N. 461 ORDINANZA 13 - 28 dicembre 2007
Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. Processo penale - Sentenza di proscioglimento - Appello del Pubblico ministero - Preclusione (salvo nelle ipotesi previste dall'art. 603, comma 2, se la nuova prova e' decisiva) - Applicazione della nuova disciplina ai procedimenti in corso alla data di entrata in vigore della nuova legge - Denunciata irragionevolezza e lesione del diritto di difesa, nonche' violazione dei principi di parita' delle parti, di ragionevole durata del processo, di buon andamento della pubblica amministrazione e dell'obbligatorieta' dell'azione penale - Inesatta indicazione della norma oggetto di censura - Manifesta inammissibilita' delle questioni. - Cod. proc. pen., art. 593, come sostituito dall'art. 1 della legge 20 febbraio 2006, n. 46; legge 20 febbraio 2006, n. 46, art. 10. - Costituzione, artt. 3, 24, 97, 111 e 112.(GU n.1 del 2-1-2008 )
LA CORTE COSTITUZIONALE composta dai signori: Presidente: Franco BILE; Giudici: Giovanni Maria FLICK, Francesco AMIRANTE, Ugo DE SIERVO, Paolo MADDALENA, Alfio FINOCCHIARO, Alfonso QUARANTA, Franco GALLO, Luigi MAZZELLA, Gaetano SILVESTRI, Sabino CASSESE, Maria Rita SAULLE, Giuseppe TESAURO, Paolo Maria NAPOLITANO; ha pronunciato la seguente
Ordinanza nei giudizi di legittimita' costituzionale dell'art. 593 del codice di procedura penale, come sostituito dall'art. 1 della legge 20 febbraio 2006, n. 46 (Modifiche al codice di procedura penale, in materia di inappellabilita' delle sentenze di proscioglimento), e dell'art. 10 della stessa legge, promossi, nell'ambito di diversi procedimenti penali, con ordinanze del 13 giugno 2006 dalla Corte d'appello di Ancona, del 2 maggio 2006 dalla Corte d'appello di Trieste, del 27 settembre e del 28 giugno 2006 dalla Corte d'appello di Messina, del 29 marzo 2006 dalla Corte d'appello di Trieste, del 1° dicembre, del 6 ottobre e del 10 novembre 2006 dalla Corte d'appello di Perugia, rispettivamente iscritte ai nn. 54, 139, 228, 294, 320, 336, 349 e 354 del registro ordinanze 2007 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica nn. 9, 13, 16, 17, 18, 19 e 20, 1ª serie speciale, dell'anno 2007. Udito nella Camera di consiglio del 12 dicembre 2007 il giudice relatore Giovanni Maria Flick. Ritenuto che, con otto ordinanze, le Corti d'appello di Ancona (r.o. n. 54 del 2007), di Trieste (r.o. n. 139 e 320 del 2007), di Messina (r.o. n. 228 e n. 294 del 2007) e di Perugia (r.o. n. 336, n. 349 e n. 354 del 2007) hanno sollevato, in riferimento agli artt. 3, 24, 97, 111 e 112 della Costituzione, questione di legittimita' costituzionale dell'art. 593 del codice di procedura penale, come sostituito dall'art. 1 della legge 20 febbraio 2006, n. 46 (Modifiche al codice di procedura penale, in materia di inappellabilita' delle sentenze di proscioglimento), nella parte in cui non consente al pubblico ministero di proporre appello avverso le sentenze di proscioglimento se non nel caso previsto dall'art. 603, comma 2, cod. proc. pen., quando cioe' sopravvengano o si scoprano nuove prove dopo il giudizio di primo grado e sempre che tali prove risultino decisive; che tutti i rimettenti, ad eccezione della Corte d'appello di Messina, censurano anche l'art. 10 della legge n. 46 del 2006, recante la disciplina transitoria; che la Corte d'appello di Ancona (r.o. n. 54 del 2007) - investita dell'appello proposto dal pubblico ministero avverso la sentenza del Giudice dell'udienza preliminare presso il Tribunale di Ascoli Piceno con cui l'imputato e' stato «assolto» per mancanza di prova dell'elemento soggettivo del reato - afferma la rilevanza nel giudizio a quo della questione proposta, in forza dell'art. 10 della legge n. 46 del 2006, che rende immediatamente applicabili ai procedimenti in corso alla data di entrata in vigore della legge le modifiche introdotte all'art. 593 cod. proc. pen.; che, nel merito, la Corte d'appello di Ancona dubita della