N. 31 ORDINANZA (Atto di promovimento) 19 2007- 19 settembre 2008

  Ordinanza  del  19 settembre 2007 emessa dal Tribunale di Parma nel
procedimento penale a carico di Ceruti Violentino

  Reati  e  pene  - Prescrizione - Reati di competenza del giudice di
  pace  -  Reati  puniti  con  pena  diversa da quella detentiva e da
  quella   pecuniaria  -  Termine  di  prescrizione  di  tre  anni  -
  Irragionevole  disparita'  di  trattamento  rispetto  ad ipotesi di
  reato meno gravi per le quali sono previsti termini di prescrizione
  piu' lunghi.
  -  Codice penale, art. 157, comma quinto, come sostituito dall'art.
  6 della legge 5 dicembre 2005, n. 251.
  - Costituzione, art. 3.
(GU n.9 del 20-2-2008 )
                            IL TRIBUNALE
   Letti  gli  atti  del  processo  d'appello n. 14/2005 registro del
tribunale,  che  vede  come  imputato  appellante  Ceruti Violentino,
osserva quanto segue.
   Con  sentenza pronunciata il 19 aprile 2005, il Giudice di pace di
Parma  ha condannato il Ceruti alla pena di euro 1.032 di multa per i
reati  di  cui  agli articoli 582, 594 e 612 del codice penale, tutti
commessi in Parma il 30 novembre 2002 in danno del cittadino albanese
Cela  Aulon.  Il  Ceruti  ha  proposto  tempestivamente  impugnazione
avverso la suddetta sentenza di condanna ed il dibattimento d'appello
davanti  a  questo tribunale e' gia' iniziato. Con memoria depositata
nella  cancelleria  del  tribunale il 12 settembre 2007, il difensore
dell'imputato    ha    eccepito    l'illegittimita'    costituzionale
dell'articolo 157, comma quinto del codice penale, nella parte in cui
la  suddetta norma non prevede un termine di prescrizione di tre anni
anche  per  i  reati attribuiti alla competenza del giudice di pace e
puniti   esclusivamente   con   la  pena  pecuniaria  della  multa  o
dell'ammenda.
   In  estrema  sintesi,  le  argomentazioni  dedotte dal difensore a
sostegno della suddetta eccezione sono le seguenti:
     ai  sensi  del  nuovo  comma quinto dell'articolo 157 del codice
penale,   cosi'   come   modificato   dall'articolo   6  della  legge
n. 251/2005,  ai  reati oggi di competenza del giudice di pace puniti
con  pene  diverse da quella detentiva e da quella pecuniaria, ovvero
con  le  pene  della  permanenza domiciliare o del lavoro di pubblica
utilita',  deve  essere  applicato  il termine di prescrizione di tre
anni;
     in  virtu'  del comma primo dello stesso articolo 157 del codice
penale,  per  i reati di competenza del giudice di pace puniti con la
sola  pena  pecuniaria,  e  quindi  in  astratto  di  minore gravita'
rispetto  a  quelli puniti con le pene cosiddette «paradetentive», e'
invece  previsto  un termine di prescrizione assai piu' lungo, pari a
sei anni per i delitti ed a quattro anni per le contravvenzioni;
     tale meccanismo comporta una disparita' di trattamento del tutto
irragionevole,  idonea  a  ledere i principi tutelati dall'articolo 3
della  Costituzione  e  non  eliminabile  per  via interpretativa dal
giudice ordinario;
     alla  palese  incongruenza  del  testo  legislativo  puo'  porsi
rimedio  soltanto  con un intervento della Corte costituzionale, che,
mediante  la  dichiarazione di parziale illegittimita' costituzionale
del   comma   quinto  dell'articolo  157  del  codice  penale,  renda
applicabile  il termine di prescrizione di tre anni anche ai reati di
competenza del giudice di pace puniti con la sola pena pecuniaria;
     la  questione  e'  rilevante ai fini della decisione da adottare
nel  presente  processo,  perche',  nel  caso in cui il Giudice delle
leggi  dovesse  dichiarare  l'illegittimita' costituzionale del comma
quinto  dell'articolo  157 del codice penale nei termini prospettati,
ovvero  ritenesse  applicabile il termine di prescrizione di tre anni
anche ai reati di competenza del giudice di pace e puniti con la sola
pena  pecuniaria,  dovrebbero  considerarsi  estinti per prescrizione
tutti  i  reati  ascritti  all'appellante,  ovvero  anche  i reati di
ingiuria  e minaccia, essendo ormai interamente decorso dall'episodio
oggetto del processo il termine massimo di tre anni e nove mesi.
