N. 1 SENTENZA 14 - 18 gennaio 2008

Giudizio di legittimita' costituzionale in via principale.

Giudizio  di  legittimita' costituzionale in via principale - Ricorso
  delle   Regioni   Toscana,  Piemonte,  Campania,  Emilia-Romagna  e
  Friuli-Venezia Giulia - Impugnazione di numerose disposizioni della
  legge  23  dicembre 2005, n. 266 - Trattazione delle sole questioni
  relative  all'art.  1,  commi  da  483  a 492, in materia di grandi
  derivazioni  d'acqua  a scopo idroelettrico - Decisione sulle altre
  questioni riservata a separate pronunce.
- Legge 23 dicembre 2005, n. 266, art. 1, commi da 483 a 492. Energia
  - Norme della legge finanziaria 2006 - Concessioni idroelettriche -
  Modifiche  all'art.  12  del  decreto  legislativo n. 79 del 1999 e
  disciplina  transitoria  -  Ricorso  della  Regione  Friuli-Venezia
  Giulia   -   Asserita   lesione  delle  attribuzioni  statutarie  -
  Conferimento  della  potesta' legislativa concorrente in materia di
  energia  in  virtu'  del  richiamo operato dall'art. 10 della legge
  costituzionale   n. 3  del  2001  -  Conseguente  legittimazione  a
  sollevare questione di legittimita' costituzionale.
- Legge 23 dicembre 2005, n. 266, art. 1, commi da 483 a 492.
- D.Lgs.  25 maggio 2001, n. 265; Costituzione art. 117, comma terzo;
  legge  costituzionale  18  ottobre  2001,  n. 3, art. 10. Energia -
  Norme  della  legge finanziaria 2006 - Concessioni idroelettriche -
  Modifiche  all'art.  12  del  decreto  legislativo n. 79 del 1999 e
  disciplina  transitoria  -  Ricorso  della Regione Emilia-Romagna -
  Asserita  lesione  delle  prerogative  regionali  per  non adeguato
  vaglio  parlamentare  nonche' del principio di leale collaborazione
  per   mancata   considerazione  del  parere  negativo  espresso  in
  Conferenza  Stato-Regioni  -  Esclusione  -  Non  fondatezza  della
  questione.
- Legge 23 dicembre 2005, n. 266, art. 1, commi da 483 a 492.
- Costituzione, art. 72. Energia - Norme della legge finanziaria 2006
  -  Concessioni idroelettriche - Trasferibilita' del ramo di azienda
  cui   e'   riferibile   la   concessione   di   grande  derivazione
  idroelettrica  -  Ricorso  delle Regioni Campania, Emilia-Romagna e
  Friuli-Venezia Giulia - Asserita lesione delle potesta' legislative
  regionali  e  del  principio  di leale collaborazione - Mancanza di
  motivazione delle questioni e inconferente richiamo al principio di
  leale collaborazione - Inammissibilita' delle questioni.
- Legge 23 dicembre 2005, n. 266, art. 1, commi 489 e 490.
- Costituzione,  art.  117,  comma terzo. Energia - Norme della legge
  finanziaria  2006 - Concessioni idroelettriche - Modifiche all'art.
  12  del  decreto legislativo n. 79 del 1999 - Ricorso delle Regioni
  Campania  e Friuli-Venezia Giulia - Asserita lesione delle potesta'
  legislative  regionali  e  del  principio di leale collaborazione -
  Riferibilita'  della  disposizione  censurata  alle  sole posizioni
  della  Regione  Valle d'Aosta e delle Province autonome di Trento e
  di  Bolzano  -  Assenza  di interesse al ricorso - Inammissibilita'
  della questione.
- Legge 23 dicembre 2005, n. 266, art. 1, comma 484.
- Costituzione,  art.  117,  comma terzo. Energia - Norme della legge
  finanziaria  2006 - Concessioni idroelettriche - Modifiche all'art.
  12 del decreto legislativo n. 79 del 1999 - Espletamento di gara ad
  evidenza  pubblica  nei  casi  di  scadenza,  decadenza, rinuncia o
  revoca  di concessione di grande derivazione d'acqua - Disposizione
  non  lesiva  delle competenze regionali rientrando la materia nella
  «tutela della concorrenza», di competenza esclusiva statale.
- Legge 23 dicembre 2005, n. 266, art. 1, comma 483, prima parte.
- Costituzione, artt. 97, 117, comma terzo, 118, 119 e 120. Energia -
  Norme  della  legge finanziaria 2006 - Concessioni idroelettriche -
  Modifiche  all'art.  12  del  decreto  legislativo n. 79 del 1999 -
  Procedura  di  gara  per  l'assegnazione  di  concessione di grande
  derivazione  d'acqua  a  scopo  idroelettrico  - Determinazione con
  decreto  ministeriale  dei  requisiti  organizzativi  e  finanziari
  minimi,  dei  parametri  di  aumento  dell'energia prodotta e della
  potenza  installata  -  Ricorso  delle  Regioni  Toscana, Campania,
  Piemonte   ed   Emilia-Romagna   -   Violazione   della  competenza
  concorrente   regionale  in  materia  di  produzione,  trasporto  e
  distribuzione     nazionale     dell'energia,    nonche'    mancato
  coinvolgimento  delle  Regioni  nel  procedimento  amministrativo -
  Illegittimita' costituzionale in parte qua.
- Legge 23 dicembre 2005, n. 266, art. 1, comma 483, seconda parte.
- Costituzione, artt. 97, 117, comma terzo, 118, 119 e 120. Energia -
  Norme  della  legge finanziaria 2006 - Concessioni idroelettriche -
  Proroga  delle  concessioni  di grandi derivazioni d'acqua in corso
  alla  data  di  entrata  in  vigore  della  legge n. 266 del 2005 -
  Ricorso   delle   Regioni   Campania,  Piemonte,  Emilia-Romagna  e
  Friuli-Venezia  Giulia  -  Previsione,  da  parte  del  legislatore
  statale,  di norma di dettaglio lesiva della competenza legislativa
  concorrente  delle  Regioni  in  materia di produzione, trasporto e
  distribuzione     nazionale     dell'energia    -    Illegittimita'
  costituzionale.
- Legge 23 dicembre 2005, n. 266, art. 1, comma 485.
- Costituzione, artt. 97, 117, comma terzo, 118, 119 e 120. Energia -
  Norme  della  legge finanziaria 2006 - Concessioni idroelettriche -
  Disciplina  di dettaglio del regime di proroga delle concessioni di
  grandi  derivazioni d'acqua in corso alla data di entrata in vigore
  della  legge  n. 266  del  2005  -  Ricorso delle Regioni Campania,
  Piemonte,  Emilia-Romagna e Friuli-Venezia Giulia - Declaratoria di
  illegittimita'  costituzionale  concernente il regime della proroga
  delle  concessioni  in  atto - Illegittimita' costituzionale in via
  consequenziale della disciplina denunciata.
- Legge 23 dicembre 2005, n. 266, art. 1, commi 486, 487 e 488.
- Costituzione, artt. 97, 117, comma terzo, 118, 119 e 120. Energia -
  Norme  della  legge finanziaria 2006 - Concessioni idroelettriche -
  Autoqualificazione  della  materia delle concessioni idroelettriche
  come  attinente  alla  materia  della  tutela  della  concorrenza -
  Ricorso delle Regioni Toscana, Campania, Piemonte, Emilia-Romagna e
  Friuli-Venezia  Giulia  -  Asserita  insussistenza  del  potere  di
  autoqualificazione  in  capo  al  legislatore  statale  -  Ritenuta
  lesione  delle  potesta'  legislative  regionali e del principio di
  leale  collaborazione  -  Esclusione  -  Insussistente lesivita' di
  disposizione  autoqualificatoria,  di  per  se'  priva di carattere
  precettivo e vincolante - Inammissibilita' della questione.
- Legge 23 dicembre 2005, n. 266, art. 1, comma 491.
- Costituzione, artt. 97, 117, comma terzo, 118, 119 e 120. Energia -
  Norme  della  legge finanziaria 2006 - Concessioni idroelettriche -
  Modifiche  all'art.  12  del  decreto  legislativo n. 79 del 1999 e
  disciplina  transitoria - Obbligo di armonizzazione delle Regioni e
  delle  Province autonome alle disposizioni di cui ai commi da 483 a
  491 dell'art. 1 della legge n. 266 del 2005 - Ricorso delle Regioni
  Campania  ed  Emilia-Romagna  -  Censura non sorretta da specifiche
  argomentazioni.
- Legge 23 dicembre 2005, n. 266, art. 1, comma 492.
- Costituzione,  art.  117,  comma terzo. Energia - Norme della legge
  finanziaria  2006 - Concessioni idroelettriche - Modifiche all'art.
  12  del decreto legislativo n. 79 del 1999 e disciplina transitoria
  - Obbligo di armonizzazione delle Regioni e delle Province autonome
  alle  disposizioni  di  cui ai commi da 483 a 491 dell'art. 1 della
  legge n. 266 del 2005 - Ricorso della Regione Friuli-Venezia Giulia
  -  Lamentata  lesione  della  potesta'  legislativa residuale - Non
  riconducibilita'  della  materia  delle  acque pubbliche utilizzate
  come fonte di energia alla competenza residuale regionale.
- Legge 23 dicembre 2005, n. 266, art. 1, comma 492.
- Costituzione,  art.  117, comma quarto. Energia - Norme della legge
  finanziaria  2006 - Concessioni idroelettriche - Modifiche all'art.
  12  del decreto legislativo n. 79 del 1999 e disciplina transitoria
  - Obbligo di armonizzazione delle Regioni e delle Province autonome
  alle  disposizioni  di  cui ai commi da 483 a 491 dell'art. 1 della
  legge n. 266 del 2005 - Ricorso della Regione Friuli-Venezia Giulia
  - Esclusione dell'obbligo di adeguamento anche alle disposizioni di
  cui  ai  commi  da  485  a  488, gia' dichiarati costituzionalmente
  illegittimi  - Omessa previsione - Illegittimita' costituzionale in
  parte qua.
- Legge 23 dicembre 2005, n. 266, art. 1, comma 492.
- Costituzione, art. 117, comma terzo.
(GU n.4 del 23-1-2008 )
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
composta  dai  signori:  Presidente:  Franco  BILE; Giudici: Giovanni
Maria  FLICK,  Francesco  AMIRANTE,  Ugo  DE SIERVO, Paolo MADDALENA,
Alfio  FINOCCHIARO,  Alfonso  QUARANTA, Franco GALLO, Luigi MAZZELLA,
Gaetano  SILVESTRI,  Sabino  CASSESE,  Maria  Rita  SAULLE,  Giuseppe
TESAURO, Paolo Maria NAPOLITANO; ha pronunciato la seguente
                              Sentenza
nei  giudizi di legittimita' costituzionale dell'art. 1, commi da 483
a  492,  della  legge  23  dicembre 2005, n. 266 (Disposizioni per la
formazione  del  bilancio  annuale  e pluriennale dello Stato - legge
finanziaria  2006),  promossi  con  ricorsi  delle  Regioni  Toscana,
Piemonte,   Campania,   Emilia-Romagna   e   Friuli-Venezia   Giulia,
notificati  il  22,  il  24  e  il  27  febbraio  2006, depositati in
cancelleria  il  28  febbraio, il 3 e 4 marzo 2006 ed iscritti ai nn.
28, 35, 36, 39 e 41 del registro ricorsi 2006.
Visti  gli  atti  di  costituzione  del  Presidente del Consiglio dei
ministri;
Udito  nell'udienza  pubblica del 23 ottobre 2007 il giudice relatore
Paolo Maddalena;
Uditi  gli avvocati Franco Mastragostino, Giandomenico Falcon e Luigi
Manzi  per  la  Regione  Emilia-Romagna,  Giandomenico  Falcon per la
Regione  Friuli-Venezia  Giulia,  Lucia  Bora per la Regione Toscana,
Emiliano  Amato  e  Anita  Ciavarra per la Regione Piemonte, Vincenzo
Cocozza  per la Regione Campania e l'avvocato dello Stato Glauco Nori
per il Presidente del Consiglio dei ministri;
                          Ritenuto in fatto
1.  -  Con  cinque  distinti  ricorsi  le  Regioni Toscana, Piemonte,
Campania,  Emilia-Romagna  e  Friuli-Venezia  Giulia  hanno  promosso
questioni  di legittimita' costituzionale di varie disposizioni della
legge  23  dicembre  2005, n. 266 (Disposizioni per la formazione del
bilancio annuale e pluriennale dello Stato - legge finanziaria 2006),
tra  le quali, in tutto o in parte, quelle dettate dall'art. 1, commi
da  483  a  492,  in  materia  di grandi derivazioni di acqua a scopo
idroelettrico.
Il  presente  giudizio  attiene  unicamente a tali ultime previsioni,
essendo le altre questioni trattate separatamente.
1.1.  -  I predetti commi da 483 a 492 dell'art. 1 della legge n. 266
del  2005  introducono  un'articolata disciplina delle concessioni di
grandi  derivazioni  di  acqua  a scopo idroelettrico, prevedendo sia
regole  immediate  e  transitorie  sia regole destinate ad operare «a
regime».
1.2.  - A tale secondo ambito sono riconducibili la regola della gara
pubblica  (comma  483),  quale  principio generale per l'attribuzione
delle concessioni, e quelle relative alla trasferibilita' del ramo di
azienda  relativo all'esercizio della concessione stessa (commi 489 e
490).
1.3.  -  Immediata  applicazione  sono  invece  destinate ad avere le
regole  dettate  in  tema  di proroga di dieci anni delle concessioni
esistenti (comma 485).
Tale  proroga  e'  normativamente  (comma 485) posta in relazione «ai
tempi   di   completamento   del   processo   di  liberalizzazione  e
integrazione  europea  del  mercato  interno  dell'energia elettrica,
anche  per  quanto  riguarda  la  definizione  di  principi comuni in
materia  di  concorrenza  e  parita'  di trattamento nella produzione
idroelettrica».
