N. 116 ORDINANZA (Atto di promovimento) 18 dicembre 2007

  Ordinanza  del  18 dicembre 2007 emessa dal Tribunale di Genova nel
procedimento civile promosso da Tedesco Giuseppe contro I.N.P.S.
  Infortuni   sul   lavoro   e   malattie  professionali  -  Malattie
  professionali derivanti dall'esposizione ultradecennale all'amianto
  -  Rivalutazione  dei periodi di lavoro soggetti all'assicurazione,
  mediante    moltiplicazione    per    il    coefficiente    1,5   -
  Inapplicabilita',  secondo il «diritto vivente» di tale beneficio a
  coloro  che prima del 2 ottobre 2003 non abbiano presentato domanda
  amministrativa  di  riconoscimento del beneficio stesso, pur avendo
  poi  presentato  domanda  nel  prescritto  termine  decadenziale  -
  Ingiustificato  diverso  trattamento  di  situazioni  omogenee,  in
  dipendenza  dalla  presentazione  di  domanda  non  prevista  dalla
  disciplina previgente.
  -  Legge  24 dicembre 2003, n. 350, art. 3, comma 132, in combinato
  disposto con l'art. 47 del decreto legge 30 settembre 2003, n. 269,
  convertito,  con  modificazioni,  nella  legge  24  novembre  2003,
  n. 326.
  - Costituzione, art. 3.
(GU n.18 del 23-4-2008 )
                            IL TRIBUNALE
   Rilevato  che  con ricorso depositato in data 26 settembre 2005 il
sig.  Giuseppe  Tedesco,  premesso di essere stato esposto ad amianto
durante  tutta  l'attivita'  lavorativa  prestata  come  operaio alle
dipendenze dell'autofficina meccanica Audisio & Benvenuto Service
s.n.c.  dal  14  novembre  1975  al  31  dicembre  1996, conveniva in
giudizio  l'INPS  per  sentirlo  condannare  alla  rivalutazione  del
periodo  lavorativo  nel  quale era stato esposto ad amianto mediante
applicazione del coefficiente 1,5;
   Rilevato   che  l'INPS  si  costituiva  in  giudizio  con  memoria
depositata  in  data 10 gennaio 2006, contestando la fondatezza delle
domande e chiedendone pertanto la reiezione;
   Rilevato  infine che, istruita la causa con l'escussione dei testi
e  l'espletamento  di CTU ambientale, all'udienza del 16 ottobre 2007
il  giudice  invitava  le  parti  a  discutere  in  ordine  alla  non
conformita' della disciplina prevista dal d.m. 27 ottobre 2004 con le
disposizioni  contenute  nell'art.  47, d.l. n. 269/2003 e successive
modifiche,  nonche'  in ordine alla legittimita' costituzionale dello
stesso art. 47 in riferimento all'art. 3 Cost.
                            O s s e r v a
   Quanto    alla   rilevanza   della   questione   di   legittimita'
costituzionale  sollevata  d'ufficio  dal  Giudice, deve innanzitutto
rilevarsi  che  non  e'  in  contestazione  tra  le parti che il sig.
Giuseppe  Tedesco  abbia lavorato dal 14 novembre 1975 al 31 dicembre
1996  alle  dipendenze della Audisio & Benvenuto di Silvano Tonon
& C. s.n.c. con mansioni di operaio meccanico riparatore auto.
   L'attivita'  lavorativa  del  ricorrente  nel periodo in questione
risulta  comunque  provata  dal libretto di lavoro, dal curriculum in
atti  (confermata dai testi Audisio e Tonon), dalle dichiarazioni dei
testi  escussi  e - quanto alla durata del rapporto di lavoro ed alla
continuita' dell'attivita' lavorativa - dall'estratto contributivo in
atti.
   Non  e'  in  contestazione  tra le parti che le lavorazioni cui il
ricorrente  era  addetto  e  per  le  quali ha richiesto il beneficio
contributivo   fossero  assoggettate  all'assicurazione  obbligatoria
gestita dall'INAIL.
   Secondo   le   concordi  dichiarazioni  dei  testi,  non  soltanto
all'interno   dell'ambiente   di   lavoro  erano  presenti  materiali
contenenti  amianto  in  notevole  quantita', ma lo stesso ricorrente
doveva   manipolare  materiali  contenenti  amianto  e  cio'  per  la
sostituzione  dei  freni,  delle  frizioni,  delle  guarnizioni della
testata del motore, per la coibentazione delle marmitte, ecc.
   Espletata  CTU  ai  fini  di  accertare  la  quantita' di fibre di
amianto  cui  e'  stato  esposto  il  ricorrente  durante la sua vita
lavorativa,  il  consulente  ha  concluso  che  lattivita' lavorativa
esaminata esponeva ad amianto in misura superiore a quella consentita
dagli  artt.  24  e  31,  d.lgs.  15  agosto  1991, n. 277, dalla sua
assunzione fino al 31 dicembre 1992.