   Tanto  premesso,  osserva  questo  giudice  che  effettivamente la
disposizione  di  cui  al nuovo testo dell'articolo 157, comma quinto
del   codice   penale   non  appare  conforme  ai  principi  tutelati
dall'articolo  3  della  Carta  costituzionale,  anche se per ragioni
diverse da quelle prospettate dal difensore dell'imputato appellante.
   Va preliminarmente rilevato che senza alcun dubbio la norma qui in
esame fa riferimento ai reati di competenza del giudice di pace per i
quali  sono previste, sia pure in via alternativa rispetto alla multa
ed all'ammenda, le sanzioni della permanenza domiciliare e del lavoro
di  pubblica  utilita'.  In tale categoria di reati e' compreso anche
uno  dei  delitti  ascritti  all'imputato  Ceruti,  ovvero  quello di
lesioni  personali volontarie, in relazione ai quale deve dunque oggi
ritenersi applicabile il termine di prescrizione di tre anni previsto
dall'articolo  157,  comma  quinto  del codice penale, con l'aggiunta
dell'ulteriore  periodo di nove mesi in virtu' di quanto previsto dal
successivo  articolo  161  del  codice  penale. Orbene, sulla base di
questa  lettura del piu' volte citato comma quinto dell'articolo 157,
che   ad   avviso   di   questo  giudice  non  si  presta  ad  alcuna
interpretazione  alternativa,  i dovrebbe dichiarare l'estinzione del
reato  di  lesioni  personali  volontarie ascritto al Ceruti, essendo
ormai   interamente   decorso   dal  fatto  -  commesso,  secondo  la
prospettazione  del  capo  d'accusa, il 30 novembre 2002 - il termine
massimo  di prescrizione, pari, come si e' appena detto, a tre anni e
nove mesi.
   Per  contro, sicuramente non si sono estinti i reati di ingiuria e
minaccia  ascritti  al  Ceruti,  per  i  quali  opera  il  termine di
prescrizione  piu'  lungo  previsto  per  i delitti di competenza del
giudice  di  pace  puniti  con  la sola sanzione pecuniaria, pari, ai
sensi  dell'articolo 157, comma primo del codice penale, ad anni sei,
ma  che nel caso di specie va in concreto determinato nella misura di
cinque  anni, sulla base del principio della norma piu' favorevole di
cui all'articolo 2 del codice penale.
   Orbene,   ad   avviso   di   questo   giudice   l'attuale  assetto
dell'istituto della prescrizione, cosi' come regolato dal nuovo testo
dell'articolo  157  del  codice  penale,  come  novellato dalla legge
n. 251 del 2005, comporta una palese disparita' di trattamento, priva
di  qualsiasi  giustificazione  razionale, perche', in relazione alle
ipotesi  di  reato  di  competenza  del  giudice  di pace, prevede un
termine  di  prescrizione  piu'  breve,  e  quindi  nella sostanza un
trattamento    sanzionatorio    piu'   favorevole,   per   violazioni
obiettivamente  piu'  gravi  di  quelle  per  le quali e' previsto un
termine di prescrizione piu' lungo.
   Peraltro,  tale  incongruenza  appare  di  solare evidenza proprio
nella fattispecie in esame, posto che il termine di prescrizione piu'
breve  dovrebbe  essere  applicato al delitto di cui all'articolo 582
del  codice penale, che e' punito con una pena edittale piu' grave di
quella prevista per i reati di cui agli articoli 594 e 612 del codice
penale  e  che  tutela  un  bene  giuridico  -  l'integrita' fisica -
sicuramente  di  rango  piu' elevato rispetto a quelli protetti dalle
fattispecie in tema di ingiuria e minaccia.
   Ma  l'incongruenza  assume  i  toni di un vero e proprio paradosso
laddove si considerino i risultati dell'applicazione della disciplina
del  nuovo  articolo  157  ad  una medesima fattispecie criminosa che
preveda  forme  aggravate  dell'ipotesi  base:  infatti, prendendo ad
esempio  il delitto di ingiuria, per effetto delle nuove disposizioni
di cui all'articolo 157 del codice penale, il termine di prescrizione
per  l'ipotesi  semplice  di cui al primo comma dell'articolo 594 del
codice  penale,  oggi punita con la sola pena pecuniaria della multa,
va  individuato in quello ordinario di sei anni, mentre il termine di
prescrizione  per  le  ipotesi  aggravate  previste dai commi terzo e
quarto  della stessa norma, per le quali sono attualmente applicabili
le  sanzioni  della  permanenza  domiciliare e del lavoro di pubblica
utilita', e' quello piu' breve di tre anni.
