N. 63 ORDINANZA (Atto di promovimento) 19 aprile - 12 ottobre 2007
Ordinanza del 12 ottobre 2007 emessa dal Corte di cassazione nel procedimento civile promosso da San Paolo IMI S.p.A. contro Nugnes Giuseppe ed altri Lavoro e previdenza sociale - Trattamento pensionistico dei dipendenti di enti pubblici creditizi (in specie, Banco di Napoli) collocati a riposo anteriormente al 31 dicembre 1990 - Previsione del diritto alla perequazione del trattamento pensionistico derivante dalla clausola di aggancio alla retribuzione del pari grado in servizio - Spettanza del detto emolumento per il periodo compreso tra il 1° gennaio 1994 e la data della sua sospensione e successiva soppressione (rispettivamente, 26 luglio 1996 e 1° gennaio 1998) - Sopravvenienza di norma di interpretazione autentica tesa ad estendere, con efficacia retroattiva, alla citata categoria di pensionati il diverso istituto previsto dall'articolo 11 del decreto legislativo n. 503 del 1992 - Ritenuta applicabilita' nei giudizi pendenti della detta norma, secondo cui gli aumenti a titolo di perequazione automatica delle pensioni previdenziali ed assistenziali si applicano, con decorrenza dal 1994, sulla base del solo adeguamento al costo vita con cadenza annuale ed effetto dal primo novembre di ogni anno - Denunciata violazione del principio di ragionevolezza sotto il triplice profilo del contrasto della censurata norma di interpretazione autentica con il fine dichiaratamente perseguito di estinguere il contenzioso giudiziario in materia, dell'irrazionale disparita' di trattamento tra situazioni normativamente assimilabili e dell'ingiustificata compromissione del ruolo nomofilattico della Corte di Cassazione - Incidenza sulle prerogative costituzionalmente tutelate dell'ordine giudiziario - Asserita lesione dei principi costituzionali in tema di giusto processo. - Legge 23 agosto 2004, n. 243, art. 1, comma 55. - Costituzione, artt. 3, 102 e 111.(GU n.12 del 12-3-2008 )
LA CORTE DI CASSAZIONE Ha pronunciato la seguente ordinanza sul ricorso iscritto al n. R.G. 24925/05, proposto da San Paolo IMI S.p.A. (Avv. Tosi, De Luca Tamajo) ricorrente, contro Nugnes Giuseppe, Pistillo Nicola e Sbano Rosalia (Avv. Ferraro, Vacirca), intimati controricorrenti, avverso la sentenza del Tribunale di Napoli n. 3817/2004 in data 7 giugno 2004 depositata il 7 ottobre 2004; Udita la relazione della causa fatta dal dott. Vincenzo Di Nubila all'udienza del 19 aprile 2007; Udito per i resistenti l'avv. Ferraro; Udite le richieste del Procuratore generale dott. Marcello Matera, il quale ha concluso per l'accoglimento del primo motivo del ricorso, assorbiti gli altri; Rileva quanto segue. 1. - Con ricorso depositato in data 15 marzo 1994, gli attori, pensionati del Banco di Napoli, collocati a riposo anteriormente al 31 dicembre 1990, chiedevano di sentir dichiarare il loro diritto alla perequazione automatica delle rispettive pensioni secondo la disciplina dettata dal decreto legislativo n. 357/1990. Il pretore accoglieva parzialmente la domanda e dichiarava il diritto degli attori alla conservazione della perequazione automatica della pensione con decorrenza dal 1° gennaio 1994. 2. - Proponeva appello il Banco di Napoli, sostenendo che il sistema di aggancio delle pensioni alla dinamica salariale dei lavoratori in servizio era stato «ridisegnato» dal decreto legislativo n. 357/1990 e dalla legge n. 421/1992; indi era stato abolito con decreto-legge n. 497/1996 convertito con modificazioni nella legge n. 588/1996. Ai sensi della legge n. 449/1997, dal 1° gennaio 1998 era applicabile il regime generale di perequazione delle pensioni. 3. - Aderendo all'interpretazione fatta propria dalla Corte di cassazione a sezioni unite con le sentenze nn. 9023/2001 e 9024/2001, il tribunale accoglieva la domanda attrice limitatamente al periodo 1 gennaio 1994 - 26 luglio 1996. 4. - Tale sentenza e' stata impugnata mediante ricorso per Cassazione dalla S.p.A. San Paolo Imi, deducendo tre motivi, il primo dei quali invoca l'applicazione, quale ius superveniens dell'art. 1, comma 55, della legge n. 243/2004. Resistono con controricorso gli attori, i quali hanno sollevato questione di legittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 55, della legge n. 243/2004, che ha risolto in via di interpretazione autentica la questione, disponendo che le norme sopra ricordate «devono intendersi nel senso» sostenuto dalla societa' ricorrente. La questione viene prospettata con riferimento agli articoli 2, 3, 4, 24, 25, 36, 38, 39, 40, 41, 47, 53, 101, 102, 103, 104, 108, 111, della Costituzione. Le parti hanno presentato memorie. 