N. 46 SENTENZA 25 febbraio - 4 marzo 2008

  Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.

  Ordinanza di rimessione - Contenuti - Descrizione del caso concreto
  sufficientemente  precisa ai fini della valutazione della rilevanza
  -  Rigetto  di  eccezione  di  inammissibilita'  basata  su assunto
  contrario.
  Parlamento  -  Prerogative  parlamentari - Irresponsabilita' per le
  opinioni  espresse  e  i  voti dati nell'esercizio delle funzioni -
  Previsione   costituzionale   riferibile   a   tutte  le  forme  di
  responsabilita'  giuridica,  ivi  compresa  quella amministrativa e
  contabile,   cui   potrebbe   andare   incontro   il   parlamentare
  nell'esercizio  delle  funzioni  -  Conseguente  applicabilita', in
  tutti  i  procedimenti  giurisdizionali, della procedura (ex art. 3
  della  legge  n. 140  del 2003) finalizzata a rendere la previsione
  stessa immediatamente operativa.
  - Legge 20 giugno 2003, n. 140, art. 3, commi 3 e seguenti.
  - Costituzione, art. 68, primo, secondo e terzo comma.
  Parlamento  -  Prerogative dei parlamentari - Irresponsabilita' per
  le  opinioni espresse e i voti dati nell'esercizio delle funzioni -
  Ritenuta    estensione   legislativa   a   tutti   i   procedimenti
  giurisdizionali,  compreso  quello  dinanzi alla Corte dei conti in
  sede   giurisdizionale  -  Denunciato  trattamento  di  favore  dei
  parlamentari   rispetto   ai   non   parlamentari   convenuti   per
  responsabilita'  amministrativa  nello stesso giudizio - Violazione
  del  principio di eguaglianza e di ragionevolezza, del diritto alla
  tutela  giurisdizionale  degli  enti danneggiati, del principio del
  giudice naturale precostituito per legge e delle attribuzioni della
  Corte  dei conti, nonche' dell'obbligo di copertura finanziaria del
  mancato  risarcimento  dei danni (patrimoniali e non) provocati dai
  parlamentari - Questione basata su erronea lettura della previsione
  costituzionale  dell'irresponsabilita'  dei  membri  delle Camere -
  Riferibilita' della prerogativa a tutte le forme di responsabilita'
  giuridica,  ivi  compresa  quella  amministrativa e contabile - Non
  fondatezza della questione.
  - Legge 20 giugno 2003, n. 140, art. 3, comma 3, ultimo periodo.
  -  Costituzione,  artt.  3, primo comma, 24, primo comma, 25, primo
  comma,  68, commi secondo e terzo (e primo), 81, comma quarto, 103,
  comma secondo, e 113, commi primo e secondo.
(GU n.12 del 12-3-2008 )
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
composta  dai  signori:  Presidente:  Franco  BILE; Giudici: Giovanni
Maria  FLICK,  Francesco  AMIRANTE,  Ugo  DE SIERVO, Paolo MADDALENA,
Alfio  FINOCCHIARO,  Alfonso  QUARANTA, Franco GALLO, Luigi MAZZELLA,
Gaetano  SILVESTRI,  Sabino  CASSESE,  Maria  Rita  SAULLE,  Giuseppe
TESAURO, Paolo Maria NAPOLITANO;
ha pronunciato la seguente
                              Sentenza
   nel  giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 3, comma 3,
ultimo  periodo, della legge 20 giugno 2003, n. 140 (Disposizioni per
l'attuazione  dell'art.  68  della Costituzione nonche' in materia di
processi  penali  nei  confronti  delle  alte  cariche  dello Stato),
promosso  con  ordinanza  del  19  aprile 2007 dalla Corte dei conti,
sezione  giurisdizionale  regionale  per  la Campania nel giudizio di
responsabilita' amministrativa promosso dal Procuratore regionale nei
confronti  di  Masciari  Silvano  ed  altri  iscritta  al  n. 653 del
registro  ordinanze  2007 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della
Repubblica n. 38, 1ª serie speciale, dell'anno 2007.
   Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio dei
ministri;
   Udito  nella  Camera  di  consiglio del 30 gennaio 2008 il giudice
relatore Ugo De Siervo.
                          Ritenuto in fatto
   1.  -  Nel  corso di un giudizio di responsabilita' amministrativa
promosso  dal Procuratore regionale nei confronti di alcuni esponenti
politici,  la  Corte dei conti, sezione giurisdizionale regionale per
la Campania, con ordinanza depositata il 23 agosto 2007, ha sollevato
questione di legittimita' costituzionale dell'art. 3, comma 3, ultimo
periodo,  della  legge  20  giugno  2003,  n. 140  (Disposizioni  per
l'attuazione  dell'art.  68  della Costituzione nonche' in materia di
processi  penali  nei  confronti  delle alte cariche dello Stato), in
riferimento  agli  artt.  3,  primo comma, 24, primo comma, 25, primo
comma,  68,  secondo  e  terzo  comma, 81, quarto comma, 103, secondo
comma, e 113, primo e secondo comma, della Costituzione.
   1.1.  -  Il  giudice  a quo riferisce che il Procuratore regionale
della  Corte  dei  conti ha chiamato in giudizio i suddetti convenuti
chiedendo  la  loro condanna in solido in favore del Comune di Napoli
per rilevanti somme a titolo di danno patrimoniale, nonche' di alcuni
fra essi, in solido fra loro, per danno non patrimoniale all'immagine
a favore del Comune di Napoli ed a favore dello Stato.
   I  fatti posti a base della suddetta richiesta riguardano i lavori
di costruzione della linea metropolitana della citta' di Napoli, gia'
oggetto  di  un apposito procedimento penale. Il materiale probatorio
raccolto   in  questo  ambito  e'  apparso  al  predetto  procuratore
rilevante  anche  sotto  il profilo della responsabilita' gestoria di
tipo amministrativo, in relazione ad un continuato e ampio sistema di
corruzione  svoltosi  dal  1974  al 1992, a favore di esponenti delle
istituzioni locali e statali.
   Secondo   il   requirente   contabile,   alla   luce  dell'importo
complessivo   delle   dazioni   poste  in  essere  in  modo  illecito
dall'impresa  risultata  aggiudicataria,  il Comune di Napoli avrebbe
subito  un danno patrimoniale costituito dall'importo di tali dazioni
e  da  un importo commisurato all'ingiustificato aumento dei costi ed
agli  intralci  nell'attivita'  esecutiva dei lavori di realizzazione
della  metropolitana,  tali  da  determinare  un notevole disservizio
generale.  Ad  esso  andrebbero aggiunti i danni per i pregiudizi non
patrimoniali  riferibili  alle  rispettive  «immagini istituzionali»,
subiti dallo stesso Comune di Napoli e altresi' dallo Stato.
   Alcuni   fra   i   convenuti,   documentando  il  loro  status  di
parlamentari   all'epoca   dei   fatti   contestati,  hanno  eccepito
l'applicabilita'  dell'art.  68,  primo  comma, della Costituzione, e
hanno,  dunque,  invocato l'operativita' nel giudizio della procedura
stabilita dall'art. 3 della legge n. 140 del 2003, invitando la Corte
dei  conti ad adottare i consequenziali provvedimenti di cui ai commi
3, 4 e 5 del citato art. 3.
   Il  procuratore  regionale, nel ribadire la richiesta di condanna,
ha  sostenuto  che  la  citata  legge  n. 140 del 2003 non troverebbe
applicazione  nel  giudizio  innanzi  alla  Corte  dei  conti e nella
vicenda   in   oggetto,   eccependo   in  subordine  l'illegittimita'
costituzionale  della  stessa  legge,  «per  essere stato in tal modo
reintrodotto  e  anzi  esteso  il  meccanismo  dell'autorizzazione  a
procedere  espunto dall'art. 68 della Costituzione con apposita legge
costituzionale».
