N. 32 ORDINANZA (Atto di promovimento) 8 - 9 febbraio 2008

  Ordinanza  del  9  febbraio 2007 emessa dal Giudice di pace di Pisa
nel  procedimento  civile promosso da S.R. Termotecnica S.n.c. contro
Comune di Crespina

  Circolazione  stradale  -  Obbligo  del proprietario del veicolo di
  comunicare  all'organo  di polizia i dati personali e della patente
  del   conducente   non   immediatamente   identificato  al  momento
  dell'infrazione  -  Configurazione  dell'omessa  comunicazione come
  fattispecie di illecito amministrativo sanzionato pecuniariamente -
  Disciplina  vigente al momento della commessa violazione - Ritenuta
  inapplicabilita'  nel  giudizio  a  quo  del  piu'  favorevole  jus
  superveniens.
  -  Codice  della  strada  (d.lgs.  30  aprile  1992, n. 285), artt.
  126-bis,  comma  2,  introdotto  dall'art.  7, comma 1, del decreto
  legislativo  15  gennaio  2002,  n. 9, come modificato dall'art. 7,
  comma  3,  lett.  b),  del  decreto-legge  27  giugno 2003, n. 151,
  convertito,  con modificazioni, nella legge 1° agosto 2003, n. 214,
  e 180, comma 8.
  - Costituzione, artt. 3 e 24.
(GU n.9 del 20-2-2008 )
                         IL GIUDICE DI PACE
   Ha  pronunciato  la seguente ordinanza nella causa civile iscritta
al  n. 528/2005  R.G., promossa da S.R. Termotecnica S.n.c., con sede
in  Cascina  (Pisa),  via  Friuli  n. 3/5,  in persona del suo legale
rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso come da mandato in
atti,  dall'avv. Daniela Bilotti, ed elettivamente domiciliato presso
il loro studio in via Santa Maria n. 9, Pisa, ricorrente;
   Contro  Comune  di  Crespina,  in persona del sindaco pro tempore,
resistente.
   Oggetto:  Opposizione  a sanzione amministrativa ex art. 22, legge
n. 689/1981 e succ. modif.
   1)  Con ordinanza del 22 novembre 2005 questo giudice ha sollevato
questione  di  legittimita'  costituzionale  del  combinato  disposto
dell'art  126-bis,  comma  2, del decreto legislativo 30 aprile 1992,
n. 285  (Nuovo  codice  della  strada),  introdotto  dall'art.  7 del
decreto legislativo 15 gennaio 2002, n. 9 (Disposizioni integrative e
correttive  del nuovo codice della strada, a norma dell'art. 1, comma
1,  della legge 22 marzo 2001, n. 85), nel testo risultante all'esito
della  modifica  apportata  dall'art.  7,  comma  3,  lettera b), del
decreto-legge  27  giugno  2003, n. 151 (Modifiche ed integrazioni al
codice  della  strada),  convertito  con modificazioni nella legge 1°
agosto   2003,   n. 214,  e  dell'art.  180,  comma  8,  del  decreto
legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada), nella
parte  in  detti  articoli  prevedono quale fattispecie di violazione
amministrativa  l'omissione  da  parte  del  proprietario del veicolo
della  comunicazione  dei  dati  del  conducente  non  immediatamente
identificato  al  momento della violazione commessa ed accertata, per
violazione  degli  artt. 3 e 24 della Costituzione per le ragioni che
di seguito si richiamano:
     «Un  primo profilo di costituzionalita' che si rimette al vaglio
della  Corte  concerne  la  violazione  dell'art.  3  Cost., sotto il
profilo  del difetto di ragionevolezza. La Corte costituzionale ha da
tempo   riconosciuto   la   propria   competenza   a   sindacare   la
«ragionevolezza» di disposizioni normative che ledono il principio di
uguaglianza,  anche  quando  la  legge,  senza un ragionevole motivo,
preveda  un  trattamento  diverso  ai cittadini che si trovano in una
situazione uguale (cfr
.  ad  es.  Corte  cost.  29  dicembre  1972,  n. 200),  posto che un
trattamento  differenziato  puo'  trovare legittima applicazione solo
ove   vi   sia   l'indefettibile   presenza   di  ragionevoli  motivi
oggettivamente  rilevabili  a  giustificazione  di  tale  trattamento
differenziato.
