato dalla Regione: questa sostiene che
lo  Stato  non  avrebbe  piu' il potere di decidere eventuali ricorsi
contro  i provvedimenti del Presidente della Giunta regionale in tema
di  attribuzione  di  consiglieri  camerali alle varie organizzazioni
imprenditoriali  e che, pertanto, decidendo il ricorso proposto dalle
due  organizzazioni  di  Imperia  nel  senso  di invitare l'autorita'
regionale a modificare le proprie originarie determinazioni, lo Stato
ha  invaso  le  attribuzioni  amministrative  che  in materia debbono
essere riconosciute spettanti alla Regione.
    3. - Il ricorso e' fondato.
    Alle  camere  di commercio sono attribuiti allo stato compiti che
richiedono  di  essere  disciplinati  in  maniera  omogenea in ambito
nazionale.
    Cio'  vale,  in  primo  luogo,  per  la tenuta del registro delle
imprese,  funzione  che  deve  essere  esercitata  sulla  base di una
disciplina  uniforme,  al  fine  di  realizzare condizioni di mercato
caratterizzate  da  trasparenza  e stabilita' informativa su tutto il
territorio nazionale.
    Un'analoga  considerazione  puo'  essere  svolta  a proposito dei
compiti  gia'  di  competenza  degli  uffici metrici provinciali, che
l'art. 20 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112 (Conferimento
di funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle regioni ed agli
enti  locali,  in  attuazione  del  capo I della legge 15 marzo 1997,
n. 59),  ha  trasferito alle camere di commercio. Si tratta, infatti,
di verifiche sugli strumenti metrici e di attivita' collegate (quali,
ad  esempio,  la gestione di elenchi o l'accreditamento di laboratori
per  la  verificazione), finalizzate a garantire la correttezza delle
misure  utilizzate per le transazioni commerciali a tutela della fede
pubblica   che,  ovviamente,  deve  essere  assicurata  su  tutto  il
territorio nazionale secondo i medesimi criteri.
    Si comprende, pertanto, perche' la legge 29 dicembre 1993, n. 580
(Riordinamento  delle  camere  di commercio, industria, artigianato e
agricoltura)  ed il d.lgs. n. 112 del 1998, pur prevedendo, la prima,
un'ampia  autonomia a favore delle camere di commercio e, il secondo,
l'abrogazione di controlli statali sui loro atti, abbiano pero' avuto
cura   di  assicurare  l'uniformita'  di  disciplina  in  materia  di
composizione dei consigli camerali.
    Infatti,  ricordato  che questi ultimi sono rappresentativi delle
imprese operanti nel territorio di competenza della singola camera di
commercio, e' stato previsto che la ripartizione dei consiglieri, tra
i  vari settori produttivi, e' definita dallo statuto della camera di
commercio,  in applicazione di criteri generali che, secondo la legge
n. 580  del  1993,  devono  essere  stabiliti da un regolamento - poi
emanato  con  il  d.P.R.  21 settembre  1995,  n. 472 (Regolamento di
attuazione   dell'art. 10   della  legge  29 dicembre  1993,  n. 580,
concernente  i  criteri  generali per la ripartizione dei consiglieri
delle  camere  di  commercio, industria, artigianato e agricoltura in
rappresentanza dei vari settori economici) - e, secondo il successivo
art. 38,  comma 3,  lettera b),  del  d.lgs. n. 112 del 1998, debbono
essere  definiti dalla Conferenza unificata su proposta del Ministero
dell'industria.  Come  si  vede,  in  entrambi  i  casi  si tratta di
modalita'  dirette  a  realizzare  una  coerenza  interna  al sistema
camerale in ordine ai criteri di distribuzione dei consiglieri.
    Anche  a  proposito  della costituzione dei consigli camerali (e,
cioe',  dell'individuazione  delle organizzazioni imprenditoriali cui
spetta  designare  i  consiglieri),  l'ordinamento mira ad assicurare
l'uniformita' di disciplina di cui s'e' detto.
    In  particolare,  l'art. 12, comma 3, della legge n. 580 del 1993
prevedeva   al  riguardo  l'emanazione  di  un  apposito  regolamento
(appunto  il  d.  m.  n. 501  del  1996),  mentre l'art. 38, comma 2,
lettera c), del d.lgs. n. 112 del 1998 ha stabilito che la disciplina
di  tale materia continua ad essere di competenza dello Stato, previa
intesa in sede di Conferenza Stato-Regioni.
    Dunque,  anche  quando ha proceduto al trasferimento alle Regioni
di  funzioni  in materia di camere di commercio, il legislatore si e'
sempre  preoccupato  di  garantire  che  la costituzione dei consigli
camerali   fosse   disciplinata  in  maniera  omogenea  su  tutto  il
territorio  nazionale.  Cio'  si spiega considerando che le camere di
commercio,  da un lato, sono espressione del sistema delle imprese e,
dall'altro, svolgono funzioni che richiedono una disciplina uniforme;
e'  quindi  necessario,  per  la  funzionalita'  stessa  del  sistema
camerale  nel  suo  complesso, che l'attribuzione dei consiglieri sia
effettuata sulla base di omogenei criteri di valutazione del grado di
rappresentativita' delle organizzazioni imprenditoriali.