5. - Il carattere assorbente della censura sviluppata con il primo motivo impone alla Corte di esaminare preliminarmente i dubbi di legittimita' costituzionale avanzati dai controricorrenti con riferimento alla norma di interpretazione autentica, della quale la S.p.A. San Paolo chiede l'applicazione nella presente causa. Ove infatti quei dubbi dovessero rivelarsi manifestamente infondati, la Corte dovrebbe fare applicazione alla presente lite del ricordato ius superveniens con conseguente accoglimento del ricorso, in conformita' di quanto gia' ritenuto in precedenti pronunce (infra sub 7) rimanendo assorbiti i profili di censura sviluppati nel secondo e terzo motivo. Di qui la rilevanza della questione di costituzionalita'. 6. - E' noto che questa Corte a sezioni unite ha ritenuto (sentenze n. 9023 e 9024/2001) che il sistema di perequazione delle pensioni vigente per i lavoratori gia' pensionati al 31 dicembre 1990 sopravvivesse alla legge n. 421/1992 ed al decreto legislativo n. 503/1992, dato che le norme sopravvenute dovevano applicarsi ai lavoratori in servizio. La giurisprudenza si e' uniformata al dictum delle sezioni unite e puo' considerarsi costante. In tale contesto e' intervenuto il legislatore il quale con l'art. 4, comma 55, della legge n. 243/2004, ha disposto che «al fine di estinguere il contenzioso giudiziario relativo ai trattamenti corrisposti a talune categorie di pensionati gia' iscritti a regimi previdenziali sostitutivi, attraverso il pieno riconoscimento di un equo e omogeneo trattamento a tutti i pensionati iscritti ai vigenti regimi integrativi, l'art. 3, comma 1, lettera p), della legge 23 ottobre 1992, n. 421, e l'art. 9, comma 2, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 503, devono intendersi nel senso che la perequazione automatica delle pensioni prevista dall'art. 11 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 503, si applica al complessivo trattamento percepito dai pensionati di cui all'art. 3 del decreto legislativo 20 novembre 1990, n. 357. All'assicurazione generale obbligatoria fa esclusivamente carico la perequazione sul trattamento pensionistico di propria pertinenza». 7. - Ritenuta la natura interpretativa e quindi retroattiva della norma citata, la giurisprudenza successiva di questa Corte ha fatto applicazione dello ius superveniens alle liti aventi ad oggetto la pretesa dei pensionati dal Banco di Napoli di conservare anche dopo il 1 gennaio 1994 il diritto alla perequazione automatica ex decreto legislativo n. 357/1990: vedi tra le altre le sentenze 13 febbraio 2007 n. 3098, 23 ottobre 2006, n. 22700, ed ancora le sentenze n. 22701/2006, 22829/2006, 23716/2006. 8. - La questione di legittimita' costituzionale della citata disposizione di cui all'art. 1, comma 55, della legge n. 243/2004 sollevata dai controricorrenti non puo' dirsi «manifestamente» infondata. Essa, per vero, e' stata superata nelle sentenze piu' recenti di questa Corte, peraltro con riferimento soltanto a una parte dei profili prospettati. Nella sentenza n. 22701/2006 si affronta il problema della ammissibilita' dell'interpretazione autentica anche quando sussista una giurisprudenza univoca, per inferirne che essa e' ammissibile purche' la lettura accolta rientri tra quelle possibili e sostenibili. Nello stesso senso la sentenza n. 3098/2007. Questo Collegio non ritiene di discostarsi da tale valutazione, dando atto che nella giurisprudenza costituzionale e' pacifica l'ammissibilita' di una interpretazione autcntica, anche quando l'interpretazione accolta dal legislatore ordinario si discosta dalla giurisprudenza univoca o maggioritaria, qualora essa sia una delle interpretazioni ragionevolmente sostenibili. Vedasi Corte costituzionale nn. 274/2006, 29/2006, 135/2006, 291/2003, 374/2002. 9. - Non dubita parimenti il collegio della natura interpretativa della norma in questione, posto che la stessa usa una espressione («devono intendersi») equivalente all'espressione «devono interpretarsi». In questo senso si e' pronunciata questa Corte con granitica giurisprudenza (v. le sentenze citate supra sub 7) e tale indirizzo va qui ribadito, oltre che per la persuasivita' degli argomenti che lo sorreggono, anche in ossequio al ruolo nomofilattico di questa Corte, si' che si deve escludere la possibilita' di una diversa lettura della norma dianzi citata (che ne escluda il carattere interpretativo) sia pure in ossequio ad un'interpretazione «costituzionalmente orientata». Cio' fa si' che, in presenza dei dubbi di cui infra (v. n. 10) la Corte non puo' esimersi dall'investirne il Giudice delle leggi. 