N. 854 ORDINANZA (Atto di promovimento) 30 gennaio 2008- 18 ottobre 2007
Ordinanza del 18 ottobre 2007 emessa dal Tribunale di Roma nel procedimento civile promosso da Policlinico San Donato S.p.a. ed altri contro Fondazione E.n.p.a.m. Sanita' pubblica - Societa' professionali mediche ed odontoiatriche in qualunque forma costituite e societa' di capitali, operanti in regime di accreditamento col S.S.N. - Obbligo di versamento ad un Fondo speciale gestito dall'ENPAM, a favore degli specialisti esterni, di un contributo pari al 2 per cento del fatturato annuo - Ingiustificato deteriore trattamento delle strutture sanitarie private rispetto a quelle pubbliche - Violazione del principio solidaristico per l'assoggettamento a contribuzione di soggetti terzi senza possibilita' di rivalsa sul S.N.N. e su un introito destinato a remunerare non solo il professionista ma una complessa attivita' imprenditoriale - Incidenza sul principio di liberta' dell'iniziativa economica privata - Violazione del principio di capacita' contributiva. - Legge 23 agosto 2004, n. 243, art. 1, comma 39. - Costituzione, artt. 2, 3, 38, 41 e 53.(GU n.5 del 30-1-2008 )
IL TRIBUNALE All'udienza del 18 ottobre 2007, all'esito della Camera di consiglio (ore 18,30) ha pronunciato la seguente ordinanza nella causa civile iscritta al n. 228341 del Ruolo Generale Affari Contenziosi dell'anno 2006, vertente tra: 1) Policlinico San Donato S.p.a. Istituto di ricovero e cura a carattere scientifico, 2) Istituto Ortopedico Galeazzi S.p.a. Istituto di ricovero e cura a carattere scientifico, 3) Istituto clinico San Siro S.p.a., 4) Istituto clinico Sant'Ambrogio S.p.a., 5) Istituto clinico Beato Matteo S.p.a., 6) Istituto di cura Citta' di Pavia S.r.l., 7) Istituti clinici Zucchi S.p.a., 8) Istituto clinico Vilta' Aprica S.p.a., 9) Istituto clinico «Prof. E. Morelli» S.p.a., 10) Istituto clinico Citta' di Brescia S.p.a., 11) Policlinico San Marco S.r.l., 12) Policlinico San Pietro S.p.a., 13) Istituto clinico Sant'Anna S.p.a., 14) Casa di cura privata Clinica San Rocco di Franciacorta S.p.a., 15) Casa di cura Igea S.p.a., 16) Casa di cura San Giovanni S.r.l., 17) Clinica San Carlo casa di cura privata polispecialistica S.p.a., 18) Casa di cura Ambrosiana S.p.a., 19) Casa di cura Habilita S.p.a., 20) Casa di cura Villa Esperia, 21) Ospedale di Suzzara S.p.a., 22) Casa di cura La Cittadella Sociale S.r.l., 23) Casa di cura privata Villa Gemma, 24) Cliniche Gavazzeni S.p.a., 25) Le Terrazze S.r.l. - Casa di cura privata per la riabilitazione e poliambulatori, 26) C.O.F. Lanzo Hospital S.p.a., 27) Casa di cura Santa Rita S.p.a., 28) Istituto clinico Mater Domini S.p.a., 29) Istituto clinico Humanitas, 30) Centro clinico Milanese S.r.l., 31) Casa di cura Quarenghi S.r.l., 32) Policlinico di Monza - Casa di cura privata S.p.a., 33) Clinica Castelli S.p.a., 34) Casa di cura Giovanni Battista Mangioni S.p.a. - in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore - elettivamente domiciliate in Roma, al Lungotevere Marzio, n. 3, presso lo studio dell'avv. Giovanni Corbyons che le rappresenta e difende, unitamente all'avv. Giustino Ciampoli del Foro di Milano, in virtu' di mandati a margine del ricorso introduttivo, ricorrenti e Fondazione ENPAM - in persona del legale rappresentante pro tempore - elettivamente domiciliata in Roma, al viale Angelico, n. 77, presso lo studio dell'avv. Alessandro Diotallevi che la rappresenta e difende in virtu' di mandato in calce al ricorso notificato, convenuta. Con ricorso depositato il 7 dicembre 2006, le societa' indicate in epigrafe hanno esposto che esse gestiscono strutture sanitarie accreditate presso il Servizio sanitario regionale della Lombardia per l'erogazione di prestazioni specialistiche ambulatoriali in regime di gratuita'; che tali prestazioni vengono remunerate dal servizio sanitario mediante tariffe uniche uguali per tutte le strutture accreditate (pubbliche, private o religiose); che per erogare tali prestazioni occorrono sia attrezzature sia personale di svariate qualificazioni (medici, biologici, tecnici, infermieri); che il personale e' vincolato alle societa' o da rapporti di lavoro subordinato