   Tali  conclusioni  meritano di essere condivise, in quanto fondate
su   accurate  valutazioni  e  sorrette  da  corretta  ed  esauriente
motivazione,  che  -  come ulteriormente approfondita nel supplemento
depositato in data 12 luglio 2007 - deve intendersi qui integralmente
trascritta.
   Si   tratta  di  accertamento  basato  su  specifiche  e  motivate
presunzioni  che  consentono  di  ritenere  dimostrata,  sia  pure in
termini  di  probabilita'  (ma  probabilita'  comunque  qualificata e
dunque   idonea   a  consentire  raggiunta  la  certezza  giudiziale)
l'esposizione ad amianto.
   Risulta  dunque dimostrata l'esposizione lavorativa ad amianto del
ricorrente  per oltre 17 anni (e precisamente dal 14 novembre 1975 al
31 dicembre 1992).
   Sempre   in  punto  rilevanza  della  questione,  deve  osservarsi
l'infondatezza  delle  eccezioni  sollevate  dall'INPS  nella propria
memoria  di  costituzione  (eccezioni  da qualificarsi come difese di
diritto e dunque da esaminarsi comunque, nonostante che la memoria di
costituzione  del  convenuto  sia  stata  depositata  in  cancelleria
soltanto alla data fissata per l'udienza).
   Per quanto riguarda la legittimazione passiva, deve richiamarsi il
pacifico  orientamento  della Corte di cassazione, per cui «allorche'
il  lavoratore  chieda  in  giudizio  l'accertamento del diritto alla
rivalutazione  del  periodo  lavorativo  nel  quale  e' stato esposto
all'amianto,  ai sensi dell'art. 13, ottavo comma, della legge n. 257
del  1992  (come modificato dall'art. 1, primo comma, del d.l. n. 169
del  1993, convertito con modificazioni nella legge n. 271 del 1993),
l'unico   soggetto   legittimato   a  stare  in  giudizio  e'  l'ente
previdenziale,   che  e'  il  solo  soggetto  tenuto  ad  operare  la
rivalutazione,   atteso  che  la  disposizione  citata  finalizza  il
beneficio  dell'accredito  figurativo ad una piu' rapida acquisizione
dei   requisiti   contributivi  utili  per  ottenere  le  prestazioni
pensionistiche   dell'assicurazione   generale  obbligatoria  (e  non
all'attribuzione   delle   diverse  prestazioni  oggetto  del  regime
assicurativo  a  carico  dell'INAIL)  e  che,  d'altronde,  la stessa
disposizione - diversamente da quella contenuta nel settimo comma del
medesimo  art.  13  relativa  ai  lavoratori  che  abbiano  contratto
malattie  professionali  -  non  prescrive  l'assolvimento  di  alcun
incombente   da   parte   dell'INAIL   (quale   la   «documentazione»
dell'avvenuta  esposizione all'amianto); pertanto, se pure l'Istituto
assicurativo  sia  intervenuto  nel  procedimento  amministrativo (od
anche  in  quello  contenzioso)  -  nell'ambito di una domanda intesa
all'attribuzione del predetto accredito contributivo - per attestare,
quale soggetto fornito di specifica competenza tecnica, l'esposizione
a  rischio  del  lavoratore  -  cio'  non  comporta  che  il relativo
accertamento  (rilevante  ai  soli  fini  probatori) assuma carattere
pregiudiziale  e  vincolante  e  valga  a  far  assumere  allo stesso
Istituto  la  veste di soggetto passivo della domanda del lavoratore,
non  avendo  la  richiamata  disciplina  apportato alcuna innovazione
rispetto  al  principio  generale  secondo cui la legittimazione alla
causa  e' connessa alla titolarita' del rapporto sostanziale» (Cass.,
19  giugno  2002,  n. 8937;  nonche'  Cass., 28 giugno 2001, n. 8859;
Cass.,  25  febbraio  2002, n. 2677; Cass., 11 luglio 2002, n. 10114;
Cass.,  9  dicembre  2002,  n. 17528; Cass., 23 gennaio 2003, n. 997;
Cass., 29 ottobre 2003, n. 16256).
   Non  vi  e'  dubbio,  dunque, che legittimato passivo nel presente
giudizio sia unicamente l'INPS.