   Come  ha  gia'  rilevato  anche  la  suprema  Corte  di cassazione
(sezione feriale, ordinanza n. 29786 del 31 agosto 2006), tale aporia
normativa  vulnera contemporaneamente i principi della ragionevolezza
e   dell'uguaglianza,   entrambi   tutelati   dall'articolo  3  della
Costituzione,  e  non puo' essere risolta mediante un'interpretazione
in malam partem, non consentita al giudice ordinario.
   Peraltro,  questo  giudice  non condivide la soluzione prospettata
dal   difensore   dell'imputato   per   porre   rimedio  alla  palese
irragionevolezza della nuova disciplina della prescrizione in tema di
reati  di  competenza  del giudice di pace. Come si e' gia' detto, il
difensore  chiede  che  l'articolo 157 del codice penale sia emendato
dalla Corte costituzionale in modo che sia applicabile anche ai reati
di  competenza del giudice di pace puniti con la sola pena pecuniaria
il  termine  di  prescrizione  di  tre anni. Se non che, ad avviso di
questo  giudice,  una siffatta soluzione non eliminerebbe gli aspetti
di  irragionevolezza  dell'articolo  157  del codice penale: infatti,
accedendo  alla tesi prospettata dal difensore, ovvero uniformando al
livello piu' basso il termine di prescrizione previsto per i reati di
competenza  del  giudice  di pace, persisterebbe comunque nel sistema
un'ingiustificata ed irragionevole disparita' di trattamento, poiche'
in  tale  ipotesi  per  i  delitti  di competenza del giudice di pace
sarebbe  previsto in maniera generalizzata un termine di prescrizione
di tre anni, sensibilmente e soprattutto irragionevolmente piu' breve
rispetto   a   quello   di   quattro  anni  stabilito  per  tutte  le
contravvenzioni  rimaste  di competenza del tribunale in composizione
monocratica.  Come  si  e'  appena  detto,  tale risultato non appare
razionale,  posto  che,  per  definizione,  le  contravvenzioni vanno
considerate reati meno gravi rispetto ai delitti.
   In  conclusione,  se e' ragionevole che il termine di prescrizione
debba  essere  commisurato  alla  gravita'  dei  reati, la disciplina
risultante  dalla nuova formulazione dell'articolo 157 , comma quinto
del  codice  penale  appare priva di ogni giustificazione razionale e
come  tale  in  contrasto  con i principi di equita' e ragionevolezza
tutelati dall'articolo 3 della Carta costituzionale.
   Per  quel che si e' detto, deve quindi essere dichiarata rilevante
e   non   manifestamente   infondata  la  questione  di  legittimita'
costituzionale  dell'articolo  157,  comma quinto, del codice penale,
come  sostituito  dall'articolo  6 della legge n. 251 del 2005, nella
parte  in  cui  prevede  il termine di prescrizione di tre anni per i
reati  per  i  quali  la  legge  stabilisce  pene  diverse  da quella
detentiva  e  da  quella  pecuniaria,  per contrasto con l'articolo 3
della Costituzione.
                              P. Q. M.
   Visto  l'articolo  23  della  legge 11 marzo 1953, n. 87, dichiara
rilevante   e   non   manifestamente   infondata,   con   riferimento
all'articolo  3  della  Costituzione,  la  questione  di legittimita'
costituzionale  dell'articolo  157,  quinto comma, del codice penale,
come  sostituito dall'articolo 6 della legge 5 dicembre 2005, n. 251,
nella  parte  in  cui  prevede  che,  quando  per  il  reato la legge
stabilisce  pene  diverse da quella detentiva e da quella pecuniaria,
si applica il termine di prescrizione di tre anni.
   Dispone   la   immediata   trasmissione   degli  atti  alla  Corte
costituzionale e la sospensione del giudizio in corso.
   Dispone  che,  a cura della cancelleria, la presente ordinanza, di
cui  e' stata data lettura in udienza, sia notificata all'imputato ed
al Presidente del Consiglio dei ministri e sia altresi' comunicata ai
Presidenti delle due Camere del Parlamento.
     Parma, addi' 19 settembre 2007
                     Il giudice: Mastroberardino