N. 39 ORDINANZA (Atto di promovimento) 14 novembre 2007

  Ordinanza del  14  novembre 2007 emessa dal G.u.p. del Tribunale di
Velletri nel procedimento penale a carico di Auricchio Angelo

  Processo  penale - Giudizio abbreviato subordinato dall'imputato ad
  una   integrazione  probatoria -  Costituzione  di  parte  civile -
  Possibilita'  per la parte civile di chiedere l'ammissione di prova
  contraria -  Preclusione -  Compromissione dell'accesso alla tutela
  dei  diritti  in sede giudiziaria - Lesione del diritto di difesa -
  Violazione  del  principio  del  contraddittorio tra le parti nella
  formazione della prova.
  - Codice di procedura penale, artt. 438, comma 5, e 441, comma 2.
  - Costituzione, artt. 3, 24 e 111.
(GU n.10 del 27-2-2008 )
                 IL GIUDICE DELL'UDIENZA PRELIMINARE
   Letti  gli  atti  del  procedimento  penale  n. 5374/06 r.g.n.r. e
n. 7227/06 r.g.g.i.p. nei confronti di Auricchio Angelo nei confronti
del  quale  il  p.m.  ha  esercitato  l'azione  penale per violazione
dell'art.  609-bis  e  ter,  61  n. 9  c.p. con richiesta di rinvio a
giudizio;
                            O s s e r v a
   L'imputato  all'udienza  preliminare  del 24 ottobre 2007 avanzava
richiesta   di   giudizio   abbreviato  subordinata  ad  integrazione
probatoria (escussione di due testi e acquisizione di documentazione)
ai  sensi  dell'art.  448,  comma  5  c.p.p.; il p.m. d'udienza nulla
osservava;  la  parte  offesa, ritualmente costituitasi parte civile,
accettando  di  partecipare al giudizio abbreviato ai sensi dell'art.
441,  comma  2  c.p.p.  chiedeva l'ammissione di altri diversi testi;
tale  richiesta  ―  avversata dalla controparte ― veniva ritenuta
irritale  ed  inammissibile  e  pertanto  la  parte  civile  chiedeva
rimettersi gli atti alla Corte costituzionale per la dichiarazione di
incostituzionalita'  dell'art. 438, comma 5 c.p.p. nella parte in cui
non  consente  alla  parte  civile  di  dedurre  ammissione  di prova
contraria  ―  concessa  invece  al p.m. ― non ponendola quindi in
condizione  di parita' processuale con le altre parti del processo in
contrasto con l'art. 111 della Costituzione italiana.
   La  questione di legittimita' costituzionale sollevata dalla parte
civile   appare   rilevante   nel   procedimento   indicato   e   non
manifestatamene infondata.
   In   primo   luogo  si  osserva  che  nel  procedimento  per  rito
abbreviato,  a  differenza  di quanto avviene nell'applicazione della
pena  su  richiesta  delle  parti  (art.  444 c.p.p.), e' prevista la
possibilita'  che  il  giudice  conosca  della responsabilita' civile
derivante  da  reato  ove  la parte civile, costituendosi, accetti di
partecipare   a   siffatto  giudizio,  sorgendo  quindi  in  capo  al
giudicante    il   potere-dovere   di   decidere   in   ordine   alla
responsabilita' civile dell'imputato. Giudizio di responsabilita' che
nel  suo momento genetico presuppone risolto il problema fondamentale
della   responsabilita'   penale   dell'imputato  giacche'  l'obbligo
risarcitorio   di  natura  aquiliana  scaturisce  ex  art.  185  c.p.
dell'affermazione  della  penale  responsabilita'  dell'imputato come
espressamente prescrive l'art. 538 c.p.p. («Quando pronuncia sentenza
di  condanna il giudice decide sulla domanda per le restituzioni e il
risarcimento  del danno proposta a norma degli artt. 74 e seguenti»).
In  proposito il legislatore ha delineato due differenti modalita' di
rito  c.d. abbreviato che appaiono tra loro ― a dispetto del comune
nomen   iuris  ―  drasticamente  diversi  tranne  che  nell'effetto
premiale  di  riduzione  secca  della  pena da applicarsi in concreto
nella  misura fissa non modificabile dal giudice di un terzo: il rito
abbreviato allo stato degli atti e quello c.d. condizionato ovverosia
subordinato  ad  una integrazione probatoria necessaria ai fini della
decisione.
   Quanto  alla  prima  modalita'  di svolgimento del rito abbreviato
appare  pacifica la natura estremamente semplificata dello stesso, la
sua  natura  premiale a cagione del risparmio di energie processuali,
la  posizione  potestativa  dell'imputato che non consente alle altre
parti  di interloquire in ordine al materiale probatorio, fatto salvo
il   potere  del  giudicante  di  assumere  d'ufficio  «gli  elementi
necessari  ai  fini  della  decisione» (art. 441, comma 5 c.p.p.): di
fronte  a tale scelta dell'imputato neanche il p.m. puo' interloquire
ne'  in  punto di ammissione ne' in punto di integrazione probatoria,
avendo  peraltro  egli  avuto  tutto  il  tempo  e le possibilita' di
raccogliere  ogni  elemento  di  prova a carico. La parte offesa puo'
costituirsi  parte  civile  ed  accettare  il  rito  abbreviato o non
accettarlo  ed  esercitare  l'azione civile nei modi ordinari. In tal
caso  appare  evidente la conformita' alla previsione di cui all'art.
