N. 854 ORDINANZA (Atto di promovimento) 30 gennaio 2008- 18 ottobre 2007

  Ordinanza  del  18  ottobre  2007  emessa dal Tribunale di Roma nel
procedimento  civile  promosso  da  Policlinico  San Donato S.p.a. ed
altri contro Fondazione E.n.p.a.m.

  Sanita' pubblica - Societa' professionali mediche ed odontoiatriche
  in  qualunque  forma costituite e societa' di capitali, operanti in
  regime  di  accreditamento col S.S.N. - Obbligo di versamento ad un
  Fondo  speciale  gestito  dall'ENPAM,  a  favore  degli specialisti
  esterni, di un contributo pari al 2 per cento del fatturato annuo -
  Ingiustificato  deteriore  trattamento  delle  strutture  sanitarie
  private  rispetto  a  quelle  pubbliche  - Violazione del principio
  solidaristico  per  l'assoggettamento  a  contribuzione di soggetti
  terzi  senza  possibilita'  di  rivalsa sul S.N.N. e su un introito
  destinato  a remunerare non solo il professionista ma una complessa
  attivita'  imprenditoriale  -  Incidenza  sul principio di liberta'
  dell'iniziativa  economica  privata  -  Violazione del principio di
  capacita' contributiva.
  - Legge 23 agosto 2004, n. 243, art. 1, comma 39.
  - Costituzione, artt. 2, 3, 38, 41 e 53.
(GU n.5 del 30-1-2008 )
                            IL TRIBUNALE
All'udienza  del 18 ottobre 2007, all'esito della Camera di consiglio
(ore  18,30)  ha pronunciato la seguente ordinanza nella causa civile
iscritta al n. 228341 del Ruolo Generale Affari Contenziosi dell'anno
2006,  vertente  tra:  1)  Policlinico  San Donato S.p.a. Istituto di
ricovero  e  cura  a  carattere  scientifico,  2) Istituto Ortopedico
Galeazzi  S.p.a. Istituto di ricovero e cura a carattere scientifico,
3)   Istituto   clinico   San   Siro   S.p.a.,  4)  Istituto  clinico
Sant'Ambrogio  S.p.a.,  5)  Istituto  clinico Beato Matteo S.p.a., 6)
Istituto  di  cura Citta' di Pavia S.r.l., 7) Istituti clinici Zucchi
S.p.a., 8) Istituto clinico Vilta' Aprica S.p.a., 9) Istituto clinico
«Prof.  E.  Morelli»  S.p.a.,  10) Istituto clinico Citta' di Brescia
S.p.a.,  11) Policlinico San Marco S.r.l., 12) Policlinico San Pietro
S.p.a.,  13)  Istituto  clinico  Sant'Anna  S.p.a.,  14) Casa di cura
privata  Clinica  San  Rocco di Franciacorta S.p.a., 15) Casa di cura
Igea  S.p.a.,  16)  Casa di cura San Giovanni S.r.l., 17) Clinica San
Carlo casa di cura privata polispecialistica S.p.a., 18) Casa di cura
Ambrosiana S.p.a., 19) Casa di cura Habilita S.p.a., 20) Casa di cura
Villa  Esperia,  21)  Ospedale di Suzzara S.p.a., 22) Casa di cura La
Cittadella  Sociale S.r.l., 23) Casa di cura privata Villa Gemma, 24)
Cliniche  Gavazzeni  S.p.a.,  25)  Le  Terrazze S.r.l. - Casa di cura
privata  per  la  riabilitazione  e  poliambulatori, 26) C.O.F. Lanzo
Hospital  S.p.a.,  27)  Casa  di cura Santa Rita S.p.a., 28) Istituto
clinico  Mater  Domini  S.p.a.,  29)  Istituto clinico Humanitas, 30)
Centro  clinico  Milanese  S.r.l., 31) Casa di cura Quarenghi S.r.l.,
32)  Policlinico  di Monza - Casa di cura privata S.p.a., 33) Clinica
Castelli S.p.a., 34) Casa di cura Giovanni Battista Mangioni S.p.a. -
in  persona  dei  rispettivi  legali  rappresentanti  pro  tempore  -
elettivamente  domiciliate  in  Roma,  al  Lungotevere  Marzio, n. 3,
presso  lo  studio  dell'avv.  Giovanni Corbyons che le rappresenta e
difende, unitamente all'avv. Giustino Ciampoli del Foro di Milano, in
virtu'  di  mandati  a margine del ricorso introduttivo, ricorrenti e
Fondazione ENPAM - in persona del legale rappresentante pro tempore -
elettivamente  domiciliata  in Roma, al viale Angelico, n. 77, presso
lo  studio  dell'avv.  Alessandro  Diotallevi  che  la  rappresenta e
difende  in  virtu'  di  mandato  in  calce  al  ricorso  notificato,
convenuta.