o di lavoro autonomo; che il personale medico e' obbligatoriamente iscritto al Fondo di previdenza generale dell'ENPAM e versa contributi in misura fissa per il solo fatto dell'iscrizione all'Ordine dei medici, nonche' contributi in misura proporzionale al reddito; che esse ricorrenti, salvo che per i medici operanti in regime di lavoro subordinato, non ha mai versato alcuna contribuzione previdenziale gravando questa direttamente sui professionisti; che nell'ottobre del 2005 l'ENPAM ha inviato a ciascuna societa' una richiesta di versare, ai sensi dell'art. 1, comma 39 della legge 23 agosto 2004, n. 243, un contributo al Fondo di previdenza a favore degli specialisti esterni; che tale Fondo di previdenza costituisce una gestione speciale dell'Ente istituita a favore dei medici titolari di un rapporto convenzionale con il servizio sanitario e disciplinato, in base all'art. 48 della legge n. 833/1978, da contrattazione collettiva, cui e' rimessa anche la determinazione della misura dei contributi previdenziali; che secondo il regolamento del detto Fondo di previdenza, ad esso possono essere iscritti anche i professionisti aventi rapporto professionale con altri istituti a condizione che la regolamentazione del rapporto recepisca le norme dell'accordo collettivo nazionale; che nessuno dei sanitari operanti per le societa' attrici e' titolare di rapporti convenzionali diretti con il servizio sanitario ne' comunque intrattiene un rapporto di lavoro disciplinato in conformita' degli accordi collettivi nazionali; che l'ENPAM, a seguito dell'entrata in vigore della citata legge n. 243/2004 ha modificato, con delibera del 22 aprile 2005, il regolamento del Fondo prevedendo l'obbligo di iscrizione ad esso dei medici ed odontoiatri delle societa' professionali nonche' delle societa' di capitali operanti in regime di accreditamento con il servizio sanitario e stabilendo che il contributo e' determinato decurtando il fatturato annuo delle societa' attinente a prestazioni specialistiche di una quota percentuale stabilita dai dd.P.R. numeri 119 e 120 del 1988; che, a causa dell'obbligo contributivo cosi' imposto, esse ricorrenti subiscono un grave danno poiche', operando in regime di concorrenza con le strutture pubbliche e con gli enti religiosi stante l'identita' della remunerazione che tutte le strutture ricevono, si verifica di fatto una riduzione delle tariffe poiche' su di esse viene ad incidere il contributo di legge; che il personale medico gia' gode di copertura assicurativa data dall'INPS o dal Fondo generale dello stesso ENPAM; che inoltre tale personale contribuisce in misura non preponderante alla realizzazione del fatturato; e che la nuova normativa appare concretamente inapplicabile poiche' non puo' essere determinata la quota riferibile al singolo professionista non essendovi alcun criterio certo ed essendovi molte prestazioni che non richiedono l'attivita' di personale laureato in medicina, come ad esempio la analisi di laboratorio o gli accertamenti di diagnostica strumentale ovvero le prestazioni di riabilitazione. Le ricorrenti hanno sostenuto che la delibera dell'Ente del 22 aprile 2005 e' illegittima poiche' con essa si pretende di ottenere il versamento del 2% dell'intero fatturato attinente le prestazioni specialistiche anziche' sui corrispettivi versati al solo personale medico gia' iscritto, in base al regolamento come formulato prima della modifica, al Fondo specialisti esterni. Ad avviso delle ricorrenti la delibera e' stata adottata ritenendo che la nuova legge abbia inteso introdurre un obbligo di iscrizione al Fondo specialisti esterni a soggetti che in precedenza tale obbligo non avevano, laddove, invece, essa si deve interpretare nel senso che il contributo del 2% e' un contributo aggiuntivo a beneficio dei soggetti gia' iscritti al Fondo specialisti esterni e quindi individuabili come le persone a cui favore vanno imputati individualmente i contributi. Pertanto, le strutture obbligate al versamento sono soltanto quelle che si avvalgano di medici iscritti al Fondo specialisti esterni, potendo appunto essere iscritti a tale fondo i professionisti aventi rapporto professionale