10. - Il dubbio di costituzionalita' qui sollevato riguarda la ragionevolezza del carattere retroattivo, discendente dalla natura interpretativa della disposizione, dell'art. 1, comma 55, della legge n. 243/2004. Invero, posto che il divieto di retroattivita' della legge costituisce fondamentale valore di civilta' giuridica e principio generale dell'ordinamento (pur se non elevato a dignita' costituzionale, salva per la materia penale la previsione dell'art. 25 della Costituzione), la retroattivita' di una legge deve comunque trovare adeguata giustificazione sul piano della ragionevolezza e non deve contrastare con altri valori o interessi costituzionalmente protetti (cosi' pressoche' testualmente Corte costituzionale n. 274/2006 cit.). Al riguardo e' stato ritenuto che «la norma che deriva dalla legge d'interpretazione autentica non puo' ritenersi irragionevole ove si limiti ad assegnare alla disposizione interpretata un significato gia' in essa contenuto» (Corte costituzionale n. 274/2006 cit. e precedenti ivi richiamati). Circostanza, quest'ultima, certamente ricorrente nella specie (v. ampiamente sul punto Cass. n. 22700/06 cit.). E tuttavia v'e' da chiedersi se una siffatta circostanza valga sempre ed in ogni caso a sottrarre al sospetto d'irragionevolezza la legge interpretativa, anche quanto la concreta vicenda legislativa s'inserisca in un contesto connotato da peculiarita' che relegano in secondo piano la circostanza di cui sopra, caratterizzandola non gia' come ratio o magari occasio legis ma piuttosto come mero supporto oggettivo di una finalita' puramente asserita e in realta' evanescente se non propriamente inesistente. V'e' da chiedersi, insomma, se la fissazione con legge interpretativa di «una delle possibili letture del testo originario» escluda l'irragionevolezza della legge interpretativa sempre e in ogni caso oppure, non in se' e per se' ma piuttosto, solo in quanto normalmente si accompagna ad una «situazione d'incertezza del dato normativo che renda, essa, non ââirragionevole'' il ricorso alla ââinterpretazione autentica'' (come appunto sembrerebbe desumersi dalla ricordata pronuncia 274/2006 della Corte costituzionale). Ad avviso di questa Corte, le piu' accreditate elaborazioni a proposito della categoria dell'«irragionevolezza» della legge, riassumibili nella proposizione autorevolmente formulata secondo cui l'irragionevolezza ricorre le quante volte sussista un'«evidente proporzione tra i mezzi approntati ed il fine asseritamente perseguito», inducono a propendere per il secondo cormo dell'alternativa sopra delineata. Cio' implica l'insufficienza, ai fini dell'esclusione del dubbio di ragionevolezza, del mero riscontro che il significato attribuito dalla legge interpretativa corrisponda ad una delle possibili letture del testo originario (riscontro al quale si sono arrestate la citata sentenza n. 22700/2006 di questa Corte e le altre che ad essa si sono conformate) e, per converso, sollecita un esame di tutte le peculiarita' connotanti la vicenda legislativa in esame. Per la verita', la citata Cass. n. 22700/2006 sembra indirettamente sorreggere la ritenuta esclusione del dubbio di costituzionalita - formalmente affidata al semplice riscontro sopra ricordato - anche con l'affermazione che il legislatore del 2004 avrebbe comunque sopperito ad una «aporia del sistema» discendente dall'interpretazione offerta dalle sezioni unite di questa Corte nn. 9023 e 9024/2001. Ma siffatta pretesa «aporia», implicitamente esclusa dalle ora ricordate pronunce delle sezioni unite, non sembra essere stata la finalita' del legislatore del 2004, almeno stando ai lavori preparatori ed alla testuale formulazione della disposizione, che espressamente si assegna la finalita' di «estinguere il contenzioso giudiziario relativo ai trattamenti corrisposti ad alcune categorie di pensionati...» e tale finalita' assume di perseguire «attraverso il pieno riconoscimento di un equo e omogeneo trattamento a tutti i pensionati iscritti ai vigenti regimi integrativi». Edunque con riferimento alla suindicata finalita' che deve essere scrutinata la concreta vicenda legislativa in esame. Va al riguardo ricordato come il congiunto normativo, sul quale e' intervenuta la legge di interpretazione autentica, dati dal 1992 e come l'intervento legislativo che ad esso autoritativamente attribuisce un dato significato sia intervenuto dopo circa dodici anni. Inoltre, che la norma originaria riguarda i