N. 827 ORDINANZA (Atto di promovimento) 8 giugno 2007
Ordinanza dell'8 giugno 2007 emessa dal Tribunale amministrativo regionale della Calabria sul ricorso proposto da Biogenet S.r.l. contro Regione Calabria Sanita' pubblica - Regione Calabria - Accreditamento degli istituti privati operanti nei settori della specialistica ambulatoriale e della diagnostica strumentale e di laboratorio - Sospensione fino alla determinazione del fabbisogno di prestazioni - Ingiustificata disparita' di trattamento degli istituti non ancora accreditati rispetto a quelli gia' accreditati - Violazione dei principi stabiliti dalla normativa statale in materia che subordinano l'accreditamento esclusivamente al possesso dei requisiti di qualificazione - Incidenza sui principi di efficienza ed efficacia dell'azione amministrativa. - Legge della Regione Calabria 11 agosto 2004, n. 18, art. 15, comma 3. - Costituzione, artt. 3, 97 e 117.(GU n.3 del 16-1-2008 )
IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE Ha pronunciato la seguente ordinanza sul ricorso n. 882/2006, proposto da Biogenet S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Mario Scarcello ed Alessandra Morcavallo ed elettivamente domiciliata in Catanzaro, corso Mazzini n. 255, presso lo studio dell'avv. Elisabetta Maletta; Contro la Regione Calabria, in persona del Presidente della Giunta regionale in carica, rappresentata e difesa dall'avv. Franceschina Talarico e domiciliata in Catanzaro, viale De Filippis n. 280; per l'annullamento del provvedimento n. 8550 del 7 aprile 2006 della Direzione generale, Dipartimento tutela della salute, politiche sanitarie e sociali, della Regione Calabria, recante diniego di «Accreditamento per attivita' di diagnostica strumentale e di laboratorio. Prestazioni specialistiche di genetica medica»; Visto il ricorso con i relativi allegati; Visto l'atto di costituzione in giudizio della Regione Calabria; Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese; Visti gli atti tutti di causa; Relatore alla pubblica udienza del 23 marzo 2007 il cons. Giovanni Iannini ed uditi, altresi', i difensori delle parti, come da relativo verbale; Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue. F a t t o La societa' ricorrente e' stata costituita nel dicembre 1998, grazie al finanziamento della legge n. 215/1992 per l'imprenditoria femminile, e gestisce un laboratorio specialistico in genetica medica e forense, autorizzato in data 11 dicembre 2001 dalla Regione Calabria, con atto n. 131845. Con ricorso notificato il 23 giugno 2006, depositato in segreteria il successivo 18 luglio, la societa' ha impugnato il provvedimento n. 8550 del 7 aprile 2006 della Direzione generale, Dipartimento tutela della salute, politiche sanitarie e sociali, della Regione Calabria, contemplante diniego di «Accreditamento per attivita' di diagnostica strumentale e di laboratorio. Prestazioni specialistiche di genetica medica». La ricorrente ha premesso, al riguardo, che nel territorio della Provincia di Cosenza opera un solo laboratorio di analisi in possesso dell'accreditamento regionale per la genetica e che in nessuno degli ospedali esistenti in detto territorio si esegue l'esame del «cariotipo su liquido amniotico». La stessa ha aggiunto di avere stipulato un Protocollo di intesa con l'Azienda ospedaliera di Cosenza per l'esecuzione di analisi genetiche su liquido amniotico e che il rapporto di collaborazione e' stato interrotto dagli organi di vertice dell'azienda, in quanto considerato non compatibile con la mancanza di accreditamento. L'odierna ricorrente, in data 25 gennaio 2006, ha presentato alla Regione Calabria domanda di accreditamento. Con nota dell'8 febbraio 2006 il Dipartimento tutela della salute, politiche sanitarie e sociali, della Regione Calabria ha inviato, ai sensi dell'art. 10-bis della legge n. 241/1990, comunicazione concernente i motivi ostativi all'accoglimento dell'istanza. Acquisite le deduzioni della societa' istante, la regione, con provvedimento n. 8550 del 7 aprile 2006 della Direzione generale, Dipartimento tutela della salute, politiche sanitarie e sociali, ha negato l'accreditamento per attivita' di diagnostica strumentale e di laboratorio -- prestazioni specialistiche di genetica medica, rilevando che, secondo il disposto