N. 4 RICORSO PER CONFLITTO DI ATTRIBUZIONE 22 febbraio - 4 marzo 2008
Ricorso per conflitto tra enti depositato in cancelleria il 4 marzo 2008 (della Regione Siciliana) Finanza regionale - Imposte e tasse - Istanze avanzate dalla Regione siciliana al fine di conseguire l'acquisizione al bilancio regionale del gettito dell'imposta sulle assicurazioni di cui alla legge n. 1216/1961, dell'imposta sul valore aggiunto di cui al d.P.R. n. 633/1972, dell'imposta sugli interessi e sui redditi di capitale di cui al d.P.R. n. 600/1973, delle ritenute d'acconto operate dallo Stato sugli stipendi corrisposti nella Regione - Diniego espresso con la Nota 18 dicembre 2007, prot. n. 27685-2007/DPF/UFF, del Ministero dell'economia e della finanze, Dipartimento per le politiche fiscali, avente ad oggetto : «Sentenza della Corte costituzionale n. 276 del 13 luglio 2007» - Ricorso per conflitto di attribuzione della Regione siciliana - Denunciata lesione delle attribuzioni e della autonomia finanziaria della Regione siciliana, compressione delle risorse spettanti in base allo statuto e alle norme di attuazione in materia finanziaria, violazione degli specifici principi in tema di territorialita' e capacita' fiscale stabiliti per la Regione siciliana - Richiesta di dichiarazione di illegittimita' costituzionale dell'atto censurato e conseguente annullamento dello stesso, nella parte in cui nega la spettanza regionale in ordine al gettito delle imposte indicate, il cui presupposto si verifica nel territorio della Regione siciliana ma il cui ammontare e' versato da soggetti passivi o sostituti con domicilio fiscale fuori da tale territorio. - Nota del Ministero dell'Economia e delle Finanze, Dipartimento per le politiche fiscali 18 dicembre 2007, n. 27685-2007/DPF/UFF. - Statuto della Regione Siciliana, artt. 36 e 37; d.P.R. 26 luglio 1965, n. 1074.(GU n.17 del 16-4-2008 )
Ricorso della Regione siciliana, in persona del Presidente pro tempore, rappresentato e difeso, sia congiuntamente che disgiuntamente, giusta procura a margine del presente atto, dagli avvocati Michele Arcadipane e Giovanni Carapezza Figlia, elettivamente domiciliato presso la sede dell'Ufficio della Regione Siciliana in Roma, via Marghera n. 36, ed autorizzato a proporre ricorso con deliberazione, della giunta regionale n. 37 del 13 febbraio 2008 (allegato 1); Contro, il Presidente del Consiglio dei Ministri pro tempore, domiciliato per la carica in Roma, Palazzo Chigi, presso gli Uffici della Presidenza del Consiglio dei ministri, e difeso per legge dall'Avvocatura dello Stato, per la risoluzione del conflitto di attribuzione insorto tra la Regione Siciliana e lo Stato per effetto della nota 18 dicembre 2007, prot. n. 27685-2007/DPF/UFF, del Ministero all'economia e delle finanze, Dipartimento per le politiche fiscali, avente ad oggetto: «Sentenza della Corte costituzionale n. 276 del 13 luglio 2007» (allegato 2). F a t t o Con la appena citata nota ministeriale 18 dicembre 2007, prot. n. 27685-2007/DPF/UFF, pervenuta alla regione ricorrente in data 31 dicembre 2007, sono state rigettate le istanze avanzate dalla Regione Siciliana, Assessorato regionale del bilancio e delle finanze, Dipartimento finanze e credito, con nota prot. n. 11766 del 3 ottobre 2007 (allegato n. 3), con la quale si reiteravano le puntuali ed argomentate richieste gia' avanzate con note prot. nn. 4792, 4793, 4794 e 4796 del 6 aprile 2006 (allegati nn. 4, 5, 6 e 7), al fine di sollecitare l'emanazione delle opportune disposizioni e l'adozione dei provvedimenti necessari per consentire l'acquisizione al bilancio regionale del gettito, rispettivamente: A) dell'imposta sulle assicurazioni di cui alla legge 29 ottobre 1961, n. 1216 («Nuove disposizioni tributarie in materia di assicurazioni private e di contratti vitalizi») versata e dovuta dagli assicuratori che hanno il domicilio fiscale o la rappresentanza fuori dal territorio regionale nell'ipotesi in cui i premi riscossi siano relativi a polizze assicurative rilasciate per fattispecie contrattuali assicurative (non solo R.C.A.) maturate nell'ambito regionale; B) dell'imposta sul valore aggiunto versata dai depositi periferici di vendita dei generi di monopolio ubicati in Sicilia, e, piu' in generale, del gettito di tale imposta sulle operazioni imponibili il cui presupposto si realizzi in Sicilia; C) dell'imposta sugli interessi, premi ed altri frutti e proventi che, a termini dell'art. 26, comma 2, del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, e' applicata nei confronti dei titolari di conti correnti o di deposito, con ritenuta da parte dell'Ente poste italiane e dagli istituti di credito che hanno il domicilio fiscale fuori dal territorio regionale, nell'ipotesi in cui le ritenute eseguite dai sostituti di imposta siano relative a interessi e altri proventi corrisposti a depositanti e correntisti di uffici postali e dipendenze bancarie operanti nella regione; D) delle ritenute d'acconto operate dalle Amministrazioni dello Stato o da altri Enti pubblici, con sede centrale fuori dal territorio regionale, su stipendi ed altri emolumenti