N. 8 RICORSO PER CONFLITTO DI ATTRIBUZIONE 13 dicembre 2007
Ricorso per conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato (merito) depositato in cancelleria il 13 dicembre 2007 (del Tribunale di Milano) Parlamento - Immunita' parlamentari - Procedimento penale, per il reato di diffamazione aggravata, a carico del senatore Raffaele Iannuzzi, per le opinioni da questi espresse, in un articolo pubblicato su un periodico, nei confronti del defunto sindacalista Domenico Geraci - Deliberazione di insindacabilita' del Senato della Repubblica - Conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato sollevato dal giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Milano - Denunciata mancanza di nesso funzionale tra le opinioni espresse e l'esercizio dell'attivita' parlamentare. - Delibera del Senato della Repubblica del 30 gennaio 2007. - Costituzione, art. 68, primo comma.(GU n.1 del 2-1-2008 )
Il giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Milano, letti gli atti del procedimento penale a carico del senatore Raffaele Iannuzzi nato a Grottella (Avellino) il 20 febbraio 1928, imputato per il seguente reato di cui agli artt. 595, commi primo secondo e terzo c.p. e 13 legge n. 47/1948 poiche' quale autore dell'articolo intitolato «Il codice segreto dell'ultimo pentito» che qui si intende integralmente riportato pubblicato sul periodico Panorama, offendeva la memoria di Geraci Domenico con la seguente frase: «... il boss di Caccamo del '98, un sindacalista molto discusso, che avrebbe fatto da tramite tra la mafia ed ambienti di sinistra (si disse perfino che Geraci era su quello stesso aereo su cui viaggiarono da Palermo a Roma Luciano Violante e Giovanni Brusca)...». Con l'aggravante di aver attribuito a Geraci Domenico un fatto determinato in Milano il 10 ottobre 2002 in cui sono parti offese, costituite parte civile, i signori Geraci Giuseppe nato a Termini Imerese il 13 agosto 1979, residente a Caccamo, piazza Zafferana n. 41; Scimeca Vincenza nata a Caccamo il 1 ottobre 1954, residente a Caccamo, piazza Zafferana n. 41, entrambi assistiti dall'avv. Armando Sorrentino del foro di Palemo, via Marchese di Villa Bianca n. 4. Rilevato che Geraci Giuseppe e Scimeca Vincenza, rispettivamente figlio e coniuge di Geraci Domenico, hanno proposto querela nei confronti del predetto senatore Raffaele Iannuzzi ritenendo diffamatorie le affermazioni riportate poiche' nell'articolo indicato, indicando il loro congiunto come «sindacalisia molto discusso» che «avrebbe fatto da tramite tra la mafia ed ambienti di sinistra», si recavano affermazioni che costituivano gravissima offesa alla memoria del defunto, offendendone la personalita' morale, delineandone una collocazione criminale. Rilevato che con lettera in data 27 ottobre 2004 il senatore Raffele Iannuzzi ha sottoposto al Senato della Repubblica la questione dell'applicabilita' dell'art. 68, primo comma, della Costituzione, in relazione al procedimento penale n. 5617\03 RG NR, n. 6259\03 RG GIP, pendente nei suoi confronti a seguito della presentazione della querela sopra richiamata. Il giudice procedente ne veniva avvisato all'udienza dell'8 novembre 2004, e disponeva rinvio, in attesa della decisione della Giunta delle elezioni e delle immunita' parlamentari del Senato. Rilevato che il 20 aprile 2005 il giudice chiedeva informazioni sullo stato del procedimento, e riceveva missiva in data 3 maggio 2005, con la quale il presidente della Giunta delle elezioni e delle immunita' parlamentari del Senato, sen. Giovanni Crema, la informava che era effettivamente pendente richiesta di declaratoria di insindacabilita' avanzata dal senatore Iannuzzi in riferimento alle dichiarazioni per le quali e' causa nel procedimento di cui trattasi; che la Giunta ha svolto una prima seduta il 24 novembre 2004, ascoltando il senatore richiedente, che peraltro, per il caso di richiesta avanzata dal parlamentare, non sono fissati dalla legge termini perentori per la pronuncia, per cui e' nella discrezionalita' dell'organo politico valutare se e quando completare l'esame degli affari sottoposti al suo esame: suggeriva pertanto di procedere a formulare autonoma richiesta, spiegando per converso, termini di legge per la pronuncia dell'Assemblea investita di una richiesta in ordine all'insindacabilita' decorrono laddove essa provenga dall'Autorita' giudiziaria; che dunque questo giudice, con ordinanza 6 febbraio 2006, chiedeva che la Giunta delle elezioni e delle immunita' parlamentari del Senato