dell'art. 15, comma 3, della legge regionale n. 18/2004, non possono essere rilasciati nuovi accreditamenti fino alla determinazione del fabbisogno di prestazioni di specialistica ambulatoriale, di diagnostica strumentale e di laboratorio, da definirsi sulla base degli standards indicati dall'Agenzia per i servizi sanitari regionali. La societa' ricorrente ha rilevato l'illegittimita' del provvedimento, deducendo: 1) violazione dell'art. 15 della legge regionale n. 18/2004 e dell'art. 8 del d.lgs. n. 502/1992, nonche' eccesso di potere per travisamento dei fatti, difetto dei presupposti, illogicita' e contraddittorieta'. La norma di cui all'art. 15 della legge regionale n. 18/2004 andrebbe letta tenendo conto del complesso quadro normativo vigente in materia ed, in particolare, all'art. 8-quater del d.lgs. n. 502/1992, alla stregua del quale l'accreditamento viene rilasciato dalla regione a tutte le strutture autorizzate che ne facciano richiesta, subordinatamente alla loro rispondenza ai requisiti ulteriori di qualificazione, alla loro funzionalita' rispetto agli indirizzi di programmazione regionale ed alla verifica positiva dell'attivita' svolta e dei risultati conseguiti. L'Agenzia a per i servizi sanitari regionali, peraltro, non avrebbe alcuna competenza in materia di definizione di standards relativi all'accreditamento, espletando unicamente un'attivita' di acquisizione e coordinamento dei dati sullo stato di accreditamento nelle singole regioni, oltre che attivita' di comparazione dei modelli attuati. In realta', il legislatore regionale avrebbe inteso richiamare i dati emersi dai tavoli di lavoro costituiti in seno all'agenzia, riguardanti la correlazione tra fabbisogno ed accreditamento a livello nazionale. Tali dati, da cui sarebbe emerso che nessuna regione ha correlato l'accreditamento al fabbisogno, sarebbero gia' in possesso della Regione Calabria, sicche' si sarebbe gia' verificata la condizione cui la legge regionale subordina nuovi accreditamenti. L'esattezza di tale interpretazione sarebbe confermata proprio dal fatto che l'Agenzia non ha tra i suoi compiti la fissazione di standards ai fini della determinazione del fabbisogno. Il compito in questione, infatti, spetterebbe proprio alla Regione. 2) Illegittimita' costituzionale dell'art. 15, comma 3, della legge regionale n. 18/2004, per violazione degli articoli 3, 32, 41,97, 117 Cost. La lettura della norma di cui all'art. 15, comma 3, della legge regionale n. 18/2004 fatta propria dall'amministrazione regionale sarebbe in contrasto con il dettato costituzionale ed, in particolare: a) con l'art. .3 della Costituzione, in quanto il rinvio sine die dell'accreditamento lederebbe il principio di uguaglianza, precludendo l'accesso all'accreditamento a strutture in possesso dei relativi requisiti; b) con l'art. 32 della Costituzione, in quanto la norma in questione fa salve le disposizioni di sanatoria di cui alle leggi regionali n. 8/2003 e 30/2003, che riguardano gia' operanti, a cui e' stato attribuito titolo per l'autorizzazione e l'accreditamento pur in assenza di un qualsiasi controllo preventivo; la Biogenet, peraltro, sarebbe l'unica struttura sul territorio in grado di fornire quelle determinate prestazioni diagnostiche; c) con l'art. 41 della Costituzione, in quanto il blocco degli accreditamenti sarebbe in contrasto con il principio di libera iniziativa economica, considerato anche che, visto il costo elevato delle analisi di genetica medica, l'accreditamento e' essenziale per la stessa sopravvivenza dell'azienda; d) con l'art. 97 della Costituzione, in quanto l'indicata interpretazione della norma di legge regionale subordinerebbe la funzione amministrativa ad una condizione irrealizzabile; e) con l'art. 117 della Costituzione, in quanto la norma di cui all'art. 15 della legge regionale in questione si porrebbe in contrasto con il disposto delle norme di cui agli articoli 8-bis ed 8-quater del d.lgs. n. 502/1992, che si riferiscono, rispettivamente, al diritto di libera scelta degli assistiti fra piu' strutture pubbliche e private in competizione ed all'accreditamento di quantita' di prestazioni in eccesso rispetto al fabbisogno, in modo da assicurare un'efficace competizione tra le strutture accreditate. La ricorrente ha, quindi, richiesto