111, quinto comma della Costituzione.
   Nel  caso invece del rito abbreviato c.d. condizionato e' previsto
non  solo  che l'imputato possa richiedere l'acquisizione di mezzi di
prova  tesi  a  dimostrare  la  propria  innocenza od ad attenuare la
propria  responsabilita'  penale  ma anche che lo stesso p.m. ― che
pure ha avuto tempo, modo e possibilita' di investigare a tutto campo
al  fine  di  raccogliere  elementi  a carico dell'imputato ― «puo'
chiedere l'ammissione di prova contraria» (sulla legittimita' di tale
previsione  v.  Corte  cost.le  n.115/2001). Quanto alla parte civile
nulla e' previsto nonostante la radicale diversita' di questo tipo di
rito  abbreviato rispetto a quello c.d. secco: in tal caso infatti il
giudice,  assunti i mezzi di prova ammessi su richiesta dell'imputato
e del p.m. ha il potere dovere di accertare la responsabilita' penale
e  civile dell'imputato secondo la stessa regola di giudizio del rito
dibattimentale  e  tuttavia  la  scelta effettuata dall'imputato, con
l'elisione  del momento dibattimentale, ha l'effetto di precludere al
danneggiato  quell'esercizio  del  diritto alla prova che gli sarebbe
garantito  nel  rito ordinario. Si e' sostenuto che alla parte offesa
rimane   il  potere  di  scelta  tra  accettare  il  rito  abbreviato
accontentandosi di sollecitare il giudice ad assumere prove d'ufficio
ex art. 441, comma 5 c.p.p. o non accettarlo e di esercitare l'azione
civile  nella  competente sede civile ordinaria e che al piu' sarebbe
preclusa   solo   la   pronuncia   sul   quantum   debeatur  a  causa
dell'impossibilita'  per  la  parte civile di introdurre elementi che
provino  l'ammontare  del  danno,  rimettendosi  per  quanto concerne
l'affermazione  della  responsabilita'  penale  dell'imputato  da cui
dipende  la  conseguente  affermazione  della  responsabilita' civile
all'iniziativa  del p.m. di chiedere la prova contraria o del giudice
di  integrare  l'attivita'  istruttoria accogliendo i solleciti della
stessa  parte  civile,  godendo comunque ― la p.c. ― della tutela
piu' immediata ed incisiva che il processo penale comunque gli offre.
   Orbene  nel caso concreto dopo che l'imputato ha chiesto di essere
ammesso  al  rito  abbreviato  condizionato  e  la  parte  civile  ha
dichiarato  di accettare il rito stesso, dopo che il giudicante lo ha
ammesso  nei  termini  richiesti  dall'imputato,  il  p.m.  nulla  ha
osservato  ne'  ha  richiesto in punto di prova sulla responsabilita'
penale   dell'imputato,  sicche'  la  parte  civile  a  fronte  della
richiesta    di    rito    abbreviato    dell'imputato   condizionato
all'assunzione  di  prove  dal  medesimo indicate si e' trovata nella
paradossale  situazione  di  non  poter  contare  su una attivita' di
contrasto del p.m. e di non poter richiedere ella stessa l'ammissione
di  prove  contrarie,  consistenti nel caso nella escussione di testi
gia'  indicati  in  querela e mai sentiti neanche in fase di indagini
preliminari,  salvo sollecitare il giudicante. Questi, dal canto suo,
si  e'  venuto  a  trovare  nella  imbarazzante  situazione  di dover
decidere  se  «disporre»  d'ufficio, ma in realta' su sollecito della
parte   civile,   prove   «a   carico»   dell'imputato  in  punto  di
responsabilita'  penale su cui per principio la parte civile non puo'
interloquire,  al  solo scopo di dover supplire alla inerzia del p.m.
d'udienza  ed alla forzata situazione delle parti eventuali ridotte a
convitati  di  pietra  o  spettatrici ammutolite. Situazione peraltro
gia'  verificatasi  in  passato e che ha condotto la suprema Corte di
cassazione a ritenere abnorme l'ordinanza del g.i.p. di ammissione di
testi  indicati  dalla  parte  civile  (v.  Cass.  pen.,  sez. II, 11
novembre 2004, n. 320).
   Poiche'  il  giudicante  ritiene  di  non poter disporre d'ufficio
mezzi  di  prova  suggeriti  dalla  parte  civile  non  solo  perche'
fortemente  contrastata sul punto dalla difesa dell'imputato ma anche
perche'  apertamente  in  contrasto con il preciso disposto dell'art.