corrisposti in favore di dipendenti o altri soggetti che abbiano espletato stabilmente la propria attivita' lavorativa nel territorio della regione. Il mancato accoglimento delle richieste formulate sicuramente lede le attribuzioni della Regione Siciliana e l'autonomia finanziaria della stessa, e viene censurato - - in relazione anche alle motivazioni addotte nella nota che da' origine al conflitto, che si palesano inidonee a fondare il diniego opposto e conseguentemente ad escludere il relativo diritto della regione - - per le seguenti ragioni di D i r i t t o Violazione degli articoli 36 e 37 dello statuto siciliano e delle norme di attuazione in materia finanziaria di cui al d.P.R. 26 luglio 1965, n. 1074. Negandosi, invero, indebitamente ed illegittimamente, la spettanza alla regione delle entrate tributarie considerate, si determina una compressione delle risorse alla stessa attribuite dalla normativa richiamata che costituisce, nella fattispecie, parametro di costituzionalita'. Va, infatti, rilevato, che l'impianto statutario, e l'attuazione che alle relative disposizioni e' stata data, determina l'attribuzione alla Regione Siciliana di tutti i tributi erariali, in qualsiasi modo denominati - - e con le sole eccezioni sancite dal secondo comma dell'art. 36 dello statuto, nonche', ai sensi dell'articolo 2 del d.P.R. 26 luglio 1965, n. 1074, delle nuove entrate tributarie il cui gettito sia destinato con apposite leggi alla copertura di oneri diretti a soddisfare particolari finalita' contingenti o continuative dello Stato specificate nelle leggi medesime - - il cui presupposto d'imposta si sia verificato nell'ambito della stessa regione. Codesta ecc.ma Corte ha, in proposito, osservato (sentenza n. 138 del 1999), che «l'art. 2 delle norme di attuazione di cui al d.P.R. n. 1074 del 1965 (l'art. 36 dello statuto tace in proposito), che sancisce la spettanza alla regione delle entrate tributarie erariali «riscosse nell'ambito» del territorio regionale, non va inteso nel senso che sia sempre decisivo il luogo fisico in cui avviene l'operazione contabile della riscossione. Esso tende infatti ad assicurare alla regione il gettito derivante dalla «capacita' fiscale» che si manifesta nel territorio della regione stessa, quindi dai rapporti tributari che hanno in tale territorio il loro radicamento, vuoi in ragione della residenza fiscale del soggetto produttore del reddito colpito (come nelle imposte sui redditi), vuoi in ragione della collocazione nell'ambito territoriale regionale del fatto cui si collega il sorgere dell'obbligazione tributaria. Lo conferma testualmente l'art. 4 delle stesse norme di attuazione, il quale precisa che nelle entrate spettanti alla regione «sono comprese anche quelle che, sebbene relative a fattispecie tributarie maturate nell'ambito regionale, affluiscono, per esigenze amministrative, ad uffici finanziari situati fuori del territorio della regione»; e lo conferma altresi' la previsione, nell'art. 37 dello statuto e nell'art. 7 delle norme di attuazione in materia finanziaria, di meccanismi di riparto dei redditi assoggettati a imposizione nel caso di imprese operanti sia nel territorio siciliano, sia in altri territori». E, richiamandosi a tale sistema di finanziamento costituzionalmente garantito, con la sentenza n. 306 del 2004, codesta ecc.ma Corte, nel negare espressamente ogni fondamento alla tesi «che correla la spettanza del gettito alla regione ad un ristretto criterio di territorialita' della riscossione», ha dichiarato che non spetta allo Stato «negare l'attribuzione alla Regione Siciliana del gettito dell'imposta sulle assicurazioni di cui alla legge 29 ottobre 1961, n. 1216 (Nuove disposizioni tributarie in materia di assicurazioni private e di contratti vitalizi), dovuta dagli assicuratori che hanno il domicilio fiscale o la rappresentanza fuori dal territorio regionale nell'ipotesi in cui i premi riscossi siano relativi a polizze di assicurazione rilasciate per veicoli a motore iscritti in pubblici registri automobilistici aventi sede nelle province della regione medesima, ovvero per macchine agricole le cui carte di circolazione siano intestate a soggetti residenti nelle medesime province», annullando conseguentemente la nota 28 maggio 2002, prot. n. 60133, del Ministero dell'economia e delle finanze, Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato, Ispettorato generale per la finanza delle pubbliche amministrazioni, Ufficio VII. Risulta, pertanto, ormai acclarato che il criterio della territorialita' della riscossione nell'ambito regionale al fine di identificare la quota del gettito tributario che costituisce attribuzione della Regione Siciliana, e' da ritenersi mero criterio suppletivo, utilizzato di fatto nell'impossibilita' di elementi sufficienti per conoscere il luogo in cui si sia verificato il relativo presupposto d'imposta, ed in particolare, se lo stesso si sia verificato in ambito regionale. Cio', in generale, premesso, si evidenzia che le pretese di spettanza avanzate dalla Regione Siciliana, con le richiamate note, in relazione alle sopraindicate