con altri istituti (anziche' direttamente con il Servizio sanitario nazionale) regolato pero' secondo le norme degli accordi collettivi nazionali. La delibera del 22 aprile 2005, in sostanza, sarebbe illegittima sia perche' frutto di erronea applicazione della legge n. 243/2004 sia perche' sono di per se' irragionevoli le modifiche apportate al regolamento del Fondo specialisti esterni considerato che l'iscrizione dipende da una segnalazione di soggetti terzi e non e' conseguenza dell'appartenenza dei professionisti alla categoria per la quale il Fondo era stato istituito; che l'iscrizione al Fondo appare in funzione non delle modalita' di prestazione professionale (in forma subordinata, autonoma ovvero in regime di convenzione) bensi' del modo di operare del soggetto che corrisponde i compensi; che indeterminata rimane la contribuzione soggettiva a carico dei medici iscritti al Fondo; e che, parimenti, indeterminato rimane il trattamento riservato ai medici i quali, svolgendo attivita' libero-professionale, sono tenuti ai versamenti contributivi al Fondo generale dell'ENPAM. Le ricorrenti hanno poi sollevato questione di legittimita' costituzionale della norma di cui all'art. 1, comma 39, legge n. 243/2004 per contrasto con gli artt. 2, 3, 38, 41 e 53 della Costituzione. Innanzi tutto si individua contrasto con il principio generale per cui, al fine di assicurare i diritti previdenziali garantiti dall'art. 38 Cost., in base ai doveri di solidarieta' sociale di cui all'art. 2 Cost., sono legittimi interventi legislativi volti a consentire il finanziamento degli enti preposti all'erogazione dei trattamenti previdenziali. La nuova disposizione, invece, non ha la funzione di garantire un trattamento pensionistico a soggetti che ne sarebbero altrimenti privi, ma soltanto di imporre l'iscrizione di alcuni lavoratori ad un Fondo speciale gestito dal medesimo Ente cui essi sono gia' iscritti con una duplicazione delle iscrizioni e dei trattamenti, con il fine, in realta', di ripianare la gestione deficitaria di detto Fondo speciale, laddove, invece, una volta istituito l'ente e sancito l'obbligo di iscrizione ad esso dei professionisti, e' compito dell'ente stesso, dotato di autonomia patrimoniale e gestionale, assicurare l'equilibrio della gestione ed attuare il principio solidaristico all'interno della categoria. Un altro profilo di illegittimita' viene ravvisato nella violazione del principio di uguaglianza, considerato che il legislatore ha sancito il principio di piena equiparazione tra strutture pubbliche e private, al fine di garantire il diritto di libera scelta del paziente (art. 8-bis, comma 1 del d.lgs. n. 502/1992) ed ha stabilito un sistema di remunerazione in base a tariffe predefinite (art. 8-sexies, comma 4, d.lgs. n. 502/1992). La nuova legge opera invece una ingiustificata discriminazione imponendo il contributo soltanto alle societa' private accreditate che vengono poste in condizione deteriore non solo rispetto alle strutture pubbliche ma anche rispetto agli enti religiosi che pure possono operare in regime di accreditamento presso il Servizio sanitario nazionale. Peraltro, essendo espressamente escluso dalla legge ogni diritto di rivalsa sul servizio sanitario, le societa' accreditate subiscono una surrettizia riduzione delle tariffe, laddove tale riduzione non opera ne' per le strutture pubbliche ne' per gli enti religiosi, venendosi cosi' a creare non solo una ingiustificata disparita' di trattamento ma anche una violazione del principio di libera concorrenza. Un ulteriore aspetto di illegittimita' viene individuato nel fatto che la legge commisura il contributo ad una base imponibile scollegata dal reddito professionale dei soggetti assicurati in quanto esso e' determinato in misura percentuale del fatturato delle societa', laddove i compensi che vengono corrisposti dal Servizio sanitario nazionale remunerano tutti i fattori della produzione e quindi sia il capitale costituito da attrezzature, come sale operatorie, macchinari, ecc., sia il lavoro che puo' essere reso tanto in regime di subordinazione che di autonomia, senza trascurare che, peraltro, l'incidenza del lavoro su tale