legittimita' costituzionale della disciplina censurata in riferimento agli artt. 3, 24 e 111 Cost., per violazione del principio di ragionevolezza, del principio di parita' tra le parti e del diritto di difesa in riferimento alla persona offesa dal reato; che la Corte d'appello di Messina solleva l'incidente di costituzionalita' del solo art. 593 cod. proc. pen., come sostituito dalla novella del 2006, nell'ambito di due giudizi di appello originati dall'impugnazione del pubblico ministero avverso, rispettivamente, la sentenza del Giudice dell'udienza preliminare presso il Tribunale di Barcellona Pozzo di Gotto che «assolveva» gli imputati dal reato di cui all'art. 628 cod. pen. per insussistenza del fatto (r.o. n. 228 del 2007), e la sentenza del medesimo Giudice dell'udienza preliminare che «ha prosciolto» con la stessa formula gli imputati dal reato di circonvenzione di incapace (r.o. n. 294 del 2007); che anche la Corte d'appello di Messina motiva la rilevanza della questione in ragione dell'immediata applicabilita' nei giudizi a quibus della nuova normativa, ai sensi dell'art. 10 della legge n. 46 del 2006; che, nel merito, la predetta Corte d'appello prospetta la lesione, oltre che dei principi di ragionevolezza e di parita' tra le parti, anche del principio di obbligatorieta' dell'azione penale, sul rilievo che l'eliminazione dell'appello sottrae al pubblico ministero lo strumento per esercitare le «sue funzioni di controllo» in ordine alla realizzazione della «pretesa punitiva»; che la Corte d'appello di Trieste procede su appelli proposti dal pubblico ministero nei confronti di imputati «assolti», rispettivamente, dal Giudice dell'udienza preliminare presso il Tribunale di Pordenone, all'esito di giudizio abbreviato, perche' il fatto non costituisce reato (r.o. n. 139 del 2007 e dal Giudice dell'udienza preliminare presso il Tribunale di Udine per non aver commesso il fatto (r.o. n. 320 del 2007); che, quanto alla rilevanza, nelle ordinanze di rimessione si afferma che gli appelli dovrebbero essere dichiarati inammissibili in base all'art. 10 della sopravvenuta legge n. 46 del 2006; che, nel merito, la non manifesta infondatezza della questione proposta e' argomentata anche in riferimento al principio della ragionevole durata del processo (evocato, quale parametro, unitamente ai principi di parita' tra le parti, di ragionevolezza e di uguaglianza): la lesione di detto principio deriverebbe dall'aumento dei gradi di giudizio - conseguente alla eliminazione dell'appello avverso le sentenze di proscioglimento e al rinvio al giudice di primo grado in caso di annullamento da parte della Corte di Cassazione - e dalla conseguente dilatazione dei tempi processuali, con diretta incidenza anche sulla prescrizione dei reati; che questione di costituzionalita' analoga alle precedenti e' sollevata, in riferimento agli artt. 3, 111, 112, nonche' all'art. 97 Cost., dalla Corte d'appello di Perugia nell'ambito di tre procedimenti; che, nel procedimento da cui origina l'ordinanza iscritta al n. 336 del registro ordinanze del 2007, la Corte rimettente e' investita dell'appello proposto dal pubblico ministero avverso la sentenza pronunciata all'esito di giudizio abbreviato dal Giudice dell'udienza preliminare presso il Tribunale di Perugia: sentenza con cui l'imputato e' stato assolto perche' il fatto non costituisce reato; che, a giudizio del collegio, la rilevanza della questione sussiste «in quanto la Corte, investita dell'appello proposto dal p.m. avverso una sentenza di proscioglimento, in applicazione delle norme impugnate [art. 593 cod. proc. pen., come novellato, e art. 10 della legge n. 46 del 2006], dovrebbe dichiarare l'inammissibilita' dell'appello medesimo, anche nel caso in esame, per il disposto del comma 4 del citato art. 10 della legge 46/2006, avendo la Corte di cassazione annullato la sentenza della Corte d'appello di Ancona su punti non concernenti la pena, ne' la misura di