imposte, hanno, per quanto partitamente di seguito considerato, un preciso fondamento in forza delle invocate norme parametro. A) L'imposta sulle assicurazioni di cui alla legge 29 ottobre 1961, n. 1216, ha come base imponibile i premi pagati (o altrimenti soddisfatti) in relazione alle assicurazioni: concernenti beni immobili (o beni mobili in essi stabilmente contenuti) situati nel territorio della Repubblica; riguardanti veicoli, navi o aeromobili immatricolati o registrati in Italia; di durata inferiore o pari a quattro mesi e relative a rischi inerenti ad un viaggio o ad una vacanza, quando stipulate nel territorio della Repubblica; riguardanti le merci trasportate da o verso l'Italia quando stipulate per conto di soggetti domiciliati o con sede in Italia; contro i danni e le assicurazioni sulla vita quando il contraente sia domiciliato in Italia ovvero, se trattasi di persona giuridica, ivi abbia la sede o la dipendenza cui ha riguardo il contratto o siano addetti i soggetti assicurati. Il presupposto dell'imposta - - e correlativamente, la connessa, e presupposta, manifestazione di capacita' contributiva - - e' quindi, dalla norma di riferimento, sostanzialmente ancorato alla sussistenza di un contratto di assicurazione stipulato da soggetti domiciliati in Italia o che in Italia abbiano beni o dipendenti assicurati, ovvero ancora in ragione della localizzazione, immatricolazione o registrazione dei beni considerati nel territorio della Repubblica. Di conseguenza, in base ai criteri di collegamento previsti dalla legge per le varie tipologie di assicurazione (domicilio del contraente, iscrizione in registri, ubicazione dei beni, localizzazione degli stabilimenti cui sono addette le persone assicurate) e' possibile anche - - in quanto in effetti sussistente - - individuare il radicamento nel territorio regionale della capacita' fiscale, e della sua manifestazione, sia in ragione del domicilio fiscale del soggetto colpito, vuoi in ragione della collocazione nell'ambito regionale del bene riguardato dal contratto di assicurazione ed a cui dunque si collega il sorgere dell'obbligazione tributaria. Ne' rileva, in proposito, la circostanza che soggetto passivo dell'imposta e' formalmente l'assicuratore, su cui grava l'obbligo della liquidazione e pagamento dell'imposta, poiche' il soggetto colpito -- e del quale quindi si manifesta la capacita' contributiva - - e' il contraente, sul quale l'assicuratore si rivale direttamente (art. 17, legge n. 1216/1961), e che, nel caso di assicuratori esteri senza dipendenze in Italia, e' anche il diretto obbligato alla liquidazione e pagamento dell'imposta (art. 11, legge n. 1216/1961). Va, peraltro, considerato che la prevista rivalsa non e' operata in un momento diverso dal pagamento del premio, poiche' contestualmente ad esso vengono «rifuse all'assicuratore» (art. 4, secondo comma, legge n. 1216 del 1961) le somme dovute a titolo di imposta, che «sono dovute proporzionalmente per ogni lira di ciascun pagamento del premio» e che appunto «divengono applicabili a misura che, in Italia od all'estero, sia pagato od altrimenti soddisfatto il premio» (art. 4, primo comma, legge n. 1216 del 1961). In tale ottica non rileva, o quantomeno non appare idoneo a negare la spettanza regionale, il richiamo effettuato nella nota censurata alla sentenza della Corte di cassazione, sezione V, n. 3347 del 7 marzo 2002, in cui si afferma, a proposito dell'imposta sulle assicurazioni, che «nessun rapporto tributario si instaura direttamente tra l'erario e l'assicurato». Quello che invero viene in gioco al fine di fondare la pretesa della regione e' la capacita' fiscale sottesa al rapporto tributario, e, in ultima analisi, la possibilita' di correlare il fatto cui si collega il sorgere dell'obbligazione tributaria - - e che costituisce, se non altro sotto tale profilo sostanziale, il presupposto dell'imposta - - al territorio regionale. E a tal proposito si rileva che l'effettivo titolare della capacita' fiscale - - e cioe' il soggetto in capo al quale e' dato riscontrare la sussistenza di quell'indice che concretamente rileva la ricchezza, e che in ossequio all'art. 53, primo comma, della Costituzione, costituisce la causa giustificatrice di ogni regime impositivo -- e' il contraente e non l'assicuratore, sul quale ultimo, come disposto dalle citate norme di riferimento, non grava alcun obbligo se non in dipendenza di ogni singolo pagamento, configurante peraltro una operazione unitaria, scorporabile esclusivamente a fini contabili e documentali, ma costituente una scrittura unitaria da indicarsi, «partitamente per ogni polizza», nell'apposito registro, distinguendo al suo interno «l'importo incassato per premio e accessori» e «l'importo riscosso a titolo di rivalsa dell'imposta» (art. 5, secondo, terzo e quarto comma, legge n. 1216 del 1961). A conferma delle considerazioni svolte, ed a dimostrazione della necessaria sussistenza di un presupposto territoriale che correla l'imposta ad un preciso ambito, va richiamato quanto disposto dall'art. 2 della Direttiva 22 giugno 1988, n. 88/357/CEE «Seconda