fatturato, almeno per alcune prestazioni specialistiche, puo' essere trascurabile. Le ricorrenti evidenziano che il principio solidaristico all'interno di una categoria preclude l'assoggettamento a contribuzione di soggetti terzi, se non in via di rivalsa da parte del soggetto iscritto ed obbligato in via principale, ma sempre a condizione che la base imponibile sia rappresentata dal reddito del soggetto beneficiario della posizione assicurativa, non potendo essere assoggettati a contribuzione redditi di altra natura. Appare pertanto in contrasto con i principi di cui agli artt. 2, 3 e 38 Cost. l'imposizione di un contributo che viene a gravare su un soggetto terzo e su un introito destinato a remunerare non solo il professionista ma una complessa attivita' imprenditoriale. Tenendo conto, poi, del divieto di rivalsa sul servizio sanitario, il contributo viene a gravare in modo definitivo sul soggetto che produce il servizio laddove, invece, non sarebbe del tutto irragionevole, configurando il contributo piuttosto una tassa per un servizio pubblico, farlo gravare sui soggetti beneficiari, cioe' i singoli cittadini che fruiscono delle prestazioni, oppure sul servizio sanitario quale ente esponenziale della collettivita' avente diritto alle singole prestazioni. Infine, anche ipotizzando che il contributo abbia natura di tributo, le ricorrenti ravvisano un'illegittimita' della norma per violazione del principio di capacita' contributiva giacche', anche a prescindere dalla considerazione che un tributo dovrebbe gravare indistintamente sull'intera collettivita', l'imposizione verrebbe ad essere determinata in base al fatturato che di per se' non rappresenta indice di capacita' contributiva, posto che l'utile di un'impresa non e' dato certo da una percentuale fissa del fatturato. Le ricorrenti hanno quindi chiesto sollevarsi questione di legittimita' costituzionale e, nel merito, di accertare l'insussistenza dell'obbligo contributivo di cui all'art. 1, comma 39, legge n. 243/2004. L'ENPAM, costituitosi tempestivamente, ha contestato la fondatezza delle avverse pretese sostenendo che la norma di legge in questione e' in tutto conforme ai principi costituzionali ed e' concretamente applicabile. Il tribunale ritiene rilevante e non manifestamente infondata la questione di costituzionalita' sollevata dalle societa' ricorrenti. Quanto al primo profilo si osserva che la disposizione di cui all'art. 1, comma 39 della legge 23 agosto 2004, n. 243 deve certamente essere applicata poiche' oggetto del presente giudizio e' appunto la domanda di accertamento negativo della sussistenza dell'obbligo contributivo posto dalla detta disposizione, laddove l'EMPAM assume, invece, che tale contributo sia dovuto ed ha all'uopo richiesto stragiudizialmente alle societa' ora ricorrenti il pagamento invitando ciascuna di esse a denunciare il fatturato emesso per prestazioni specialistiche rese nei confronti del Servizio sanitario regionale. L'art. 1, comma 39, della legge 23 agosto 2004, n. 243, dispone testualmente: «Le societa' professionali mediche ed odontoiatriche, in qualunque forma costituite, e le societa' di capitali, operanti in regime di accreditamento col Servizio sanitario nazionale, versano, a valere in conto entrata del Fondo di previdenza a favore degli specialisti esterni dell'Ente nazionale di previdenza ed assistenza medici (ENPAM), un contributo pari al 2 per cento del fatturato annuo attinente a prestazioni specialistiche rese nei confronti del Servizio sanitario nazionale e delle sue strutture operative, senza diritto di rivalsa sul Servizio sanitario nazionale. Le medesime societa' indicano i nominativi dei medici e degli odontoiatri che hanno partecipato alle attivita' di produzione del fatturato, attribuendo loro la percentuale contributiva di spettanza individuale». Il senso di tale disposizione reso palese dal significato proprio delle parole secondo la loro connessione appare essere quello secondo cui l'aliquota del 2 per cento debba computarsi sul fatturato realizzato dalla societa' e non sull'ammontare dei compensi corrisposti dalla societa' ai medici ed odontoiatri. Con il termine «fatturato», infatti, si