l'accoglimento del ricorso, con conseguente annullamento del provvedimento impugnato, anche previa rimessione alla Corte costituzionale della questione di illegittimita' dell'art. 15, comma 3, della legge regionale n. 18/2004. Si e' costituita in giudizio la Regione Calabria, che ha eccepito l'inammissibilita' del ricorso, per mancata notifica ai controinteressati, da individuarsi tra i soggetti accreditati che svolgono l'attivita' nello stesso settore. La stessa resistente ha dedotto, comunque, l'infondatezza del gravame, mettendo in evidenza, innanzi tutto, il carattere discrezionale del provvedimento di accreditamento, che non costituirebbe conseguenza automatica dell'autorizzazione all'esercizio dell'attivita' sanitaria. Lo sbarramento posto dalla norma di cui al menzionato art. 15 trarrebbe origine dalla necessita' di definire il fabbisogno di prestazioni di specialistica ambulatoriale, proprio al fine del corretto esercizio della funzione discrezionale. Riguardo al ruolo assegnato all'Agenzia per i servizi sanitari regionali, la resistente ha sottolineato che a tale agenzia spetta la mera elaborazione di rilevazioni effettuate a livello nazionale, anche la fine di perseguire gli obiettivi di uguaglianza ed uniformita' delle prestazioni. La regione ha rilevato, inoltre, che, contrariamente a quanto affermato da parte ricorrente, lo stesso accreditamento non legittima all'erogazione di prestazioni a carico del S.S.N., giacche' cio' consegue solo alla stipulazione dei contratti di cui all'art. 8-quater del d.lgs. n. 502/1992, e che nessun titolo all'erogazione di prestazioni per conto del S.S.N. potrebbe trarsi dal discutibile Protocollo di intesa a suo tempo stipulato con l'azienda ospedaliera, pur in assenza di accreditamento. L'amministrazione regionale, infine, ha dedotto l'infondatezza della questione di legittimita' costituzione dell'art. 15, comma 3, della l.r. n. 18/2004. Parte ricorrente ha prodotto documenti ed una memoria. Alla pubblica udienza del 23 marzo 2007 la causa e' stata trattenuta per la decisione. D i r i t t o 1. -- La Societa' ricorrente si duole del provvedimento con il quale il competente ufficio della Regione Calabria ha respinto la domanda di accreditamento presentata, in data 25 gennaio 2006, ai sensi della legge regionale 19 marzo 2004, n. 11, concernente il Piano regionale per la salute 2004/2006, che ha contemplato la disciplina di criteri, modalita' e procedure per l'autorizzazione e l'accreditamento ad integrazione delle previsioni dell'atto di indirizzo e di coordinamento di cui al d.P.R. 14 gennaio 1997. Le ragioni della reiezione, gia' richiamate nell'esposizione in fatto, si ricollegano, in sostanza, alle previsioni dell'art. 15, comma 3, della legge della Regione Calabria 11 agosto 2004, n. 18 (Provvedimento generale recante norme di tipo ordinamentale e finanziario -- Collegato alla manovra di assestamento di bilancio per l'anno 2004 ai sensi dell'art. 3, comma 4, della legge regionale 4 febbraio 2002, n. 8). La norma in questione prevede: «Fino alla determinazione del fabbisogno di prestazioni di specialistica ambulatoriale, di diagnostica strumentale e di laboratorio, da definirsi sulla base degli standards indicati dall'Agenzia per servizi sanitari regionali, non possono essere rilasciati accreditamenti, fatte salve le fattispecie regolate dalle disposizioni di sanatoria previste dalla legge regionale n. 8/2003 cosi' come modificata e integrata dalla legge regionale n. 30/2003, le cui strutture interessate si intendono avere titolo, in base alle predette disposizioni, all'autorizzazione, ove sprovviste, ed all'accreditamento». Il riferimento alle disposizioni di sanatoria deve intendersi fatto all'art. 15 della legge regionale 26 giugno 2003, n. 8, che, disposta la sospensione degli accreditamenti fino alla regolamentazione degli stessi, prevista dall'art. 5, comma 1, della l.r. 7 agosto 2002, n. 29, ha fatto salve alcuni casi di domande di accreditamento, nonche' i casi di soggetti che avessero erogato prestazioni a carico delle ASL in un determinato arco temporale. 