Con  ricorso  depositato  il 7 dicembre 2006, le societa' indicate in
epigrafe  hanno  esposto  che  esse  gestiscono  strutture  sanitarie
accreditate  presso  il  Servizio sanitario regionale della Lombardia
per  l'erogazione  di  prestazioni  specialistiche  ambulatoriali  in
regime di gratuita';
     che  tali  prestazioni vengono remunerate dal servizio sanitario
mediante  tariffe  uniche  uguali  per tutte le strutture accreditate
(pubbliche,  private  o  religiose); che per erogare tali prestazioni
occorrono  sia  attrezzature sia personale di svariate qualificazioni
(medici, biologici, tecnici, infermieri);
     che  il  personale  e'  vincolato alle societa' o da rapporti di
lavoro subordinato o di lavoro autonomo;
     che  il  personale medico e' obbligatoriamente iscritto al Fondo
di  previdenza generale dell'ENPAM e versa contributi in misura fissa
per  il  solo  fatto  dell'iscrizione  all'Ordine dei medici, nonche'
contributi in misura proporzionale al reddito;
     che  esse  ricorrenti, salvo che per i medici operanti in regime
di  lavoro  subordinato,  non  ha  mai  versato  alcuna contribuzione
previdenziale gravando questa direttamente sui professionisti;
     che nell'ottobre del 2005 l'ENPAM ha inviato a ciascuna societa'
una  richiesta di versare, ai sensi dell'art. 1, comma 39 della legge
23 agosto 2004, n. 243, un contributo al Fondo di previdenza a favore
degli specialisti esterni;
     che  tale  Fondo di previdenza costituisce una gestione speciale
dell'Ente  istituita  a  favore  dei  medici  titolari di un rapporto
convenzionale  con  il  servizio  sanitario  e  disciplinato, in base
all'art.  48  della  legge n. 833/1978, da contrattazione collettiva,
cui  e'  rimessa  anche la determinazione della misura dei contributi
previdenziali;
     che  secondo  il  regolamento  del detto Fondo di previdenza, ad
esso  possono  essere iscritti anche i professionisti aventi rapporto
professionale con altri istituti a condizione che la regolamentazione
del rapporto recepisca le norme dell'accordo collettivo nazionale;
     che  nessuno  dei  sanitari  operanti per le societa' attrici e'
titolare  di rapporti convenzionali diretti con il servizio sanitario
ne'  comunque  intrattiene  un  rapporto  di  lavoro  disciplinato in
conformita' degli accordi collettivi nazionali;
     che l'ENPAM, a seguito dell'entrata in vigore della citata legge
n. 243/2004  ha  modificato,  con  delibera  del  22  aprile 2005, il
regolamento  del Fondo prevedendo l'obbligo di iscrizione ad esso dei
medici  ed  odontoiatri  delle  societa'  professionali nonche' delle
societa'  di  capitali  operanti  in  regime di accreditamento con il
servizio  sanitario  e  stabilendo  che  il contributo e' determinato
decurtando  il fatturato annuo delle societa' attinente a prestazioni
specialistiche  di una quota percentuale stabilita dai dd.P.R. numeri
119 e 120 del 1988;
     che,  a  causa  dell'obbligo  contributivo  cosi'  imposto, esse
ricorrenti  subiscono  un  grave danno poiche', operando in regime di
concorrenza  con  le  strutture  pubbliche  e  con gli enti religiosi
stante   l'identita'  della  remunerazione  che  tutte  le  strutture
ricevono, si verifica di fatto una riduzione delle tariffe poiche' su
di esse viene ad incidere il contributo di legge;
     che il personale medico gia' gode di copertura assicurativa data
dall'INPS o dal Fondo generale dello stesso ENPAM;
     che   inoltre   tale   personale   contribuisce  in  misura  non
preponderante alla realizzazione del fatturato;
     e  che  la  nuova  normativa  appare concretamente inapplicabile
poiche'  non  puo'  essere determinata la quota riferibile al singolo
professionista  non essendovi alcun criterio certo ed essendovi molte
prestazioni  che  non richiedono l'attivita' di personale laureato in
medicina,   come   ad   esempio  la  analisi  di  laboratorio  o  gli
accertamenti  di  diagnostica  strumentale  ovvero  le prestazioni di
riabilitazione.