    Pertanto, contrariamente a quanto sostenuto dalla ricorrente, non
e'  possibile  affermare  che,  a  seguito della riforma del titolo V
della parte seconda della Costituzione, non sia consentito allo Stato
esercitare  la  potesta'  legislativa in materia di ordinamento delle
camere  di  commercio.  Questa Corte ha infatti piu' volte affermato,
allorche' sia ravvisabile un'esigenza di esercizio unitario a livello
statale  di  determinate  funzioni  amministrative,  che  lo Stato e'
abilitato ad esercitare anche la potesta' legislativa, e cio' pure se
tali   funzioni  amministrative  siano  riconducibili  a  materie  di
competenza  legislativa regionale concorrente o residuale (v., tra le
altre,  le  sentenze  n. 88 del 2007, n. 383, n. 285, n. 270 e n. 242
del 2005, n. 6 del 2004, n. 303 del 2003).
    La   Corte   ha  anche  precisato,  pero',  che  in  simili  casi
l'intervento   statale   deve   essere,  tra  l'altro,  proporzionato
all'esigenza  di  esercizio unitario a livello statale delle funzioni
di  cui  volta per volta si tratta. Sotto questo profilo, puo' essere
considerato  congruo  il  mantenimento  della  competenza  statale ad
emanare  -  previa  intesa  con  le  Regioni  -  norme  relative alle
modalita'  di costituzione dei consigli camerali. E' invece eccessivo
-  in  un contesto in cui comunque e' la Regione ad esercitare sia la
funzione  amministrativa  relativa alla determinazione del numero dei
rappresentanti  la  cui designazione spetta a ciascuna organizzazione
imprenditoriale,  sia  quella  di  controllo  e  di  scioglimento dei
consigli  medesimi in caso di gravi e persistenti violazioni di legge
o  di  impossibilita' di normale funzionamento (art. 37, comma 3, del
d.lgs.  n. 112  del  1998) - conservare in capo allo Stato un rimedio
amministrativo  avverso  le  determinazioni  dell'autorita' regionale
attuative della disciplina posta a livello nazionale.
    In   proposito,   l'esigenza   di  uniformita'  e'  adeguatamente
assicurata, appunto, con la determinazione di criteri di costituzione
dei  consigli camerali unici su tutto il territorio nazionale, mentre
la  previsione  di  un  rimedio amministrativo non e' essenziale alla
realizzazione  di  quell'obiettivo di necessaria omogeneita'. D'altro
canto,  se,  nel caso concreto, l'autorita' regionale dovesse violare
quei criteri, le organizzazioni imprenditoriali danneggiate avrebbero
a disposizione il ricorso all'autorita' giurisdizionale.
    Alla luce delle considerazioni che precedono, in accoglimento del
ricorso,  deve  essere  dichiarato che non spettava allo Stato e, per
esso,  al  Ministero  dello  sviluppo  economico  decidere,  ai sensi
dell'art. 6  del  d.m. n. 501 del 1996, i ricorsi proposti avverso le
determinazioni   del   Presidente   della  Giunta  regionale  di  cui
all'art. 5  del medesimo decreto ministeriale, con la conseguenza che
deve  essere  disposto l'annullamento del decreto del Ministero dello
sviluppo   economico  -  Direzione  generale  per  il  commercio,  le
assicurazioni e i servizi 27 febbraio 2007.
    Resta assorbito ogni altro profilo di incostituzionalita'.
                          Per questi motivi
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
    Dichiara  che  non  spettava  allo Stato, e per esso al Ministero
dello  sviluppo economico, decidere, ai sensi dell'art. 6 del decreto
del   Ministro   dell'industria,  del  commercio  e  dell'artigianato
24 luglio  1996,  n. 501  (Regolamento  di  attuazione  dell'art. 12,
comma 3, della legge 29 dicembre 1993, n. 580, recante riordino delle
camere  di  commercio,  industria,  artigianato  ed  agricoltura),  i
ricorsi  proposti  avverso  le  determinazioni  del  Presidente della
Giunta regionale di cui all'art. 5 del medesimo decreto ministeriale;
    Annulla,  per  l'effetto, il decreto del Ministero dello sviluppo
economico - Direzione generale per il commercio, le assicurazioni e i
servizi  27 febbraio  2007,  con  il quale e' stato deciso il ricorso
proposto  dalla  Confcommercio  della  Provincia  di  Imperia e dalla
Confesercenti  della  Provincia  di  Imperia  avverso  il decreto del
Presidente della Regione Liguria 27 ottobre 2006, n. 64.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 5 novembre 2007.
                         Il Presidente: Bile
                       Il redattore: Mazzella
                      Il cancelliere: Di Paola
    Depositata in cancelleria il 9 novembre 2007.
              Il direttore della cancelleria: Di paola
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