2. -- Risulta chiaramente infondata l'eccezione di inammissibilita' del ricorso sollevata dall'amministrazione resistente, secondo la quale si sarebbe dovuto procedere alla notificazione del ricorso stesso alle altre strutture accreditate operanti nel settore, in quanto soggetti controinteressati. E' noto, infatti, che la qualifica di controinteressato in senso stretto spetta solo ai soggetti contemplati nel provvedimento impugnato ovvero facilmente individuabili dall'esame dello stesso, che abbiano acquisito per effetto di tale provvedimento una posizione giuridica di vantaggio. Le strutture cui si riferisce la regione resistente, oltre a non essere direttamente contemplate dal provvedimento impugnato, non sono sicuramente individuabili in base al contenuto di esso. Ad esse, pertanto, non puo' essere riconosciuta la qualita' di controinteressate. Non era, quindi, necessaria la notifica ad esse del ricorso introduttivo. 3. -- Quanto al merito delle questioni sollevate in ricorso, ritiene il tribunale che i contenuti del dettato normativo siano sufficientemente chiari e tali escludere la possibilita', in vigenza della norma, dell'accreditamento di strutture eroganti prestazioni di specialistica ambulatoriale, di diagnostica strumentale e di laboratorio, perlomeno al di fuori dei casi fatti salvi dalla stessa norma in questione. La via di una diversa interpretazione della norma in questione, pur caldeggiata dalla ricorrente, non appare, quindi, percorribile. Occorre, pertanto, dare atto che il provvedimento di diniego trova la propria base nell'univoco disposto normativo di cui all'art. 15, comma 3, della legge della Regione Calabria 11 agosto 2004, n. 18. 4. -- Restano da esaminare, in conseguenza, le questioni connesse alla conformita' della norma al dettato costituzionale, sollevate da parte ricorrente. E' noto al riguardo che, alla stregua delle previsioni di cui agli articoli 8-bis e seguenti del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, nel testo oggi vigente, l'erogazione di prestazioni sanitarie da parte di soggetti diversi dai presidi direttamente gestiti dalle aziende unita' sanitarie locali, delle aziende ospedaliere, delle aziende universitarie e degli istituti di ricovero e cura a carattere scientifico, ha luogo sulla base di un procedimento tecnico-amministrativo complesso, articolato in quattro distinte fasi: l'autorizzazione alla realizzazione delle strutture sanitarie e socio-sanitaria, l'autorizzazione all'esercizio delle attivita' sanitarie e socio-sanitarie, l'accreditamento istituzionale e gli accordi contrattuali (in tema, Tribunale amministrativo regionale Lazio, sez. III, 25 luglio 2006, n. 6400). In sostanza, la realizzazione di strutture sanitarie e l'esercizio di attivita' sanitarie, l'esercizio di attivita' sanitarie per conto del Servizio sanitario nazionale e l'esercizio di attivita' sanitarie a carico dello stesso Servizio sono subordinate, rispettivamente, al rilascio delle autorizzazioni di cui all'articolo 8-ter, all'accreditamento istituzionale di cui all'articolo 8-quater, nonche' alla stipulazione degli accordi contrattuali di cui all'articolo 8-quinquies. Tralasciando gli aspetti che non interessano in questa sede, va richiamata la norma di cui all'art. 8-quater del d.lgs. n. 502/1992 che prevede che l'accreditamento istituzionale e' rilasciato dalla regione alle strutture autorizzate, pubbliche o private e ai professionisti che ne facciano richiesta, subordinatamente alla loro rispondenza ai requisiti ulteriori di qualificazione, rispetto a quelli necessari per l'autorizzazione, alla loro funzionalita' rispetto agli indirizzi di programmazione regionale e alla verifica positiva dell'attivita' svolta e dei risultati raggiunti. Dispone, ancora, la norma che «... al fine di individuare i criteri per la verifica della funzionalita' rispetto alla programmazione nazionale e regionale, la regione definisce il fabbisogno di assistenza secondo le funzioni sanitarie individuate dal Piano sanitario regionale per garantire i livelli essenziali e uniformi di assistenza, nonche' gli eventuali livelli integrativi locali e le esigenze connesse all'assistenza integrativa di cui all'art. 9...». Le disposizioni di cui al comma 1 dell'articolo in questione si chiudono con la previsione secondo cui «La regione provvede al rilascio dell'accreditamento ai professionisti, nonche' a tutte le strutture pubbliche ed equiparate che soddisfano le condizioni di cui al primo periodo del