   1.2.  -  Il  giudice  a  quo  rileva che la censurata disposizione
certamente  estende le immunita' parlamentari ai procedimenti diversi
da quello penale, e pertanto anche la Corte dei conti, e segnatamente
la  sua  sezione  giurisdizionale,  sarebbe  tenuta, ai sensi di tale
disposizione,  a sospendere immediatamente il giudizio «per acquisire
l'eventuale  autorizzazione  a  procedere dalla Camera dei deputati»,
cui  appartenevano  i  suddetti  convenuti. Tuttavia detta estensione
risulterebbe   «priva  di  copertura  costituzionale,  in  quanto  la
disposizione,  nell'evidenza,  eccede  l'ambito fissato dall'art. 68,
commi  secondo  e  terzo,  della  Costituzione,  che  si riferisce al
processo   penale  e  ad  ogni  connessa  limitazione  alla  liberta'
personale   o   alla   riservatezza».   A   seguito   della   riforma
costituzionale  del  1993  -  prosegue  l'autorita' rimettente -, «e'
richiesta  per  i parlamentari in carica l'autorizzazione a procedere
al  riguardo  delle  limitazioni  alla liberta' ed alle intromissioni
nella loro sfera personale correlate a procedimenti penali».
   Per  il  rimettente,  trattandosi  di  una prerogativa a carattere
eccezionale,  essa  dovrebbe  fondarsi  su  una espressa disposizione
costituzionale  «che  ammetta  una  siffatta  deviazione dai principi
generali   del   nostro   diritto   e   ancor  piu'  dell'ordinamento
costituzionale  fissati  nel  titolo  I,  ed  in  particolare fondati
sull'art.   3   della   Costituzione».  L'estensione  di  prerogative
eccezionali  a  favore  di  alcuni  soggetti,  ancorche' investiti di
funzioni  di  vertice  nel  sistema  costituzionale,  determinerebbe,
infatti, una violazione del principio di eguaglianza, comportando una
diffusa   disparita'   di   trattamento  tra  soggetti  sottoposti  a
procedimenti  giurisdizionali. La disposizione censurata attribuisce,
ad  esempio, ai convenuti ex parlamentari un'ingiustificata posizione
di  privilegio  nei confronti degli altri convenuti non parlamentari.
Ne  scaturirebbe  un vincolo solidale tra i convenuti nel giudizio in
corso,  ex  parlamentari  e  non, «tanto da far gravare l'intero peso
economico  dei  danni subiti dalla finanza pubblica sui convenuti non
estromessi dal medesimo giudizio».
   La  censurata disposizione confliggerebbe, altresi', con gli artt.
24,  primo  comma,  e 113, commi primo e secondo, Cost., in quanto il
Comune  e  lo Stato, che aspirano al risarcimento dei danni sofferti,
risulterebbero  «posti  nella  deteriore  condizione  di poter essere
privati,  con  un  eventuale  diniego  di autorizzazione a procedere,
della possibilita' di tutelarsi giudizialmente».
   L'art.  3,  comma  3, ultimo periodo, della legge n. 140 del 2003,
inoltre,  violerebbe  l'art.  81,  quarto  comma, della Costituzione:
potendo  detta  disposizione  precludere  l'azione  risarcitoria  nei
confronti di parlamentari autori di danni, non sarebbe dato rinvenire
«nel  corpo  del provvedimento legislativo complessivamente approvato
una  previsione  di copertura finanziaria della minor entrata imposta
agli  enti  locali  a  causa del mancato recupero dei danni provocati
alle loro finanze di natura derivata».