volesse dichiarare che i fatti oggetto del procedimento, e relativi l'articolo a firma del sen. Raffaele Iannuzzi, non concernono opinioni espresse da parlamentare nell'esercizio delle funzioni ex art. 68 primo comma Cost.; che il Senato della Repubblica, nel corso della seduta del 30 gennaio 2007 in accoglimento di conforme proposta della Giunta delle elezioni e delle immunita' parlamentari, ha riconosciuto ai sensi dell'art. 68, primo comma della Costituzione, l'insindacabilita' delle opinioni espresse dal senatore Raffaele Iannuzzi nell'ambito degli articoli di stampa oggetto del presente procedimento in quanto espresse nell'esercizio della funzione parlamentare; Considerato che - allo stato degli atti - non risulta provata la verita' oggettiva dei fatti riferiti ne' appare potersi registrare un effettivo rigore nel modo di riportare i fatti per come appaiono emergere dalle fonti; che in ragione di tali aspetti e dell'ulteriore contenuto degli atti di causa appare sussistere una fattispecie a soluzioni aperte meritevole di approfondimento dibattimentale e cio' anche al fine di accertare l'effettiva verita' dei fatti esposti; che la giunta e l'Assemblea, evidenziato che il sen. Iannuzzi ha presentato in date 25 giugno 2003 e 19 febbraio 2004 disegni di legge inerenti la gestione dei collaboratori di giustizia, hanno ritenuto «di dover porre l'accento sul fatto, incontestabile ed ampiamente noto, che l'impegno politico e parlamentare del senatore Iannuzzi sui temi della criminalita' mafiosa e del contrasto alla stessa ha rappresentato e rappresenta in certo qual modo la naturale proiezione del suo impegno politico e che tale impegno ha avuto ad oggetto in modo sostanzialmente esclusivo le predette problematiche... non si vede come si possa negare al senatore Iannuzzi l'insindacabilita' ai sensi dell'art. 68, primo comma della Costituzione, per le dichiarazioni contenute nell'articolo qui specificamente considerato, articolo relativo ad una vicenda - quella del pentito Giuffre' - che rientra senz'altro fra quei temi che, da sempre sono stati al centro dell'attivita' giornalistica e dell'impegno politico dello stesso senatore». che la conclusione adottata appare in contrasto con la giurisprudenza costituzionale, costante sin dal 1997: tra le molte, si possono ricordare le sentenze numeri 10 e 11 dell'11 gennaio 2000 (alle quali si sono richiamate, tra le altre, le successive sentenze n. 52 del 27 febbraio 2002; n. 207 del 20 maggio 2002; n. 294 del 19 giugno 2002). «... E' pacifico che costituiscono opinioni espresse nell'esercizio della funzione quelle manifestate nel corso dei lavori della Camera e dei suoi vari organi, in occasione dello svolgimento di una qualsiasi fra le funzioni svolte dalla Camera medesima, ovvero manifestate in atti, anche individuali, costituenti estrinsecazione delle facolta' proprie del parlamentare in quanto membro dell'assemblea; che l'attivita' politica svolta dal parlamentare al di fuori di questo ambito non puo' dirsi di per se' esplicazione della funzione parlamentare nel senso preciso cui si riferisce l'art. 68, primo comma, della Costituzione; che nel normale svolgimento della vita democratica e del dibattito politico, le opinioni che il parlamentare esprima fuori dai compiti e dalle attivita' propri delle assemblee rappresentano piuttosto esercizio della liberta' di espressione comune a tutti i consociati: ad esse dunque non puo' estendersi, senza snaturarla, una immunita' che la Costituzione ha voluto, in deroga al generale principio di legalita' e di giustiziabilita' dei diritti, riservare alle opinioni espresse nell'esercizio delle funzioni; che la linea di confine fra la tutela dell'autonomia e della liberta' delle Camere, e, a tal fine, della liberta' di espressione dei loro membri, da un lato, e la tutela dei diritti e degli interessi costituzionalmente protetti, suscettibili di essere lesi dall'espressione di opinioni, dall'altro lato, e' fissata dalla Costituzione attraverso la delimitazione funzionale dell'ambito della prerogativa. Senza questa delimitazione, l'applicazione della prerogativa la trasformerebbe in un privilegio personale (cfr. sentenza n. 375 del 1997), finendo per conferire ai parlamentari una sorta di statuto personale di favore quanto all'ambito e ai limiti della loro liberta' di manifestazione del pensiero: con possibili distorsioni anche del principio di eguaglianza e di parita' di opportunita' fra cittadini nella dialettica politica; che discende da quanto osservato