intende l'ammontare complessivo delle vendite o delle prestazioni di servizi effettuato in un determinato periodo di tempo da una ditta o impresa, espresso in moneta. Deve trarsi conferma del fatto che il termine si riferisca all'ammontare dei corrispettivi ricevuti dalla societa' dall'ultimo periodo del comma in questione in cui tale termine e' usato per indicare che alle attivita' di produzione del fatturato hanno contribuito i professionisti. In altre parole, i professionisti, con la loro opera, hanno contribuito a far si' che le societa' realizzassero un determinato ammontare complessivo di prestazioni e servizi. Non puo' poi trascurarsi che l'EMPAM e l'Amministrazione vigilante abbiano inteso che la base imponibile e' costituita dal fatturato realizzato dalle societa' e non dai compensi che le medesime abbiano erogato ai professionisti. Nelle richieste di pagamento, infatti, si legge che «il contributo e' commisurato al 2% del fatturato emesso per prestazioni specialistiche rese nei confronti del S.S.N. nell'anno solare di riferimento, al netto degli abbattimenti previsti dai dd.P.R. 119-120/1988». Con nota del 23 novembre 2004 l'EMPAM ha chiesto al Ministero del lavoro di conoscere se l'art. 1, comma 39, legge n. 243/2004 possa intendersi nel senso che il contributo sia da computare «sulla sola quota parte del fatturato relativo alle prestazioni specialistiche ambulatoriali rese dal medico o dall'odontoiatra, [...] opportunamente rideterminato con gli abbattimenti recati rispettivamente dai due citati d.P.R. n. 119 e n. 120», poiche' altrimenti la contribuzione avrebbe colpito anche prestazioni rese da personale di diversa estrazione professionale, come biologi o chimici. Il Ministero del lavoro ha risposto a tale richiesta con nota del 28 gennaio 2005 avallando l'indicazione interpretativa offerta dalla Fondazione EMPAM, sicche' il soggetto chiamato istituzionalmente a far applicare la disposizione di legge in esame ha dunque ritenuto che del complessivo fatturato realizzato dalle societa' debba enuclearsi una quota riferibile alle prestazioni dei medici e degli odontoiatri e che tale quota debba essere decurtata di determinate percentuali riferibili al costo dei materiali ed alle spese generali. L'Ente ha quindi modificato il regolamento del Fondo degli specialisti esterni con delibera del 22 aprile 2005, n. 19, prevedendo l'obbligo di pagamento del contributo del 2 per cento «sul fatturato annuo delle societa' attinente a prestazioni specialistiche rese nei confronti del Servizio sanitario nazionale» con la decurtazione gia' prevista dai dd.P.R. n. 119 e n. 120 del 1988 al fine di determinare la base imponibile dei contributi commisurati ai compensi corrisposti ai professionisti che rendevano prestazioni in regime di convenzione. Premesso che la legge n. 243/2004 non prevede alcun potere dell'Ente di previdenza di modulare la base imponibile riducendola secondo un criterio discrezionale, deve ritenersi che il contributo debba, secondo il dettato di legge, calcolarsi sul fatturato realizzato dalle societa', sia pure limitatamente alla quota riferibile all'attivita' svolta dai medici e dagli odontoiatri (irrilevante essendo, ovviamente, la difficolta' pratica di individuare esattamente quale parte del complessivo ammontare del valore realizzato da ciascuna societa' sia riferibile alla sola attivita' di tali professionisti, considerata anche la stretta cooperazione che puo' esservi tra professionisti appartenenti a vari ordini professionali nello svolgimento di attivita' che concorrono a far rendere una prestazione sanitaria). Se il significato della disposizione legislativa e' quello sopra indicato, come sembrerebbe imposto dal suo tenore letterale, essa appare in contrasto con il principio di ragionevolezza in quanto un contributo previdenziale, destinato a costituire le risorse occorrenti per le prestazioni previdenziali a favore degli appartenenti ad una determinata categoria di lavoratori, viene commisurato ad un valore che non e' espressione diretta ne' del corrispettivo ricevuto dai professionisti ne' della capacita' contributiva del soggetto che si avvale della prestazione