direttiva del Consiglio che coordina le disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative riguardanti l'assicurazione diretta diversa dall'assicurazione sulla vita, e fissa le disposizioni volte ad agevolare l'esercizio effettivo della libera prestazione di servizi e modifica la direttiva 73/239/CEE.», che, allo scopo, adotta una soluzione che consente di determinare il luogo in cui il rischio e' situato basandosi su criteri di carattere concreto e materiale - - coincidenti invero con quelli individuati dalla legge n. 1216 del 1961 - - anziche' su criteri di carattere giuridico. E se tali criteri appaiono idonei a radicare nello Stato membro la titolarita' dell'imposizione - - in via esclusiva, secondo quanto dispone l'art. 46 della terza direttiva assicurazione non vita (Direttiva 18 giugno 1992, n. 92/49/CEE del Consiglio che coordina le disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative riguardanti l'assicurazione diretta diversa dall'assicurazione sulla vita e che modifica le direttive 73/239/CEE e 88/357/CEE) - - non sussiste alcun ostacolo, pena la palese arbitrarieta' ed irrazionalita' di un siffatto orientamento, per negare l'applicabilita' di tali criteri di collegamento, configuranti, in buona sostanza ben precisi indici di capacita' contributiva, anche in relazione al territorio regionale. D'altronde tale e' la linea sistematica che codesta ecc.ma Corte ha evidenziato nella sentenza n. 306/2004 concernente la medesima imposta, e resta pertanto indubitabile la spettanza all'erario regionale, a termini degli articoli 36 e 37 dello Statuto siciliano e delle relative norme di attuazione approvate con d.P.R. 26 luglio 1965, n. 1074, del gettito dell'imposta sulle assicurazioni di cui alla legge 29 ottobre 1961, n. 1216, versata e dovuta dagli assicuratori che hanno il domicilio fiscale o la rappresentanza fuori dal territorio regionale nell'ipotesi in cui i premi riscossi siano relativi a polizze assicurative rilasciate per tutte le fattispecie contrattuali assicurative (non solo R.C.A.) maturate nell'ambito regionale. B) L'imposta sul valore aggiunto, di cui al d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, e successive modifiche, e' un'imposizione sull'incremento di valore determinato dalla cessione di beni o dalla prestazione di servizi effettuate nell'esercizio di imprese o di arti e professioni. Il relativo presupposto impositivo - e' costituito dalla cessione di beni o dalla prestazione di servizi poste in essere nell'esercizio di impresa o di arti e professioni nel territorio dello Stato, ovvero dall'importazione nello Stato di beni. Il presupposto, pertanto, e' subordinato alla realizzazione di una serie di condizioni. In ordine alla condizione oggettiva l'articolo 6 del d.P.R. n. 633/1972 specifica il momento in cui essa s'intende realizzata nelle varie ipotesi di cessione di beni o prestazione di servizi. In particolare, per la cessione di beni mobili, la cessione stessa s'intende realizzata al momento della consegna o spedizione del bene al cessionario, sia esso imprenditore o utilizzatore finale (art. 6, d.P.R. n. 633/1972). In sintesi, comunque, la condizione oggettiva del presupposto si realizza con l'acquisizione del bene da parte del cessionario o con il pagamento del servizio da parte del committente. La condizione della territorialita', necessaria per il verificarsi del presupposto impositivo, si realizza (art. 7, d.P.R. n. 633/1972; v. anche art. 8, Dir. 77/388/CEE del 17 maggio 1977) allorche' la cessione sia effettuata nello Stato (e per le energie se e' effettuata a soggetti residenti o domiciliati nello Stato). E se per i servizi, in via generale, la prestazione si considera effettuata nello Stato laddove sia resa da soggetto ivi domiciliato o residente, tuttavia in una rilevante serie di servizi rendibili «a distanza», e cioe' che non richiedono necessariamente una organizzazione localizzata, il momento di collegamento e' sostanzialmente fissato in quello del luogo di utilizzazione del servizio (art. 7, comma quarto, d.P.R. n. 633/1972). Di conseguenza, quantomeno nella maggior parte delle ipotesi riguardate dall'imposizione sul valore aggiunto, e' certamente individuabile il radicamento nel territorio regionale della capacita' fiscale, in quanto in esso il presupposto, o «fatto generatore dell'imposta» (Dir. 77/388/CEE) - -fattispecie a formazione complessa e progressiva - - viene a realizzarsi. Cio' non in attuazione pedissequa della disposizione comunitaria finalizzata a determinare il luogo della cessione al fine di regolare i rapporti tra gli Stati membri, o per meglio dire ad individuare lo Stato cui l'operatore economico in relazione alla cessione effettuata e' fiscalmente soggetto, bensi' quale mero criterio atto a consentire la puntuale individuazione del territorio in cui l'operazione e' eseguita. In altri termini, il fatto che il soggetto passivo dell'imposta sia il cedente o il prestatore di servizio non elide la circostanza che quella capacita' fiscale - - come insegna codesta ecc.ma Corte, secondo cui «la capacita' contributiva va riscontrata