che la semplice comunanza di argomento fra la dichiarazione che si pretende lesiva e le opinioni espresse dal deputato o dal senatore in sede parlamentare non puo' bastare a fondare l'estensione alla prima dell'immunita' che copre le seconde; che tanto meno puo' bastare a tal fine la ricorrenza di un contesto genericamente politico in cui la dichiarazione si inserisca. Siffatto tipo di collegamenti non puo' valere di per se' a conferire carattere di attivita' parlamentare a manifestazioni di opinioni che siano oggettivamente ad essa estranee. Sarebbe, oltre tutto, contraddittorio da un lato negare - come e' inevitabile negare - che di per se' l'espressione di opinioni nelle piu' diverse sedi pubbliche costituisca esercizio di funzione parlamentare, e dall'altro lato ammettere che essa invece acquisti tale carattere e valore in forza di generici collegamenti contenutistici con attivita' parlamentari svolte dallo stesso membro delle Camere; che in questo senso va precisato il significato del "nesso funzionale" che deve riscontrarsi, per poter ritenere l'insindacabilita', tra la dichiarazione e l'attivita' parlamentare; non come semplice collegamento di argomento o di contesto fra attivita' parlamentare e dichiarazione, ma come identificabiita' della dichiarazione stessa quale espressione di attivita' parlamentare; che nel caso di riproduzione all'esterno della sede parlamentare, e' necessario, per ritenere che sussista l'insindacabilita', che si riscontri la identita' sostanziale di contenuto fra l'opinione espressa in sede parlamentare e quella manifestata nella sede esterna; che cio' che si richiede, ovviamente, non e' una puntuale coincidenza testuale, ma una sostanziale corrispondenza di contenuti; che nei casi in cui non e' riscontrabile esercizio di funzioni parlamentari, il valore della legalita-giurisdizione non collide certo con quello dell'autonomia delle Camere e cosi si spiega che la giurisprudenza costituzionale abbia appunto stabilito che l'immunita' non vale per tutte quelle opinioni che "il parlamentare manifesta nel piu esteso ambito della politica"; che alla luce di tale interpretazione si debbono pertanto ritenere, in linea di principio, sindacabili tutte quelle dichiarazioni, che fuoriescono dal campo applicativo del "diritto parlamentare" e che non siano immediatamente collegabili con specifiche forme di esercizio di funzioni parlamentari, anche se siano caratterizzate da un asserito "contesto politico" o ritenute, per il contenuto delle espressioni o per il destinatario o la sede in cui sono state rese, manifestazione di sindacato ispettivo; che questa forma di controllo politico rimessa al singolo parlamentare puo' infatti aver rilievo, nei giudizi in oggetto, soltanto se si esplica come funzione parlamentare, attraverso atti e procedure specificamente previsti dai regolamenti parlamentari; se dunque l'immunita' copre il membro del Parlamento per il contenuto delle proprie dichiarazioni soltanto se concorre il contesto funzionale, il problema specifico, che non appare irrilevante in questo conflitto, della riproduzione all'esterno degli organi parlamentari di dichiarazioni gia' rese nell'esercizio di funzioni parlamentari si puo' risolvere nel senso dell'insindacabilita' solo ove sia riscontrabile corrispondenza sostanziale di contenuti con l'atto parlamentare, non essendo sufficiente a questo riguardo una mera comunanza di tematiche»; che il conforme orientamento della Corte costituzionale e' stato ribadito con la sentenza n. 120 del 16 aprile 2004 (alla quale si e' richiamata l'ord. n. 136 del 26 gennaio 2005); nel dichiarare infondate le questioni di legittimita' costituzionale sollevate con riferimento all'art. 3, comma 1, della legge 20 giugno 2003, n. 140, si e' affermato che: «... Nonostante le evoluzioni subite, nel tempo, nella giurisprudenza di questa Corte, e' enucleabile un principio, che e' possibile oggi individuare come limite estremo della prerogativa dell'insindacabilita', e con cio' stesso delle virtualita' interpretative astrattamente ascrivibili all'art. 68: questa non puo' mai trasformarsi in un privilegio personale, quale sarebbe una immunita' dalla giurisdizione conseguente alla mera "qualita'" di parlamentare». Per tale ragione l'itinerario della giurisprudenza della Corte si e' sviluppato attorno alla nozione del c.d. «nesso funzionale», che solo consente di discernere le opinioni del parlamentare riconducibili alla libera manifestazione del pensiero, garantita ad ogni cittadino nei