   Anche  per  quanto  riguarda il preteso necessario requisito della
perdita   del   posto   di   lavoro  per  effetto  della  dismissione
dell'amianto,  deve richiamarsi l'univoco orientamento della Corte di
cassazione,  per cui «in tema di benefici per i lavoratori esposti al
rischio di asbestosi, come desumibile anche da quanto affermato dalla
Corte  costituzionale  nella  sentenza n. 5 del 2000, destinatari del
beneficio  previsto dall'art. 13, comma ottavo, della legge n.257 del
1992,  sostituito  dall'art.  1  del d.l. n. 169 del 1993, convertito
nella  legge  n. 271  del  1993,  non  sono soltanto i lavoratori che
abbiano  perso  o  siano  esposti  al  rischio di perdere il posto di
lavoro   in   conseguenza   della   soppressione   delle  lavorazioni
dell'amianto,  ma  anche i lavoratori che - quale che sia l'attivita'
produttiva  della  impresa  datrice  di  lavoro  - abbiano subito una
esposizione «qualificata» all'amianto per essere stati addetti per un
periodo  ultradecennale  a  lavorazioni  aventi valori di rischio per
esposizione  a polveri di amianto superiori a quelli consentiti dagli
artt.  24 e 31 del d.lgs. n. 277 del 1991. La legge, infatti, intende
assicurare  anche  a  questi  soggetti la possibilita' di abbandonare
anticipatamente  il  lavoro attribuendo loro un trattamento di favore
analogo  a  quello  accordato  ai  lavoratori  di cave e miniere e ai
lavoratori   gia'   riscontrati   affetti  da  tecnopatia  imputabile
all'amianto,  secondo quanto rispettivamente previsto nei commi sesto
e  settimo del citato art. 13 della legge n. 257 del 1992» (Cass., 27
febbraio 2002, n. 2926; Cass., 23 gennaio 2003, n. 997).
   Ne  consegue  che  l'accoglimento  della domanda non postula quale
requisito   essenziale   l'essere   stati  dipendenti  di  un'azienda
coinvolta  in una crisi aziendale quale conseguenza dell'eliminazione
dell'amianto.
   Infine,  anche  con riferimento al preteso difetto di interesse ad
agire  soccorre  l'insegnamento  della  Corte  di  cassazione, che ha
affermato  che  «nell'ambito del rapporto giuridico previdenziale, e'
configurabile,  alla  stregua  della  disciplina  di cui all'art. 54,
legge  n. 88 del 1989 (nonche' delle disposizioni dettate dalla legge
n. 241  del  1990 in materia di accesso ai documenti amministrativi),
un  vero e proprio diritto del lavoratore assicurato, cui corrisponde
uno   specifico   obbligo  dell'ente  di  previdenza,  alla  corretta
informazione  circa la consistenza del credito contributivo in corso;
ne consegue che, ove tale diritto rimanga insoddisfatto a causa della
mancata   o  non  corretta  determinazione  da  parte  dell'ente,  il
lavoratore  ha  un  interesse  qualificato  ed  attuale  ad  agire in
giudizio,  anche a prescindere dal pensionamento, onde far dichiarare
la  lesione  derivante  dall'inadempimento  (nella specie, la suprema
Corte - in base all'enunciato principio - ha annullato la sentenza di
merito  che  aveva  escluso  1'attualita'  dell'interesse nel caso di
azione   proposta   dal   lavoratore   per   ottenere  1'accertamento
dell'effettiva  consistenza  della propria posizione contributiva, in
relazione  alla  "rivalutabilita'"  dei  contributi  accreditati  nei
periodi  lavorativi  di  esposizione all'amianto ex art. 13, comma 8,
legge n. 257/1992)» (Cass., 21 giugno 2002, n. 9125).
   Nella  specie,  poi,  l'interesse  ad  agire del ricorrente e' ben
chiaro,  posto che, ove nella fattispecie potesse essere applicata la
disciplina  stabilita  dall'art. 13, comma 8, legge n. 257/1992, come
sostituito  dall'art.  1,  comma  1,  d.l. n. 169/1993, convertito in
legge  n. 271/1993,  il  riconoscimento  del  beneficio  contributivo
derivante  dall'esposizione  lavorativa  ad  amianto consentirebbe al
ricorrente di accedere immediatamente alla pensione di anzianita'.
   Non  e',  infatti, in contestazione tra le parti che la situazione
contributiva  e  pensionistica  del  ricorrente sia quella che emerge
dalla   documentazione   in  atti  ed  in  particolare  dall'estratto
contributivo e dunque:
     che il ricorrente, nato in data 9 novembre 1953, sia attualmente
titolare  di  impresa  artigiana  e sia dunque iscritto alla gestione
speciale artigiani dell'INPS;
     che  pertanto  il  ricorrente  possa  maturare  la  pensione  di
anzianita'  soltanto  con  40 anni di contributi, ovvero anche con 35
anni  di  anzianita',  ma  con il concorrente requisito di 58 anni di
eta' (eta' anagrafica che il ricorrente raggiungera' soltanto in data
9 novembre 2011);
     che  alla  data del 2 ottobre 2003 il ricorrente avesse maturato
soltanto 31 anni scarsi di contribuzione;
     che  pertanto  a  tale data il ricorrente non potesse certamente
accedere  alla pensione di anzianita', non avendo ancora raggiunto 40
anni  di  contribuzione  (e  non arrivando a 40 anni di contribuzione
neppure  considerando  gli 8 anni e mezzo di contribuzione figurativa
che   sarebbero  riconoscibili  applicando  la  disciplina  stabilita
dall'art.  13,  comma 8, legge n. 257/1992, come sostituito dall'art.