   Infine,  nell'ordinanza  di rinvio e' dedotto «il contrasto palese
con  l'art.  103,  secondo  comma  e con l'art. 25, primo comma della
Costituzione,  che  attribuisce alla Corte dei conti la giurisdizione
nelle materie di contabilita' pubblica». L'intervento del legislatore
in  attuazione  dell'art.  l03, secondo comma, della Costituzione non
puo',  secondo  il  giudice  a  quo,  spingersi  «fino  ad  escludere
apoditticamente  la potenziale assoggettabilita' di soggetti operanti
nel   settore   pubblico   da   responsabilita',  peraltro  meramente
patrimoniali,   rientranti  tradizionalmente  e  genericamente  nella
materia  della  contabilita'  pubblica».  Il principio costituzionale
secondo  cui  «nessuno  puo'  essere  distolto  dal  giudice naturale
precostituito  per  legge»,  preclude «qualunque sottrazione di sfera
giurisdizionale  successivamente al verificarsi del fatto generatore,
sia  nel  senso  di  attribuzione  ad altro organo giudiziario che di
esclusione di ogni forma di giurisdizione».
   Infine, l'autorita' rimettente segnala che i fatti contestati sono
ben  precedenti  all'entrata  in vigore della disposizione oggetto di
censura.
   2.  -  Con atto depositato il 23 ottobre 2007, si e' costituito in
giudizio  il  Presidente  del Consiglio dei ministri, rappresentato e
difeso  dall'Avvocatura  generale  dello  Stato,  concludendo  per la
manifesta inammissibilita' e, comunque, per la manifesta infondatezza
della questione.
   2.1.  -  In  via  preliminare, la difesa erariale eccepisce che la
Corte  rimettente non ha descritto sufficientemente il caso concreto,
non   individuando   in  particolare  l'atto  tipico  della  funzione
parlamentare connesso ai contestati comportamenti.
   2.2.  - Nel merito, l'Avvocatura contesta al giudice a quo di aver
prospettato  una  erronea  interpretazione dell'art. 68, primo comma,
Cost.,  dal  momento  che  detta  disposizione,  mirando a presidiare
l'indipendenza  e  la funzionalita' dell'istituzione parlamentare e a
garantire  la  libera formazione della volonta' politica da qualsiasi
interferenza,  esclude  qualunque forma di responsabilita' giuridica,
«quale  che  sia  la sede giurisdizionale nella quale questa dovrebbe
essere  fatta  valere  e nella quale i parlamentari potrebbero essere
chiamati a rispondere».
   Quanto  alla  legge  n. 140  del 2003, la difesa erariale rammenta
che,  come  riconosciuto  dalla  stessa Corte costituzionale, essa e'
volta a rendere il citato art. 68 Cost. «immediatamente operativo sul
piano  processuale».  Detta legge, dunque, non avrebbe inteso operare
alcuna  estensione  dell'ambito delle prerogative dei parlamentari in
relazione alla natura delle responsabilita'.
                       Considerato in diritto
   1.  - La Corte dei conti, sezione giurisdizionale regionale per la
Campania, dubita della legittimita' costituzionale dell'art. 3, comma
3,  ultimo  periodo, della legge 20 giugno 2003, n. 140 (Disposizioni
per  l'attuazione  dell'art. 68 della Costituzione nonche' in materia
di  processi  penali  nei  confronti delle alte cariche dello Stato),
nella  parte in cui estende la «garanzia prevista dall'art. 68, primo
comma, della Costituzione ai procedimenti innanzi a tutti i giudici»,
ivi   compreso   quello   dinanzi   alla  Corte  dei  conti  in  sede
giurisdizionale.    Cio'    perche'   la   disposizione   denunciata,
«nell'evidenza, eccede l'ambito fissato dall'art. 68, commi secondo e
terzo,  della  Costituzione, che si riferisce al processo penale e ad
ogni   connessa   limitazione   alla   liberta'   personale   o  alla
riservatezza».
   La  disposizione censurata violerebbe l'art. 3, primo comma, della
Costituzione,  in quanto, estendendo prerogative eccezionali a favore
di  alcuni  soggetti,  ancorche' investiti di funzioni di vertice nel
sistema  costituzionale,  determinerebbe una violazione del principio
di  eguaglianza,  comportando  una «diffusa disparita' di trattamento
tra  soggetti  sottoposti  a  procedimenti giurisdizionali», nonche',
sotto     il     profilo    della    irragionevolezza,    ritagliando
«un'inammissibile  area  di  impunita'  in  un delicato settore della
contabilita' pubblica».