Essa  e'  subordinata  anzitutto  al  pagamento  per  quattro anni, a
decorrere  dal  2006, di un canone aggiuntivo unico calcolato in base
alla  potenza energetica nominale installata, che viene ripartito per
cinque  sesti  allo  Stato  e  per  il restante ai Comuni interessati
(comma 486).
Per  beneficiare  della  proroga  sono  inoltre necessari (comma 485)
interventi  di  ammodernamento  degli  impianti,  che  sono  ritenuti
congrui  alle  condizioni  (quantitative,  qualitative  e  temporali)
previste dal comma 487.
Il  comma  488 disciplina le modalita' di presentazione delle domande
di   proroga,   quelle   degli   accertamenti  delle  amministrazioni
competenti  e  gli  effetti (decadenza dalla concessione) del mancato
completamento degli investimenti di ammodernamento.
1.4.  -  I commi 491 e 492 qualificano le disposizioni predette quali
regole   dettate  in  materia  di  tutela  della  concorrenza  ed  in
attuazione  degli impegni comunitari dello Stato e fissano il termine
(novanta   giorni)   alle  Regioni  ed  alle  Province  autonome  per
armonizzare i propri ordinamenti con la nuova disciplina.
Il  comma  484,  in  questo  ambito,  abroga  l'art.  16  del decreto
legislativo 16 marzo 1999, n. 79 (Attuazione della direttiva 96/92/CE
recante  norme comuni per il mercato interno dell'energia elettrica),
che,   nel   disciplinare   la   materia   delle  grandi  concessioni
idroelettriche,  faceva salve le prerogative statutarie della Regione
autonoma  Valle  d'Aosta  e  delle  Province  autonome di Trento e di
Bolzano e demandava il necessario coordinamento agli speciali decreti
legislativi di attuazione statutaria.
2.  -  Con  ricorso  notificato  il  22  febbraio 2006, depositato il
successivo  28  febbraio  ed  iscritto  al n. 28 del registro ricorsi
dell'anno   2006,   la   Regione  Toscana  denuncia  l'illegittimita'
costituzionale  dei  commi  483,  486  e  491 dell'art. 1 della legge
n. 266   del  2005,  in  riferimento  agli  artt.  117  e  118  della
Costituzione.
2.1.  - La ricorrente censura, anzitutto, il comma 491, che qualifica
il  complessivo  intervento  normativo  statale  come  attinente alla
materia  della  tutela della concorrenza e di attuazione dei principi
comunitari resi con il parere della Commissione europea del 7 gennaio
2004.
La  censura e' fondata sul rilievo che la disciplina in questione non
atterrebbe solo alla tutela della concorrenza, di competenza statale,
ma  interferirebbe  con  le competenze regionali concorrenti relative
alla produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell'energia, al
demanio idrico ed alla pianificazione, queste ultime rientranti nelle
materie  del  governo  del territorio e della valorizzazione dei beni
culturali ed ambientali.
La  Regione  Toscana  richiama  in  proposito la sentenza della Corte
costituzionale  n. 133 del 2005, che avrebbe ricondotto la disciplina
delle  grandi  concessioni  idroelettriche alla materia di competenza
concorrente dell'energia.
La  ricorrente  specifica,  inoltre,  che la natura trasversale della
competenza  statale  in  tema  di  concorrenza  non  eliminerebbe  le
competenze regionali sopra ricordate, sicche' la previsione del comma
491,  che  non  tiene  in  alcun  conto  tali  competenze, sarebbe in
contrasto con gli artt. 117, terzo comma, e 118 della Costituzione.
Ne'  rilevante  a  fondare la competenza normativa statale esercitata
sarebbe  il richiamo dell'attuazione del diritto comunitario, poiche'
l'adeguamento  a  quest'ultimo ben avrebbe potuto realizzarsi, a dire
della  Regione  Toscana,  mediante  la  mera  previsione  di norme di
principio, con salvezza della concorrente competenza regionale.
2.2.  -  Carattere  consequenziale  alla illegittimita' del comma 491
avrebbe,  sempre  secondo la difesa regionale, la incostituzionalita'
degli impugnati commi 483 e 486.
Il  comma 483 viene censurato, sempre in riferimento agli artt. 117 e
118 della Costituzione, nella parte in cui, modificando l'art. 12 del
decreto  legislativo n. 79 del 1999, stabilisce che con provvedimento
del  Ministro delle attivita' produttive, di concerto con il Ministro
dell'ambiente  e  della  tutela  del  territorio,  sono determinati i
requisiti  organizzativi  e finanziari minimi, i parametri di aumento
dell'energia  prodotta  e  della  potenza  installata  concernenti la
procedura di gara.
Tale  previsione  violerebbe,  secondo  la  ricorrente, le competenze
regionali  in materia di demanio idrico, di corretta programmazione e
gestione   delle   acque   pubbliche  e  di  energia,  in  quanto  il
provvedimento  ministeriale  in  questione  dovrebbe  essere adottato
d'intesa  con la Conferenza Stato-Regioni, mentre la norma omette del
tutto un coinvolgimento delle Regioni.
La  Regione  Toscana  richiama, in proposito, la sentenza della Corte
costituzionale  n. 383 del 2005, la quale avrebbe ritenuto necessaria
un'intesa  in  senso  forte  tra  gli  organi statali e la Conferenza
unificata,  in  materia  di  produzione,  trasporto  e  distribuzione
nazionale  dell'energia,  stante  la  connessione  e  l'incidenza dei
poteri  statali  con  molteplici  materie  di  competenza legislativa
concorrente.
2.3.  -  Il  comma  486 viene, infine, censurato, in riferimento agli
artt.  117  e  118  della Costituzione, in quanto l'introduzione e la
determinazione  di  un  canone  aggiuntivo e la sua attribuzione allo
Stato  ed  ai Comuni interessati violerebbero le competenze regionali
in  materia  di demanio idrico, di corretta programmazione e gestione
delle acque pubbliche e di energia, secondo le quali spetterebbe alla
Regione   di   essere   coinvolta   in   ordine  al  procedimento  di
quantificazione,  incameramento  e  determinazione  dell'utilizzo del
canone di concessione aggiuntivo introdotto dalla norma.
3. - Il Presidente del Consiglio dei ministri, in ordine alle censure
proposte  dalla  Regione Toscana avverso i commi 483, 486 e 491 della
legge  n. 266  del  2005,  ha depositato un atto di costituzione, nel
quale eccepisce l'inammissibilita' o l'infondatezza del ricorso.
3.1. - Quanto al comma 491, l'Avvocatura rileva che la qualificazione
normativa  della  materia  dell'intervento normativo, alla luce della
giurisprudenza  di  questa  Corte,  non  avrebbe  valore  deontico  e
prescrittivo, ma costituirebbe solo una «convinzione» dello Stato.
La disposizione in questione, pertanto, non produrrebbe alcun vincolo
giuridico,  con conseguente inammissibilita' del ricorso per mancanza
di lesivita' della norma censurata.
3.2.  -  Quanto  al  comma  483,  la  difesa  erariale ritiene che la
previsione   rientri   effettivamente  nella  materia,  di  esclusiva
competenza  statale,  della  tutela della concorrenza, riguardando le
procedure  di  gara  e  non  la produzione, trasporto e distribuzione
dell'energia.  In  altri  termini,  la  disposizione  non regolerebbe
affatto  il  modo  di  produrre  l'energia,  ma detterebbe unicamente
misure  per  assicurare  il carattere pienamente concorrenziale della
procedura di scelta del concessionario.
3.3.  - Quanto, infine, al comma 486, il Presidente del Consiglio dei
ministri  ritiene  che  il ricorso sia, anzitutto, inammissibile, non
essendo  desumibile  da  esso  quale  sia il parametro costituzionale
violato.
La  questione  sarebbe  comunque  infondata,  in  quanto la norma non
toccherebbe la durata delle concessioni, ma solo i relativi canoni, i
quali,  a  loro volta, costituendo una entrata statale, non sarebbero
determinabili se non dallo Stato.
L'ammontare   del   canone,  d'altro  canto,  non  inciderebbe  sulle
modalita'  di  utilizzazione  del  demanio  idrico  e  nemmeno  sulla
corretta  programmazione  e  gestione  delle  acque  pubbliche, e, di
conseguenza, non darebbe luogo a violazioni di competenze regionali.
4.  -  Con  ricorso  notificato  il  24  febbraio 2006, depositato il
successivo  3  marzo  e  iscritto  al  numero 35 del registro ricorsi
dell'anno  2006  la  Regione  Piemonte censura i commi 483, 485, 487,
488,  491  e  492  dell'art.  1  della  legge  n. 266  del  2005,  in
riferimento agli artt. 117, 118, 119, 120 e 97 della Costituzione.
4.1.  -  La  Regione  Piemonte contesta, anzitutto, il comma 491, che
espressamente  riconduce  l'intervento  normativo  alla materia della
tutela  della  concorrenza ed all'attuazione del diritto comunitario,
sostenendo  che le funzioni in ordine alle grandi derivazioni a scopo
idroelettrico  e,  piu'  in  generale,  in  ordine  alla gestione del
demanio  idrico,  la  ricerca, l'estrazione ed utilizzazione di acque
sotterranee,  la  tutela  del  sistema idrico sotterraneo, nonche' la
determinazione  dei  canoni  di concessione e l'introito dei relativi
canoni siano di competenza regionale.
La  ricorrente  richiama  la  propria legge regionale 26 aprile 2000,
n. 44,  ricordando  che  con essa e' stata data attuazione al decreto
legislativo 31 marzo 1998, n. 112 (Conferimento di funzioni e compiti
amministrativi  dello  Stato  alle  regioni  ed  agli enti locali, in
attuazione  del  capo I della legge 15 marzo 1997, n. 59) ed invoca i
principi di sussidiarieta' e di leale collaborazione quali fondamento
delle proprie competenze in materia.
La  ricorrente  Regione  Piemonte  chiarisce,  peraltro,  di avere la
potesta'  legislativa  in  materia  di  grandi derivazioni di acqua a
scopo  idroelettrico  ai  sensi  dell'art.  117,  terzo  comma, della
Costituzione,  in  quanto  la  disciplina  di  dette  concessioni  e'
strettamente  intrecciata con la materia del governo del territorio e
della produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell'energia.
L'intervento  normativo  statale, pertanto, intervenendo nei suddetti
settori   sarebbe   lesivo  della  competenza  regionale,  stante  il
carattere di estremo dettaglio ed il carattere totalmente unilaterale
della  disciplina,  che e' stata adottata senza tenere in alcun conto
le  obiezioni  regionali manifestate in sede di Conferenza permanente
Stato-Regioni   sullo   schema   di   decreto   legislativo   recante
l'attuazione  della direttiva 2003/54/CE (poi incorporato nella legge
finanziaria  dello  Stato  mediante  le  previsioni  censurate),  ne'
garantirebbe  alcun  momento  concertativo e di coordinamento volto a
conciliare  le  esigenze  unitarie con quelle rappresentate dall'ente
territoriale.
4.2. - La Regione Piemonte censura, poi, il comma 485, che prevede, a
determinate  condizioni,  la proroga dei rapporti concessori in atto,
precisando  che  tale previsione precluderebbe il legittimo esercizio
da parte delle Regioni delle funzioni ad esse spettanti in materia di
gestione  del  demanio  e  di tutela ambientale del patrimonio idrico
regionale.
La  proroga,  secondo  la  Regione,  lascerebbe inalterate per troppo
tempo  le  condizioni  di  utilizzo delle acque pubbliche definite da
disciplinari  di  concessione  sottoscritti ormai da decenni e quindi
inadeguate   rispetto   all'evoluzione   normativa,  socio-economica,
tecnica   e   degli   stessi   fenomeni  fisici,  impedendo  all'ente
territoriale l'esercizio adeguato delle relative funzioni.
4.3.  -  La Regione Piemonte censura, infine, il comma 483 ed i commi
485 e 487, in quanto essi, rimettono ad organi statali la definizione
dei  requisiti  organizzativi  e  finanziari minimi, dei parametri di
aumento  dell'energia prodotta e della potenza installata concernenti
la  procedura  di  gara,  nonche'  del  miglioramento  e  risanamento
ambientale  del  bacino  idrografico  di pertinenza, e determinano la
congruita'  degli  interventi  di  ammodernamento degli impianti, ivi
compreso   il   miglioramento   delle   prestazioni   energetiche  ed
ambientali,  ed  in  tal  senso non terrebbero conto delle richiamate
competenze  regionali e mancherebbero di alcun meccanismo procedurale
e  finanche  di  una sede di confronto che assicuri il coinvolgimento
degli  enti  territoriali,  istituzionalmente  chiamati  a valutare e
condividere  scelte  che  vengono  ad  incidere direttamente sul loro
territorio.
5. - Il Presidente del Consiglio dei ministri, in ordine alle censure
proposte  dalla  Regione Piemonte avverso i commi 483, 485, 487, 488,
491  e  492  della  legge  n. 266  del 2005, ha depositato un atto di
costituzione, nel quale eccepisce l'inammissibilita' o l'infondatezza
del ricorso.
5.1.  - L'Avvocatura rileva, anzitutto, che dal ricorso non sarebbero
desumibili  i  parametri  costituzionali evocati, con conseguente sua
inammissibilita'.
5.2.  -  Parimenti  inammissibile  sarebbe  il  richiamo  al  decreto
legislativo  n. 112  del  1998, trattandosi di una norma ordinaria di
delega  di  funzioni, liberamente modificabile da parte dello Stato e
non deducibile quale parametro in un giudizio di costituzionalita'.
5.3.   -  Quanto  al  richiamo  dell'art.  117,  terzo  comma,  della
Costituzione,  in  relazione alle materie del governo del territorio,
non  sarebbe poi chiaro, secondo la difesa erariale, «in qual modo le
disposizioni  impugnate»  potrebbero  interferire  «sul  governo  del
territorio  quando,  nel  loro  complesso, comportano il mantenimento
della  situazione  idraulica  preesistente  senza  che siano previste
opere  innovative  e senza che, pertanto, siano interessati i profili
territoriali delle zone interessate».