1, comma 1, d.l. n. 169/1993, convertito in legge n. 271/1993);
     che  invece, avendo oggi il ricorrente maturato oltre 33 anni di
contributi,  egli  potrebbe  accedere immediatamente alla pensione di
anzianita',  ove  potesse  essere  applicata  la disciplina stabilita
dall'art.  13,  comma 8, legge n. 257/1992, come sostituito dall'art.
1, comma 1, d.l. n. 169/1993, convertito in legge n. 271/1993.
   E' dunque evidente l'interesse ad agire del ricorrente che, ove si
fosse  applicabile  la  disciplina  stabilita  dall'art. 13, comma 8,
legge  n. 257/1992,  come  sostituito  dall'art.  1,  comma  1,  d.l.
n. 169/1993,  convertito  in  legge n. 271/1993 (cosi' come richiesto
dal  ricorrente  in  via principale) potrebbe immediatamente accedere
alla pensione di anzianita'.
   Il  ricorrente non risulta invece avere ancora maturato il diritto
alla  pensione  di  anzianita' ove si applichi la successiva - e meno
favorevole  -  disciplina  introdotta dall'art. 47, d.1. 30 settembre
2003,  n. 269,  convertito,  con  modificazioni, in legge 24 novembre
2003, n. 326.
   Dispone,  infatti,  l'art.  47,  d.l.  30  settembre 2003, n. 269,
convertito,  con  modificazioni,  in  legge  24 novembre 2003, n. 326
(entrato  in  vigore il giorno 2 ottobre 2003) che «a decorrere dal 1
ottobre  2003,  il  coefficiente stabilito dall'articolo 13, comma 8,
della  legge  27 marzo 1992, n. 257, e' ridotto da 1,5 a 1,25. Con la
stessa decorrenza, il predetto coefficiente moltiplicatore si applica
ai  soli  fini  della  determinazione  dell'importo delle prestazioni
pensionistiche  e  non  della maturazione del diritto di accesso alle
medesime».
   La   nuova   normativa   introduce   dunque  una  disciplina  meno
vantaggiosa  per  gli  assicurati  sotto  due  distinti e concorrenti
profili  e  cioe' sia perche' riduce da 1,5 a 1,25 il coefficiente di
rivalutazione   dei   contributi   maturati  durante  il  periodo  di
esposizione  ad  amianto,  sia  perche'  attribuisce  rilevanza  alla
rivalutazione dei contributi ai soli fini dell'importo della pensione
e non anche della maturazione del diritto a pensione.
   Ne  consegue  l'evidente  rilevanza  in  causa  della questione di
legittimita'  della  norma  che,  come  meglio si argomentera' infra,
esclude  l'applicabilita'  alla posizione contributiva del ricorrente
della  disciplina stabilita dall'art. 13, comma 8, legge n. 257/1992,
come sostituito dall'art. 1, comma 1, d.l. n. 169/1993, convertito in
legge n. 271/1993.
   Prosegue  infatti l'art. 47, d.l. n. 269/2003, convertito in legge
n. 326/2003, stabilendo che:
     «1.  A  decorrere  dal 1 ottobre 2003, il coefficiente stabilito
dall'articolo  13,  comma  8,  della  legge 27 marzo 1992, n. 257, e'
ridotto  da  1,5  a  1,25.  Con  la  stessa  decorrenza,  il predetto
coefficiente   moltiplicatore   si   applica   ai   soli  fini  della
determinazione  dell'importo  delle  prestazioni pensionistiche e non
della maturazione del diritto di accesso alle medesime.
     2.  Le  disposizioni  di  cui  al  comma 1 si applicano anche ai
lavoratori  a  cui  sono state rilasciate dall'INAIL le certficazioni
relative   all'esposizione   all'amianto   sulla   base   degli  atti
d'indirizzo  emanati  sulla  materia dal Ministero del lavoro e delle
politiche sociali antecedentemente alla data di entrata in vigore del
presente decreto.
     3.  Con  la stessa decorrenza prevista al comma 1, i benefici di
cui  al  comma 1, sono concessi esclusivamente ai lavoratori che, per
un periodo non inferiore a dieci anni, sono stati esposti all'amianto
in  concentrazione  media  annua non inferiore a 100 fibre/litro come
valore  medio  su  otto  ore  al  giorno.  I  predetti  limiti non si
applicano  ai lavoratori per i quali sia stata accertata una malattia
professionale  a  causa  dell'esposizione  all'amianto,  ai sensi del
testo  unico  delle  disposizioni  per  l'assicurazione  obbligatoria
contro  gli  infortuni sul lavoro e le malattie professionali, di cui
al  punto  decreto  del  Presidente  della Repubblica 30 giugno 1965,
n. 1124.
     4.  La  sussistenza  e la durata dell'esposizione all'amianto di
cui al comma 3 sono accertate e certficate dall'INAIL.
     5.  I  lavoratori  che  intendano ottenere il riconoscimento dei
benefici di cui al comma 1, compresi quelli a cui e' stata rilasciata
certficazione  dall'INAIL prima del 1 ottobre 2003, devono presentare
domanda  alla  sede INAIL di residenza entro 180 giorni dalla data di
pubblicazione  nella Gazzetta Ufficiale del decreto interministeriale
di  cui  al  comma  6,  a  pena  di decadenza del diritto agli stessi
benefici.