soggetti collocati in pensione entro il 31 dicembre 1990 e dunque una categoria fatalmente destinata a ridursi col trascorrere del tempo e, presumibilmente, assai meno numerosa nel 2004 di quanto non fosse nel 1990. Infine - cio' che maggiormente rileva - che la pluralita' di sensi desumibili dal congiunto normativo del 1992 ha dato ben presto luogo ad un nutrito contenzioso giudiziario pervenuto, sin dalla seconda meta' degli anni novanta, all'esame di questa Corte che su di esso si e' pronunciata con pronunce contrastanti, fonte oggettiva di incertezza del diritto e di conseguente nuovo contenzioso. In questa situazione e' intervenuta la ricordata pronuncia delle sezioni unite di questa Corte del 3 luglio 2001 che, nell'adempimento del compito proprio demandato alle ss.uu., ha composto i contrasti interpretativi esistenti assolvendo al ruolo di nomofilachia dalla Costituzione e dalle leggi assegnata alla Corte di cassazione. Alla pronuncia delle sezioni unite si sono prontamente conformate le successive pronunce di questa Corte (cfr. Cass. nn. 734/2002, 1498/2003, 6130/2004, 9432/2004, 11338/2004) e, a giudicare dal contenzioso pervenuto a questa Corte, le giurisdizioni di merito. In questa concreta situazione, l'intervento legislativo di oltre tre anni successivo alla pronuncia delle sezioni unite ed al conseguente assestamento in senso passabilmente univoco della giurisprudenza, rischia non gia' di «estinguere il contenzioso giudiziario» ma di alimentarlo. Piu' precisamente, posto che a tre lustri circa e piu' di distanza dal pensionamento, deve ragionevolmente presumersi del tutto insignificante, se pur esistente, il numero dei pensionati che non abbiano ancora intrapreso azione giudiziaria, il contenzioso sul quale puo' incidere la legge interpretativa e' quello ancora pendente nei vari gradi di giudizio, specie di merito, rispetto al quale la certezza giuridica raggiunta, grazie alla pronuncia delle sezioni unite aveva offerto un parametro di assestamento e che, per effetto del mutamento del quadro giuridico, riceve nuovo impulso ed incentivo. Il costoso mezzo della legge interpretativa appare in tale luce non solo «sproporzionato» ai fini asseritamente perseguiti, ma addirittura controproducente rispetto ad essi. Ancor piu': esso rischia di far dipendere l'assetto definitivo d'interessi tra le parti in conflitto da un fattore - la irragionevole durata della lite - di per se' contraria alla Costituzione (art. 111, secondo comma, Cost.): la particolare vicenda processuale sulla quale questa Corte e' chiamata a pronunciarsi ne costituisce emblematica illustrazione, posto che trattasi di lite iniziata il 15 marzo 1994. Ancora: l'intervento legislativo in questione introduce - senza ragione attesa l'inesistenza di un'incertezza del dato normativo - una disparita' di trattamento tra quanti hanno ottenuto, nei tre anni che separano l'intervento legislativo dalla pronuncia delle sezioni unite, una sentenza definitiva e quanti hanno ancora una lite pendente. Infine, lo stesso ruolo nomofilattico della Corte ed il suo coinvolgimento della difficile costruzione della «certezza del diritto» sono sacrificati in assenza di plausibili ragioni, fornendo esca alle spinte, inevitabili in una societa' pluralistica e frammentata, a premere sul legislatore per piegarne la funzione, non all'imposizione di regole generali e astratte, ma ad un ruolo di giudice di quarta istanza, con ulteriore alimento ad un contenzioso giudiziario alimentato solo nella speranza di un intervento ad hoc. 11. - Altrettanti profili d'irragionevolezza della disposizione in esame, il dubbio sulla cui sussistenza non puo' dichiararsi manifestamente infondato e che impongono a questa Corte di rimettere alla Corte costituzionale la questione della rispondenza degli interessi tutelati dalla legge qui impugnata ai valori ricavabili dalla tavola costituzionale (segnatamente dagli articoli 3 in connessione con gli articoli 102 e 111) e/o ad un razionale bilanciamento di essi.
P. Q. M. Dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 55, della legge n. 243/2004 per violazione degli articoli 3, 102 e 111 della Costituzione. Sospende il processo in corso. Ordina la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale. Dispone che a cura della cancelleria la presente ordinanza sia notificata alle parti costituite, al Presidente del Consiglio dei ministri ed ai Presidenti dei due Rami del Parlamento. Cosi' deciso in Roma, in Camera di consiglio, addi 19 aprile 2007. Il Presidente: Senese Il consigliere estensore: Di Nubila