   Nel caso specifico il difetto di ragionevolezza risulta rilevabile
in  considerazione  del  fatto  che la norma di cui all'art. 126-bis,
comma  2,  c.d.s.,  che  stabilisce  l'obbligo per il proprietario di
comunicare  i  dati  del conducente, si configura in sostanza come un
obbligo  di  denuncia  di  violazioni  di tipo amministrativo posto a
carico  della generalita' dei cittadini, laddove invece un obbligo di
denuncia  di  tutti i reati, e quindi di fatti quantomeno in astratto
configurabili  come  illeciti  di  natura  piu'  grave  rispetto agli
illeciti  di tipo amministrativo, risulta previsto esclusivamente per
i  pubblici ufficiali e gli incaricati di pubblico servizio, mentre a
sua  volta  il  cittadino,  che  non rivesta la qualifica di pubblico
ufficiale  o  incaricato-di pubblico servizio, commette un reato solo
in caso di omissione di denuncia di un delitto contro la personalita'
dello  stato per il quale la legge stabilisce la pena dell'ergastolo;
solo  in  tale  ipotesi la legge sanziona l'omessa denuncia di reato,
mentre non incorre in alcun illecito il cittadino, che non rivesta la
qualifica  di  pubblico  ufficiale o incaricato di pubblico servizio,
che  ometta  la  denuncia di reati tra quali, volendo indicare alcune
fattispecie  particolarmente gravi, l'omicidio volontario, lo stupro,
la  partecipazione  ad  associazioni  di  tipo mafioso, lo spaccio di
sostanze  stupefacenti.  Se  dunque  l'omessa denuncia di tali reati,
anche  gravissimi,  non comporta conseguenze per il comune cittadino,
risulta  irragionevole  sul  piano  del  principio  di uguaglianza la
previsione  di  sanzioni  per  l'omessa denuncia di fatti costituenti
semplici illeciti amministrativi.
   Qualora  la  norma contestata venga interpretata non tanto come un
obbligo di denuncia (essendo l'autorita' gia' a conoscenza del fatto,
del  quale  e'  pero' sconosciuto l'autore) quanto come un obbligo di
rendere    testimonianza,   emerge   poi   un   secondo   profilo   d
incostituzionalita'  in  relazione  all'art. 24, secondo comma, Cost.
oltre  che  ancora in relazione all'art. 3. Se e' vero infatti che vi
e'  l'obbligo  per il cittadino chiamato dall'autorita' giudiziaria a
rendere  testimonianza  su fatti dei quali sia a conoscenza, e' anche
vero  che nessuno puo' essere chiamato non solo a testimoniare contro
se  stesso,  ma  neppure a rendere dichiarazioni dalle quali potrebbe
scaturire  un  procedimento  sanzionatorio  a  suo  carico, e cio' in
relazione   al  principio  fondamentale  nemo  tenetur  se  detegere,
riconosciuto  in  giurisprudenza  anche  in  ambito extrapenale (cfr.
Cass.  civ.,  sez.  III,  18  giugno  2004,  n. 11412:  "in  tema  di
procedimento  disciplinare  a  carico del notaio, in applicazione del
principio  fondamentale  nemo tenetur se detegere, il notaio non puo'
essere  costretto a rendere dichiarazioni in seguito alle quali possa
essere successivamente esposto ci un procedimento sanzionatorio").
   La  norma  contestata viene invece a configurare un vero e proprio
obbligo  di  testimoniare contro se stessi in tutte le ipotesi in cui
il  proprietario  del  veicolo sia stato anche l'effettivo conducente
dello  stesso al momento del rilievo dell'infrazione, con conseguente
violazione  dell'art.  24, secondo comma, Cost.; cio' in quanto vi e'
una   evidente  incompatibilita'  tra  l'obbligo  di  denuncia  o  di
testimonianza, configurato dalla norma contestata, e la situazione di
un  soggetto  (il proprietario del veicolo) che puo' essere portatore
di  un  interesse  che  puo'  contrastare con il dovere di rispondere
secondo  verita'; interesse riconosciuto e garantito dall'ordinamento
in  base  al  principio  nemo  tenetur se detegere principio che deve
ritenersi  operante non soltanto nell'ambito del procedimento penale,
ma  anche  nel  sistema  sanzionatorio amministrativo, i cui principi
generali, stabiliti negli artt. 1-12, legge 24 novembre 1981, n. 689,
in linea generale ricalcano i principi del diritto penale.