5.4.   -  Sempre  in  via  di  generale  contestazione  del  ricorso,
l'Avvocatura  sostiene  che  la  normativa recata dai commi 483, 485,
487,  488,  491  e  492  dell'art.  1  della  legge  n. 266  del 2005
inciderebbe  soltanto in via indiretta sulla produzione dell'energia,
essendo  diretta soprattutto agli aspetti amministrativi dei rapporti
che  continuano  ad  essere  disciplinati  dagli  originari  atti  di
concessione.
5.5. - Le norme impugnate, inoltre, sarebbero comunque vincolanti per
la  Regione,  in  quanto, seppure non fossero ritenute attinenti alla
materia  della  tutela della concorrenza, costituirebbero nella quasi
totalita'    principi   fondamentali   rivolti   ad   assicurare   la
funzionalita' della rete nazionale.
5.6.  - Il resistente Presidente del Consiglio dei ministri sviluppa,
poi,  questi  ulteriori  rilievi  in ordine alle singole disposizioni
impugnate.
5.6.1.  -  Il  comma  483  non  inciderebbe  sui  dedotti  ambiti  di
competenza  regionale,  in  quanto,  da  un lato, resterebbe salva la
possibilita'   per  l'amministrazione  competente  di  apprezzare  un
prevalente   interesse  pubblico  ad  un  diverso  uso  delle  acque,
dall'altro, non sarebbero previsti interventi sulla conformazione del
corso  delle acque, sicche' non potrebbe aversi alcun pregiudizio per
la funzione regionale di governo del territorio.
5.6.2.  -  Per  le  stesse  ragioni non sarebbe lesiva la proroga dei
rapporti concessori in corso prevista dal comma 485, limitandosi esso
a prolungare la situazione preesistente.
5.6.3.   -   Le  censure  riferite  ai  commi  487  e  488  sarebbero
inammissibili,    dacche'    meramente   enunciate,   senza   neppure
l'indicazione  delle  norme  o  dei  principi  costituzionali  che si
assumono violati.
5.6.4.  -  La censura del comma 491 sarebbe, infine inammissibile, in
quanto   la   «autoqualificazione»   della   materia  dell'intervento
normativo statale, alla luce della giurisprudenza costituzionale, non
avrebbe  valore  deontico  e  prescrittivo, ma costituirebbe solo una
«convinzione»  dello  Stato,  che,  come  tale, non produrrebbe alcun
vincolo giuridico.
6.  -  Con  ricorso  notificato  il  27  febbraio 2006, depositato il
successivo  3  marzo  ed  iscritto  al numero 36 del registro ricorsi
dell'anno 2006, la Regione Campania ha censurato i commi da 483 a 492
dell'art. 1 della legge n. 266 del 2005, in riferimento all'art. 117,
terzo   comma,   della   Costituzione   ed   al  principio  di  leale
collaborazione.
6.1.  -  La  Regione  Campania  ritiene che le disposizioni impugnate
presentino  un  contenuto omogeneo quanto a modalita' di disciplina e
settore  materiale  dell'intervento  e  che il momento unificante sia
fornito  dalla stessa legge con la "autoqualificazione" delle stesse,
come  attinenti  alla  competenza esclusiva dello Stato in materia di
concorrenza.
Tali disposizioni, tuttavia, inciderebbero sulle competenze regionali
concorrenti  in  materia di governo del territorio, soprattutto sotto
il profilo delle concessioni demaniali, e della produzione, trasporto
e  distribuzione  dell'energia  e  sarebbero  illegittime,  in quanto
avrebbero   natura   di   dettaglio   e   non   prevederebbero  alcun
coinvolgimento  della  Regione nelle scelte. Il che configurerebbe, a
dire  della  ricorrente,  quantomeno, una violazione del principio di
leale collaborazione.
6.2.  -  Peraltro, secondo la ricorrente Regione Campania, neppure la
riconduzione  dell'intervento normativo statale al dichiarato fine di
tutela  della  concorrenza, giustificherebbe le previsioni censurate.
Trattandosi   di   una  materia  trasversale,  l'invocato  titolo  di
competenza  di  cui  all'art.  117,  secondo comma, lettera e), della
Costituzione  non  escluderebbe la necessita' di una partecipazione e
di un coinvolgimento della Regione nelle scelte de quibus.
7. - Il Presidente del Consiglio dei ministri, in ordine alle censure
proposte  dalla  Regione  Campania avverso i commi da 483 a 492 della
legge  n. 266  del  2005,  ha depositato un atto di costituzione, nel
quale  eccepisce  l'inammissibilita'  o  l'infondatezza  del ricorso,
sviluppando analiticamente i suoi argomenti in relazione alle singole
disposizioni impugnate.
7.1.  - Quanto al comma 483, la prospettata limitazione delle proprie
competenze nell'utilizzo del territorio non sussisterebbe, in quanto,
da  un  lato,  resterebbe salva la possibilita' per l'amministrazione
competente  di  apprezzare  un  prevalente  interesse  pubblico ad un
diverso   uso   delle   acque,  dall'altro,  non  sarebbero  previsti
interventi  sulla  conformazione  del  corso delle acque, sicche' non
potrebbe  aversi  alcun  pregiudizio  per  la  funzione  regionale di
governo del territorio.
7.2.  -  Quanto  al  comma  485,  che  secondo  la  Regione  Campania
opererebbe  nella  stessa direzione del comma 483, la difesa erariale
eccepisce l'inammissibilita' del ricorso, in quanto la ricorrente non
spiegherebbe  come  la  proroga  delle concessioni in corso ovvero il
prolungamento della situazione attuale possa incidere sul governo del
territorio.
7.3.  - Quanto al comma 486, la difesa erariale interpreta il ricorso
nel senso che la prospettazione regionale sia nel senso che il canone
aggiuntivo  a  favore  dello  Stato  opererebbe una distrazione delle
risorse spettanti alla Regione.
Per  il  Presidente  del  Consiglio dei ministri la questione sarebbe
inammissibile,   per   la  mancata  indicazione  di  alcun  parametro
costituzionale,  ed  infondata,  in quanto il canone aggiuntivo unico
previsto  dal  comma  486 avrebbe, appunto, carattere aggiuntivo e la
sua  mancata  percezione  da  parte  della  Regione  non  toccherebbe
l'importo  del  canone  gia'  dovuto  e  non comporterebbe, pertanto,
alcuna distrazione di risorse.
7.4.  -  Le  censure  riferite ai commi 487, 488, 489 e 490 sarebbero
inammissibili,    dacche'    meramente   enunciate,   senza   neppure
l'indicazione  delle  norme  o  dei  principi  costituzionali  che si
assumono violati.
7.5.  -  La  censura  del comma 491 sarebbe, infine inammissibile, in
quanto   la   «autoqualificazione»   della   materia  dell'intervento
normativo statale, alla luce della giurisprudenza costituzionale, non
avrebbe  valore  deontico  e  prescrittivo, ma costituirebbe solo una
«convinzione»  dello  Stato,  che,  come  tale, non produrrebbe alcun
vincolo giuridico.
8.  -  Con  ricorso  notificato  il  27  febbraio 2006, depositato il
successivo  3  marzo  ed  iscritto  al numero 39 del registro ricorsi
dell'anno 2006 la Regione Emilia-Romagna ha censurato i commi 483, da
485 a 481 (recte: 491) e 492 dell'art. 1 della legge n. 266 del 2005,
in  riferimento agli artt. 117, terzo comma, della Costituzione ed al
principio di leale collaborazione.
8.1.   -   La   ricorrente   Regione   Emilia-Romagna,   dopo   avere
analiticamente  ricostruito  l'evoluzione  normativa  in  materia  di
concessioni  di  grande  derivazione  a scopo idroelettrico, esprime,
anzitutto,  notevoli  riserve avverso il procedimento legislativo che
ha  portato  all'incorporazione  nella  legge  n. 266  del 2005 dello
schema   di   decreto   legislativo  di  attuazione  della  direttiva
2003/54/CE,  gia'  contestato  dalle Regioni nella sede tecnica della
Conferenza permanente Stato-Regioni.
Per  la  ricorrente,  che  specifica  di  non  volere  sollevare  una
questione    di   legittimita'   costituzionale   dell'intera   legge
finanziaria  per  vizio procedurale complessivo, atteso il dirompente
effetto  che  questo  avrebbe sul sistema, non si tratterebbe solo di
cattiva  tecnica redazionale, ma di «vero e proprio smarrimento delle
garanzie  costituzionali  che  si  ricollegano all'attento e regolare
procedimento  deliberativo  prescritto  dall'art.  72  Cost.». Per la
difesa  regionale,  l'intero  iter  legis  seguito (che avrebbe visto
l'esautoramento  della  Commissione referente e la compressione dello
stesso  esame  di merito in Aula, stante la posizione della questione
di  fiducia) costituirebbe «un motivo di illegittimita' specifico dei
commi  da 483 a 492, perche' la forzosa e improvvisata inserzione nel
testo  della  bozza  di  decreto legislativo nella legge finanziaria,
prodotta  dal "maxiemendamento", dimostra in tutta la sua evidenza la
lesione  delle prerogative delle Regioni a cui vengono imposte in tal
modo,  senza  un  adeguato  vaglio  parlamentare,  norme  su cui esse
avevano  gia' espresso parere fortemente negativo in sede istruttoria
in  Conferenza  Stato-Regioni».  Per  la  Regione  Emilia-Romagna, in
sostanza,   il   Governo  sarebbe  cosi'  riuscito  ad  imporre  tale
disciplina  alle  Regioni  «facendo  violenza, contestualmente, tanto
alle  garanzie  del  dibattito  parlamentare che a quelle della leale
collaborazione».
8.2.  -  Sempre  in  via  di  generale  contestazione dell'intervento
normativo  statale,  la ricorrente sostiene, poi, che le disposizioni
impugnate, se pure riferibili alla materia statale della tutela della
concorrenza,   inciderebbero   trasversalmente   sulle   materie   di
competenza legislativa concorrente del governo del territorio e della
produzione,  trasporto  e distribuzione nazionale dell'energia, oltre
che  sulla  tutela  del  valore  ambientale costituito dal patrimonio
idrico  regionale. E risulterebbero lesive della autonomia regionale,
in  quanto  avrebbero  natura  di  dettaglio  e  regolerebbero in via
unilaterale la materia, in totale assenza di strumenti concertativi e
di  coordinamento  «orizzontale» volti ad assicurare la conciliazione
tra  le  esigenze  unitarie  nazionali  ed  il  governo  autonomo del
territorio,  al quale afferisce la materia della gestione del demanio
idrico,  definita dagli artt. 86 ed 89 del decreto legislativo n. 112
del 1998.
La   Regione   Emilia-Romagna  richiama  l'orientamento  della  Corte
costituzionale (di cui richiama le sentenze nn. 303 e 370 del 2003, 6
del  2004,  50,  62, 219, 231, 242 e 383 del 2005), per il quale, nel
concorso  tra  competenze statali trasversali e competenze regionali,
la  legislazione  statale  sarebbe legittima solo ove: a) logicamente
pertinente  e  idonea alla regolazione della materia; b) strettamente
proporzionale  a  tale  fine;  c) adottata a seguito di procedure che
assicurino  la  partecipazione  dei  livelli  di  governo  coinvolti,
attraverso  strumenti  di leale collaborazione o, comunque, prevedano
adeguati  meccanismi  di  cooperazione per l'esercizio concreto delle
funzioni allocate presso gli organi centrali.
Nella  specie,  secondo la Regione, difetterebbero pero' tutti questi
presupposti.
8.2.1.  -  La  previsione  di  una proroga «secca per dieci anni» dei
rapporti  concessori  in corso (comma 485), in luogo di una procedura
di    rinnovo   che   «apra»   il   mercato,   lascerebbe,   infatti,
irragionevolmente  inalterate  per lunghissimo tempo le condizioni di
utilizzo   delle   acque   pubbliche   definite  da  disciplinari  di
concessione  sottoscritti  ormai  da  decenni  e,  quindi, inadeguate
rispetto  all'evoluzione  normativa, socio-economica, tecnica e degli
stessi fenomeni fisici e ambientali.
8.2.2.   -   La   stessa   previsione   sarebbe,   poi,   del   tutto
contraddittoria,  rispetto  al  principio  della gara contestualmente
affermato  dal  comma  483  e  rispetto proprio a quel fine di tutela
della   concorrenza   e   di   adeguamento  ai  principi  comunitari,
apparentemente   ed   «ambiguamente»   invocati   dal  legislatore  a
fondamento della disciplina.
A  dire della Regione, sarebbe stato sufficiente che la legge statale
avesse  consentito l'adeguamento delle concessioni da rinnovarsi alle
disposizioni  e  alle prescrizioni delle leggi e dei piani, statali e
regionali, in materia di energia e utilizzo delle acque pubbliche.
Al riguardo, la Regione Emilia-Romagna ricorda, poi, gli artt. da 140
a  142  e  da  152  a  156 della legge regionale 21 aprile 1999, n. 3
(Riforma del sistema regionale e locale), il regolamento regionale 20
novembre  2001, n. 41 (Regolamento per la disciplina del procedimento
di concessione di acqua pubblica) ed il recentemente approvato «Piano
di Tutela delle Acque».
8.2.3.  -  La  ricorrente  rimarca,  poi,  che  la competenza statale
trasversale  in  materia  di  concorrenza dovrebbe comunque limitarsi
alle  linee  generali,  ad  un  «quadro  di principi nei confronti di
regolazioni settoriali di fonte regionale».