Le ricorrenti hanno sostenuto che la delibera dell'Ente del 22 aprile
2005  e'  illegittima  poiche'  con  essa  si pretende di ottenere il
versamento  del  2%  dell'intero  fatturato  attinente le prestazioni
specialistiche  anziche'  sui corrispettivi versati al solo personale
medico  gia'  iscritto,  in  base al regolamento come formulato prima
della  modifica,  al  Fondo  specialisti  esterni.  Ad  avviso  delle
ricorrenti la delibera e' stata adottata ritenendo che la nuova legge
abbia inteso introdurre un obbligo di iscrizione al Fondo specialisti
esterni  a  soggetti  che  in  precedenza  tale  obbligo non avevano,
laddove,   invece,  essa  si  deve  interpretare  nel  senso  che  il
contributo  del  2%  e'  un  contributo  aggiuntivo  a  beneficio dei
soggetti   gia'  iscritti  al  Fondo  specialisti  esterni  e  quindi
individuabili   come   le   persone   a  cui  favore  vanno  imputati
individualmente  i  contributi.  Pertanto,  le strutture obbligate al
versamento  sono  soltanto quelle che si avvalgano di medici iscritti
al  Fondo specialisti esterni, potendo appunto essere iscritti a tale
fondo  i  professionisti  aventi  rapporto  professionale  con  altri
istituti  (anziche' direttamente con il Servizio sanitario nazionale)
regolato pero' secondo le norme degli accordi collettivi nazionali.
La  delibera del 22 aprile 2005, in sostanza, sarebbe illegittima sia
perche'  frutto  di  erronea applicazione della legge n. 243/2004 sia
perche'  sono  di  per  se'  irragionevoli  le modifiche apportate al
regolamento   del   Fondo   specialisti   esterni   considerato   che
l'iscrizione  dipende  da una segnalazione di soggetti terzi e non e'
conseguenza  dell'appartenenza  dei professionisti alla categoria per
la  quale  il  Fondo  era  stato istituito; che l'iscrizione al Fondo
appare  in  funzione non delle modalita' di prestazione professionale
(in  forma  subordinata,  autonoma  ovvero  in regime di convenzione)
bensi'  del  modo di operare del soggetto che corrisponde i compensi;
che  indeterminata  rimane  la  contribuzione soggettiva a carico dei
medici  iscritti  al Fondo; e che, parimenti, indeterminato rimane il
trattamento   riservato   ai  medici  i  quali,  svolgendo  attivita'
libero-professionale, sono tenuti ai versamenti contributivi al Fondo
generale dell'ENPAM.
Le   ricorrenti   hanno   poi  sollevato  questione  di  legittimita'
costituzionale  della  norma  di  cui  all'art.  1,  comma  39, legge
n. 243/2004  per  contrasto  con  gli  artt.  2, 3, 38, 41 e 53 della
Costituzione.  Innanzi  tutto si individua contrasto con il principio
generale  per  cui,  al  fine  di  assicurare i diritti previdenziali
garantiti  dall'art.  38  Cost.,  in  base  ai doveri di solidarieta'
sociale   di   cui   all'art.  2  Cost.,  sono  legittimi  interventi
legislativi  volti  a consentire il finanziamento degli enti preposti
all'erogazione  dei trattamenti previdenziali. La nuova disposizione,
invece,  non ha la funzione di garantire un trattamento pensionistico
a  soggetti che ne sarebbero altrimenti privi, ma soltanto di imporre
l'iscrizione  di  alcuni  lavoratori ad un Fondo speciale gestito dal
medesimo  Ente cui essi sono gia' iscritti con una duplicazione delle
iscrizioni  e  dei trattamenti, con il fine, in realta', di ripianare
la gestione deficitaria di detto Fondo speciale, laddove, invece, una
volta  istituito l'ente e sancito l'obbligo di iscrizione ad esso dei
professionisti,  e'  compito  dell'ente  stesso,  dotato di autonomia
patrimoniale  e gestionale, assicurare l'equilibrio della gestione ed
attuare il principio solidaristico all'interno della categoria.