   Sarebbero  lesi  anche  gli  artt. 24, primo comma, e 113, primo e
secondo  comma,  della  Costituzione,  dal momento che il Comune e lo
Stato,   che   aspirano   al   risarcimento   dei   danni   sofferti,
risulterebbero  posti  nella  «deteriore  condizione  di poter essere
privati,  con  un  eventuale  diniego  di autorizzazione a procedere,
della possibilita' di tutelarsi giudizialmente».
   Risulterebbe   anche   violato  l'art.  81,  quarto  comma,  della
Costituzione,  giacche', potendo la disposizione censurata precludere
l'azione  risarcitoria nei confronti di parlamentari autori di danni,
non  sarebbe  rinvenibile  «nel  corpo  del provvedimento legislativo
complessivamente  approvato  una  previsione di copertura finanziaria
della  minor  entrata  imposta  agli  enti locali a causa del mancato
recupero dei danni provocati alle loro finanze di natura derivata».
   Infine,  sarebbero  anche  violati gli artt. 103, secondo comma, e
25,  primo  comma,  della  Costituzione,  in  quanto  il  legislatore
ordinario  non  sarebbe legittimato ad escludere la assoggettabilita'
di soggetti operanti nel settore pubblico a responsabilita' meramente
patrimoniali,   rientranti  tradizionalmente  e  genericamente  nella
materia  della  contabilita' pubblica, nonche' in quanto il principio
costituzionale  secondo cui «nessuno puo' essere distolto dal giudice
naturale  precostituito  per  legge»,  precluderebbe anche «qualunque
sottrazione  di  sfera giurisdizionale successivamente al verificarsi
del  fatto  generatore, sia nel senso di attribuzione ad altro organo
giudiziario che di esclusione di ogni forma di giurisdizione».
   2.   -   In   via   preliminare,   va   rigettata  l'eccezione  di
inammissibilita'  della  questione,  formulata dalla difesa erariale,
per insufficiente descrizione della fattispecie.
   Oltre  al  richiamo  puntuale ai lavori di costruzione della linea
metropolitana  della  citta'  di  Napoli  rispetto  ai quali e' stato
riscontrato in sede penale un ampio sistema di corruzione a favore di
esponenti  delle  istituzioni  locali  e  nazionali,  l'ordinanza  di
rimessione  riporta  circostanze di fatto provviste di un sufficiente
grado  di  precisione ai fini della valutazione della rilevanza delle
questioni sollevate.
   3. - Nel merito la questione non e' fondata.
   Infatti,  la  lettura  che  il giudice a quo opera del primo comma
dell'art.  68 Cost. risulta palesemente errata: e' pacifico a livello
sia   dottrinale,   sia  giurisprudenziale  che  questa  disposizione
costituzionale,  di  natura  sostanziale,  nel testo originario cosi'
come  in quello in parte mutato dalla legge costituzionale 29 ottobre
1993,  n. 3  (Modifica dell'art. 68 della Costituzione), esclude ogni
forma  di  responsabilita' giuridica dei parlamentari per le opinioni
espresse  ed  i  voti dati nell'esercizio delle funzioni, di modo che
essi  non  possono,  ne' potranno dopo la scadenza del mandato essere
chiamati  a rispondere per le attivita' da loro svolte in tale veste.
Cio'  al  fine  di  garantire  alle  stesse Camere che i parlamentari
possano  esercitare  nel  modo  piu' libero le loro funzioni, senza i
limiti derivanti dal timore di possibili provvedimenti sanzionatori a
loro carico.
   Invece,  i  commi  secondo e terzo dell'art. 68 della Costituzione
riconoscono   ai  membri  delle  Camere  una  prerogativa  di  natura
procedimentale,  garantendo loro, per la sola durata del mandato, che
taluni atti tipici del procedimento penale - che incidono sulla sfera
di liberta' del parlamentare - non possano essere disposti, se non su
autorizzazione della Camera competente.