sicurezza»; che, nel procedimento di cui all'ordinanza iscritta al n. 349 del registro ordinanze del 2007, oggetto di impugnazione dinanzi alla Corte d'appello e' la sentenza con cui gli imputati sono stati «prosciolti ex art. 425 cod. proc. pen.» dal Giudice dell'udienza preliminare presso il Tribunale di Perugia perche' il fatto non sussiste e perche' il fatto non costituisce reato; che, infine, nel procedimento recante il numero di registro ordinanze 354 del 2007, l'imputata e' stata «assolta ex art. 530, comma 2, cod. proc. pen.» dal Giudice dell'udienza preliminare presso il Tribunale di Perugia dal reato di cui all'art. 323 cod. pen. per non aver commesso il fatto, sentenza tempestivamente appellata dal pubblico ministero; che, come nella gia' riportata ordinanza n. 336 del 2007, nelle ordinanze da ultimo citate la rilevanza e' motivata sulla base del rilievo che in applicazione delle norme denunciate (art. 593 cod. proc. pen., come novellato, e art. 10 della legge n. 46 del 2006), gli appelli, in quanto proposti avverso sentenze di proscioglimento, dovrebbero essere dichiarati inammissibili. Considerato che, con le ordinanze in epigrafe, i rimettenti dubitano, in riferimento agli artt. 3, 24, 97, 111 e 112 della Costituzione, della legittimita' costituzionale dell'art. 593 del codice di procedura penale, come sostituito dall'art. 1 della legge 20 febbraio 2006, n. 46 (Modifiche al codice di procedura penale, in materia di inappellabilita' delle sentenze di proscioglimento) e - ad eccezione della Corte d'appello di Messina - dell'art. 10 della medesima legge; che, stante l'identita' delle questioni proposte, i relativi giudizi vanno riuniti per essere decisi con unica pronuncia; che l'art. 593 cod. proc. pen. disciplina, al comma 2, l'appello del pubblico ministero e dell'imputato avverso le sentenze dibattimentali di proscioglimento, stabilendo - per effetto delle modifiche introdotte dall'art. 1 della legge n. 46 del 2006 ed immediatamente applicabili in forza dell'art. 10 della medesima legge - che l'appello e' consentito solo nell'ipotesi di cui all'art. 603, comma 2, cod. proc. pen., se la nuova prova e' decisiva; che dalle stesse ordinanze di rimessione risulta che le Corti rimettenti sono in realta' investite degli appelli proposti dal pubblico ministero avverso sentenze pronunciate dal giudice per le indagini preliminari, in funzione di giudice dell'udienza preliminare (sentenze di assoluzione emesse a seguito di giudizio abbreviato e sentenze di non luogo a procedere ai sensi dell'art. 425 cod. proc. pen.); che, dunque, le Corti rimettenti sottopongono a scrutinio di costituzionalita' una norma (l'art. 593 cod. proc. pen.) - unitamente alla relativa disciplina transitoria - di cui non devono fare applicazione nei rispettivi giudizi a quibus ; che l'inesatta indicazione della norma oggetto di censura (aberratio ictus ) implica, per costante giurisprudenza di questa Corte, la manifesta inammissibilita' della questione (ex plurimis, ordinanze n. 435, n. 384, n. 294, n. 187 e n. 42 del 2007). Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, comma 2, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.
per questi motivi LA CORTE COSTITUZIONALE Riuniti i giudizi, Dichiara la manifesta inammissibilita' delle questioni di legittimita' costituzionale dell'art. 593 del codice di procedura penale, come sostituito dall'art. 1 della legge 20 febbraio 2006, n. 46 (Modifiche al codice di procedura penale, in materia di inappellabilita' delle sentenze di proscioglimento), e dell'art. 10 della medesima legge, sollevate, in riferimento agli artt. 3, 24, 97, 111 e 112 della Costituzione, dalle Corti d'appello di Ancona, di Trieste, di Messina e di Perugia, con le ordinanze in epigrafe. Cosi' deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 13 dicembre 2007. Il Presidente: Bile Il redattore: Flick Il cancelliere: Milana Depositato in cancelleria il 28 dicembre 2007 Il cancelliere: Milana