441,  comma  5 c.p.p., il quale da facolta' al giudicante di assumere
mezzi  di  prova  anche  d'ufficio ― deve ritenersi ― solo quando
vagliati gli atti e le prove assunte su richiesta dell'imputato e del
p.m.,   ritiene   di  non  poter  decidere  allo  stato  degli  atti,
atteggiandosi  quale  arbitro  anche  dell'esercizio del diritto alla
prova, non potendo svolgere funzione di supplenza all'inerzia volente
o nolente delle parti ― specie se ― in malam partem dell'imputato
―,  la  questione  appare  rilevante nel giudizio di cui si tratta.
Infatti  ove  il  giudicante  non eserciti ― come allo stato non si
intende  esercitare  per i motivi anzidetti ― il potere di disporre
mezzi  di prova d'ufficio (come detto a solo scopo suppletivo) dovra'
decidere  sulla  responsabilita'  penale  dell'imputato  e  sulla sua
conseguente  responsabilita'  civile  solo  sulla  scorta  degli atti
raccolti dal p.m. in fase di indagini preliminari e dell'attivita' di
integrazione  probatoria  richiesta  dal solo imputato. Difatti se il
giudicante   potra'  e  dovra'  comunque  pronunciarsi  sulla  penale
responsabilita'  dell'imputato  e  ― quanto alle domande civili ―
solo  sul  generico  an  debeatur,  appare  evidente come il giudizio
appaia  fondato  su  una  attivita'  probatoria meramente potestativa
dell'imputato   in   alternativa   ad   una  inammissibile  attivita'
squisitamente suppletiva ed inquisitoria del giudice, con conseguente
inevitabile   diniego   di   giustizia  in  punto  di  determinazione
dell'eventuale quantum debeatur.
   La  questione  appare  quindi ad un tempo rilevante nel giudizio a
quo (poiche' i testi tempestivamente indicati in querela non sono mai
stati sentiti e non possono essere citati se non su indicazione della
p.c.,  ed  appaiono  rilevanti  ai  fini  del decidere perche' sono i
professori  della  minore  ai  quali  la  stessa  si  sarebbe rivolta
nell'immediatezza  dei  fatti  )  e  non manifestamente infondata per
quanto  detto  e  per  l'evidente  menomazione del diritto alla prova
della  parte  civile,  che  appare  in  netto  contrasto con le norme
costituzionali.
   L'attuale  formulazione degli articoli 438, comma 5 e 441, comma 2
c.p.p.  appare  infatti  in  netto  contrasto  con l'art. 3 Cost. it.
laddove  impone  alla  Repubblica di rimuovere gli ostacoli di ordine
economico   e   sociale   che   limitando  di  fatto  la  liberta'  e
l'eguaglianza   di  tutti  i  cittadini  ne  impediscono  l'effettiva
partecipazione  all'organizzazione  politica  economica e sociale del
paese,  ivi  compresi  gli ostacoli che ne impediscano l'accesso alla
tutela  dei  diritti  in  sede giudiziaria; con l'art.24 Cost. it. il
quale prescrive che tutti possono agire in giudizio per la tutela dei
propri diritti e che a tale scopo la difesa e' diritto inviolabile in
ogni  stato  e  grado del procedimento, ed evidentemente la tutela si
estende  anche  al  diritto  di  resistere  in  giudizio o esercitare
l'azione  civile nel processo penale; ed infine con il novellato art.
111  Cost.  it.  il  quale  impone  che  ogni  processo si svolga nel
contraddittorio  delle parti, in condizioni di parita', davanti ad un
giudice terzo ed imparziale, ed in particolare che il processo penale
e'  regolato dal principio del contraddittorio nella formazione della
prova; sicche' delle due l'una: o la parte civile va esclusa dal rito
abbreviato  condizionato o se ammessa deve essere posta in condizione
di  parita' con le altre parti (imputato e p.m.) in specie per quanto
riguarda la formazione della prova, mentre va escluso ogni intervento
suppletivo  del giudicante che ne alteri la posizione di terzieta' ed
imparzialita'.
                              P. Q. M.
   Ritenuta  rilevante e non manifestamente infondata la questione di
legittimita'  costituzionale  degli artt. 438, comma 5 e 441, comma 2
del  codice  di  procedura penale in relazione agli artt. 3, 24 e 111
della   Costituzione  italiana  nella  parte  in  cui  ammettendo  la
costituzione   di   parte  civile  nel  rito  abbreviato  subordinato
dall'imputato ad una integrazione probatoria necessaria ai fini della
decisione   non   consente  alla  parte  civile  stessa  di  chiedere
l'ammissione  di  prova  contraria,  dispone l'immediata trasmissione
degli atti alla Corte costituzionale e sospende il giudizio in corso.
   Manda  alla  cancelleria  per  gli adempimenti di cui all'art. 23,
ultimo comma, legge 11 marzo 1953, n. 87.
     Velletri, addi' 14 novembre 2007
            Il giudice per l'udienza preliminare: Audino