Resterebbe  pertanto  esclusa  la  possibilita' di definire, con atti
ministeriali,  i  requisiti  organizzativi  e  finanziari  minimi,  i
parametri di aumento dell'energia prodotta e della potenza installata
concernenti   la  procedura  di  gara,  nonche'  il  miglioramento  e
risanamento ambientale del bacino idrografico di pertinenza, e quella
della  congruita'  degli interventi di ammodernamento degli impianti,
ivi  compreso  il  miglioramento  delle  prestazioni  energetiche  ed
ambientali (commi 483, 485 e 487).
8.2.4. - La Regione Emilia-Romagna censura, infine, specificamente il
comma  486,  il  quale prevede, quale corrispettivo della proroga, un
canone  aggiuntivo  unico  quadriennale a vantaggio dello Stato e dei
Comuni  interessati,  in quanto spetterebbe alla Regione stabilire ed
introitare  i  canoni  relativi  alle  concessioni di acqua pubblica,
tenuto anche conto che con tali entrate la Regione deve finanziare le
proprie  spese  connesse all'esercizio della funzione di gestione del
demanio idrico conferitale dallo Stato.
9. - Il Presidente del Consiglio dei ministri, in ordine alle censure
proposte  dalla  Regione Emilia-Romagna avverso i commi 483, da 485 a
491  e  492  della  legge  n. 266  del 2005, ha depositato un atto di
costituzione, nel quale eccepisce l'inammissibilita' o l'infondatezza
del ricorso, sviluppando analiticamente i suoi argomenti in relazione
alle singole disposizioni impugnate.
9.1.  -  Quanto  al  comma  483,  la  prospettata  limitazione  delle
competenze regionali di utilizzo del territorio non sussisterebbe, in
quanto,   da   un   lato,   resterebbe   salva  la  possibilita'  per
l'amministrazione  competente  di  apprezzare un prevalente interesse
pubblico  ad  un  diverso  uso delle acque, dall'altro, non sarebbero
previsti  interventi  sulla  conformazione  del  corso  delle  acque,
sicche'  non  potrebbe  aversi  alcun pregiudizio per la funzione del
governo del territorio.
9.2.   -   Quanto   al   comma  484,  la  difesa  erariale  eccepisce
l'inammissibilita'   del   ricorso,   in  quanto  la  ricorrente  non
spiegherebbe  come  la  proroga  delle concessioni in corso ovvero il
prolungamento  della  situazione attuale possano incidere sul governo
del territorio.
9.3.  -  Quanto  al  comma  486,  la  difesa  erariale ritiene che la
questione  sia  inammissibile,  per  la  mancata indicazione di alcun
parametro   costituzionale,   ed   infondato,  in  quanto  il  canone
aggiuntivo  unico  previsto dal comma 486 avrebbe, appunto, carattere
aggiuntivo  e  la  sua  mancata percezione da parte della Regione non
toccherebbe  l'importo  del  canone  gia' dovuto e non comporterebbe,
pertanto, alcuna distrazione di risorse.
9.4.  -  Le  censure  riferite ai commi 487, 488, 489 e 490 sarebbero
inammissibili,    dacche'    meramente   enunciate,   senza   neppure
l'indicazione  delle  norme  o  dei  principi  costituzionali  che si
assumono violati.
9.5.  -  La  censura  del comma 491 sarebbe, infine inammissibile, in
quanto   la   «autoqualificazione»   della   materia  dell'intervento
normativo statale, alla luce della giurisprudenza costituzionale, non
avrebbe  valore  deontico  e  prescrittivo, ma costituirebbe solo una
«convinzione»  dello  Stato,  che,  come  tale, non produrrebbe alcun
vincolo giuridico.
10.  -  Con  ricorso  notificato  il  27 febbraio 2006, depositato il
successivo  4  marzo  ed  iscritto  al numero 41 del registro ricorsi
dell'anno 2006, la Regione Friuli-Venezia Giulia ha censurato i commi
da  483 a 492 dell'art. 1 della legge n. 266 del 2005, in riferimento
al  decreto  legislativo  25 maggio 2001, n. 265 (Norme di attuazione
dello  Statuto  speciale  della  regione Friuli-Venezia Giulia per il
trasferimento  di  beni  del  demanio  idrico e marittimo, nonche' di
funzioni  in materia di risorse idriche e di difesa del suolo) ovvero
all'art. 117, terzo comma, della Costituzione.
10.1.  -  La  Regione  Friuli-Venezia  Giulia  ricorda, anzitutto, il
complesso   delle  sue  competenze  in  materia  di  demanio  idrico,
richiamando:
     a)  l'art.  1,  commi  1 e 3, del decreto legislativo n. 265 del
2001,  secondo  i  quali  sono trasferiti alla Regione Friuli-Venezia
Giulia  «tutti  i  beni  dello  Stato appartenenti al demanio idrico,
comprese  le acque pubbliche, gli alvei e le pertinenze, i laghi e le
opere  idrauliche,  situati  nel territorio regionale, con esclusione
del  fiume  Judrio,  nel  tratto,  classificato  di  prima categoria,
nonche'  dei  fiumi  Tagliamento  e  Livenza, nei tratti che fanno da
confine  con  la  Regione  Veneto»  e  «la  Regione esercita tutte le
attribuzioni inerenti la titolarita' dei beni trasferiti»;
     b)  l'art.  2,  commi  1 e 2, del decreto legislativo n. 265 del
2001,  che  dispongono  il  trasferimento  alla  Regione  di tutte le
funzioni  amministrative  relative  al demanio idrico che gia' non le
spettino,  ivi  comprese  quelle  relative  alle derivazioni ed opere
idrauliche,  e  la  delega  delle funzioni amministrative inerenti le
grandi derivazioni;
     c)  l'art.  3  del  decreto  legislativo  n. 265  del 2001, che,
aggiuntivamente,  trasferisce  alla  Regione  tutte  le  funzioni non
espressamente  indicate  nell'art.  88 del decreto legislativo n. 112
del 1998.
La  ricorrente  ricorda, inoltre, che il nuovo art. 117, terzo comma,
della  Costituzione  ha  attribuito alla competenza concorrente delle
Regioni  la  materia  della produzione, del trasporto e distribuzione
nazionale  dell'energia  elettrica. E richiama infine, genericamente,
la  legge  regionale  3  luglio 2002, n. 16 (Disposizioni relative al
riassetto organizzativo e funzionale in materia di difesa del suolo e
di demanio idrico).
10.2.  - Dopo tale ricostruzione del quadro normativo di riferimento,
la  Regione  Friuli-Venezia  Giulia  precisa,  peraltro, che le varie
censure  sono  proposte  in ragione di una ritenuta possibile diretta
incidenza  dell'art.  1,  commi  da 483 a 492, della legge n. 266 del
2005 sull'autonomia regionale.
Rileva   infatti  la  ricorrente  che,  ad  onta  della  clausola  di
salvaguardia  dettata  dal  comma 610 del medesimo art. 1 della legge
n. 266  del 2005 (che sembrerebbe fare salvo il regime speciale delle
Regioni  e  Province  autonome),  il  comma  492  fissa il termine di
novanta  giorni  sia  per le Regioni sia per le Province autonome per
l'armonizzazione  dei  propri  ordinamenti  con  le norme dettate dai
commi  da 483 a 491, il che lascerebbe «pensare che anche gli enti di
autonomia speciale siano destinatari delle stesse».
10.3.  -  La ricorrente muove, poi, articolate censure in ordine alla
prevista (comma 485) proroga dei rapporti concessori in atto.
10.3.1.  -  In  primo  luogo,  la proroga sarebbe in contrasto con le
procedure  ordinarie  di  gestione  del  bene  pubblico affidate alla
Regione dal decreto legislativo n. 265 del 2001.
10.3.2.  -  In  secondo  luogo,  la  proroga, venendo ad impedire, in
mancanza  di  un  interesse  prevalente  ad  un uso diverso, un nuovo
affidamento  a  condizioni economicamente piu' vantaggiose rispetto a
quelle  originarie,  sarebbe  lesivo dell'autonomia finanziaria della
Regione autonoma.
10.3.3.  -  In  terzo luogo, la ricorrente contesta la coerenza della
introdotta proroga con il principio costituzionale della tutela della
concorrenza,  che  il legislatore nazionale invoca a fondamento delle
previsioni impugnate.
Per  la  ricorrente,  la  competenza  prevista dall'art. 117, secondo
comma,  lettera e), della Costituzione non potrebbe essere esercitata
per  introdurre  norme,  quali quelle di proroga, del tutto contrarie
all'instaurazione   di   mercati   concorrenziali  e  alle  politiche
comunitarie di liberalizzazione.
10.3.4.   -   La   proroga   viene,  poi,  contestata  dalla  Regione
Friuli-Venezia  Giulia anche in relazione alle condizioni cui essa e'
collegata.
Rileva   anzitutto  la  ricorrente  come  sia  del  tutto  arbitrario
ricollegare la proroga ad interventi di ammodernamento degli impianti
gia'  avvenuti («evidentemente all'interno del quadro economico della
precedente concessione») alla data di entrata in vigore della legge.
Parimenti   illegittimo   sarebbe,  poi,  che  nella  valutazione  di
congruita' degli interventi ancora da effettuare, di ammodernamento e
di  miglioramento  delle  prestazioni energetiche ed ambientali degli
impianti,  non  sia  attribuito  ruolo  alcuno alla Regione, cui pure
spettano rilevanti competenze in materia.
10.4.  -  La Regione Friuli-Venezia Giulia ritiene poi illegittimo il
comma 488, che disciplina le modalita' di presentazione delle domande
di   proroga   e  quelle  degli  accertamenti  delle  amministrazioni
competenti.
Risulterebbero,  in  particolare, violate le competenze legislative e
amministrative  regionali  previste  dalle  norme  di attuazione, sia
laddove   il   comma   488  prevede  gli  adempimenti  a  carico  dei
concessionari,  sia laddove esso stabilisce il termine entro il quale
la Regione deve compiere le proprie verifiche.
10.5.  -  La ricorrente contesta pure il comma 491 dell' art. 1 della
legge  n. 266 del 2005, in quanto esso conterrebbe una qualificazione
dell'intera disciplina introdotta quale norma di competenza esclusiva
statale  ai  sensi  dell'art.  117,  secondo comma, lettera e), della
Costituzione  e di attuazione dei principi comunitari resi nel parere
motivato della Commissione europea in data 7 gennaio 2004.
La  Regione Friuli-Venezia Giulia, a prescindere dagli stessi rilievi
sopra  ricordati  sul  riparto  di competenza legislativa in materia,
contesta  sia  la  «palese»  non corrispondenza delle disposizioni in
questione  con  gli invocati principi comunitari sia la pretesa dello
Stato  di  potere  «autoqualificare»  le  norme, essendo la natura di
queste  un  dato  obiettivo,  soggetto  ad accertamento e verifica da
parte  della  Corte  costituzionale,  e  non  l'effetto di una scelta
volontaristica dello Stato.
10.6.  -  La  Regione Friuli-Venezia Giulia censura, infine, il comma
492,  «in  quanto  esso  impone  un  onere  di adeguamento alle norme
statali».
Si  tratterebbe,  per  la  Regione,  di  un  onere del tutto privo di
fondamento    costituzionale,    dato    che   le   acque   pubbliche
apparterrebbero   alla   potesta'  legislativa  residuale,  ai  sensi
dell'art.  117,  quarto comma, della Costituzione, operante in virtu'
dell'art.  10  della  legge  costituzionale  18  ottobre  2001,  n. 3
(Modifiche al titolo V della parte seconda della Costituzione).
La previsione, secondo la ricorrente, sarebbe illegittima anche se vi
fosse  un  titolo  costituzionale per l'intervento statale, in quanto
non  potrebbe supporsi che «l'onere di adeguamento consista [...] nel
dovere  di prorogare ugualmente tutte le concessioni idroelettriche»,
ed  in  quanto non potrebbe pretendersi di «vincolare la Regione, nel
quadro   delle   proprie   competenze,   ad   una   proroga  che  non
corrisponderebbe  ad alcun principio» e che sarebbe «gia' illegittima
anche   per   il  campo  di  applicazione  diretta  delle  norme  qui
impugnate».
11.  -  Il  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri, in ordine alle
censure  proposte dalla Regione Emilia-Romagna avverso i commi da 483
a  492  della  legge  n. 266  del  2005,  ha  depositato  un  atto di
costituzione, nel quale eccepisce l'inammissibilita' del ricorso, sul
presupposto  che  le  norme  censurate  non  sarebbero  applicabili o
comunque non sarebbero lesive per la ricorrente Provincia autonoma.
11.1.  -  Il  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri  richiama, in
proposito,  il  comma  610  dell'art.  1 della legge n. 266 del 2005,
secondo   il   quale  «le  disposizioni  della  presente  legge  sono
applicabili  nelle  Regioni  a  statuto  speciale  e  nelle  Province
autonome  di  Trento  e  Bolzano  compatibilmente  con  i  rispettivi
statuti». E sostiene che il combinato disposto di tale disposizione e
di  quella  dettata  dal  precedente  comma 492, che fissa in novanta
giorni  il  termine  per  le  Regioni  e  le  Province  autonome  per
l'adeguamento  alla  nuova legislazione statale, sia da intendere nel
senso che «nella eventualita' che tra quelle portate dai commi da 483
a  492  ci  fossero  alcune  norme  applicabili,  anche come principi
fondamentali,  alle Regioni e alle Province autonome senza necessita'
di  norme  di  attuazione  perche' compatibili con gli Statuti» viene
«assegnato  un  termine  perche'  le  Regioni e le Province autonome»
provvedano «alla armonizzazione dei propri ordinamenti».
In  sostanza  il comma 610, che si riferisce all'intero articolo 1, e
quindi a disposizioni tra loro estremamente eterogenee, costituirebbe
una  norma generale e di chiusura, rispetto a quella speciale dettata
dal  comma 492, di modo che la prima escluderebbe la verificazione di
una  antinomia  reale  tra disciplina statale e statutaria, mentre la
seconda  si  riferirebbe  alle ipotesi di norme statali in materia di
grande   derivazione   idroelettrica   direttamente  applicabili  nel
territorio regionale.