Un  altro  profilo di illegittimita' viene ravvisato nella violazione
del  principio  di  uguaglianza,  considerato  che  il legislatore ha
sancito il principio di piena equiparazione tra strutture pubbliche e
private,  al  fine  di  garantire  il  diritto  di  libera scelta del
paziente (art. 8-bis, comma 1 del d.lgs. n. 502/1992) ed ha stabilito
un  sistema  di  remunerazione  in  base  a tariffe predefinite (art.
8-sexies,  comma  4, d.lgs. n. 502/1992). La nuova legge opera invece
una  ingiustificata  discriminazione imponendo il contributo soltanto
alle  societa'  private  accreditate  che vengono poste in condizione
deteriore  non  solo  rispetto  alle  strutture  pubbliche  ma  anche
rispetto  agli  enti  religiosi che pure possono operare in regime di
accreditamento  presso  il  Servizio  sanitario  nazionale. Peraltro,
essendo espressamente escluso dalla legge ogni diritto di rivalsa sul
servizio sanitario, le societa' accreditate subiscono una surrettizia
riduzione  delle tariffe, laddove tale riduzione non opera ne' per le
strutture  pubbliche  ne'  per  gli enti religiosi, venendosi cosi' a
creare non solo una ingiustificata disparita' di trattamento ma anche
una violazione del principio di libera concorrenza.
Un  ulteriore  aspetto  di illegittimita' viene individuato nel fatto
che   la  legge  commisura  il  contributo  ad  una  base  imponibile
scollegata  dal  reddito  professionale  dei  soggetti  assicurati in
quanto  esso e' determinato in misura percentuale del fatturato delle
societa',  laddove  i  compensi  che vengono corrisposti dal Servizio
sanitario  nazionale  remunerano  tutti  i fattori della produzione e
quindi   sia  il  capitale  costituito  da  attrezzature,  come  sale
operatorie,  macchinari,  ecc.,  sia  il  lavoro che puo' essere reso
tanto  in regime di subordinazione che di autonomia, senza trascurare
che,  peraltro,  l'incidenza del lavoro su tale fatturato, almeno per
alcune  prestazioni  specialistiche,  puo'  essere  trascurabile.  Le
ricorrenti  evidenziano che il principio solidaristico all'interno di
una  categoria preclude l'assoggettamento a contribuzione di soggetti
terzi,  se  non  in  via di rivalsa da parte del soggetto iscritto ed
obbligato  in  via  principale,  ma  sempre  a condizione che la base
imponibile  sia  rappresentata  dal reddito del soggetto beneficiario
della  posizione  assicurativa,  non  potendo  essere  assoggettati a
contribuzione  redditi  di altra natura. Appare pertanto in contrasto
con  i principi di cui agli artt. 2, 3 e 38 Cost. l'imposizione di un
contributo  che viene a gravare su un soggetto terzo e su un introito
destinato  a  remunerare  non solo il professionista ma una complessa
attivita' imprenditoriale.
Tenendo conto, poi, del divieto di rivalsa sul servizio sanitario, il
contributo  viene  a  gravare  in  modo  definitivo  sul soggetto che
produce   il   servizio   laddove,  invece,  non  sarebbe  del  tutto
irragionevole,  configurando il contributo piuttosto una tassa per un
servizio  pubblico,  farlo  gravare sui soggetti beneficiari, cioe' i
singoli   cittadini  che  fruiscono  delle  prestazioni,  oppure  sul
servizio sanitario quale ente esponenziale della collettivita' avente
diritto alle singole prestazioni.
Infine,  anche ipotizzando che il contributo abbia natura di tributo,
le  ricorrenti ravvisano un'illegittimita' della norma per violazione
del principio di capacita' contributiva giacche', anche a prescindere
dalla  considerazione che un tributo dovrebbe gravare indistintamente
sull'intera   collettivita',   l'imposizione   verrebbe   ad   essere
determinata  in  base  al  fatturato  che  di per se' non rappresenta
indice di capacita' contributiva, posto che l'utile di un'impresa non
e' dato certo da una percentuale fissa del fatturato.