professionale al fine di esercitare un'attivita' di impresa. Il fatturato, infatti, non e' altro che un indice del complessivo volume di affari nel quale il valore della prestazione professionale potrebbe rappresentare una quota minima o anche massima, a seconda della rilevanza dei capitali impiegati nell'impresa ovvero del valore delle prestazioni professionali o genericamente lavorative che contribuiscono alla formazione del fatturato. Per contro, il fatturato potrebbe costituire un mero recupero dei costi del soggetto che ha utilizzato la prestazione, con margini di profitto minimi se non anche negativi. In ogni caso il contributo a favore di una sola categoria professionale verrebbe commisurato anche alle remunerazioni di altre categorie che partecipano ugualmente a rendere le prestazioni assistenziali. La disposizione, poi, sembra essere in contrasto con i principi di cui agli artt. 2, 3 e 38 Cost. in quanto il contributo, utile per assicurare il finanziamento di uno specifico fondo dell'ente di previdenza, verrebbe a gravare in modo definitivo sui soggetti che si avvalgono delle prestazioni professionali, senza possibilita' di rivalsa ne' sul professionista (posto che la legge costituisce l'obbligo ad esclusivo carico delle societa) ne', per espresso dettato di legge, sul Servizio sanitario nazionale. Se e' vero, infatti, che la Costituzione impone al legislatore di predisporre quanto necessario affinche' ai lavoratori siano assicurate le prestazioni previdenziali indispensabili in caso di infortunio, malattia, invalidita, vecchiaia e disoccupazione involontaria, e' certo necessario che l'ente preposto ad erogare le prestazioni previdenziali agli assicuratori disponga di idonea provvista di mezzi mediante la percezione di contributi, stante la necessita di mantenere l'equilibrio finanziario dell'ente, tuttavia, soltanto in via eccezionale puo' essere chiamato lo Stato ad interventi integrativi. A maggior ragione dovrebbe essere del tutto eccezionale che l'onere di assicurare l'idonea provvista finanziaria gravi non sulla complessiva categoria di professionisti assicurati, ma sui soggetti che si avvalgono delle prestazioni di tali professionisti. Invero, e' ben possibile che un sistema previdenziale non sia improntato esclusivamente su un principio mutualistico, essendo fondamentale anche il principio solidaristico. Tuttavia tale principio deve indurre in primo luogo a cercare all'interno della categoria beneficiaria delle prestazioni il sistema per assicurare l'equilibrio finanziario, prima di far ricorso alla solidarieta esterna alla categoria «in ragione del tendenziale autofinanziamento dei sistemi previdenziali settoriali» (Corte cost. n. 88 del 1995) e della considerazione che «il precetto che siano preveduti ed assicurati mezzi adeguati alle esigenze di vita dei lavoratori si riferisce principalmente all'organizzazione e alla gestione della previdenza obbligatoria, alla quale deve essere garantito un flusso di contributi degli assicurati proporzionato ai bisogni da soddisfare, mentre l'intervento solidaristico della collettivita generale va limitato a casi giustificati da particolari condizioni, equamente selezionate, e comunque contenuto nei limiti delle disponiblita' del bilancio dello Stato» (Corte cost. n. 78 del 1995). Nella fattispecie, invece, il principio solidaristico verrebbe inteso nel senso che non la collettivita' generale e' chiamata a supportare una categoria «bisognosa» ma soltanto una determinata categoria di soggetti privati e non in proporzione del solo compenso corrisposto al professionista, ma del complesso dei ricavi dell'attivita' del soggetto privato, una parte dei quali e' utilizzata per compensare il professionista. Un altro profilo di possibile illegittimita' della norma in esame si ravvisa nel contrasto con le disposizioni di cui agli artt. 3 e 41 della Costituzione poiche' il contributo grava esclusivamente sulle societa' professionali e sulle societa' di capitali, laddove, invece, vi sono anche altri soggetti che, in condizioni di parita', sono abilitati a rendere le medesime prestazioni in favore del Servizio sanitario nazionale. Il sistema delineato dal