12.  -  In prossimita' dell'udienza del 24 ottobre 2006 il Presidente
del  Consiglio  dei  ministri  ha  depositato una distinta memoria in
ciascuno  dei  giudizi,  nelle quali articola generali riflessioni in
ordine   ai  vari  cinque  ricorsi  e  svolge  ulteriori  e  puntuali
contestazioni in ordine a ciascuno di essi.
12.1. - In via generale la difesa erariale ribadisce il carattere non
precettivo  della autoqualificazione delle norme recata dal comma 491
dell'articolo 1 della legge n. 266 del 2005 e, comunque, la effettiva
riferibilita'  al  titolo  della tutela della concorrenza delle varie
disposizioni.
12.2.  -  In  ordine  alla  previsione  (comma 483) del provvedimento
ministeriale  determinativo dei requisiti di partecipazione alla gara
pubblica  l'Avvocatura,  da  un  lato,  sostiene  che  si  tratti  di
requisiti minimi elevabili dalle Regioni, dall'altro, rimarca la loro
necessita' per la «serieta» delle gare.
12.3.  -  L'Avvocatura  ritiene,  poi,  che la natura trasversale del
potere  normativo  esercitato,  se  consente  la «sovrapposizione» di
discipline regionali, con il limite di non pregiudicare gli obiettivi
della  legislazione  statale,  non  potrebbe  in  alcun  caso  essere
subordinata  ad  una intesa forte con gli enti territoriali. E che la
leale   collaborazione  non  possa  essere  invocata  in  riferimento
all'esercizio di competenze normative e non amministrative.
12.4.  -  Sempre  in  via  generale  la  difesa erariale ascrive alla
competenza  in  materia  di  sistema tributario dello Stato (articolo
117,  secondo  comma,  lettera e), della Costituzione) l'introduzione
del  canone  aggiuntivo  previsto dal comma 486 dell'articolo 1 della
legge n. 266 del 2005.
12.5.   -   Quanto  alla  previsione  della  proroga,  a  determinate
condizioni,  dei  rapporti  in  corso  (comma  485) il Presidente del
Consiglio  dei  ministri nega che essa sia «ontologicamente» estranea
alla  materia della tutela della concorrenza e chiarisce che, infine,
l'intervento  normativo  sarebbe  avvenuto  in  considerazione  della
asimmetricita' delle liberalizzazioni in atto nei vari Paesi europei,
allo  specifico  fine  di  evitare che imprese stranieri operanti nel
loro  mercato  interno in regime di monopolio potessero, sfruttando i
benefici  economici di tale situazione anticoncorrenziale, concorrere
alle  gare per le concessioni idroelettriche italiane in posizione di
vantaggio rispetto ai soggetti interessati nazionali.
Il  rinvio  della  esecuzione  delle gare, in sostanza, sarebbe stato
determinato  dalla  necessita'  di  attendere  un  grado  avanzato di
liberalizzazione nell'intero mercato europeo dell'energia elettrica e
di    assicurare,   in   tal   modo,   una   effettiva   e   completa
concorrenzialita' di esso.
13.  - In ordine al ricorso della Regione Campania la difesa erariale
rileva  la  inammissibilita' di gran parte delle censure, per mancata
indicazione   del   principio   costituzionale   violato   o  mancata
argomentazione  delle  questioni  proposte.  In  particolare, secondo
l'Avvocatura,  del  tutto  immotivate sarebbero le questioni proposte
avverso i commi 489, 490 e 491.
13.1.  -  In merito al ricorso della Regione Emilia-Romagna la difesa
erariale contesta, anzitutto, l'ammissibilita' della censura proposta
in  riferimento  all'articolo  72 della Costituzione, sul rilievo che
questa   disposizione   costituzionale  non  attiene  al  riparto  di
competenze legislative ne' riconosce alcuna prerogativa alla Regione.
La  difesa  erariale  sottolinea,  poi,  che le questioni proposte da
questa  ricorrente  avverso  il comma 488 dovrebbe ritenersi come non
proposta,  difettando  qualsiasi  argomento in ordine ad essa, mentre
inammissibile sarebbe quella riferita ai commi 489 e 490, per mancata
indicazione del parametro costituzionale violato.
13.2.  -  In  merito  al  ricorso della Regione Friuli-Venezia Giulia
l'Avvocatura  sostiene  che  il  contenuto  precettivo del contestato
comma  488,  da un lato, investe la autocertificazione di determinate
circostanze  ovvero  il  loro regime probatorio, che, in quanto tale,
rientrerebbe  nella  competenza  statale  in  materia  di ordinamento
civile,   dall'altro,   fisserebbe   un  termine  facoltativo  e  non
obbligatorio alle attivita' di verifica regionali.
14.  -  In  prossimita'  dell'udienza  del 24 ottobre 2006 le Regioni
Emilia-Romagna,  Friuli-Venezia  Giulia  e  Campania hanno depositato
memorie.
14.1.  -  La  Regione Emilia-Romagna, in buona sostanza, ribadisce le
difese gia' svolte.
14.2.  - La Regione Friuli-Venezia Giulia prende atto della posizione
manifestata  nell'atto  di  costituzione dal Presidente del Consiglio
dei  ministri  in ordine all'applicabilita' alla Regione autonoma dei
commi  da  483  a 492 dell'articolo 1 della legge n. 266 del 2005 nei
limiti  della sua compatibilita' con la autonomia statutaria, ricorda
di  avere  proposto  il  ricorso  proprio per l'eventualita' che tale
lettura  adeguatrice  non  fosse  seguita  dallo  Stato e si rimette,
peraltro,  al  giudizio  di  questa Corte, ribadendo, nel merito, gli
argomenti gia' svolti.
14.3. - La Regione Campania ribadisce e sviluppa i motivi del proprio
ricorso.  Sostiene, inoltre, che, nel caso di specie, difettino tutti
i presupposti enucleati dalla giurisprudenza costituzionale (sentenze
nn.  383  del 2000 e 6 del 2004) per ritenere legittima una «chiamata
in  sussidiarieta»  di funzioni amministrative delle Regioni e che la
materia  del  governo  del territorio deve essere intesa in una ampia
accezione  (che  sarebbe  stata  fatta propria da questa Corte con le
sentenze  nn.  383  del  2005,  196 del 2004, 362, 331, 307 e 303 del
2003), comprensiva anche dell'uso delle acque.
15.  -  In  prossimita'  dell'udienza  del 23 ottobre 2007 le Regioni
Emilia-Romagna,  Friuli-Venezia  Giulia  e  Campania hanno depositato
memorie.
16.  -  La  Regione  Friuli-Venezia  Giulia  svolge considerazioni in
replica  alla  memoria  della  Avvocatura generale dello Stato del 10
ottobre 2006.
16.1.  -  La difesa regionale, in particolare, contesta la tesi della
Avvocatura   dello  Stato,  per  la  quale  le  norme  di  attuazione
statutaria,  relative alle funzioni amministrative, non toccherebbero
le   competenze   legislative   dell'ente  territoriale  speciale  e,
soprattutto, non varrebbero a superare la previsione dell'articolo 5,
n. 14,  dello  Statuto  speciale,  che  espressamente  esclude  dalle
competenze  concorrenti  della Regione autonoma in materia di demanio
idrico le grandi derivazioni.
Per  la  difesa  regionale  sarebbe  invece pacifico che i decreti di
trasferimenti  o  le norme di attuazione che ripartiscono le funzioni
amministrative   abbiano   grande   rilievo   anche   ai  fini  della
interpretazione  dell'articolo 117 della Costituzione e degli Statuti
speciali.
Per  la  Regione  Friuli-Venezia  Giulia  le  funzioni amministrative
inerenti  alle  grandi  derivazioni ad essa delegate dall'articolo 2,
comma  2,  del  decreto legislativo n. 265 del 2001sarebbero divenute
funzioni  e competenze proprie alla luce dell'articolo 10 della legge
costituzionale  n. 3 del 2001, trattandosi di potesta' concorrente in
materia di energia.
16.2. - La difesa regionale contesta poi l'argomento sviluppato dalla
Avvocatura dello Stato, per cui la proroga dei rapporti concessori in
atto  prevista  dall'impugnato  comma 485 della legge n. 266 del 2005
sarebbe  stata determinata dalla esigenza di salvaguardare il mercato
interno  dall'ingresso  in  esso  di societa' europee monopoliste nei
propri  mercati  nazionali,  ritenendo  che  questa  possa  essere la
ragione  di  politica economica dell'intervento normativo, ma che non
valga   a   dimostrarne   la   legittimita'  sul  piano  del  riparto
costituzionale delle competenze legislative.
In particolare la difesa regionale ribadisce il carattere paradossale
della  invocazione  del  titolo  di  competenza  della  «tutela della
concorrenza» per giustificare una disciplina di chiusura del mercato.
16.2.1.  -  La  difesa  regionale  insiste  poi sul rilievo (per essa
«palese»)  che  la  disciplina  della  concessioni di uso di beni del
demanio idrico attenga alla gestione dei beni pubblici.
16.2.2.  -  La  Regione  autonoma  insiste,  altresi',  sulla dedotta
violazione  della  propria autonomia finanziaria, sull'assunto che la
proroga,  seppure  non  riduca  le risorse attualmente da essa tratte
dalle  concessioni,  precluda  comunque  i maggiori importi derivanti
dalle gare per nuove concessioni.
16.3.  -  La  difesa  regionale  sostiene, poi, che la previsione del
comma 487, laddove lo Stato fissa i benefici energetici ed ambientali
necessari  per  l'ottenimento  della proroga, abbia natura di estremo
dettaglio  ed  interferisca  con  la  materia di potesta' concorrente
regionale  della  energia,  senza  che  sussista  alcuna  esigenza di
uniformita'  e  senza che sia prevista alcuna forma di coinvolgimento
dell'ente autonomo.
Ne' sarebbe rilevante al fine di giustificare la previsione del comma
487 la competenza statale in materia di tutela dell'ambiente, essendo
questa  limitata  alla  definizione  degli standard minimi di tutela,
mentre  la  disposizione  censurata  prevede  un «miglioramento delle
prestazioni    ambientali   dell'impianto»,   ed   essendo   comunque
necessario,  anche  dove  sussistano  competenze esclusive statali di
natura   c.d.   trasversale,  il  rispetto  del  principio  di  leale
collaborazione.
16.3.1.  -  Sul  punto  la  difesa  regionale contesta, pure, la tesi
dell'Avvocatura  dello  Stato,  per  la quale di leale collaborazione
puo' parlarsi solo in riferimento alla fase amministrativa, ma non in
ordine all'esercizio delle competenze legislative.
Per  la  Regione Friuli-Venezia Giulia la tesi sarebbe inaccettabile,
dacche'   essa   varrebbe   a  derubricare  un  principio  di  natura
costituzionale,  attinente  alla  forma  di  Stato,  in  un principio
ordinatore   della  attivita'  amministrativa,  rimesso  alla  libera
configurazione da parte della legge dello Stato.
La  difesa  regionale  invoca il precedente costituito dalla sentenza
n. 303 del 2003 di questa Corte e sostiene che «non sembra dubbio che
essa  indichi  una  esigenza  di  sistema,  nel senso che lo Stato e'
tenuto,  allorche' legifera, a prevedere sedi di concertazione con le
Regioni,  la' dove le attivita' disciplinate con legge interferiscano
con le attribuzioni istituzionali delle Regioni stesse».
16.4.  -  La  Regione  Friuli-Venezia  Giulia  contesta,  inoltre, la
riconducibilita'   della   previsione  del  comma  488  alla  materia
dell'ordinamento   civile.   Per   la   Regione  autonoma  tale  tesi
dell'avvocatura  erariale  non sarebbe praticabile, dovendo riferirsi
tanto la disciplina dei rapporti tra concessionari ed ente concedente
(ovvero    la    Regione   stessa)   quanto   la   previsione   della
autocertificazione   alla   funzione  amministrativa  concessoria  di
competenza regionale.
La  difesa  regionale rimarca, poi, di avere contestato la disciplina
in   ordine   alla  verifica  della  congruita'  degli  investimenti,
limitatamente alla previsione da parte dello Stato del termine di sei
messi per le attivita' di controllo regionali.
16.5.  -  La  Regione  Friuli-Venezia  Giulia  insiste, infine, sulla
lesivita'  delle  norme  di  autoqualificazione,  quali quella recata
dall'impugnato comma 491 dell'articolo 1 della legge n. 266 del 2005,
e quindi sulla ammissibilita' della relativa censura.
17.  -  Anche  la  Regione  Emilia-Romagna  svolge  considerazioni in
replica  alla  memoria  della  Avvocatura generale dello Stato del 10
ottobre 2006.
La  difesa  regionale  sviluppa  argomenti sostanzialmente analoghi a
quelli della Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia, sopra riportati.
A questi aggiunge i seguenti rilievi.
17.1.  -  In  ordine  alla  censura da essa proposta avverso l'intero
intervento  normativo  statale  per  violazione  dell'art.  72  della
Costituzione,  la  Regione Emilia-Romagna richiama la sentenza n. 398
del   1998   di  questa  Corte,  dalla  quale  trae  argomenti  sulla
deducibilita'  del  parametro  e  quindi  sulla  ammissibilita' della
questione, contestata invece dalla difesa erariale.
17.2.  -  In  ordine  alla censura del comma 486, la difesa regionale
contesta  che  l'introdotto canone aggiuntivo possa qualificarsi come
tassa e quindi giustificarsi, come prospettato dalla Avvocatura dello
Stato,  sulla  base della competenza in materia di sistema tributario
dello Stato.
17.3.  -  In  ordine  alle censure dei commi 487, 488 e 489, ritenute
dall'Avvocatura erariale inammissibili per mancata argomentazione, la
difesa  regionale specifica di avere censurato tali previsioni in via
consequenziale  alla  censura  della  proroga prevista dal comma 485,
trattandosi di una disciplina da quest'ultima non autonoma e a questa
del tutto strumentale.