in tutti i soggetti che quelle operazioni pongono in essere» (cfr. sentenza n. 25 del 1984) - - si manifesti al sorgere del presupposto e, quindi, in Sicilia, se ivi il presupposto si perfeziona. Ne' rileva, in proposito, la circostanza che i soggetti passivi possano avere domicilio fiscale o residenza al di fuori del territorio regionale, poiche' il domicilio fiscale rileva solo per fissare la competenza territoriale degli uffici che intrattengono con tali soggetti il rapporto fiscale. Pertanto non appare potersi revocare in dubbio che nella specie, invero, sussista quella «collocazione nell'ambito territoriale regionale del fatto cui si collega il sorgere dell'obbligazione tributaria», alla quale ha fatto riferimento codesta ecc.ma Corte (cfr. gia' richiamata sentenza n. 138 del 1999) al fine di individuare le ipotesi di gettito tributario di spettanza della Regione Siciliana; collocazione che appunto appare facilmente desumibile dal perfezionarsi, nel territorio della regione, del presupposto impositivo. Prive di rilievo appaiono peraltro le considerazioni formulate nella nota impugnata in relazione alla sentenza n. 71 del 1973 di codesta ecc. ma Corte, ed alla ben diversa situazione normativa concernente le Province autonome di Trento e Bolzano. In ordine al primo punto ci si limita a rilevare che la risalente pronuncia -- attinente peraltro una fattispecie normativa assolutamente distinta, relativa ad una imposta cumulativa sul valore pieno, e fondata, di fatto, esclusivamente sulla carenza, nella fattispecie considerata, di una potesta' legislativa regionale - - non assume alcuna rilevanza al fine di fondare la rivendicazione di spettanza, alla luce degli argomentati successivi pronunciamenti di codesta ecc.ma Corte, che giustificano la rivendicata attribuzione in ragione della collocazione nell'ambito territoriale regionale del fatto cui si collega il sorgere dell'obbligazione tributaria. Per cio' che attiene al richiamo alla disciplina afferente le Province autonome di Trento e Bolzano - - che ha richiesto l'adozione di una specifica norma di attuazione al fine di ricomprendere tra i tributi di spettanza anche l'imposta sul valore aggiunto determinata con riferimento ai consumi finali - - anche a voler prescindere dalla previa contestazione, da formularsi in via generale, circa l'impossibilita' di utilizzare norme attinenti ad una autonomia differenziata al fine di connotare le attribuzioni e le spettanze di altre regioni a statuto speciale, non costituenti invero un comparto unitario pena la negazione delle peculiarita' in ciascuna di esse insite, si osserva che assolutamente diversa e' la situazione della Regione Siciliana. Ed invero, mentre in forza delle disposizioni statutarie del Trentino-Alto Adige (cfr. art. 75, comma 1, d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670), alle Province autonome sono attribuite «quote del gettito ... percette nei rispettivi territori provinciali», per la Regione Siciliana il principio della territorialita' della riscossione non e' sancito nello Statuto, ma individuato dall'art. 2 delle Norme di attuazione di cui al d.P.R. n. 1074 del 1965 quale mero criterio suppletivo al fine della individuazione della spettanza regionale in mancanza di altri ben piu' precisi indicatori del radicamento nel territorio regionale della sottesa capacita' fiscale (cfr. gia' citata sentenza di codesta ecc.ma Corte, n. 138 del 1999). Cio' considerato si osserva che a diverse conclusioni non puo', poi, pervenirsi per la particolare fattispecie dell'I.V.A. sui generi di monopolio. Ancorche' l'art. 74 del d.P.R. n. 633/1972 preveda che l'imposta e' dovuta dall'amministrazione dei monopoli di Stato (oggi Ente tabacchi italiano), e il d.m. 6 luglio 1993 preveda un meccanismo di versamento con acconto e conguagli, si rileva che tali particolarita' non snaturano per nulla l'imposta stessa. Si tratta sempre di un'imposizione sul valore differenziale tra gli acquisti - - e le acquisizioni strumentali - - ed il prezzo di cessione finale; la circostanza che i versamenti in acconto vengano effettuati dai depositi e che, poi, l'Amministrazione centrale provveda alle contabilizzazioni e conguagli, e' solo una modalita' particolare di versamento e contabilizzazione. Ne', in particolare, viene snaturato il presupposto dell'imposta, che resta strettamente correlato al commercio di tali beni «ceduti attraverso le rivendite dei generi di monopolio». Anche per questa fattispecie, pertanto, e' individuabile il radicamento nel territorio regionale della capacita' fiscale, allorche' il relativo presupposto (e specificamente la cessione dei beni attraverso le rivendite di monopolio) quivi si perfezioni. Resta, pertanto, indubitabile la spettanza all'erario regionale, a termini degli articoli 36 e 37 dello Statuto siciliano e delle relative norme di attuazione approvate con d.P.R. 26 luglio 1965, n. 1074, del gettito dell'imposizione sull'imposta sul valore aggiunto di cui al d.P.R. n. 633/1972 per tutte le fattispecie di operazioni imponibili il cui presupposto - - indipendentemente dal domicilio fiscale o