     6.  Le  modalita'  di  attuazione  del  presente  articolo  sono
stabilite  con  decreto  del  Ministro  del  lavoro e delle politiche
sociali,  di  concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze,
da  emanare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore del
presente decreto.
     6-bis.  Sono comunque fatte salve le previgenti disposizioni per
i  lavoratori  che  abbiano  gia'  maturato,  alla data di entrata in
vigore  del presente decreto, il diritto di trattamento pensionistico
anche in base ai benefici previdenziali di cui all'articolo 13, comma
8, della legge 27 marzo 1992, n. 257, nonche' coloro che alla data di
entrata  in vigore del presente decreto, fruiscono dei trattamenti di
mobilita', ovvero che abbiano definito la risoluzione del rapporto di
lavoro in relazione alla domanda di pensionamento».
   Il  successivo  art.  3, comma 132, legge 27 dicembre 2003, n. 299
(legge  finanziaria  per  l'anno  2004) ha peraltro stabilito che «in
favore  dei  lavoratori  che  abbiano  gia' maturato, alla data del 3
ottobre  2003, il diritto al conseguimento dei benefici previdenziali
di  cui  all'art.  13,  comma 8, della legge 27 marzo 1992, n. 257, e
successive  modficazioni, sono fatte salve le disposizioni previgenti
alla  medesima  data  del  2  ottobre 2003. La disposizione di cui al
primo periodo si applica anche a coloro che hanno avanzato domanda di
riconoscimento  all'INAIL  o  che  ottengono  sentenze favorevoli per
cause  avviate  entro  la stessa data. Restano salve le certficazioni
gia' rilasciate dall'INAIL ...».
   L'art.   3,  comma  132,  legge  27  dicembre  2003,  n. 299,  pur
presupponendo  e  richiamando  la disciplina introdotta dall'art. 47,
d.l.  n. 269/2003,  conv.  in  legge  n. 326/2003,  e' intervenuto ad
escludere   l'applicabilita'   della   nuova   disciplina  introdotta
dall'art.  47, d.1. n. 269/ 2003, convertito in legge n. 326/2003, ad
alcune ulteriori categorie di assicurati e precisamente:
     coloro  che  alla  data  del 2 ottobre 2003 avessero maturato il
diritto a pensione (ai sensi dell'art. 47, comma 6-bis, eventualmente
anche  in  forza  della rivalutazione contributiva prevista dall'art.
13, comma 8, legge n. 257/1992);
     coloro  che  alla  stessa  data  avessero  presentato domanda di
riconoscimento  del  beneficio  derivante dall'esposizione ad amianto
all'INAIL  (o,  secondo  l'interpretazione della Corte di cassazione,
anche all'INPS);
     coloro   che  a  tale  data  avessero  comunque  introdotto  una
controversia  giudiziale  poi  conclusasi  con sentenza favorevole al
lavoratore.
   Tali categorie di assicurati vengono ad aggiungersi alle categorie
gia'  escluse  dall'art.  47  (ovvero  a  coloro  che alla data del 2
ottobre  2003 fruissero dei trattamenti di mobilita' e a coloro che a
tale  data  avessero  gia'  definito  la  risoluzione del rapporto di
lavoro in relazione alla domanda di pensionamento).
   La  lettura  della  norma  nel senso sopra indicato e' imposta dal
tenore testuale della disposizione e dall'interpretazione sistematica
alla luce della normativa precedente.
   Non  puo'  quindi  condividersi  l'interpretazione  del ricorrente
secondo  cui  il  fatto  costitutivo  del  diritto  del lavoratore di
ottenere i benefici per cui e' causa sarebbe l'esposizione ad amianto
e  dunque  le norme citate avrebbero inteso fare salva l'applicazione
della  disciplina  previgente  indistintamente  a  tutti  coloro  che
fossero stati esposti ad amianto prima del 2 ottobre 2003.
   Si  tratta  di una lettura sostanzialmente abrogante della riforma
sia  poiche' sembra ben difficile, per non dire impossibile, che dopo
l'ottobre 2003 possa ancora verificarsi un'esposizione ultradecennale
ad  amianto,  con  le  caratteristiche  di intensita' richieste dalla
legge,   sia  perche'  se  il  legislatore  avesse  realmente  inteso
mantenere  ferma  la disciplina previgente per tutti coloro che erano
stati esposti ad amianto prima del 2 ottobre 2003 si sarebbe espresso
esattamente  e semplicemente in questi termini, senza identificare (e
poi   ulteriormente   precisare)   alcune   specifiche  categorie  di
lavoratori escluse dalla nuova disciplina.
   In  ogni caso l'interpretazione qui accolta rappresenta il diritto
vivente, essendo stata piu' volte ribadita dalla Corte di cassazione.