18.  -  La Regione Campania ribadisce nella sostanza i motivi posti a
fondamento  del proprio ricorso e gli argomenti gia' sviluppati nella
propria memoria del 10 ottobre 2006.
19.  -  In prossimita' dell'udienza del 23 ottobre 2007 il Presidente
del  Consiglio  dei  ministri  ha  depositato una distinta memoria in
ciascuno  dei  giudizi,  nelle quali, in buona sostanza, ribadisce le
difese gia' svolte.
La  difesa  erariale  sviluppa, peraltro, ulteriori argomentazioni in
riferimento   ai  ricorsi  delle  Regioni  Friuli-Venezia  Giulia  ed
Emilia-Romagna.
Gli  argomenti  trattati  in  via  generale  nella memoria depositata
nell'ambito  del  giudizio relativo alla Regione Emilia-Romagna sono,
poi, richiamati nelle memorie relative alle Regioni Toscana, Piemonte
e Campania.
19.1.   -   In   riferimento   al   ricorso  della  Regione  autonoma
Friuli-Venezia  Giulia,  la difesa erariale precisa che l'articolo 5,
n. 14,   dello  Statuto  speciale  esclude  espressamente  le  grandi
derivazioni  dalla  potesta'  legislativa regionale e sostiene che le
norme  di  attuazione,  invocate  dalla Regione ricorrente, non siano
idonee,  per  loro  natura  e  per  il procedimento con il quale sono
approvate, a modificare il suddetto regime statutario.
Le  norme  di  attuazione,  in  particolare,  attenendo alle funzioni
amministrative non toccherebbero il diverso aspetto del riparto delle
competenze legislative. Con conseguente loro irrilevanza nel giudizio
in questione.
19.1.1.  -  La  difesa erariale rileva, inoltre, che il comma 610 del
medesimo  art.  1  della  legge  n. 266 del 2005 reca una clausola di
salvaguardia, relativamente alle Regioni ed alle Province autonome.
Cio'  spiegherebbe  il  comma  492,  il  quale,  a sua volta, prevede
l'obbligo  di adeguamento degli enti territoriali speciali alla nuova
disciplina.
Per  la  Avvocatura  dello  Stato,  ove  la  Regione  autonoma avesse
proceduto alla armonizzazione del suo ordinamento essa avrebbe potuto
distinguere   tra  le  previsioni  ad  essa  applicabili,  in  quanto
compatibili con la propria autonomia speciale, da quelle per essa non
vincolanti.
La  difesa  erariale  rimette  a  questa Corte la valutazione se tale
omessa   armonizzazione   renda   o  meno  inammissibile  il  ricorso
regionale.
19.2.  -  In  riferimento al ricorso della Regione Emilia-Romagna, la
difesa  erariale  svolge  generali considerazioni in ordine alle c.d.
materie  trasversali, sostenendo che da tale trasversalita' non possa
dedursi  alcun  limite  esterno alla potesta' legislativa statale, ma
solo che la Regione possa comunque intervenire utilizzando le proprie
competenze, nel pieno rispetto della disciplina dettata dallo Stato.
Ne' tale natura trasversale imporrebbe alcuna forma di coinvolgimento
delle  Regioni  nell'esercizio  del potere legislativo statale, posto
che  la  leale  collaborazione  entrerebbe  in gioco solo in ordine a
competenze amministrative.
19.2.1.  -  L'Avvocatura  dello  Stato  analizza, poi, in modo esteso
tutta   la   disciplina   «a  regime»  delle  concessioni  di  grande
derivazione   a   scopo   idroelettrico,  rimarcando  come  tutte  le
previsioni   siano   ragionevolmente   funzionali   a   garantire  la
concorrenzialita'   del  settore  economico,  la  massima  efficienza
energetica  e  il  rispetto  dell'ambiente  ovvero  tutti  ambiti  di
competenza statale.
19.2.2.  -  La  difesa  erariale  sottolinea,  infine, che il ricorso
regionale,  laddove  contesta il comma 486 e, nella sostanza, reclama
il  canone  aggiuntivo alla finanza regionale, non individui tuttavia
in  alcun  modo  il  principio di rango costituzionale da cui sarebbe
desumibile  la  spettanza  alla  Regione di ogni canone derivante dal
demanio  idrico.  Da  cio' la infondatezza della questione, anche ove
non si ritenesse la natura tributaria del canone aggiuntivo.
                       Considerato in diritto
1.  -  Con  cinque  distinti  ricorsi  le  Regioni Toscana, Piemonte,
Campania,  Emilia-Romagna  e  Friuli-Venezia  Giulia  hanno  promosso
questioni  di legittimita' costituzionale di varie disposizioni della
legge  23  dicembre  2005, n. 266 (Disposizioni per la formazione del
bilancio annuale e pluriennale dello Stato - legge finanziaria 2006),
tra  le  quali, in tutto o in parte, quelle dettate dell'art. 1 commi
da  483  a  492,  in  materia  di grandi derivazioni di acqua a scopo
idroelettrico.
Il  presente  giudizio  attiene  unicamente a tali ultime previsioni,
essendo le altre questioni trattate separatamente.
2. - I cinque ricorsi, che censurano i commi da 483 a 492 dell'art. 1
della  legge  n. 266 del 2005 (i ricorsi delle Regioni Campania e, in
riferimento  ad uno specifico profilo, Emilia-Romagna censurano tutti
i  predetti commi, gli altri ricorsi regionali solo alcuni di essi) e
che  pongono questioni sostanzialmente simili, possono essere riuniti
per essere decisi con unica sentenza.
3. - I predetti commi da 483 a 492 dell'art. 1 della legge n. 266 del
2005 introducono un'articolata disciplina delle concessioni di grandi
derivazioni  di  acqua  a  scopo idroelettrico, prevedendo sia regole
immediate e transitorie sia regole destinate ad operare «a regime».
3.1.  - A tale secondo ambito sono riconducibili la regola della gara
pubblica  (comma  483),  quale  principio generale per l'attribuzione
delle  concessioni,  nonche'  le regole relative alla trasferibilita'
del  ramo  di azienda relativo all'esercizio della concessione stessa
(commi 489 e 490).
3.2.  -  Immediata  applicazione  sono  invece  destinate ad avere le
regole  dettate  in  tema  di proroga di dieci anni delle concessioni
esistenti  alla data di entrata in vigore della legge n. 266 del 2005
(comma 485).
Tale  proroga  e'  espressamente  posta  in  relazione  «ai  tempi di
completamento del processo di liberalizzazione e integrazione europea
del mercato interno dell'energia elettrica, anche per quanto riguarda
la definizione di principi comuni in materia di concorrenza e parita'
di trattamento nella produzione idroelettrica».
Essa  e'  subordinata  anzitutto  al  pagamento  per  quattro anni, a
decorrere  dal  2006, di un canone aggiuntivo unico calcolato in base
alla  potenza energetica nominale installata, che viene ripartito per
cinquanta  milioni  di euro allo Stato e per i restanti dieci milioni
ai Comuni interessati (comma 486).
Per  beneficiare  della  proroga  sono  inoltre necessari (comma 485)
interventi  di  ammodernamento  degli  impianti,  che  sono  ritenuti
congrui  ove rispondenti alle condizioni (quantitative, qualitative e
temporali) previste dal comma 487.
Il  comma  488 disciplina le modalita' di presentazione delle domande
di   proroga,   quelle   degli   accertamenti  delle  amministrazioni
competenti  e  gli  effetti (che si sostanziano nella decadenza dalla
concessione)   del   mancato   completamento  degli  investimenti  di
ammodernamento.
3.3.  -  Il  comma 491 qualifica le predette disposizioni come regole
dettate in materia di tutela della concorrenza ed in attuazione degli
impegni  comunitari dello Stato, mentre il comma 492 fissa il termine
(novanta   giorni)   alle  Regioni  ed  alle  Province  autonome  per
armonizzare i propri ordinamenti con la nuova disciplina.
Il comma 484, in questo ambito, abroga, infine, l'art. 16 del decreto
legislativo 16 marzo 1999, n. 79 (Attuazione della direttiva 96/92/CE
recante  norme comuni per il mercato interno dell'energia elettrica),
che,   nel   disciplinare   la   materia   delle  grandi  concessioni
idroelettriche,  faceva salve le prerogative statutarie della Regione
autonoma  Valle  d'Aosta  e  delle  Province  autonome di Trento e di
Bolzano e demandava il necessario coordinamento agli speciali decreti
legislativi di attuazione statutaria.
4.  -  Avverso  questa  disciplina  le  ricorrenti  Regioni  Toscana,
Piemonte, Campania, Emilia-Romagna e Friuli-Venezia Giulia propongono
varie  censure  che  appare  opportuno  raggruppare  in riferimento a
ciascuno   dei  commi  impugnati.  Mentre  autonomamente  ed  in  via
preliminare  verra'  valutata  la  specifica  censura  proposta dalla
Regione-Emilia  Romagna  avverso  l'intero  intervento  normativo  in
questione.
4.1.  -  E' peraltro opportuno premettere una sintetica ricostruzione
dell'evoluzione   della   normativa  statale  in  materia  di  grandi
derivazioni   idroelettriche   tanto   in  riferimento  alle  Regioni
ordinarie  quanto  in  riferimento  alla  specifica  posizione  della
ricorrente Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia.
4.2.   -   Fino   al   decreto  legislativo  31  marzo  1998,  n. 112
(Conferimento  di  funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle
regioni  ed agli enti locali, in attuazione del capo I della legge 15
marzo  1997,  n. 59),  relativamente  alle  derivazioni  situate  nel
territorio  delle  Regioni  a  statuto  ordinario,  la  competenza in
materia  apparteneva  allo  Stato,  al  quale  spettavano,  a  titolo
dominicale,  i  canoni  di  concessione, quando le grandi derivazioni
afferivano al demanio idrico statale.
Detta  competenza  si  esercitava  anche in riferimento al territorio
della Regione Friuli-Venezia Giulia in quanto la legge costituzionale
31  gennaio 1963, n. 1 (Statuto speciale della Regione Friuli-Venezia
Giulia)  non  detta  regole speciali al riguardo, salvo che nell'art.
49,  il quale prevede la devoluzione alla Regione dei nove decimi del
gettito  dei  canoni  per le concessioni idroelettriche riferibili al
proprio territorio.
4.2.1.  -  L'art.  86  del  decreto  legislativo  n. 112  del 1998 ha
profondamente innovato la materia, conferendo alle Regioni competenti
per   territorio   l'intera  gestione  del  demanio  idrico  (la  cui
titolarita'  resta  comunque  allo Stato), e il successivo art. 88 ha
specificato   che   detta   gestione   comprende  tutte  le  funzioni
amministrative  relative  alle  derivazioni  di  acqua pubblica, alla
ricerca,  estrazione  e  utilizzazione  delle acque sotterranee, alla
tutela  del  sistema  idrico sotterraneo, nonche' alla determinazione
dei canoni di concessione e all'introito dei relativi proventi.
Nel  conferire  tali funzioni, il decreto legislativo n. 112 del 1998
ha  peraltro  fatto  temporaneamente  salva  (art.  29,  comma  3) la
competenza  dello  Stato in materia di grandi derivazioni, prevedendo
che,  fino  all'entrata  in  vigore  delle norme di recepimento della
direttiva  96/92/CE  del  19  dicembre 1996 (Direttiva del Parlamento
europeo  e  del  Consiglio  concernente  norme  comuni per il mercato
interno dell'energia elettrica), le concessioni sono rilasciate dallo
Stato  d'intesa con la Regione interessata ovvero, in caso di mancata
intesa nel termine di sessanta giorni, dallo Stato.
4.2.2.  -  Successivamente, con il decreto legislativo 16 marzo 1999,
n. 79,  e'  stata data attuazione alla citata direttiva 96/92/CE e si
e'  pertanto  realizzata  la  condizione  cui l'art. 29, comma 3, del
decreto  legislativo  n. 112  del  1998  subordinava il trasferimento
delle competenze alle Regioni.
Con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 12 ottobre 2000
(Individuazione   dei   beni  e  delle  risorse  finanziarie,  umane,
strumentali  e  organizzative da trasferire alle regioni ed agli enti
locali per l'esercizio delle funzioni e dei compiti amministrativi in
materia di demanio idrico), adottato ai sensi dell'art. 7 della legge
n. 59  del 1997, si e' infine provveduto a dare definitiva attuazione
al  disegno  prefigurato  dal  legislatore  del 1997, prevedendosi il
trasferimento  alle  Regioni,  a  decorrere  dal 1° gennaio 2001, del
personale,  dei  mezzi  strumentali e di tutti gli atti relativi agli
affari pendenti in materia di derivazioni di acque pubbliche.
Infine,  con  l'entrata  in vigore delle modifiche del Titolo V della
Parte   II   della  Costituzione  alle  Regioni  ordinarie  e'  stata
attribuita  una  competenza  legislativa  concorrente  in  materia di
«produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell'energia».
4.2.3. - Per quanto attiene alla specifica posizione della ricorrente
Regione  Friuli-Venezia  Giulia,  mentre l'art. 5, primo comma, n. 16
dello   Statuto,  esclude  le  grandi  derivazioni  dalla  competenza
concorrente  della  Regione  in  materia di utilizzazione delle acque
pubbliche,  il  decreto  legislativo 25 maggio 2001, n. 265 (Norme di
attuazione dello Statuto speciale della Regione Friuli-Venezia Giulia
per  il trasferimento di beni del demanio idrico e marittimo, nonche'
di  funzioni  in  materia  di risorse idriche e di difesa del suolo),
adottato ai sensi dell'art. 65 dello Statuto speciale, prevede:
     con  l'art. 1, comma 1: il trasferimento alla Regione di tutti i
beni  dello  Stato  appartenenti al demanio idrico, comprese le acque
pubbliche,  gli alvei e le pertinenze, i laghi e le opere idrauliche,
situati  nel  territorio  regionale, con esclusione del fiume Judrio,
nel  tratto,  classificato  di  prima  categoria,  nonche'  dei fiumi
Tagliamento e Livenza, nei tratti che fanno da confine con la Regione
Veneto;
     con l'art. 1, comma 2: il trasferimento alla Regione di tutte le
attribuzioni inerenti alla titolarita' dei beni trasferiti;
     con  l'art.  2,  comma  1: il trasferimento di tutte le funzioni
amministrative  relative  ai  beni  di  cui  all'art. 1, ivi comprese
quelle  relative  alle derivazioni ed alle opere idrauliche, che gia'
non le spettino;
     con  l'art.  2,  comma  2: la delega alla Regione delle funzioni
amministrative inerenti alle grandi derivazioni.