   In  considerazione  della  profonda  diversita'  fra  gli istituti
previsti  rispettivamente  al  primo  ed  al  secondo  e  terzo comma
dell'art.  68 della Costituzione, non e' possibile dedurre l'ampiezza
della  prerogativa  dell'irresponsabilita',  di  cui  al primo comma,
dalle  tipologie  di inviolabilita' previste al secondo e terzo comma
dell'art. 68 della Costituzione.
   Inoltre,  questa  Corte, nella sua costante giurisprudenza in tema
di  conflitti  sorti  in  relazione  all'applicazione del primo comma
dell'art.  68  della Costituzione, non ha mai operato una distinzione
fra  i  diversi  tipi  di responsabilita' giuridica a cui puo' andare
incontro  un  parlamentare  di  cui  si  asserisca che abbia ecceduto
dall'esercizio  delle  sue  tipiche  funzioni;  anzi, questa Corte ha
avuto   occasione  di  affermare  espressamente  che  la  prerogativa
costituzionale  di cui al primo comma dell'art. 68 della Costituzione
«si riferisce non solo alla responsabilita' penale, ma anche a quella
civile,  come  a  qualsiasi altra forma di responsabilita' diversa da
quella  che  puo'  essere  fatta  valere nell'ambito dell'ordinamento
interno  della Camera di appartenenza» (sentenza n. 265 del 1997). In
quest'ultima  occasione  la  Corte,  pur  affermando che una tesi del
genere era prevalente anche prima della legge cost. n. 3 del 1993, ha
rilevato che cio' e' ancora piu' chiaro dopo che la riforma del primo
comma  dell'art.  68  della  Costituzione «ha sostituito l'originaria
dizione  (i  membri del Parlamento non possono essere perseguiti) con
una  piu'  univocamente  comprensiva  (non  possono essere chiamati a
rispondere)».
   La  pacifica  riferibilita'  del  primo  comma  dell'art. 68 della
Costituzione  a  tutte  le  forme di responsabilita' giuridica in cui
potrebbe  incorrere un parlamentare a causa delle opinioni espresse e
dei  voti  dati nell'esercizio delle proprie funzioni, rende evidente
la infondatezza dei rilievi riferiti all'ultima parte del comma terzo
dell'art. 3 della legge n. 140 del 2003.
   Questa  disposizione,  infatti,  non  estende l'ambito applicativo
della prerogativa della insindacabilita' a ipotesi di responsabilita'
diverse  ed  ulteriori rispetto a quelle previste dall'art. 68, primo
comma,   Cost.,   come  sostenuto  dal  rimettente,  ma  e',  invece,
finalizzata  a  rendere  immediatamente  e direttamente operativo sul
piano  processuale  il  disposto  della previsione costituzionale. In
particolare,  l'art.  3  della  legge n. 140 del 2003 disciplina, per
ogni  tipo  di  procedimento giurisdizionale, nell'ipotesi in cui sia
rilevata  od  eccepita  l'applicabilita' del primo comma dell'art. 68
Cost.,  un'apposita  procedura  «al  fine  di  meglio  assicurare  il
coordinamento  istituzionale  e  la leale collaborazione tra i poteri
dello Stato coinvolti» (sentenza n. 149 del 2007).
   4.  - Diversamente da quanto affermato dal giudice a quo, le norme
processuali  di  cui  ai  commi  3 e seguenti dell'art. 3 della legge
n. 140 del 2003 non reintroducono affatto ipotesi di autorizzazione a
procedere,  ma delimitano semplicemente entro brevi termini perentori
l'esercizio  delle  diverse prerogative e dei differenziati poteri da
parte  dei  diretti  interessati,  del  giudice  e  della  Camera  di
appartenenza:  questa  Corte ha avuto occasione di affermare che «con
le  disposizioni  processuali  che qui vengono in considerazione sono
state   poste   alcune   norme  finalizzate  a  garantire  sul  piano
procedimentale,   un   efficace   e   corretto   funzionamento  della
prerogativa parlamentare: un sollecito coinvolgimento della Camera di
appartenenza  del parlamentare che abbia eccepito la insindacabilita'
dei  propri  comportamenti senza convincere il giudice competente; la
successiva  temporanea  sospensione  del  giudizio per un limitato ed
improrogabile  periodo  entro  cui  la  Camera  di  appartenenza puo'
esprimere la propria valutazione sulla affermata insindacabilita'; le
conseguenze  processuali della delibera di insindacabilita' che venga
adottata  dalla  Camera  di  appartenenza del parlamentare» (sentenza
n. 149 del 2007).