Le   ricorrenti   hanno   quindi   chiesto  sollevarsi  questione  di
legittimita'    costituzionale    e,   nel   merito,   di   accertare
l'insussistenza  dell'obbligo  contributivo  di cui all'art. 1, comma
39, legge n. 243/2004.
L'ENPAM,  costituitosi  tempestivamente,  ha contestato la fondatezza
delle  avverse  pretese sostenendo che la norma di legge in questione
e'  in  tutto conforme ai principi costituzionali ed e' concretamente
applicabile.
Il  tribunale  ritiene  rilevante  e  non manifestamente infondata la
questione di costituzionalita' sollevata dalle societa' ricorrenti.
Quanto  al  primo  profilo  si  osserva  che  la  disposizione di cui
all'art.  1,  comma  39  della  legge  23  agosto  2004,  n. 243 deve
certamente  essere applicata poiche' oggetto del presente giudizio e'
appunto   la  domanda  di  accertamento  negativo  della  sussistenza
dell'obbligo  contributivo  posto  dalla  detta disposizione, laddove
l'EMPAM assume, invece, che tale contributo sia dovuto ed ha all'uopo
richiesto   stragiudizialmente   alle   societa'  ora  ricorrenti  il
pagamento invitando ciascuna di esse a denunciare il fatturato emesso
per  prestazioni  specialistiche  rese  nei  confronti  del  Servizio
sanitario regionale.
L'art.  1,  comma  39,  della  legge  23 agosto 2004, n. 243, dispone
testualmente:  «Le  societa' professionali mediche ed odontoiatriche,
in qualunque forma costituite, e le societa' di capitali, operanti in
regime di accreditamento col Servizio sanitario nazionale, versano, a
valere  in  conto  entrata  del  Fondo  di  previdenza a favore degli
specialisti  esterni  dell'Ente nazionale di previdenza ed assistenza
medici (ENPAM), un contributo pari al 2 per cento del fatturato annuo
attinente   a  prestazioni  specialistiche  rese  nei  confronti  del
Servizio  sanitario  nazionale e delle sue strutture operative, senza
diritto  di  rivalsa  sul  Servizio  sanitario nazionale. Le medesime
societa'  indicano  i  nominativi  dei medici e degli odontoiatri che
hanno   partecipato  alle  attivita'  di  produzione  del  fatturato,
attribuendo   loro   la   percentuale   contributiva   di   spettanza
individuale».
Il  senso  di  tale  disposizione reso palese dal significato proprio
delle parole secondo la loro connessione appare essere quello secondo
cui  l'aliquota  del  2  per  cento  debba  computarsi  sul fatturato
realizzato   dalla   societa'   e  non  sull'ammontare  dei  compensi
corrisposti dalla societa' ai medici ed odontoiatri.
Con   il   termine   «fatturato»,  infatti,  si  intende  l'ammontare
complessivo  delle  vendite o delle prestazioni di servizi effettuato
in  un  determinato periodo di tempo da una ditta o impresa, espresso
in moneta.
Deve   trarsi   conferma  del  fatto  che  il  termine  si  riferisca
all'ammontare  dei  corrispettivi ricevuti dalla societa' dall'ultimo
periodo  del  comma  in  questione  in  cui tale termine e' usato per
indicare  che  alle  attivita'  di  produzione  del  fatturato  hanno
contribuito  i professionisti. In altre parole, i professionisti, con
la   loro  opera,  hanno  contribuito  a  far  si'  che  le  societa'
realizzassero  un  determinato ammontare complessivo di prestazioni e
servizi.
Non  puo'  poi  trascurarsi che l'EMPAM e l'Amministrazione vigilante
abbiano  inteso  che  la  base imponibile e' costituita dal fatturato
realizzato  dalle societa' e non dai compensi che le medesime abbiano
erogato ai professionisti.
Nelle richieste di pagamento, infatti, si legge che «il contributo e'
commisurato al 2% del fatturato emesso per prestazioni specialistiche
rese  nei  confronti  del  S.S.N. nell'anno solare di riferimento, al
netto degli abbattimenti previsti dai dd.P.R. 119-120/1988».