L'art. 3 ha, infine, precisato che sono trasferite alla Regione tutte
le  funzioni  non  espressamente  indicate  nell'art.  88 del decreto
legislativo  n. 112  del  1998  e che lo Stato emana, d'intesa con la
Regione,  le direttive di cui all'art. 88, comma 1, lettera p), dello
stesso  decreto  legislativo,  per  quanto riguarda le concessioni di
derivazione  d'acqua  interessanti  il  territorio del Friuli-Venezia
Giulia.
La  posizione  della  Regione Friuli-Venezia Giulia presenta, dunque,
talune  peculiarita'.  Essa, infatti, e' titolare del demanio idrico,
tranne   alcune   limitate   eccezioni,   e   di  tutte  le  funzioni
amministrative  inerenti alla gestione di detto demanio, ed e' (solo)
delegata  ad esercitare le funzioni amministrative per le concessioni
di grandi derivazioni di acque pubbliche.
4.2.4.  -  Ne  consegue che la Regione Friuli-Venezia Giulia non puo'
lamentare   lesione  delle  sue  attribuzioni  statutarie  a  seguito
dell'emanazione  da  parte  dello  Stato  dei  commi  impugnati,  che
riguardano  le concessioni di grandi derivazioni di acque pubbliche a
scopo  idroelettrico,  poiche'  in  relazione  a tale materia essa e'
semplicemente   delegata   ad   esercitare   le   relative   funzioni
amministrative e non e' titolare di potesta' legislativa.
La Regione Friuli-Venezia Giulia puo' invece sollevare le sue censure
in riferimento alle potesta' legislative concorrenti che il titolo V,
parte  II,  della  Costituzione,  in virtu' del richiamo dell'art. 10
della  legge  costituzionale  n. 3  del  2001,  le ha conferito nella
materia   della   produzione,  trasporto  e  distribuzione  nazionale
dell'energia.
Le  censure  proposte  in  ordine ai commi in esame andranno pertanto
valutate,  come per le altre Regioni, in relazione, non alle potesta'
conferite  alla  Regione  dallo  statuto speciale, ma alle competenze
legislative di cui all'art. 117, terzo comma, della Costituzione.
5.  -  Una  volta  chiarito  che  la posizione della Regione autonoma
Friuli-Venezia  Giulia  non presenta, per quanto attiene alle censure
proposte,  differenze rispetto a quella delle altre Regioni ordinarie
ricorrenti,  va  esaminata,  innanzitutto  la  questione, che investe
tutti  i  commi impugnati, proposta dalla sola Regione Emilia-Romagna
in ordine alla violazione dell'art. 72 della Costituzione.
Secondo la ricorrente, l'intero iter legis seguito (che avrebbe visto
l'esautoramento  della  Commissione referente e la compressione dello
stesso  esame  di merito in Aula, stante la posizione della questione
di  fiducia) costituirebbe «un motivo di illegittimita' specifico dei
commi  da 483 a 492, perche' la forzosa e improvvisata inserzione del
testo  della  bozza  di  decreto legislativo nella legge finanziaria,
prodotta   dal  "maxiemendamento",  dimostrerebbe  in  tutta  la  sua
evidenza  la  lesione  delle prerogative delle Regioni, a cui vengono
imposte  in tal modo, senza un adeguato vaglio parlamentare, norme su
cui  esse  avevano  gia'  espresso parere fortemente negativo in sede
istruttoria in Conferenza Stato -Regioni».
Per  la Regione Emilia-Romagna, in sostanza, il Governo avrebbe cosi'
fatto  «violenza,  contestualmente, tanto alle garanzie del dibattito
parlamentare che a quelle della leale collaborazione».
5.1. - La questione non e' fondata.
La  Regione  non  deduce  la  violazione di alcuna specifica regola o
principio,  ma  contesta  soltanto  un  modus  procedendi  dei lavori
parlamentari,  il  quale resta tuttavia nell'alveo dell'autonomia del
Parlamento.
D'altro  canto,  il parere negativo espresso dalle Regioni in sede di
Conferenza  permanente  non  ha alcuna valenza, ex se, in ordine alla
validita'  della  legge  statale,  dovendosi  piuttosto  valutare  se
quest'ultima  si  sia o meno tenuta nei limiti della propria sfera di
competenza.
6.  -  Venendo  ora  alle  censure  proposte  dalle Regioni avverso i
singoli  commi  dell'art.  1  della  legge n. 266 del 2005, conviene,
alterando l'ordine numerico delle disposizioni, per maggior chiarezza
di  esposizione,  esaminare  prima  quelle  relative alla normativa a
regime  (commi  483,  484,  489  e  490),  poi  quelle  relative alla
normativa  transitoria  (commi  485,  486,  487 e 488), infine quelle
relative  alla  «autoqualificazione»  della disciplina (comma 491) ed
all'obbligo di adeguamento delle Regioni ad essa (comma 492).
7. - Iniziando con la normativa a regime, i commi 489 e 490, relativi
alla  trasferibilita'  del  ramo  di  azienda  cui  e'  riferibile la
concessione di grande derivazione idroelettrica, sono impugnati dalle
Regioni Campania, Emilia-Romagna e Friuli-Venezia Giulia.
Le questioni sono inammissibili.
I  ricorsi  regionali indicano unicamente le norme oggetto di censura
ed  il parametro costituzionale violato (art. 117, terzo comma, della
Costituzione   e,   da   parte   delle   sole   Regioni  Campania  ed
Emilia-Romagna,  anche  il principio di leale collaborazione), ma non
spiegano  in  alcun  modo perche' la disciplina della trasferibilita'
violerebbe le competenze regionali in materia di produzione nazionale
dell'energia  e  di  governo  del  territorio. Del tutto inconferente
appare,  poi, il richiamo al principio di leale collaborazione, senza
neppure l'individuazione dell'ambito in cui esso dovrebbe in concreto
operare.
7.1.   -   Il  comma  484  e'  impugnato  dalle  Regioni  Campania  e
Friuli-Venezia Giulia in riferimento all'art. 117, terzo comma, della
Costituzione  e, dalla sola Regione Campania, anche in riferimento al
principio di leale collaborazione.
Anche tale questione e' inammissibile.
La  disposizione  censurata, in effetti, abroga l'art. 16 del decreto
legislativo  n. 79 del 1999, il quale, a sua volta, si riferisce alla
peculiare  posizione  della  Regione  autonoma  Valle d'Aosta e delle
Province  autonome  di Trento e di Bolzano. Nessun interesse sussiste
pertanto nelle ricorrenti in ordine alla censura prospettata.
7.2.  -  Il  comma  483  viene  censurato  dalla  Regione Toscana, in
riferimento  agli  artt.  117, terzo comma, e 118 della Costituzione,
nella  parte  in  cui,  modificando l'art. 12 del decreto legislativo
n. 79  del  1999, stabilisce che con provvedimento del Ministro delle
attivita'  produttive,  di  concerto  con il Ministro dell'ambiente e
della   tutela   del   territorio,   sono   determinati  i  requisiti
organizzativi   e   finanziari   minimi,   i   parametri  di  aumento
dell'energia  prodotta  e  della  potenza  installata  concernenti la
procedura  di  gara.  La  ricorrente  sostiene  che  il provvedimento
ministeriale  in  questione,  intervenendo  nei  settori materiali di
competenza  regionale  dell'energia  e  del  governo  del territorio,
dovrebbe  essere  adottato  d'intesa con la Conferenza Stato-Regioni,
mentre la norma omette del tutto un coinvolgimento delle Regioni.
In  termini  analoghi  puo'  interpretarsi  la generica censura della
Regione Campania sul punto, la quale invoca, peraltro, come parametro
del giudizio, anche il principio di leale collaborazione.
7.2.1.  -  La  Regione  Piemonte  impugna il comma 483, unitamente ai
commi  commi  485  e 487, sostenendo che le predette disposizioni non
terrebbero  conto delle richiamate competenze regionali in materia di
energia   e  di  governo  del  territorio  e  non  prevederebbero  un
meccanismo  procedurale  ed  una  sede di confronto che assicurino il
coinvolgimento  degli enti territoriali, istituzionalmente chiamati a
valutare  e  condividere  scelte che vengono ad incidere direttamente
sul loro territorio.
Anche  la  Regione Emilia-Romagna censura il comma 483, unitamente ai
commi  485  e  487,  in  riferimento all'art. 117, terzo comma, della
Costituzione  e  al principio di leale collaborazione, in quanto essi
attribuiscono  competenze  amministrative  in  materia concorrente ad
organi  statali,  senza prevedere adeguati meccanismi di cooperazione
per l'esercizio concreto delle funzioni.
7.3.  - Le questioni relative al comma 483 sono fondate rispetto alla
seconda  parte del comma stesso. Quanto alla prima, infatti, non v'e'
dubbio  che  la disposizione, disciplinando l'espletamento delle gare
ad  evidenza  pubblica,  rientri  nella  materia  della «tutela della
concorrenza»  di  competenza esclusiva dello Stato. Basta rilevare al
riguardo   che   la   gara   pubblica   costituisce   uno   strumento
indispensabile  per  tutelare  e  promuovere la concorrenza (sentenza
n. 401 del 2007).
Per  quanto  riguarda  la seconda parte della disposizione impugnata,
deve  invece rilevarsi che il decreto con il quale il Ministero delle
attivita'  produttive,  di  concerto con il Ministero dell'ambiente e
della  tutela  del  territorio,  sentito  il  gestore  della  rete di
trasmissione  nazionale,  determina,  con  proprio  provvedimento,  i
requisiti  organizzativi  e finanziari minimi, i parametri di aumento
dell'energia  prodotta  e  della  potenza  installata  concernenti la
procedura  di gara, e' un atto che, da un lato, e' riconducibile alla
indicata  competenza  statale in materia di tutela della concorrenza,
dall'altro,  interferisce  su  aspetti organizzativi, programmatori e
gestori  della  materia, di competenza concorrente, della produzione,
trasporto  e  distribuzione  nazionale  dell'energia (art. 117, terzo
comma, della Costituzione).
In ordine a tale potere, che indirettamente potrebbe coinvolgere, per
il  suo  concreto  atteggiarsi (aumento dell'energia prodotta e della
potenza  installata),  anche aspetti di gestione del territorio, deve
riconoscersi  la  necessita'  di assicurare un potere specifico degli
organi  dello  Stato,  chiamati a tutelare la concorrenza nel settore
economico di riferimento, nonche' interessi unitari alla produzione e
gestione  di  una risorsa strategica qual e' l'energia idroelettrica,
ma,  al contempo, anche la necessita' di un coinvolgimento, sul piano
amministrativo,  delle  Regioni  (v.  sentenza  n. 383  del 2005). Va
rimessa  alla  discrezionalita' del legislatore la predisposizione di
regole  che  comportino il coinvolgimento regionale nell'adozione del
decreto in questione (v. sentenza n. 231 del 2005).
Deve,   conseguentemente,   essere   dichiarata   la   illegittimita'
costituzionale  del  comma  483, nella parte in cui non prevede alcun
coinvolgimento    delle    Regioni   nel   procedimento   finalizzato
all'adozione del decreto ministeriale ivi previsto.
8.  - Quanto alla normativa transitoria, il comma 485 viene censurato
dalle  Regioni  Campania,  Piemonte,  Emilia-Romagna e Friuli-Venezia
Giulia,  le  quali escludono che lo Stato possa prevedere una proroga
delle   concessioni  in  corso  di  grandi  derivazioni,  sia  pur  a
determinate condizioni.
La  Regione  Campania  propone  la censura in relazione all'art. 117,
terzo   comma,   della   Costituzione   ed   al  principio  di  leale
collaborazione,  in  quanto la previsione in parola, avendo natura di
dettaglio,  inciderebbe  sulle  competenze  regionali  concorrenti in
materia  di  governo  del  territorio  ed  in  materia di produzione,
trasporto  e  distribuzione  dell'energia  e  non  prevederebbe alcun
coinvolgimento della Regione.
La  Regione  Piemonte individua un contrasto con gli artt. 117, terzo
comma, 118, 119, 120 e 97 della Costituzione, in quanto la previsione
della  proroga  dei  rapporti  concessori  precluderebbe il legittimo
esercizio  da parte della Regione delle funzioni ad essa spettanti in
materia di gestione del demanio e di tutela ambientale del patrimonio
idrico   regionale,   e   soprattutto  impedirebbe  alla  Regione  di
aggiornare  i  disciplinari  di  concessione  sottoscritti  ormai  da
decenni   e  quindi  inadeguati  rispetto  all'evoluzione  normativa,
socio-economica, tecnica e degli stessi fenomeni fisici nel frattempo
verificatisi.
Piu' articolata e' poi l'argomentazione della Regione Emilia-Romagna,
la  quale,  oltre a motivi sostanzialmente analoghi a quelli proposti
dalle altre ricorrenti, sostiene che il predetto comma 485 violerebbe
l'art. 117, terzo comma, della Costituzione anche in riferimento alla
giurisprudenza di questa Corte (di cui alle sentenze numeri 303 e 370
del  2003,  n. 6  del  2004,  numeri  50, 62, 219, 231, 242 e 383 del
2005),  eccedendo  i  limiti  delle  competenze  statali  trasversali
rispetto alle su indicate competenze regionali.