d.lgs. n. 502 del 1992, infatti, mira a garantire al cittadino la facolta' di scegliere liberamente la struttura sanitaria che ritiene migliore, sicche' i servizi assistenziali devono essere erogati dai presidi gestiti direttamente dalle unita' sanitarie locali, dalle aziende ospedaliere, dalle aziende universitarie, dagli istituti di ricovero e cura a carattere scientifico, nonche' dai soggetti accreditati, cioe' riconosciuti dalla regione dotati di specifici requisiti per l'iscrizione in un elenco. Gli assistiti devono, quindi, potersi rivolgere a ciascuna di tali categorie per ricevere le prestazioni sanitarie. Il Fondo sanitario regionale, cioe' la quota regionale del Fondo nazionale, e' utilizzato per compensare tutti i soggetti che offrono prestazioni assistenziali ed i compensi sono stabiliti secondo tariffe uniche per tutti (art. 8-sexies, d.lgs. n. 502/1992). In tal modo tutti i soggetti abilitati a rendere prestazioni sanitarie o istituzionalmente, come le ASL o le aziende universitarie, ovvero con atto amministrativo, sono remunerati secondo i medesimi criteri. Spetta quindi a ciascuno di essi operare nel modo piu' razionale possibile per fornire i servizi migliori ottenendo le maggiori remunerazioni possibili dal Servizio sanitario nazionale. E evidente che tutti i soggetti che concorrono all'offerta dei servizi di assistenza devono poter contare su compensi unitari uguali per tutti. Laddove, invece, una sola categoria di tali soggetti e' tenuta a corrispondere un contributo previdenziale obbligatorio senza possibilita' di rivalsa sul Servizio sanitario nazionale, si potrebbe ritenere che tale categoria non sia piu' in condizioni di parita' con le altre, dovendo sopportare un costo aggiuntivo necessario che le altre non hanno, ovvero, in altri termini, che i compensi che riceve siano minori. Parimenti meritevole di esame appare la prospettata contrarieta' ai principi di cui agli artt. 2, 3, 38 e 53 Cost. poiche', se puo' ammettersi eccezionalmente che un contributo previdenziale gravi sui fruitori di un servizio pubblico al quale partecipa una determinata categoria di professionisti (Corte cost. n. 23 del 1968), tuttavia appunto il contributo dovrebbe gravare sui fruitori del servizio proprio in considerazione ditale beneficio. Nella specie, invece, il contributo non grava sui beneficiari del servizio ma sul produttore il quale non puo' rivalersi sul Servizio sanitario, soggetto esponenziale della collettivita' dei fruitori del servizio. Infine, neppure puo' essere trascurata la considerazione che, laddove il contributo fosse qualificato di natura sostanzialmente tributaria, esso dovrebbe essere commisurato alla capacita' contributiva. Essendo, invece, proporzionato al fatturato e non al reddito, ne' comunque ad un altro idoneo criterio che sia indice probabile di capacita' contributiva, appare svincolato dalla effettiva capacita' contributiva. Anche nel caso in cui la disposizione di cui all'art. 1, comma 39 della legge n. 243/2004 sia interpretata nel senso che il contributo debba essere commisurato non gia' al fatturato, nonostante il chiaro dettato legislativo, bensi' ai soli compensi corrisposti ai professionisti, permarrebbero comunque i dubbi di legittimita' costituzionale per contrasto con gli artt. 2, 3 e 41 Cost. gravando il contributo su una sola delle categorie di soggetti abilitati a rendere, in condizioni di parita', prestazioni assistenziali; con gli artt. 2, 3, 38 e 53 Cost., essendo imposto l'onere al produttore del servizio anziche' al fruitore; con gli artt. 2, 3 e 38 Cost. essendo imposto un onere solidaristico a carico di un soggetto privato estraneo alla categoria di lavoratori beneficiaria delle prestazioni previdenziali.
P. Q. M. Visto l'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87, cosi' provvede: 1) dispone l'immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale; 2) sospende il presente procedimento; 3) ordina che, a cura della cancelleria, la presente ordinanza, che viene letta in udienza, sia notificata al Presidente del Consiglio dei ministri e comunicata ai Presidenti delle due Camere del Parlamento. Roma, addi' 18 ottobre 2007 Il giudice: Luna