la residenza dei soggetti passivi esercenti attivita' d'impresa o arti o professioni - - si realizzi nel territorio regionale. C) L'imposta sugli interessi e sui redditi di capitale, di cui all'art. 26 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, e successive modifiche e integrazioni, e' un'imposizione percentuale sui proventi corrisposti a titolari di conti correnti o di depositi, anche se rappresentati da certificati, che colpisce tali redditi di capitale. Ancorche' il prelievo sia effettuato dall'Ente poste italiane e dagli istituti bancari quali sostituti d'imposta, mediante il meccanismo della ritenuta «con obbligo di rivalsa», i soggetti passivi del tributo sono gli intestatari di conti correnti e di depositi, percettori dei detti redditi di capitale. Il presupposto oggettivo dell'imposta «da individuarsi nel possesso di redditi di capitale e precisamente nell'ammontare degli interessi maturati su conto corrente» (Corte costituzionale, ordinanza n. 174 del 2001) -- e, correlativamente, la connessa manifestazione di capacita' contributiva - - e' quindi, dalla norma di riferimento, sostanzialmente ancorato alla sussistenza di un deposito o di un rapporto di conto corrente produttivi d'interessi. Per altro verso, il presupposto territoriale dell'imposizione e' strettamente ancorato al presupposto oggettivo, non rilevando infatti la eventuale non residenza nello Stato italiano dei percettori che egualmente soggiacciono all'imposizione (art. 26, comma 5, d.P.R. n. 600/1973). Di conseguenza, la sussistenza e la localizzazione del rapporto di deposito o di conto corrente assumono valenza essenziale quale criterio di collegamento, rendendo possibile individuare il radicamento nel territorio regionale della capacita' fiscale, e della sua manifestazione, in ragione della collocazione nel medesimo ambito dei rapporti di deposito o di conto corrente generatori dei redditi di capitale cui si collega il sorgere dell'obbligazione tributaria. Ne' rileva, in proposito, la circostanza che i soggetti direttamente riguardati dalla disposizione tributaria in parola siano l'Ente poste italiane e gli istituti di credito, poiche' gli stessi operano in regime di sostituzione d'imposta; soggetti passivi - - dei quali quindi si manifesta la capacita' contributiva - - sono i titolari dei depositi o conti correnti percettori di interessi o proventi, sui quali i sostituti sono obbligati a rivalersi (art. 26, comma 2, d.P.R. n. 600/1973). Peraltro, che, in relazione all'imposizione in parola, i contribuenti - - sotto il profilo giuridico-formale, oltreche' da un punto di vista economico - - siano identificabili nei titolari dei rapporti di conto o deposito, none' messo in dubbio da codesta ecc.ma Corte che, sia nella sentenza n. 208/2001, sia nell'ordinanza n. 174/2001, ha individuato come «contribuenti» appunto i soggetti titolari dei rapporti in questione. Pertanto non pare potersi dubitare che anche nella specie sussista quella «collocazione nell'ambito territoriale regionale del fatto cui si collega il sorgere dell'obbligazione tributaria», alla quale ha, in via generale, fatto riferimento codesta ecc.ma Corte (cfr. sempre sentenza n. 138 del 1999) al fine di individuare le ipotesi di gettito tributario di spettanza della Regione Siciliana. Cio' invero appare facilmente desumibile dall'allocazione dei rapporti di deposito o di conto corrente presso sportelli o dipendenze dell'Ente poste italiane o di istituti bancari ubicati in Sicilia, qui manifestandosi quelle situazioni significative della «capacita' contributiva» generatrici del prelievo fiscale. Pertanto indubbia risulta la spettanza all'erario regionale, a termini degli articoli 36 e 37 dello statuto siciliano e delle relative norme di attuazione approvate con d.P.R. 26 luglio 1965, n. 1074, del gettito dell'imposizione sugli interessi, premi ed altri frutti e proventi, a termini dell'art. 26, comma 2, del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, laddove le ritenute - - ancorche' effettuate da parte dell'Ente poste italiane o da istituti di credito con domicilio fiscale fuori dal territorio regionale - -siano relative a interessi e altri proventi corrisposti a depositanti e correntisti di uffici postali e dipendenze bancarie operanti nella regione. D) Le ritenute d'acconto operate dalle Amministrazioni dello Stato o da altri enti pubblici, con sede centrale fuori dal territorio regionale, su stipendi ed altri emolumenti corrisposti in favore di dipendenti o altri soggetti che abbiano espletato stabilmente la propria attivita' lavorativa nel territorio della regione, costituiscono solo un meccanismo di prelievo dell'imposta sul reddito mediante sostituzione dell'obbligato al versamento. La ritenuta, invero, costituisce parte indifferenziata di una imposta unitariamente dovuta da ciascun contribuente, persona fisica, in relazione al presupposto del possesso di redditi in denaro o in natura, la cui base imponibile e' costituita dal reddito complessivo, formato, per i residenti nel territorio dello Stato, da tutti i redditi imponibili posseduti, al netto degli