In  particolare,  la previsione di una proroga «secca per dieci anni»
dei  rapporti  concessori  in  corso,  in  luogo  di una procedura di
rinnovo  che  «apra»  il  mercato,  sarebbe del tutto contraddittoria
rispetto  al  principio  della  gara  contestualmente  affermato  dal
precedente  comma  483 e rispetto proprio a quel fine di tutela della
concorrenza e di adeguamento ai principi comunitari apparentemente ed
«ambiguamente»   invocati   dal   legislatore   a   fondamento  della
disciplina.
La   medesima   irragionevolezza   viene   denunciata  dalla  Regione
Friuli-Venezia  Giulia,  la  quale  lamenta,  oltre  alla  violazione
dell'art.  117,  terzo  comma,  della Costituzione e del principio di
ragionevolezza, anche la lesione della propria autonomia finanziaria,
in  quanto  la  proroga  verrebbe  ad  impedire,  in  mancanza  di un
interesse  prevalente  ad  un  uso  diverso,  un  nuovo affidamento a
condizioni   economicamente   piu'   vantaggiose  rispetto  a  quelle
originarie per l'ente territoriale destinatario del relativo canone.
8.5. - La questione e' fondata.
Nonostante   il  richiamo  contenuto  nel  comma  485  «ai  tempi  di
completamento del processo di liberalizzazione e integrazione europea
del   mercato   interno   dell'energia  elettrica»  e  nonostante  la
«autoqualificazione»  della materia, di cui al comma 491, come tutela
della   concorrenza  ed  attuazione  dei  principi  comunitari,  deve
anzitutto   escludersi   che   la  disposizione  in  questione  possa
giustificarsi alla luce della competenza statale di cui all'art. 117,
secondo comma, lettera e), della Costituzione.
La  previsione censurata, in effetti, anziche' aprire gradualmente il
mercato  interno  dell'energia  seguendo  le  scadenze naturali delle
diverse concessioni di grandi derivazioni di acque pubbliche, proroga
irragionevolmente  queste  ultime di dieci anni decorrenti dalla data
di scadenza di ciascuna concessione.
La  norma,  dunque, lungi dal costituire uno strumento indispensabile
per  tutelare  e  promuovere la concorrenza, contrasta con i principi
comunitari  e  contraddice  apertamente  il  fine  (la  tutela  della
concorrenza), che pur afferma di voler perseguire.
La  disposizione  statale  censurata  -  secondo  la  quale le grandi
concessioni  di  derivazioni  idroelettriche  in  corso  alla data di
entrata  in  vigore della legge sono prorogate di dieci anni rispetto
alle  date  di  scadenza,  e  si  sospendono,  di conseguenza, per il
corrispondente  periodo  di  tempo,  le  relative  gare,  mirando  al
miglioramento   delle   prestazioni  energetiche  degli  impianti  di
produzione e ad una piu' elevata tutela delle condizioni ambientali -
deve  essere, al contrario, ricondotta alla competenza concorrente in
materia   di   «produzione,   trasporto   e  distribuzione  nazionale
dell'energia»,  di cui all'art. 117, terzo comma, della Costituzione.
Tuttavia  essa  e'  lesiva  delle  competenze regionali, in quanto la
previsione  di  una  proroga  di dieci anni delle concessioni in atto
costituisce  una  norma  di dettaglio (v., ex multis, sentenze n. 181
del 2006 e 390 del 2004).
Si  deve  dunque  concludere  che  la  disposizione  in  questione e'
costituzionalmente illegittima.
8.6.  - Dalla illegittimita' costituzionale del comma 485 dell'art. 1
della legge n. 266 del 2005 discende la illegittimita' costituzionale
di  tutte  le  residue previsioni, impugnate sotto vari profili dalle
Regioni  ricorrenti,  che  recano  la  dettagliata  disciplina  della
proroga in questione, e pertanto: del comma 486, il quale introduce a
carico  dei  concessionari  un  canone aggiuntivo quale corrispettivo
della  proroga;  del  successivo  comma  487,  il  quale  prevede  le
condizioni  quantitative, qualitative e temporali degli interventi di
ammodernamento  degli  impianti  richiesti  ai  fini dell'ottenimento
della  proroga;  ed,  infine,  del  comma  488,  il quale prevede gli
adempimenti formali a carico dei concessionari ed il termine entro il
quale  la  Regione  deve  compiere  la  verifica  dell'esistenza  dei
presupposti per la proroga.
Infatti  tali  previsioni,  essendo stata dichiarata l'illegittimita'
della proroga delle concessioni in atto, vengono a perdere il proprio
oggetto; ed inoltre, regolando nel dettaglio la procedura finalizzata
alla  proroga  stessa, sono affette dai medesimi vizi di legittimita'
costituzionale che inficiano quest'ultima.
9.  -  Il  comma  491  qualifica  il complessivo intervento normativo
statale  come  attinente  alla materia della tutela della concorrenza
(art.  117,  secondo  comma,  lettera  e),  della  Costituzione) e di
attuazione  dei  principi comunitari resi dal parere «motivato» della
Commissione europea del 7 gennaio 2004.
Questa  previsione  e'  censurata  da  tutte le Regioni ricorrenti in
riferimento  all'art.  117,  terzo  comma,  della  Costituzione,  sul
rilievo   che  non  sarebbe  consentito  allo  Stato  autoqualificare
l'ambito  materiale  delle  proprie  norme,  essendo  questo  un dato
obiettivo, sottratto ad un potere dispositivo in capo al legislatore.
A questo rilievo tutte le ricorrenti aggiungono la contestazione che,
in concreto, la disciplina sostanziale recata dai commi da 483 a 490,
avente  oltretutto  natura  di estremo dettaglio, non atterrebbe solo
alla   tutela   della   concorrenza,   di   competenza   statale,  ma
interferirebbe  con le competenze regionali concorrenti relative alla
produzione,  trasporto  e  distribuzione  nazionale  dell'energia, al
demanio idrico ed alla pianificazione, queste ultime rientranti nelle
materie del governo del territorio.
La Regione Toscana contesta al riguardo anche la violazione dell'art.
118  della  Costituzione  ed  invoca, quale sua competenza materiale,
quella  sulla  valorizzazione  dei  beni  culturali ed ambientali. Le
Regioni  Campania  ed  Emilia-Romagna invocano, a loro volta, pure il
principio di leale collaborazione.
Ulteriori  e piu' articolate argomentazioni sono poi sviluppate della
Regione Piemonte, la quale invoca come parametri anche gli artt. 119,
120  e  97  della Costituzione, e pone l'accento sulla illegittimita'
costituzionale  del  comma  491,  perche'  le funzioni in ordine alle
grandi  derivazioni  a  scopo  idroelettrico  e, piu' in generale, in
ordine  alla gestione del demanio idrico, la ricerca, l'estrazione ed
utilizzazione  di  acque  sotterranee,  la  tutela del sistema idrico
sotterraneo,  nonche'  la  determinazione dei canoni di concessione e
l'introito dei relativi canoni sarebbero di competenza regionale.
Il  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri, dal suo canto, nega il
carattere  precettivo  dell'autoqualificazione  recata dal comma 491,
sostenendo   che   essa  esprime  unicamente  una  manifestazione  di
giudizio,  peraltro condivisibile, ma non una qualificazione formale,
spettando tale valutazione a questa Corte.
9.1. - La questione e' inammissibile.
Come la giurisprudenza di questa Corte ha frequentemente chiarito (ex
multis:  sentenza  n. 414  del 2004) e come la stessa difesa erariale
ammette, l'autoqualificazione di una norma come inerente alla materia
della  concorrenza  non ha carattere precettivo e vincolante. Da cio'
deriva che, ancora prima di ogni valutazione sulla correttezza o meno
della  qualificazione stessa, una previsione di tal fatta e' priva di
contenuto lesivo per le Regioni ricorrenti.
10.  -  Il  comma  492,  il quale prevede l'obbligo di armonizzazione
delle  Regioni  e  delle  Province autonome con la nuova legislazione
dello  Stato nel termine di novanta giorni e' censurato dalle Regioni
Campania, Emilia-Romagna e Friuli-Venezia Giulia.
Le  questioni  delle Regioni Campania ed Emilia-Romagna sono prive di
argomentazione.  Tali  ricorrenti, in effetti, si limitano a indicare
la  previsione  del  comma  492,  senza  tuttavia  prospettare alcuna
specifica  censura  o  qualsiasi  elemento  che  valga  a sostanziare
l'apodittica domanda.
La censura della Regione Friuli-Venezia Giulia e' invece proposta, in
riferimento  al quarto comma dell'art. 117 della Costituzione, in via
principale,  sull'assunto che le acque pubbliche apparterrebbero alla
potesta' legislativa residuale delle Regioni, ai sensi dell'art. 117,
quarto  comma,  della  Costituzione, e che pertanto non sussisterebbe
alcun  potere  normativo  dello  Stato  che possa valere a fondare la
previsione  in  questione.  E,  in via gradata, sull'assunto che, ove
pure  vi fosse un titolo costituzionale per l'intervento statale, non
potrebbe  supporsi  che  «l'onere  di  adeguamento consista [...] nel
dovere di prorogare ugualmente tutte le concessioni idroelettriche» e
non  potrebbe  pretendersi di «vincolare la Regione, nel quadro delle
proprie  competenze,  ad  una  proroga»  che non corrisponderebbe «ad
alcun  principio»  e che sarebbe «gia' illegittima anche per il campo
di applicazione diretta delle norme qui impugnate».
La  erroneita'  della contestazione proposta in via principale emerge
dalla  giurisprudenza di questa Corte (v., da ultimo, sentenza n. 383
del  2005),  la  quale  ha  gia'  escluso  che la materia delle acque
pubbliche  utilizzate  come  fonti  di  energia possa essere compresa
nella  categoria residuale individuata dal quarto comma dell'art. 117
della Costituzione.
La questione posta in via gradata e' invece parzialmente fondata.
L'obbligo   di  adeguamento,  imposto  dalla  censurata  disposizione
statale alle Regioni ricorrenti deve, infatti, ritenersi illegittimo,
laddove esso e' riferito genericamente a tutti i commi da 483 a 492 e
quindi pure ai commi 485, 486, 487 e 488, ritenuti costituzionalmente
illegittimi,  in quanto aventi natura di dettaglio e rientranti nella
materia   della   produzione,  trasporto  e  distribuzione  nazionale
dell'energia.
              per questi motivi LA CORTE COSTITUZIONALE
Riservata  a  separate pronunce la decisione delle restanti questioni
di  legittimita'  costituzionale,  sollevate  dalle  Regioni Toscana,
Piemonte,  Campania,  Emilia-Romagna  e  Friuli-Venezia  Giulia con i
ricorsi   indicati   in   epigrafe;   Riuniti   i  giudizi,  Dichiara
l'illegittimita'  costituzionale  dell'art. 1, comma 483, della legge
23 dicembre 2005, n. 266 (Disposizioni per la formazione del bilancio
annuale  e  pluriennale  dello Stato - legge finanziaria 2006), nella
parte in cui non prevede un adeguato coinvolgimento delle Regioni nel
procedimento finalizzato all'adozione del provvedimento del Ministero
delle   attivita'   produttive,   di   concerto   con   il  Ministero
dell'ambiente e della tutela del territorio, sentito il gestore della
rete   di   trasmissione   nazionale,   che   determina  i  requisiti
organizzativi   e   finanziari   minimi,   i   parametri  di  aumento
dell'energia  prodotta  e  della  potenza  installata  concernenti la
procedura di gara; Dichiara l'illegittimita' costituzionale dell'art.
1,  commi  485,  486, 487 e 488 della legge n. 266 del 2005; Dichiara
l'illegittimita'  costituzionale  dell'art. 1, comma 492, della legge
n. 266  del  2005, nella parte in cui esso si riferisce ai precedenti
commi   485,   486,   487  e  488  del  medesimo  articolo;  Dichiara
inammissibile  la  questione di legittimita' costituzionale dell'art.
1,  comma  484, della legge n. 266 del 2005, proposta, in riferimento
all'art. 117, terzo comma, della Costituzione, dalla Regione autonoma
Friuli-Venezia Giulia, nonche', in riferimento art. 117, terzo comma,
della  Costituzione  ed  al  principio di leale collaborazione, dalla
Regione  Campania  con  i  ricorsi  indicati  in  epigrafe;  Dichiara
inammissibili  le  questioni di legittimita' costituzionale dell'art.
1,  commi  489  e  490,  della  legge  n. 266  del 2005, proposta, in
riferimento  all'art.  117,  terzo  comma,  della Costituzione, dalla
Regione  autonoma Friuli-Venezia Giulia, nonche', in riferimento art.
117,  terzo  comma,  della  Costituzione  ed  al  principio  di leale
collaborazione, dalle Regioni Emilia-Romagna e Campania con i ricorsi
indicati   in   epigrafe;  Dichiara  inammissibile  la  questione  di
legittimita'  costituzionale  dell'art.  1,  comma  491,  della legge
n. 266  del  2005, proposta, in riferimento all'art. 117, terzo comma
della   Costituzione,   dalla   Regione   Friuli-Venezia  Giulia,  in
riferimento  agli  artt.  117, terzo comma, e 118 della Costituzione,
dalla  Regione  Toscana, in riferimento all'articolo 117, terzo comma
della  Costituzione  ed  al  principio di leale collaborazione, dalle
Regioni  Campania  ed  Emilia  Romagna,  nonche', in riferimento agli
artt.  97,  117,  terzo  comma,  119  e 120 della Costituzione, dalla
Regione Piemonte, con i ricorsi indicati in epigrafe.
   Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede  della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 14 gennaio 2008.
                         Il Presidente: Bile
                       Il redattore: Maddalena
                      Il cancelliere: Di Paola
   Depositata in cancelleria il 18 gennaio 2008.
              Il direttore della cancelleria: Di Paola