   D'altra  parte,  il  giudice  (a  quo)  che  non  condividesse  la
eventuale    delibera,   assunta   dalla   Camera   di   appartenenza
dell'interessato,  favorevole  all'applicazione  nel  caso  di specie
dell'art.   68,   primo   comma,  della  Costituzione,  ben  potrebbe
contestarne  la  legittimita'  sollevando  un  apposito  conflitto di
attribuzione fra i poteri dello Stato dinanzi a questa Corte.
   5.  - L'applicabilita' della prerogativa di cui all'art. 68, primo
comma, della Costituzione anche alla responsabilita' amministrativa e
contabile  dei  parlamentari, evidentemente, determina l'infondatezza
delle  censure  concernenti  la dedotta violazione degli artt. 3; 24,
primo comma, e l'art. 113, commi primo e secondo, della Costituzione.
   Le  medesime  ragioni  determinano, altresi', l'infondatezza della
doglianza  relativa  al  contrasto  con l'art. 103, secondo comma, ed
all'art.  25,  primo  comma,  della Costituzione. Con riguardo a tale
censura,  vi  e'  inoltre da ricordare che questa Corte ha piu' volte
avuto  occasione  di  affermare  che  la  puntuale attribuzione della
giurisdizione    in    relazione    alle   diverse   fattispecie   di
responsabilita'  amministrativa  non  opera  automaticamente  in base
all'art.  103 della Costituzione, ma e' rimessa alla discrezionalita'
del  legislatore ordinario (fra le molte, si vedano le sentenze n. 24
del  1993, n. 773 del 1988, n. 641 e n. 230 del 1987, n. 241 e n. 189
del 1984), e che la Corte dei conti non e' «il giudice naturale della
tutela  degli  interessi  pubblici e della tutela dei danni pubblici»
(sentenza n. 641 del 1987).
   Quanto  all'asserita  lesione  del quarto comma dell'art. 81 della
Costituzione,  al  di  la'  della  molto  opinabile equiparazione fra
«nuova  o  maggiore spesa» ed il mancato risarcimento ad una pubblica
amministrazione per un danno patrimoniale o non patrimoniale prodotto
da un parlamentare, e' evidente l'inconferenza dei rilievi svolti dal
rimettente  a  tale  riguardo,  atteso  che  l'irresponsabilita'  dei
parlamentari    e'   sancita   direttamente   da   una   disposizione
costituzionale   che   non  tollera  eccezione  ove  ne  ricorrano  i
presupposti applicativi.
              Per questi motivi LA CORTE COSTITUZIONALE
   Dichiara  non  fondata la questione di legittimita' costituzionale
dell'art.  3,  comma  3,  ultimo periodo, della legge 20 giugno 2003,
n. 140 (Disposizioni per l'attuazione dell'art. 68 della Costituzione
nonche'  in  materia  di  processi  penali  nei  confronti delle alte
cariche  dello  Stato), sollevata, in riferimento agli artt. 3, primo
comma,  24,  primo comma, 25, primo comma, 68, secondo e terzo comma,
81,  quarto  comma,  103,  secondo comma e 113, primo e secondo comma
della Costituzione, dalla Corte dei conti con l'ordinanza indicata in
epigrafe.
   Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede  della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 25 febbraio 2008.
                         Il Presidente: Bile
                       Il redattore: De Siervo
                      Il cancelliere: Di Paola
   Depositata in cancelleria il 4 marzo 2008.
              Il direttore della cancelleria: Di Paola