Con  nota  del  23  novembre 2004 l'EMPAM ha chiesto al Ministero del
lavoro  di  conoscere  se l'art. 1, comma 39, legge n. 243/2004 possa
intendersi  nel  senso che il contributo sia da computare «sulla sola
quota  parte  del  fatturato relativo alle prestazioni specialistiche
ambulatoriali    rese    dal   medico   o   dall'odontoiatra,   [...]
opportunamente    rideterminato    con    gli   abbattimenti   recati
rispettivamente  dai  due  citati  d.P.R.  n. 119  e n. 120», poiche'
altrimenti la contribuzione avrebbe colpito anche prestazioni rese da
personale   di  diversa  estrazione  professionale,  come  biologi  o
chimici.
Il  Ministero del lavoro ha risposto a tale richiesta con nota del 28
gennaio  2005  avallando  l'indicazione  interpretativa offerta dalla
Fondazione  EMPAM,  sicche'  il soggetto chiamato istituzionalmente a
far  applicare  la  disposizione di legge in esame ha dunque ritenuto
che   del  complessivo  fatturato  realizzato  dalle  societa'  debba
enuclearsi  una  quota riferibile alle prestazioni dei medici e degli
odontoiatri  e  che  tale quota debba essere decurtata di determinate
percentuali riferibili al costo dei materiali ed alle spese generali.
L'Ente   ha   quindi   modificato  il  regolamento  del  Fondo  degli
specialisti   esterni   con  delibera  del  22  aprile  2005,  n. 19,
prevedendo l'obbligo di pagamento del contributo del 2 per cento «sul
fatturato annuo delle societa' attinente a prestazioni specialistiche
rese   nei   confronti  del  Servizio  sanitario  nazionale»  con  la
decurtazione  gia'  prevista  dai dd.P.R. n. 119 e n. 120 del 1988 al
fine  di determinare la base imponibile dei contributi commisurati ai
compensi  corrisposti  ai professionisti che rendevano prestazioni in
regime di convenzione.
Premesso  che la legge n. 243/2004 non prevede alcun potere dell'Ente
di  previdenza  di modulare la base imponibile riducendola secondo un
criterio  discrezionale,  deve  ritenersi  che  il  contributo debba,
secondo  il  dettato  di  legge,  calcolarsi sul fatturato realizzato
dalle   societa',   sia  pure  limitatamente  alla  quota  riferibile
all'attivita'  svolta  dai  medici  e  dagli odontoiatri (irrilevante
essendo,   ovviamente,   la   difficolta'   pratica   di  individuare
esattamente   quale   parte  del  complessivo  ammontare  del  valore
realizzato da ciascuna societa' sia riferibile alla sola attivita' di
tali  professionisti,  considerata  anche la stretta cooperazione che
puo'   esservi   tra   professionisti   appartenenti  a  vari  ordini
professionali  nello  svolgimento  di  attivita' che concorrono a far
rendere una prestazione sanitaria).
Se  il  significato  della  disposizione  legislativa e' quello sopra
indicato,  come  sembrerebbe  imposto  dal suo tenore letterale, essa
appare  in  contrasto con il principio di ragionevolezza in quanto un
contributo   previdenziale,   destinato   a   costituire  le  risorse
occorrenti   per   le   prestazioni   previdenziali  a  favore  degli
appartenenti  ad  una  determinata  categoria  di  lavoratori,  viene
commisurato  ad  un  valore  che  non  e' espressione diretta ne' del
corrispettivo   ricevuto   dai  professionisti  ne'  della  capacita'
contributiva   del   soggetto   che   si   avvale  della  prestazione
professionale al fine di esercitare un'attivita' di impresa.
Il  fatturato,  infatti,  non  e' altro che un indice del complessivo
volume  di affari nel quale il valore della prestazione professionale
potrebbe  rappresentare  una  quota minima o anche massima, a seconda
della rilevanza dei capitali impiegati nell'impresa ovvero del valore
delle   prestazioni  professionali  o  genericamente  lavorative  che
contribuiscono   alla   formazione  del  fatturato.  Per  contro,  il
fatturato potrebbe costituire un mero recupero dei costi del soggetto
che  ha  utilizzato la prestazione, con margini di profitto minimi se
non anche negativi.
In   ogni   caso  il  contributo  a  favore  di  una  sola  categoria
professionale  verrebbe commisurato anche alle remunerazioni di altre
categorie   che  partecipano  ugualmente  a  rendere  le  prestazioni
assistenziali.