presente comma, alle strutture private non lucrative di cui all'art. 1, comma 18, e alle strutture private lucrative». Va rilevato che, secondo quanto precisato dalla giurisprudenza della Corte costituzionale (28 luglio 1995, n. 416), l'accreditamento e' un'operazione con la quale si riconosce il possesso da parte di un soggetto o di un organismo di prescritti specifici requisiti (c.d. standard di qualificazione) ed implica un'iscrizione in un elenco di strutture cui possono rivolgersi gli assistiti-utenti delle prestazioni sanitarie. La stessa Corte ha precisato, con riferimento al disposto dell'art. 6 della legge 23 dicembre 1994, n. 724, che viene riconosciuto un «diritto all'accreditamento delle strutture in possesso dei requisiti di cui all'art. 8, comma 4, del d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 502 e successive modificazioni», escludendo in radice una scelta ampiamente discrezionale ed ancorando l'accreditamento al possesso di requisiti prestabiliti. La giurisprudenza amministrativa, da parte sua, ha ritenuto di sottolineare la presenza di profili di discrezionalita' nella funzione relativa all'accreditamento, correlata alla definizione, in sede di programmazione, della qualita' e della quantita' delle prestazioni sanitarie necessarie nel proprio ambito territoriale e, quindi, alla valutazione della necessita' dell'inserimento del soggetto privato nel sistema sanitario regionale (in materia, Tribunale amministrativo regionale Sicilia, Palermo, sez. II, 18 luglio 2005, n. 1237; Tribunale amministrativo regionale Campania Napoli, sez. I, 19 febbraio 2003, n. 976; Tribunale amministrativo regionale Veneto, sez. I, 29 gennaio 2001, n. 179). 5.1. -- Tali brevissimi cenni all'istituto dell'accreditamento istituzionale consentono, a giudizio del tribunale, di cogliere il contrasto rispetto ai canoni di ragionevolezza ed uguaglianza, di cui all'art. 3, primo comma, Cost. della menzionata previsione di cui all'art. 15, comma 3, della legge della Regione Calabria 11 agosto 2004, n. 18, che impedisce il rilascio di accreditamenti nei settori indicati, fino alla determinazione del fabbisogno di prestazioni. Appare intrinsecamente irrazionale una norma che pone un blocco assoluto ed a tempo indeterminato degli accreditamenti in rilevanti settori, quali quelli della specialistica ambulatoriale e della diagnostica strumentale e di laboratorio, e cio' in funzione della determinazione del relativo fabbisogno e, quindi, dello stesso elemento che, secondo la legislazione statale, deve costituire il punto di riferimento per l'esercizio della funzione discrezionale correlata al rilascio degli accreditamenti. La norma non si limita, infatti, a sottolineare l'esigenza, del tutto scontata alla luce della legislazione vigente, di collegare il rilascio degli accreditamenti alla determinazione del fabbisogno, ma pone un divieto legislativo, non definito sotto il profilo temporale, tautologicamente correlato a tale operazione di determinazione. D'altra parte, la condizione cui la norma subordina lo sblocco del sistema non appare realizzabile, giacche', come precisato nella nota del 18 maggio 2006 dell'Agenzia per i servizi sanitari regionali, prodotta dalla societa' ricorrente, non rientra tra i compiti istituzionali dell'agenzia la fissazione di standard di riferimento ai fini della determinazione del fabbisogno delle prestazioni in questione, ai sensi e per gli effetti della norma di cui all'art. 8-quater del d.lgs. n. 502/1992. 5.2. -- Occorre aggiungere che la norma in questione contempla esplicitamente e cristallizza una situazione di discriminazione in danno di alcuni soggetti pur in possesso dei requisiti per l'accreditamento ed a favore di altri che, anche in forza di previsioni di sanatoria, si sono trovati ad operare per conto del S.S.N. nell'ambito di un sistema sostanzialmente chiuso. Cio', secondo quanto ritiene il Collegio, implica una violazione del principio di uguaglianza di cui allo stesso art. 3 Cost., in quanto la norma consente e consolida un trattamento differenziato tra operatori economici che, alla luce dei principi vigenti in materia, avrebbero uguale titolo per conseguire l'accreditamento e, quindi, per svolgere attivita' sanitarie per conto del S.S.N. 6. -- Si e' accennato poc'anzi al fatto