limiti generali della liberta' di espressione, da quelle che riguardano l'esercizio della funzione parlamentare. Certamente rientrano nella sfera dell'insindacabilita' tutte le opinioni manifestate con atti tipici nell'ambito dei lavori parlamentari, mentre per quanto attiene alle attivita' non tipizzate esse si debbono tutta via considerare «coperte» dalla garanzia di cui all'art. 68, nei casi in cui si esplicano mediante strumenti, atti e procedure, anche «innominati», ma comunque rientranti nel campo di applicazione del diritto parlamentare, che il membro del Parlamento e' in grado di porre in essere e di utilizzare proprio solo e in quanto riveste tale carica (cfr. sentenze n. 56 del 2000, n. 509 del 2002 e n. 219 del 2003). Cio' che rileva, ai fini dell'insindacabilita', e' dunque il collegamento necessario con le «funzioni» del Parlamento, cioe' l'ambito funzionale entro cui l'atto si iscrive, a prescindere dal suo contenuto comunicativo, che puo' essere il piu' vario, ma che in ogni caso deve essere tale da rappresentare esercizio in concreto delle funzioni proprie dei membri delle Camere, anche se attuato in forma «innominata» sul piano regolamentare. Sotto questo profilo non c'e' percio' una sorta di automatica equivalenza tra l'atto non previsto dai regolamenti parlamentari e l'atto estraneo alla funzione parlamentare, giacche', come gia' detto, deve essere accertato in concreto se esista un nesso che permetta di identificare l'atto in questione come «espressione di attivita' parlamentare» (cfr. sentenze n. 10 e n. 11 del 2000, n. 379 e n. 219 del 2003). E in questa prospettiva che va effettuato lo scrutinio della disposizione denunciata. Le attivita' di «ispezione di divulgazione, di critica e di denuncia politica» che appunto il censurato art. 3, comma 1, riferisce all'ambito di applicazione dell'art. 68, primo comma, non rappresentano, di per se', un'ipotesi di indebito allargamento della garanzia dell'insindacabilita' apprestata dalla norma costituzionale, proprio perche' esse, anche se non manifestate in atti «tipizzanti» debbono comunque, secondo la previsione legislativa e in conforrnita' con il dettato costituzionale, risultare in connessione con l'esercizio di funzioni parlamentari. E' appunto questo «flesso» il presidio delle prerogative parlamentari e, insieme, del principio di eguaglianza e dei diritti fondamentali dei terzi lesi». Occorre, altresi', evidenziare che la legge n. 140/2003 non ha natura di legge costituzionale e, pertanto, non e' idonea a stravolgere i limiti delineati dalla Corte in relazione all'applicabilita' dell'art. 68, comma primo della Costituzione. Pertanto, si ritiene che anche il riferimento alle attivita' di «ispezione divulgazione, critica e denuncia politica», espletate fuori dal Parlamento che devono essere connesse alla «funzione di parlamentare» non possa prescindere dall'applicazione dei criteri delineati dalla Corte costituzionale sopra richiamati. La diversa interpretazione, diretta a ricomprendere nella sfera dell'insindacabilita' qualsiasi attivita' politica posta in essere da parlamentare al di fuori dal Parlamento, oltre che porsi in contrasto con lo stesso art. 68 della Costituzione, determinerebbe, di fatto, la compromissione dei diritti all'onore ed alla reputazione, anch'essi costituzionalmente tutelati»; nonche', recentemente, e nei confronti del medesimo sen. Iannuzzi, la sentenza n. 373 del 14 novembre 2006: «... il mero riferimento all'attivita' parlamentare o comunque all'inerenza a temi di rilievo generale (pur anche dibattuti in Parlamento), entro cui le dichiarazioni si possano collocare, non vale in se' a connotarle quali espressive della funzione, ove esse, non costituendo la sostanziale riproduzione di specifiche opinioni manifestate dai parlamentare nell'esercizio delle proprie attribuzioni, siano non gia' il riflesso del peculiare contributo che ciascun deputato e ciascun senatore apporta alla vita parlamentare mediante le proprie opinioni e i propri voti (come tale coperto dall'insindacabilita', a garanzia delle prerogative delle Camere e non di un "privilegio personale conseguente alla mera âqualita'' di parlamentare": sentenza n. 120 del 2004), ma un'ulteriore e diversa articolazione di siffatto contributo, elaborata ed offerta alla pubblica opinione nell'esercizio della libera manifestazione del pensiero assicurata a tutti dall'art. 21 della Costituzione (sentenze n. 329 e n. 317 del 2006 e n. 51 del 2002). In tale prospettiva, va anche disatteso