   Secondo   la   suprema   Corte,  infatti,  «in  tema  di  benefici
previdenziali in favore dei lavoratori esposti all'amianto, l'art. 3,
comma centotrentadue, della legge 24 dicembre 2003, n. 350, che - con
riferimento  alla  nuova  disciplina  introdotta  dall'art. 47, comma
primo,  del  decreto  legge 30 settembre 2003, n. 269 (convertito con
modficazioni  nella  legge 24 novembre 2003, n. 326) - ha fatto salva
l'applicabilita'  della  precedente  disciplina,  di  cui all'art. 13
della legge 27 marzo 1992, n. 257, per i lavoratori che alla data del
2   ottobre  2003  abbiano  gia'  maturato  il  diritto  ai  benefici
previdenziali  in base a tale ultima disposizione, o abbiano avanzato
domanda  di  riconoscimento all'INAIL od ottenuto sentenze favorevoli
per  cause  avviate entro la medesima data, va interpretato nel senso
che:  a)  per  maturazione del diritto deve intendersi la maturazione
del  diritto  a pensione; b) tra coloro che non hanno ancora maturato
il  diritto  a  pensione,  la  salvezza  concerne  esclusivamente gli
assicurati  che,  alla data indicata, abbiano avviato un procedimento
amministrativo  o  giudiziario  per  l'accertamento  del diritto alla
rivalutazione  contributive»  (Cass.,  18  novembre  2004,  n. 21862;
Cass., 15 luglio 2005, n. 15008; Cass., 11 luglio 2006, n. 15679).
   Afferma  la  Corte  di  cassazione  che  «le  ragioni dell'opzione
interpretativa  poggiano fondamentalmente sulle considerazioni che la
rivalutazione    contributiva   non   rappresenta   una   prestazione
previdenziale  autonoma,  ma  determina  i contenuti del diritto alla
pensione;  che,  nel  regime precedente, non era prevista una domanda
amministrativa  per  far  accertare il diritto alla rivalutazione dei
contributi  previdenziali per effetto di esposizione all'amianto; che
il   legislatore  ha  espresso  l'intento,  ricostruito  secondo  una
interpretazione    orientata    dal   principio   costituzionale   di
ragionevolezza,  di  escludere  l'applicazione della nuova disciplina
«anche»  per  coloro che comunque avessero gia' avviato una procedura
amministrativa  per  l'accertamento dell'esposizione all'amianto (non
solo  mediante  domande  rivolte  all'Inail,  ma  anche e soprattutto
all'Inps   quale   parte   del  rapporto  previdenziale),  ovvero  un
procedimento  giudiziale,  restando pero' esclusi, tra questi ultimi,
quelli  per  i  quali  il  giudizio sia stato definito con il rigetto
della  domanda,  potendo  costoro  eventualmente giovarsi della nuova
disciplina  nella  parte  in  cui  «estende» il beneficio (vedi comma
6-bis   dell'art.  47  cit.),  come,  del  resto,  tale  facolta'  e'
riconosciuta  anche  ai  soggetti per i quali opera la salvezza della
precedente  normativa,  atteso  che  tale  salvezza e' stata disposta
esclusivamente in loro «favore» (Cass., 18 novembre 2004, n. 21862).
   In questo contesto viene ad inserirsi il decreto interministeriale
del  27  ottobre  2004,  emanato  in attuazione del sesto comma dello
stesso art. 47.
   Tale decreto non si limita peraltro a disciplinare le modalita' di
esecuzione  della legge, ma introduce norme ulteriormente restrittive
della   platea   di   lavoratori   ancora   assoggettati   al  regime
riconducibile alla legge n 257/1992.
   Il  d.m. 27 ottobre 2004 prevede, infatti, all'articolo 1, comma 2
che  «ai  lavoratori  che  sono stati esposti all'amianto per periodi
lavorativi   soggetti   all'assicurazione   obbligatoria  contro  gli
infortuni sul lavoro e le malattie professionali, gestita dall'INAIL,
che  abbiano  gia' maturato, alla data del 2 ottobre 2003, il diritto
al conseguimento dei benefici previdenziali di cui all'art. 13, comma
8,  della  legge 27 marzo 1992, n. 257, e successive modficazioni, si
applica  la disciplina previgente alla medesima data, fermo restando,
qualora non abbiano gia' provveduto, l'obbligo di presentazione della
domanda  di  cui all'art. 3 entro il termine di 180 giorni, a pena di
decadenza, dalla data di entrata in vigore del presente decreto».
   Anche  l'INPS,  con  propria  circolare del 15 aprile 2005, n. 58,
include   tra i  destinatari  della  disciplina  di  cui  alla  legge
n. 257/1992   tutti   i   lavoratori  che  abbiano  svolto  attivita'
lavorativa  con  esposizione  ultradecennale  all'amianto prima del 2
ottobre  2003,  alla  sola  condizione  che  gli  stessi  abbiano poi
provveduto  a presentare domanda di certificazione all'INAIL entro il
15 giugno 2005.
   Nello  stesso senso si era gia' espresso l'INAIL con circolare del
29 dicembre 2004, n. 90.