La  disposizione,  poi,  sembra essere in contrasto con i principi di
cui  agli  artt.  2,  3 e 38 Cost. in quanto il contributo, utile per
assicurare  il  finanziamento  di  uno  specifico  fondo dell'ente di
previdenza, verrebbe a gravare in modo definitivo sui soggetti che si
avvalgono  delle  prestazioni  professionali,  senza  possibilita' di
rivalsa  ne'  sul  professionista  (posto  che  la  legge costituisce
l'obbligo  ad  esclusivo  carico  delle  societa)  ne',  per espresso
dettato di legge, sul Servizio sanitario nazionale.
Se  e'  vero,  infatti,  che la Costituzione impone al legislatore di
predisporre   quanto   necessario   affinche'   ai  lavoratori  siano
assicurate  le  prestazioni  previdenziali  indispensabili in caso di
infortunio,   malattia,   invalidita,   vecchiaia   e  disoccupazione
involontaria,  e'  certo necessario che l'ente preposto ad erogare le
prestazioni   previdenziali  agli  assicuratori  disponga  di  idonea
provvista  di  mezzi  mediante la percezione di contributi, stante la
necessita  di mantenere l'equilibrio finanziario dell'ente, tuttavia,
soltanto  in  via  eccezionale  puo'  essere  chiamato  lo  Stato  ad
interventi  integrativi.  A maggior ragione dovrebbe essere del tutto
eccezionale  che l'onere di assicurare l'idonea provvista finanziaria
gravi  non  sulla complessiva categoria di professionisti assicurati,
ma   sui   soggetti  che  si  avvalgono  delle  prestazioni  di  tali
professionisti.
Invero,  e'  ben  possibile  che  un  sistema  previdenziale  non sia
improntato  esclusivamente  su  un  principio  mutualistico,  essendo
fondamentale   anche   il   principio  solidaristico.  Tuttavia  tale
principio  deve  indurre  in  primo luogo a cercare all'interno della
categoria  beneficiaria  delle  prestazioni il sistema per assicurare
l'equilibrio  finanziario,  prima  di  far  ricorso  alla solidarieta
esterna  alla categoria «in ragione del tendenziale autofinanziamento
dei  sistemi previdenziali settoriali» (Corte cost. n. 88 del 1995) e
della   considerazione  che  «il  precetto  che  siano  preveduti  ed
assicurati  mezzi  adeguati  alle  esigenze di vita dei lavoratori si
riferisce  principalmente  all'organizzazione  e  alla gestione della
previdenza  obbligatoria,  alla quale deve essere garantito un flusso
di   contributi   degli   assicurati   proporzionato  ai  bisogni  da
soddisfare,  mentre  l'intervento  solidaristico  della  collettivita
generale  va  limitato a casi giustificati da particolari condizioni,
equamente   selezionate,   e  comunque  contenuto  nei  limiti  delle
disponiblita' del bilancio dello Stato» (Corte cost. n. 78 del 1995).
Nella fattispecie, invece, il principio solidaristico verrebbe inteso
nel  senso che non la collettivita' generale e' chiamata a supportare
una  categoria  «bisognosa»  ma soltanto una determinata categoria di
soggetti  privati  e non in proporzione del solo compenso corrisposto
al  professionista,  ma  del  complesso dei ricavi dell'attivita' del
soggetto privato, una parte dei quali e' utilizzata per compensare il
professionista.
Un  altro profilo di possibile illegittimita' della norma in esame si
ravvisa  nel  contrasto  con le disposizioni di cui agli artt. 3 e 41
della  Costituzione  poiche' il contributo grava esclusivamente sulle
societa' professionali e sulle societa' di capitali, laddove, invece,
vi  sono  anche  altri  soggetti  che, in condizioni di parita', sono
abilitati  a  rendere  le medesime prestazioni in favore del Servizio
sanitario nazionale.
Il  sistema  delineato  dal  d.lgs.  n. 502 del 1992, infatti, mira a
garantire  al  cittadino  la  facolta'  di  scegliere  liberamente la
struttura   sanitaria   che   ritiene  migliore,  sicche'  i  servizi
assistenziali  devono essere erogati dai presidi gestiti direttamente
dalle  unita'  sanitarie  locali,  dalle  aziende  ospedaliere, dalle
aziende  universitarie, dagli istituti di ricovero e cura a carattere
scientifico,  nonche'  dai  soggetti  accreditati, cioe' riconosciuti
dalla  regione  dotati  di specifici requisiti per l'iscrizione in un
elenco. Gli assistiti devono, quindi, potersi rivolgere a ciascuna di
tali categorie per ricevere le prestazioni sanitarie.