   E'  vero che la Corte costituzionale nella sentenza n. 27/2005 che
ha  dichiarato  l'illegittimita'  costituzionale  dell'art.  126-bis,
comma  2,  del  codice  della strada, nella parte in cui dispone che:
"nel  caso di mancata identificazione di questi, la segnalazione deve
essere  effettuata  a  carico  dei proprietario del veicolo, salvo il
caso   che  lo  stesso  non  comunichi,  entro  trenta  giorni  dalla
richiesta,  all'organo  di  polizia  che  procede, i dati personali e
della  patente  del conducente al momento della commessa violazione",
anziche':   "nel  caso  di  mancata  identificazione  di  questi,  il
proprietario  del  veicolo, entro trenta giorni dalla richiesta, deve
fornire,  all'organo di polizia che procede, i dati personali e della
patente  del  conducente  al  momento  della commessa violazione", ha
precisato che "nel caso in cui il proprietario ometta di comunicare i
dati  personali e della patente del conducente, trova applicazione la
sanzione  pecuniaria  di  cui all'art. 180, comma 8, del codice della
strada".  Tuttavia la Corte ha precisato anche che "in tal modo viene
fugato  il  dubbio  -  che  pure  e'  stato  avanzato  da  taluni dei
remittenti   -   in   ordine  ad  una  ingiustificata  disparita'  di
trattamento  realizzata  tra i proprietari di veicoli, discriminati a
seconda  della  loro  natura di persone giuridiche o fisiche, ovvero,
quanto   a   queste   ultime,  in  base  alla  circostanza  meramente
accidentale  che  le stesse siano munite o meno di patente". La Corte
si  e' quindi limitata ad esaminato la questione di costituzionalita'
della decurtazione a carico del proprietario persona fisica dei punti
dalla  patente, quale sanzione accessoria ad altra violazione, mentre
nel  caso  di  specie  viene  sottoposto alla Corte il giudizio sulla
legittimita' costituzionale della omessa comunicazione quale autonoma
fattispecie di violazione».
   2)  La  Corte  costituzionale,  con ordinanza n. 23 del 2 febbraio
2007,  ha  dato atto che successivamente all'emissione dell'ordinanza
di  rimessione, «il comma 164 dell'art. 2 del decreto-legge 3 ottobre
2006,   n. 262   (Disposizioni   urgenti   in  materia  tributaria  e
finanziaria),   inserito  dalla  relativa  legge  di  conversione  24
novembre  2006,  n. 286,  ha  modificato  il testo dell'art. 126-bis,
comma  2,  del  codice  della  strada», e cioe' la norma censurata da
questo  giudice,  e  che  «in  forza  di  tale  ius  superveniens, le
conseguenze  della  mancata comunicazione dei "dati personali e della
patente   del   conducente  al  momento  della  commessa  violazione"
risultano  oggetto  di  una  nuova  disciplina, atteso che in base al
novellato  testo  dell'art. 126-bis, comma 2, del codice della strada
"il  proprietario  del  veicolo,  ovvero altro obbligato in solido ai
sensi dell'art. 196, sia esso persona fisica o giuridica, che omette,
senza  giustificato  motivo,  di  fornirli  e' soggetto alla sanzione
amministrativa  del pagamento di una somma da euro 250 a euro 1000"».
Sulla base di tali presupposti la Corte costituzionale ha disposto la
restituzione   degli   atti  al  giudice  rimettente  per  una  nuova
valutazione   della   rilevanza   della   questione  di  legittimita'
costituzionale sollevata.
   3)  Cio'  Premesso,  questo  giudice  di  pace  ritiene  di  dover
confermare   la  piena  rilevanza  della  questione  di  legittimita'
costituzionale sollevata, per i motivi di seguito rilevati:
     innanzitutto,  l'art. 126-bis, comma 2, del codice della strada,
nel  testo  modificato  dal comma 164 dell'art. 2 del decreto-legge 3
ottobre  2006,  n. 262, (Disposizioni urgenti in materia tributaria e
finanziaria),   inserito  dalla  relativa  legge  di  conversione  24
novembre  2006, n. 286, non e' automaticamente applicabile al caso di
specie,  atteso che in materia di illeciti amministrativi, l'adozione
del  principio  di  legalita',  di  irretroattivita'  e di divieto di
applicazione   analogica,   risultante   dall'art.   1   della  legge
n. 689/1981,  comporta  l'assoggettamento  della condotta considerata
alla   legge   del   tempo   del  suo  verificarsi,  con  conseguente
inapplicabilita'   della  disciplina  posteriore  eventualmente  piu'
favorevole  (cfr.,  fra  le altre, Cass. civ., sez. lavoro, 19 giugno
2004, n. 11459, Cass. civ., sez. lavoro, 26 novembre 2002, n.. 16699,