   Si tratta di disposizioni che si pongono in netto contrasto con la
disciplina   di   legge,  cosi'  come  interpretata  dalla  Corte  di
cassazione,   e   dunque  con  una  fonte  di  legge  gerarchicamente
sovraordinata.
   Il  d.m.  27 ottobre 2004, in quanto in contrasto sul punto con la
disciplina di legge, deve dunque essere disapplicato.
   In  realta'  il  decreto ministeriale, cosi' come le circolari dei
due  istituti  previdenziali,  si fanno carico, pur non essendo, come
detto,  a cio' autorizzati, di porre rimedio a quella che - ad avviso
del   giudicante  -  pare  essere  una  irragionevole  disparita'  di
trattamento.
   E' pur vero che la Corte costituzionale ha piu' volte affermato il
principio  per cui «l'art. 38 Cost. non esclude la possibilita' di un
intervento   legislativo   che,  per  una  inderogabile  esigenza  di
contenimento  della  spesa  pubblica, riduca in maniera definitiva un
trattamento  pensionistico  in  precedenza  spettante»  (Corte  cost.
n. 822/88; 243/93; 240/94; 361/96; ord. n. 227/2002).
   E'  anche vero che «il divieto di retroattivita' della legge - pur
costituendo  fondamentale  valore  di  civilta' giuridica e principio
generale  dell'ordinamento,  cui  il  legislatore  deve,  in linea di
principio,   attenersi   -   non   e'   stato   elevato   e  dignita'
costituzionale,  salva la previsione dell'art. 25 Cost. relativo alla
materia penale.
   Ne  consegue  che  il  legislatore ordinario, nel rispetto di tale
limite,  puo' emanare norme retroattive purche' esse trovino adeguata
giustificazione  sul  piano  della ragionevolezza e non si pongano in
contrasto  con  altri  valori e interessi costituzionalmente protetti
cosi'  da incidere arbitrariamente sulle situazioni sostanziali poste
in essere da leggi precedenti» (Corte cost., 9 ottobre 2000, n. 419).
   Nella  specie,  peraltro, la perdurante del piu' favorevole regime
previgente  e'  condizionata  o alla maturazione, prima del 2 ottobre
2003,  del  diritto  a  pensione (ed in questo caso l'elemento cui e'
ancorato  il diverso trattamento sembra del tutto ragionevole) o alla
presentazione,  prima  della  medesima data, di una qualsiasi domanda
amministrativa per il riconoscimento del beneficio in questione.
   Come  peraltro gia' evidenziato in precedenza, secondo la pacifica
giurisprudenza  della suprema Corte la rivalutazione contributiva per
cui  e' causa non rappresenta una prestazione previdenziale autonoma,
ma  determina  i  contenuti  del  diritto  alla  pensione. Nel regime
precedente  non era conseguentemente prevista la necessita' di alcuna
domanda   amministrativa   per   far   accertare   il   diritto  alla
rivalutazione    dei    contributi    previdenziali    per    effetto
dell'esposizione  all'amianto  (Cass.,  18  novembre  2004, n. 21862;
Cass., 15 luglio 2005, n. 15008).
   Proprio  per  questo  motivo  l'Istituto  previdenziale, una volta
accertata   l'esposizione   ad   amianto   del  lavoratore,  provvede
pacificamente alla ricostituzione della pensione fin dalla originaria
decorrenza del beneficio.
   Sembra dunque fondatamente potersi dubitare della ragionevolezza e
della giustificatezza della disparita' di trattamento stabilita dalla
legge  in  ragione  di un atto - la presentazione della domanda - che
non  soltanto  non rientra in alcun modo tra gli elementi costitutivi
del   beneficio   disciplinato,   ma   neppure   ne   condiziona   il
riconoscimento.
   Si  aggiunga  che,  non  essendo  richiesta  in  precedenza alcuna
domanda  amministrativa,  collegare  l'applicazione  della nuova meno
favorevole  disciplina  alla omessa presentazione di una domanda, che
l'interessato  non  aveva  alcun onere di presentare (e tanto meno di
presentare   con   molto  anticipo  sulla  data  di  maturazione  del
trattamento  pensionistico)  significa di fatto introdurre un termine
di decadenza con effetto retroattivo.
   Nella  specie  il ricorrente, che come gia' detto, alla data del 2
ottobre  2003  non  aveva  maturato  il  diritto  a  pensione neppure
applicando  i  benefici  di cui alla legge n. 271/1993, ha presentato
domanda all'INAIL e all'INPS in data 3 dicembre 2005.
   Dunque,  sulla  base della interpretazione della legge, quale resa
necessaria dall'interpretazione letterale e sistematica e comunque da
considerarsi  diritto  vivente  alla  luce della giurisprudenza della
Corte   di   cassazione,  al  ricorrente  si  applica  la  disciplina
introdotta  dall'art.  47,  d.l.  n. 269/  2003,  convertito in legge
n. 326/2003.