oneri deducibili nonche' delle deduzioni spettanti (cfr. art. 1 e seguenti del Testo unico delle imposte sui redditi, approvato con d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917). L'imposta, caratterizzata dalla unitarieta' e progressivita', non si distingue quindi in relazione alle categorie di reddito che contribuiscono a formare il reddito complessivo; ed invero i redditi netti di ciascuna categoria, calcolati secondo le regole proprie di ciascuna di esse, sono considerati quali poste algebriche atte a costituire un ammontare indistinto sul quale calcolare l'imposta dovuta. La circostanza che le peculiari regole di imposizione dei redditi di lavoro dipendente si basino sull'applicazione di una ritenuta d'acconto alla fonte, ed ancor piu' la sussistenza di distinte procedure, tutte normativamente previste al fine di assolvere la specifica incombenza, non vale a mutare ne' la natura dell'imposta, ne' la titolarita' del diritto alla percezione del relativo gettito. E' sempre il dipendente, nei cui confronti peraltro il datore di lavoro e' obbligato alla rivalsa, ad essere il debitore d'imposta e dunque il contribuente. Conseguentemente unitaria e' l'obbligazione tributaria sussistente in capo alla singola persona fisica, che, peraltro, ben terra' conto delle ritenute d'acconto gia' sopportate nel momento in cui, se del caso, procedera' alla dichiarazione e, in regime di autotassazione, alla determinazione del saldo della propria posizione tributaria. L'apprensione diretta da parte dello Stato delle entrate in questione - - e cioe' delle ritenute erariali sui redditi di lavoro dei dipendenti delle Amministrazioni dello Stato che prestino servizio in Sicilia - - in forza del sistema della ritenuta diretta utilizzato per la riscossione non costituisce invero ostacolo al successivo riversamento al bilancio regionale delle somme in questione, certamente costituenti gettito derivante da quella capacita' fiscale correlabile al territorio regionale cui secondo codesta ecc.ma Corte va riferita la spettanza regionale. Ne' appare di ostacolo alla avanzata pretesa quanto rilevato da codesta ecc.ma Corte con la risalente sentenza n. 81 del 1973. Ed invero, in tale occasione, il diritto a pretendere le ritenute erariali sui redditi di categoria C/2 dei dipendenti dello Stato e degli enti parastatali con sede centrale fuori del territorio regionale, che prestavano servizio in Sicilia, era stato, in buona sostanza, escluso in quanto la relativa riscossione avveniva al di fuori del territorio regionale per espressa disposizione legislativa statale, non modificabile da parte della regione, e non per quelle «esigenze amministrative», che secondo la espressa previsione dell'art. 4 delle Norme di attuazione dello Statuto della Regione Siciliana in materia finanziaria, non ne avrebbero escluso la spettanza regionale. La dovizia e puntualita' delle argomentazioni con cui successivamente, con le gia' citate sentenze nn. 138/1999, 66/2001 e 306/2004, codesta ecc.ma Corte, dichiarando infondata la tesi che correla la spettanza del gettito alla regione ad un ristretto criterio di territorialita' della riscossione, ha supportato l'asserzione di spettanza alla regione del gettito derivante da tutti i rapporti tributari radicati nel proprio territorio, in dipendenza - - in particolare e per quanto qui rileva - - della residenza fiscale del soggetto produttore del reddito colpito, consente invero di superare agevolmente la primitiva pronuncia, fondata, di fatto, esclusivamente sulla carenza, nella fattispecie considerata, di una potesta' legislativa regionale. Carenza che non assume alcuna rilevanza al fine di fondare la rivendicazione di spettanza, da assolversi invero non necessariamente attraverso un meccanismo di riscossione diretta (per la cui realizzazione occorrerebbe una modifica normativa), ma anche mediante il mero riversamento da parte dello Stato degli importi corrispondenti alla quota di gettito tributario indebitamente acquisito. Assolutamente improprio appare poi il fondare la negazione della spettanza regionale (in ordine alle ritenute d'acconto operate dalle Amministrazioni dello Stato o da altri enti pubblici, con sede centrale fuori dal territorio regionale, sugli stipendi ed altri emolumenti corrisposti in favore di dipendenti o altri soggetti che abbiano espletato stabilmente la propria attivita' lavorativa nel territorio della regione) su considerazioni correlate al disposto dell'art. 37 dello Statuto regionale. Detto articolo ha invero una ben diversa portata normativa, in quanto consente di distinguere e di estrapolare da un reddito unitariamente considerato, quale discendente da una complessa ed unitaria attivita' imprenditoriale, una quota imputabile alle attivita' espletate in ambito regionale. In altri termini, in forza della richiamata disposizione statutaria, e' lecito discriminare da un'imputazione tributaria unitaria sussistente in capo ad un soggetto giuridico, quote diverse in relazione alla sottesa riferibilita' del reddito d'impresa soggetto a tassazione ad attivita' esercitate in ambiti territoriali