Cass. civ., sez. lavoro, 4 maggio 2002, n.. 6405, Cass. civ., sez. I,
21 giugno 1999, n. 6232, Cass. civ., sez. I, 12 maggio 1999, n. 4704,
Cass.  civ.,  sez. I, 12 settembre 1998, n. 9091, Cass. civ., sez. I,
14  novembre  1992,  n. 12240). Alla violazione contestata alla parte
ricorrente  continua  pertanto  ad  applicarsi la norma del combinato
disposto  dell'art.  126-bis,  comma  2,  del  decreto legislativo 30
aprile  1992,  n. 285, introdotto dall'art. 7 del decreto legislativo
15 gennaio 2002, n 9 (Disposizioni integrative e correttive del nuovo
codice  della  strada,  a  norma dell'art. 1, comma 1, della legge 22
marzo  2001,  n. 85),  nel  testo risultante all'esito della modifica
apportata  dall'art.  7,  comma  3,  lettera b), del decreto-legge 27
giugno  2003,  n. 151  (Modifiche  ed  integrazioni  al  codice della
strada),  convertito  con  modificazioni  nella legge 1° agosto 2003,
n. 214,  e  dell'art. 180, comma 8, del decreto legislativo 30 aprile
1992, n. 285;
     oltre  a  cio',  deve  essere  rilevato  che,  anche  laddove si
ritenesse applicabile al caso di specie la nuova normativa introdotta
dal  comma  164  dell'art. 2 del decreto-legge 3 ottobre 2006, n. 262
(Disposizioni  urgenti in materia tributaria e finanziaria), inserito
dalla relativa legge di conversione 24 novembre 2006, n. 286, l'unico
effetto  concreto  sarebbe  la  previsione di una sanzione pecuniaria
inferiore  a  quella precedentemente prevista, e cioe' da euro 250,00
ad  euro 1.000,00, anziche' da euro 357,00 ad euro 1.433,00. Nel caso
di specie oggetto dei rilievi di incostituzionalita' non e' l'importo
della   sanzione   eventualmente   dovuta  ma  bensi'  la  previsione
dell'obbligo  per  il  proprietario del veicolo od altro obbligato in
solido,  sia  esso  persona  fisica  che  giuridica, di comunicare il
nominativo  del  conducente,  il cui mancato adempimento comporta una
sanzione  pecuniaria.  Sotto  tale profilo il nuovo dettato normativo
nulla  ha  introdotto  di nuovo e di diverso rispetto alla precedente
disciplina;  cio'  che  viene  richiesto  alla  Corte  e' pertanto di
pronunciarsi   sulla   legittimita'   costituzionale   della   omessa
comunicazione quale autonoma fattispecie di violazione, a prescindere
dall'entita' della sanzione.
                              P. Q. M.
   Visto l'art. 23, comma 3, legge 11 marzo 1953, n. 87;
   Conferma    la   rilevanza   della   questione   di   legittimita'
costituzionale del combinato disposto dell'art. 126-bis, comma 2, del
decreto  legislativo  30  aprile  1992,  n. 285  (Nuovo  codice della
strada),  introdotto  dall'art.  7 del decreto legislativo 15 gennaio
2002,  n. 9  (Disposizioni  integrative e correttive del nuovo codice
della  strada,  a  norma  dell'art.  1, comma 1, della legge 22 marzo
2001, n. 85), nel testo risultante all'esito della modifica apportata
dall'art.  7,  comma 3, lettera b), del decreto-legge 27 giugno 2003,
n. 151 (Modifiche ed integrazioni al codice della strada), convertito
con  modificazioni  nella  legge  1° agosto 2003, n. 214, e dell'art.
180,  comma  8, del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo
codice  della  strada), nella parte in detti articoli prevedono quale
fattispecie  di  violazione  amministrativa  l'omissione da parte del
proprietario  del veicolo della comunicazione dei dati del conducente
non  immediatamente identificato al momento della violazione commessa
ed  accertata,  per  violazione degli artt. 3 e 24 della Costituzione
per le ragioni di cui in motivazione;
   Conferma la sospensione del procedimento in corso;
   Ordina la notificazione della presente ordinanza alle parti
   Ordina   la  restituzione  degli  atti  unitamente  alla  presente
ordinanza alla Corte costituzionale, affinche' si pronunci sul merito
della questione di legittimita' sollevata.
     Pisa, addi' 8 febbraio 2007
                    Il giudice di pace: Ceccarini
   Ad  integrazione  della  sopracitata  ordinanza il giudice di pace
sottoscritto  ordina la notificazione  della presente alla Presidenza
del Consiglio dei ministri;
   Ordina  la comunicazione ai Presidenti della Camera dei deputati e
del Senato della Repubblica;
   Ordina  la  trasmissione  dell'ordinanza alla Corte costituzionale
con   gli  atti  del  giudizio  e  la  prova  delle  notificazioni  e
comunicazioni.
     Pisa, addi' 6 aprile 2007
                    Il giudice di pace: Ceccarini