Il  Fondo  sanitario  regionale,  cioe'  la quota regionale del Fondo
nazionale,  e' utilizzato per compensare tutti i soggetti che offrono
prestazioni  assistenziali  ed  i  compensi  sono  stabiliti  secondo
tariffe uniche per tutti (art. 8-sexies, d.lgs. n. 502/1992).
In  tal  modo  tutti  i  soggetti  abilitati  a  rendere  prestazioni
sanitarie   o   istituzionalmente,   come   le   ASL   o  le  aziende
universitarie,   ovvero  con  atto  amministrativo,  sono  remunerati
secondo i medesimi criteri.
Spetta  quindi  a  ciascuno  di  essi operare nel modo piu' razionale
possibile  per  fornire  i  servizi  migliori  ottenendo  le maggiori
remunerazioni possibili dal Servizio sanitario nazionale.
E  evidente  che  tutti  i  soggetti  che  concorrono all'offerta dei
servizi di assistenza devono poter contare su compensi unitari uguali
per tutti.
Laddove,  invece,  una  sola  categoria  di tali soggetti e' tenuta a
corrispondere   un   contributo   previdenziale   obbligatorio  senza
possibilita' di rivalsa sul Servizio sanitario nazionale, si potrebbe
ritenere che tale categoria non sia piu' in condizioni di parita' con
le  altre,  dovendo  sopportare un costo aggiuntivo necessario che le
altre  non hanno, ovvero, in altri termini, che i compensi che riceve
siano minori.
Parimenti  meritevole  di esame appare la prospettata contrarieta' ai
principi  di  cui  agli  artt.  2,  3, 38 e 53 Cost. poiche', se puo'
ammettersi  eccezionalmente che un contributo previdenziale gravi sui
fruitori  di  un servizio pubblico al quale partecipa una determinata
categoria  di  professionisti  (Corte cost. n. 23 del 1968), tuttavia
appunto  il  contributo  dovrebbe  gravare  sui fruitori del servizio
proprio  in considerazione ditale beneficio. Nella specie, invece, il
contributo  non  grava sui beneficiari del servizio ma sul produttore
il   quale  non  puo'  rivalersi  sul  Servizio  sanitario,  soggetto
esponenziale della collettivita' dei fruitori del servizio.
Infine, neppure puo' essere trascurata la considerazione che, laddove
il contributo fosse qualificato di natura sostanzialmente tributaria,
esso   dovrebbe   essere  commisurato  alla  capacita'  contributiva.
Essendo,  invece,  proporzionato  al  fatturato e non al reddito, ne'
comunque  ad  un  altro  idoneo  criterio che sia indice probabile di
capacita'  contributiva,  appare svincolato dalla effettiva capacita'
contributiva.
Anche  nel  caso  in  cui la disposizione di cui all'art. 1, comma 39
della  legge n. 243/2004 sia interpretata nel senso che il contributo
debba  essere commisurato non gia' al fatturato, nonostante il chiaro
dettato   legislativo,   bensi'   ai  soli  compensi  corrisposti  ai
professionisti,   permarrebbero  comunque  i  dubbi  di  legittimita'
costituzionale  per  contrasto con gli artt. 2, 3 e 41 Cost. gravando
il  contributo  su  una  sola delle categorie di soggetti abilitati a
rendere, in condizioni di parita', prestazioni assistenziali; con gli
artt.  2, 3, 38 e 53 Cost., essendo imposto l'onere al produttore del
servizio  anziche' al fruitore; con gli artt. 2, 3 e 38 Cost. essendo
imposto  un  onere  solidaristico  a  carico  di  un soggetto privato
estraneo  alla categoria di lavoratori beneficiaria delle prestazioni
previdenziali.
                              P. Q. M.
Visto l'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87, cosi' provvede:
     1)  dispone  l'immediata  trasmissione  degli  atti  alla  Corte
costituzionale;
     2) sospende il presente procedimento;
     3)  ordina che, a cura della cancelleria, la presente ordinanza,
che  viene  letta  in  udienza,  sia  notificata  al  Presidente  del
Consiglio  dei  ministri  e comunicata ai Presidenti delle due Camere
del Parlamento.
     Roma, addi' 18 ottobre 2007
                          Il giudice: Luna