che la norma di cui si tratta conduce alla cristallizzazione di un sistema chiuso, nel quale si trovano ad operare solo alcune strutture, senza possibilita' di accesso per altre. Sotto questo aspetto, la norma appare in contrasto con il disposto dell'art. 117 Cost., implicando una chiara violazione dei principi della normativa statale in materia, che, con l'introduzione del sistema dell'accreditamento istituzionale, ha inteso delineare un sistema aperto, basato essenzialmente sul possesso di requisiti di qualificazione. Con l'adozione del sistema dell'accreditamento il legislatore nazionale ha operato una netta rottura rispetto al precedente sistema delle convenzioni, che, anche a causa delle spinte provenienti dagli operatori convenzionati, aveva reso possibile il consolidamento di un circuito chiuso di soggetti operanti per conto del Servizio sanitario nazionale. Una norma che condiziona il rilascio di nuovi accreditamenti a condizioni vaghe ed incerte, se non addirittura irrealizzabili, reintroduce di fatto un sistema nel quale l'erogazione delle prestazioni e' assicurata da una cerchia definita di soggetti, senza possibilita' di accesso per altri. 7. -- L'introduzione dell'istituto dell'accreditamento istituzionale, basato su requisiti di qualificazione degli operatori, e' volta, evidentemente, a realizzare obiettivi di efficienza ed efficacia dell'azione che si esplica con l'erogazione di prestazioni sanitarie. Il perseguimento di tali obiettivi di efficienza e di efficacia, mediante l'imposizione agli operatori di determinati standard qualitativi e quantitativi di carattere strutturale e funzionale, risulta direttamente correlato alla soddisfazione del principio di buon andamento della pubblica amministrazione di cui all'art. 97 Cost. L'art. 15, comma 3, della l.r. n. 18/2004 pone una norma che, almeno a giudizio del Collegio, impedisce sostanzialmente e per un arco di tempo non preventivabile l'operare dei meccanismi propri dell' accreditamento istituzionale, ostando ad un'effettiva selezione degli operatori, basata sui requisiti di qualificazione e, quindi, sul rispetto di determinati standard, fissati al fine di elevare il livello qualitativo del servizio. Ritiene, pertanto, il tribunale che la norma, sotto questo profilo, risulti in contrasto con il principio di buon andamento, consacrato nell'art. 97 Cost. 7. -- Quanto alla rilevanza della questione, si e' detto in precedenza che le uniche ragioni poste a fondamento del provvedimento di diniego oggetto di impugnazione da parte della societa' ricorrente sono quelle connesse al divieto imposto dalla norma di cui al menzionato art. 15 al rilascio di accreditamenti. Tale norma, d'altra parte, a giudizio del tribunale, non e' suscettibile di interpretazione diversa rispetto a quella fatta propria dall'amministrazione resistente. L'eventuale dichiarazione di illegittimita' costituzionale avrebbe, pertanto, diretta incidenza sulla valutazione di legittimita' del provvedimento impugnato, determinando il venire meno dell'unico elemento in base al quale e' stato disposto il diniego. 8. -- In conclusione, il Collegio ritiene rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale della norma di cui all'art. 15, comma 3, della legge della Regione Calabria 11 agosto 2004, n. 18, il cui testo e' stato sopra integralmente richiamato, per contrasto con gli articoli 3, 97 e 117 della Costituzione. Il giudizio, pertanto, va sospeso e gli atti vanno rimessi alla Corte costituzionale per il giudizio incidentale di costituzionalita'.
P. Q. M. Visto l'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87; Dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di illegittimita' costituzionale della norma di cui all'art. 15, comma 3, della legge della Regione Calabria 11 agosto 2004, n. 18, per contrasto con gli articoli 3, 97 e 117 della Costituzione. Sospende il presente giudizio e dispone l'immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale. Ordina alla segreteria di notificare la presente ordinanza alle parti in causa ed al Presidente del Consiglio dei ministri, nonche' di comunicare la stessa ai Presidenti delle due Camere del Parlamento. Cosi' deciso in Catanzaro, nella Camera di consiglio del 23 marzo 2007. Il Presidente: Mastrocola L'estensore: Iannini