l'assunto del Senato, secondo cui "l'attivita' di parlamentare e giornalista, dalla quale ha avuto origine l'articolo de quo, [puo] essere considerata ormai come parte della piu' ampia attivita' (rectius, funzione) di politico ed espressione - per quanto atipica - del relativo ruolo istituzionale": questa Corte ha, infatti, gia' ritenuto in se' irrilevante (al fine d'affermare la sussistenza dei presupposti dell'insindacabilita) la qualifica rivestita dal membro del Parlamento rispetto all'esercizio di diritti o di doveri che, in quanto spettanti a tutti i cittadini, non richiedono l'intermediazione della rappresentanza parlamentare (cfr., sentenze n. 329 e n. 286 del 2006). Le dichiarazioni contenute nell'articolo di stampa a firma del parlamentare non rientrano, pertanto, nell'esercizio della sua specifica funzione e non sono garantite dall'insindacabilita'.»; nei medesimi termini le sentenze n. 96 del 7 marzo 2007 e 151 dell'8 aprile 2007; che la deliberazione adottata dal Senato della Repubblica nella seduta del 30 gennaio 2007 appare in contrasto con i richiamati canoni interpretativi atteso che non contiene alcun elemento concreto da cui poter desumere la sussistenza di una corrispondenza sostanziale tra i contenuti degli articoli oggetto delle querele e le opinioni gia' espresse dal senatore in specifici atti parlamentari, non essendo sufficiente una mera comunanza di tematiche e un generico riferimento alla rilevanza dei fatti pubblici; che l'interpretazione prospettata dalla decisione di cui trattasi comporta, di fatto, che l'istituto previsto dalla norma costituzionale si trasformi da «esenzione di responsabilita' legata alla funzione in privilegio personale» (cfr. sent. n. 1100, gia' citata) con la conseguenza che le opinioni e le dichiarazioni manifestate da un parlamentare sarebbero sempre e comunque sottratte alla verifica giurisdizionale; che deve, pertanto, ritenersi che la condotta addebitabile al senatore Iannuzzi, astrattamente idonea, nella sua specificita' e gravita' ad integrare un illecito, esula dall'esercizio delle funzioni parlamentari e non presenta oggettivamente alcun legame con atti parlamentari neppure nell'accezione piu' ampia e come tale dovrebbe rientrare nella cognizione riservata al sindacato giurisdizionale. che le opinioni manifestate dal senatore Iannuzzi non possono, per carenza del nesso funzionale, ritenersi rese nell'esercizio delle funzioni parlamentari e quindi per esse non e' invocabile l'immunita', ai sensi dell'art. 68, primo comma della Costituzione. che, nel caso di specie, appare di conseguenza necessario sollevare conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato, conflitto ammissibile sia sotto il profilo soggettivo (questo giudice e' l'organo competente a decidere, nell'ambito delle funzioni giurisdizionali attribuite, sulla asserita illiceita' della condotta ascritta all'indagato e quindi «a dichiarare la volonta' del potere cui appartiene, in posizione di piena indipendenza garantita dalla Costituzione: cfr. fra le altre, ordinanze Corte cost. n. 60 del 1999; nn. 469, 407, 261, 254 del 1998), sia sotto quello oggettivo, trattandosi della sussistenza dei presupposti per l'applicazione dell'art. 68, primo comma della Costituzione e della lesione della propria sfera di attribuzioni giurdizionali, costituzionalmente garantita, giacche' illegittimamente menomata dalla suindicata deliberazione del Senato della Repubblica;
P. Q. M. Visti gli artt. 134 Cost. e 37, legge 11 marzo 1953, n. 87; Dispone la sospensione del giudizio in corso a carico di Iannuzi Raffaele e l'immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale, sollevando conflitto di attribuzioni tra poteri dello Stato e chiede che la Corte: dichiari ammissibile il presente conflitto, adottando ogni consegute provvedimento ai sensi degli artt. 37 e ss. legge n. 87/1953 ed ogni altra norma applicabile; dichiari che non spettava al Senato della Repubblica la valutazione della condotta addebitabile al senatore Iannuzzi Raffaele, in quanto estranea alla previsione di cui all'art. 68, primo comma, Cost.; annulli la relativa delibera del Senato della Repubblica in data 30 gennaio 2007 (delibera IV-ter, n. 1). Manda alla cancelleria per quanto di competenza. Cosi' deciso in Milano, martedi' 12 giugno 2007. Il giudice: Corte Avvertenza L'ammissibilita' del presente conflitto e' stata decisa con ordinanza n. 339/2007 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale, 1ª serie speciale n. 46 del 28 novembre 2007.