   A  fronte  di  un  collega  con pari esposizione ad amianto e pari
anzianita'  contributiva  (ovvero  in  identica situazione per quanto
riguarda  gli  elementi  rilevanti  ai  fini  della  maturazione  del
beneficio  e  della  tutela  previdenziale  da  accordarsi) ma che in
ipotesi  abbia presentato domanda all'INAIL prima del 2 ottobre 2003,
il  ricorrente si trova a maturare il diritto a pensione piu' tardi e
in  un importo inferiore per il solo fatto di non aver presentato una
domanda che non era tenuto a presentare.
   Ritiene pertanto il giudicante che, attesi i motivi sopra esposti,
debba  ravvisarsi  la  non  manifesta infondatezza della questione di
legittimita'  costituzionale  - in riferimento all'art. 3 Cost. - del
combinato  disposto  dell'art.  3, comma 132, legge 27 dicembre 2003,
n. 299  e  dell'art.  47, d.l. 30 settembre 2003, n. 269, convertito,
con  modificazioni, in legge 24 novembre 2003, n. 326, nella parte in
cui   dette   norme   escludono  dall'applicazione  della  disciplina
previgente   a   quella   introdotta   dall'art.  47,  comma  1,  del
decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito con modificazioni
nella  legge 24 novembre 2003, n. 326, coloro che prima del 2 ottobre
2003  non abbiano presentato domanda amministrativa di riconoscimento
dei  benefici previsti dall'art. 13, comma 8, legge n. 257/1992, come
sostituito  dall'art.  1,  comma  1,  d.l. n. 169/1993, convertito in
legge  n. 271/1993  pur  avendo  poi  presentato  domanda nel termine
decadenziale previsto dal citato art. 47.
                              P. Q. M.
   Dichiara  rilevante  e non manifestamente infondata, per contrasto
con  l'art.  3 Cost., la questione di legittimita' costituzionale del
combinato  disposto  dell'art.  3, comma 132, legge 27 dicembre 2003,
n. 299  e  dell'art.  47, d.l. 30 settembre 2003, n. 269, convertito,
con  modificazioni, in legge 24 novembre 2003, n. 326, nella parte in
cui   dette   norme   escludono  dall'applicazione  della  disciplina
previgente  a  quella  introdotta  dall'art.  47, comma 1 del decreto
legge  30  settembre 2003, n. 269, convertito con modificazioni nella
legge  24  novembre 2003, n. 326, coloro che prima del 2 ottobre 2003
non  abbiano  presentato domanda amministrativa di riconoscimento dei
benefici  previsti  dall'art.  13,  comma  8, legge n. 257/1992, come
sostituito  dall'art.  1,  comma  1,  d.l. n. 169/1993, convertito in
legge  n. 271/1993,  pur  avendo  poi  presentato domanda nel termine
decadenziale previsto dal citato art. 47.
   Ai  sensi  dell'art.  23,  legge 11 marzo 1953, n. 87, sospende il
presente  procedimento  ed  ordina  trasmettersi  gli atti alla Corte
costituzionale.
   Dispone  che,  a cura della cancelleria, la presente ordinanza, di
cui  e'  stata  data lettura in udienza, sia notificata al Presidente
del  Consiglio  del  ministri  e  sia  comunicata ai Presidenti della
Camera dei deputati e del Senato della Repubblica.
     Genova, addi' 18 dicembre 2007
                         Il giudice: Scotto
   Addi'   20  dicembre  2007  compaiono  spontaneamente  davanti  al
giudice,  dott.ssa  M.I.  Scotto, l'avv. Calcagno per il ricorrente e
l'avv.  Fuochi  per l'INPS che evidenziano che per errore materiale a
pag.   10   dell'ordinanza   di  remissione  degli  atti  alla  Corte
costituzionale  del  18  dicembre 2007 nella causa Tedesco Giuseppe /
INPS  (R.G.,  2757/05)  la  data  della  domanda  amministrativa  del
ricorrente  e'  indicata nel 3 dicembre 2005, anziche' nel 3 dicembre
2004 e chiedono correggersi l'errore materiale.
   Il  giudice  rilevato  che  effettivamente  per  errore  materiale
nell'ordinanza di remissione degli atti alla Corte costituzionale del
18  dicembre 2007 nella causa Tedesco Giuseppe / INPS (R.G., 2757/05)
la data della domanda amministrativa del ricorrente e' indicata nel 3
dicembre 2005, anziche' nel 3 dicembre 2004.
   Dispone che a pag. 10 dell'ordinanza di remissione degli atti alla
Corte  costituzionale  del  18  dicembre  2007  nella  causa  Tedesco
Giuseppe  / INPS (R.G., 2757/05) al posto delle parole «ha presentato
domanda  all'INAIL  e all'INPS in data 3 dicembre 2005» si leggano le
parole «ha presentato domanda all'INAIL e all'INPS in data 3 dicembre
2004».
   Dispone    annotarsi    il   presente   provvedimento   in   calce
all'ordinanza.
                    Il giudice: Maria Ida Scotto