identificati. Nella fattispecie oggetto di rivendicazione, viceversa, si e' in presenza di un'ipotesi assolutamente contraria, atteso che, in mancanza di una sovraordinata previsione di rango costituzionale, lo Stato pretende di distinguere in seno ad un'imposta indifferenziata, gravante sul reddito delle persone fisiche, la quota di gettito derivante dall'attivita' di lavoro dipendente, in relazione all'essere questo prestato alle sue dipendenze, o a quelle di altri enti pubblici, ed al fine di negare la titolarita' della regione a percepire l'intero gettito dell'imposta sul reddito gravante su soggetti fiscalmente domiciliati in un comune della Regione Siciliana. Peraltro, che le ritenute in questione siano di spettanza della Regione Siciliana appare un assunto condiviso in atti formali dallo stesso Ministero dell'economia e delle finanze, che oggi inspiegabilmente si riscontra assolutamente contrario. Ed invero nel Quadro di classificazione delle entrate dello Stato per l'anno finanziario 2006 (come pure per gli anni precedenti) e' testualmente sancita la «devoluzione alla Regione Sicilia» per una percentuale del «100,00 %», delle somme da imputarsi al capitolo «1023 - Imposta sui redditi gia' imposta sul reddito delle persone fisiche»; articolo «02 - Ritenute da versarsi in tesoreria dalle Amministrazioni dello Stato e dagli enti di cui al secondo comma, lettera a) dell'art. 3 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, con esclusione delle aziende autonome e dell'Ente ferrovie dello Stato». Ed ancora suffraga la correttezza della pretesa regionale alla percezione delle ritenute operate dalle Amministrazioni centrali dello Stato ai propri dipendenti aventi domicilio fiscale in Sicilia, quanto considerato e disposto dal Ministero dell'economia e delle finanze - Ragioneria provinciale dello Stato di Palermo, in relazione ad una fattispecie inversa ma assolutamente analoga. Detto Ufficio, infatti -- avendo riscontrato che il Comando Militare Autonomo della Sicilia, con competenza interregionale, amministrando anche competenze e stipendi di personale che lavora e risiede al di fuori della Sicilia, versava le relative ritenute unitariamente a quelle operate nei confronti dei dipendenti aventi sede lavorativa e domicilio fiscale in Sicilia in conto entrata al bilancio della Regione Siciliana - - con nota 8 marzo 2005, prot. n. 3464 (allegato n. 8), ha ritenuto che «nel caso in considerazione, l'imponibile fiscale matura in altre regioni e, conseguentemente, la relativa imposta non puo' essere versata alla cassa regionale bensi' alla Banca d'Italia», ed ha conseguentemente, in buona sostanza, disposto che le stesse fossero versate in conto entrata al bilancio dello Stato, presso la sezione di Tesoreria provinciale di Palermo. Ora, e' di tutta evidenza che il principio del radicamento territoriale del rapporto tributario in ragione della residenza fiscale del soggetto produttore del reddito, non puo' essere invocato laddove da cio' discenda una spettanza in favore dello Stato (come nell'ipotesi riguardata dalla predetta Ragioneria provinciale), ed al contrario pervicacemente negato al fine di respingere quanto vantato dalla regione in virtu', peraltro, delle superiori norme statutarie e di attuazione. Negazione che, peraltro, costituisce anche violazione di quel criterio di reciprocita' che connota in particolare la percezione dei versamenti delle ritenute di imposta sul lavoro dipendente operate dai sostituti d'imposta di cui all'articolo 23, primo comma, del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, ai sensi dei decreti ministeriali 3 marzo 1993 e 10 agosto 1993 (che disciplinano gli adempimenti per dare attuazione al disposto dell'art. 7, comma 2, del d.P.R. n. 1074 del 1965). Conclusivamente si osserva che, in relazione a tutte le tipologie di imposte considerate, le avanzate rivendicazioni regionali possono trovare completa soddisfazione a seguito dell'adozione dei dovuti provvedimenti amministrativi -- conseguenti al sistema normativo in essere e del medesimo meramente attuativi -- che consentano attraverso la semplice individuazione di modalita' di versamento e l'istituzione di appositi codici-tributo, ovvero mediante banali regolazioni contabili, l'acquisizione al bilancio regionale del gettito conseguente.
P. Q. M. Voglia codesta ecc.ma Corte: accogliere il presente ricorso dichiarando l'illegittimita' costituzionale della nota impugnata in quanto lesiva delle attribuzioni regionali in materia finanziaria sancite dagli articoli 36 e 37 dello statuto e dalle correlate norme di attuazione approvate con d.P.R. 26 luglio 1965, n. 1074; pronunciare in conseguenza l'annullamento dell'atto censurato, nella parte in cui nega la spettanza regionale in ordine al gettito delle diverse imposte individuate nel corpo del presente ricorso, il cui presupposto si verifica nel territorio della Regione Siciliana ma il cui ammontare e' versato da soggetti passivi o sostituti con domicilio fiscale fuori da tale territorio. Palermo, addi' 22 febbraio 2008 Avv. Michele Arcadipane - Avv. Giovanni Carapezza Figlia