N. 145 ORDINANZA (Atto di promovimento) 20 novembre - 21 dicembre 2007

Ordinanza  del  21 dicembre 2007 emessa dal Tribunale di Cagliari nel
procedimento  civile promosso da Maxia Speranza contro Tronci Efisio,
in persona del curatore speciale avv. Maurizio Sequi

Filiazione  -  Azione per la dichiarazione giudiziale di paternita' o
  di  maternita'  naturale  in  caso di morte del presunto genitore -
  Legittimazione  passiva  degli  eredi  -  Riferimento alla sentenza
  della  Corte  di  Cassazione a sezioni unite n. 21287/2005 - Omessa
  previsione  della  possibilita'  di  nominare  un curatore speciale
  quale  legittimato  passivo  dell'azione in caso di premorienza del
  presunto  genitore  e  dei  suoi  eredi - Denunciata violazione dei
  principi  di uguaglianza e di ragionevolezza - Asserita lesione del
  diritto  di  azione per la tutela di diritti fondamentali attinenti
  allo status e all'identita' biologica.
- Codice civile, art. 276, primo comma.
- Costituzione, artt. 3 e 24.
(GU n.21 del 14-5-2008 )
                            IL TRIBUNALE
   Ha  pronunciato  la  seguente  ordinanza  nella  causa iscritta al
n. 3968 del ruolo generale affari contenziosi civili per l'anno 2007,
promossa  da  Maxia  Speranza, elettivamente domiciliata in Cagliari,
presso lo studio dell'avvocato Antonella Piu, che la rappresenta, con
procura  speciale alle liti apposta a margine dell'atto introduttivo,
e la difende, attrice;
   Contro  Tronci  Efisio,  in  persona  del  curatore  speciale avv.
Maurizio  Sequi,  in  Cagliari,  domiciliato  elettivamente presso lo
studio  del medesimo avvocato, convenuto e con pubblico ministero, in
persona  del  Procuratore  della  Repubblica  presso  il Tribunale di
Cagliari, intervenuto per legge.
                      Svolgimento del processo
   Con  ricorso  al  Presidente  della prima sezione, Speranza Maxia,
deducendo  di  essere  figlia  naturale  del defunto Efisio Tronci, e
manifestando  l'intenzione  di  proporre  domanda di accertamento del
rapporto  di  filiazione  ai  sensi  degli artt. 269 e ss. del codice
civile,  ha  chiesto che venisse nominato, in assenza degli eredi, un
curatore  speciale che potesse essere convenuto in luogo del defunto.
Il  Presidente  ha  provveduto  in  conformita'  con  decreto  del 28
febbraio 2007, nominando curatore l'avv. Maurizio Sequi.
   La  Maxia ha quindi convenuto davanti a questo tribunale, con atto
di  citazione notificato in data 10 maggio 2007, il predetto curatore
speciale  del  Tronci,  chiedendo  che  il  tribunale  accertasse  il
rapporto  di  filiazione  naturale  con  il rappresentato. Ha esposto
l'attrice,  nata  a  Cagliari  il  21  ottobre  1928, di essere stata
denunciata  all'ufficiale  dello stato civile come figlia di genitori
sconosciuti  e di essere stata successivamente affiliata, con decreto
del  giudice  tutelare  di  Cagliari in data 19 ottobre 1939, da Anna
Maxia, vedova di Efisio Tronci, gia' deceduto il 31 dicembre 1932.
   Ritualmente  costituitosi  in  giudizio, il curatore si e' opposto
all'accoglimento   della   domanda   proposta  per  la  dichiarazione
giudiziale  della  paternita'  naturale  ed  ha  chiesto  che venisse
dichiarata l'improcedibilita' della domanda stessa per inesistenza in
vita degli eredi diretti del Tronci, nonche' la nullita' della nomina
del  curatore speciale e, in via subordinata, ha richiesto nel merito
il rigetto della domanda attrice.
                       Motivi della decisione
   La  questione  di legittimita' costituzionale dell'art. 276, primo
comma,  del  codice  civile, per contrasto con gli artt. 3 e 24 della
Costituzione,  appare  non  manifestamente  infondata e rilevante nel
presente  giudizio,  nella  parte  in  cui  la  norma  non prevede la
possibilita'  della  nomina di un curatore speciale nei cui confronti
promuovere  l'azione per la dichiarazione giudiziale della paternita'
o  della  maternita' naturale in caso di premorienza sia dei presunti
padre o madre sia degli eredi.
   Gia' il Tribunale di Milano, con ordinanza del 10 luglio 2006, nel
sollevare la medesima questione di legittimita' costituzionale, aveva
ritenuto  come non potesse trovare applicazione nel caso di specie il
procedimento  analogico  di  cui all'art. 12 delle disposizioni sulla
legge  in  generale,  posto che la fattispecie del disconoscimento di
paternita',  all'interno  della  quale  la norma di cui all'art. 274,
comma  4,  c.c.  ammette la nomina di un curatore speciale in caso di
premorienza   del   presunto   padre   o   madre  o  figlio,  non  e'
sovrapponibile,   quanto   a   principi  ispiratori  ed  a  strumenti
applicativi, alla dichiarazione giudiziale di paternita' o maternita'
naturale  ex art. 269 c.c. e non sussiste, quindi, il requisito della
eadem ratio.
   L'applicazione analogica, secondo il giudice di Milano, non poteva
essere utilizzata nella fattispecie in esame, in relazione alla quale
non  sussisterebbe alcuna lacuna normativa, bensi' una diversa scelta
del  legislatore  codicistico  che  ammette  la nomina di un curatore
speciale  per  l'azione  di  disconoscimento di paternita' in caso di
premorienza  del  legittimato passivo (art. 274, comma 4, c.c.) e non
l'ammette,  invece,  in alcuna ipotesi per l'azione di riconoscimento
di paternita' (art. 276 c.c.).
   La Corte costituzionale, con ordinanza del 10 luglio 2006, n. 319,
ha  dichiarato  la  manifesta  inammissibilita'  della  questione  di
legittimita'  costituzionale sollevata, in riferimento agli artt. 3 e
24  della  Costituzione,  dal  Tribunale  di Milano, sotto il profilo
della  rilevanza  nel  giudizio  a  quo,  avendo  lo  stesso  giudice
remittente  dichiarato,  con sentenza, l'inammissibilita' dell'azione
di   dichiarazione   giudiziale   di   paternita'   per   carenza  di
legittimazione  passiva  dei  soggetti  convenuti  ed,  in ogni caso,
avendo   la   sentenza   stessa  individuato  i  legittimati  passivi
dell'azione di cui all'art. 269 cod. civ. nel presunto genitore o, in
mancanza di lui, nei suoi eredi diretti.
   Come  gia'  anticipato,  anche  questo  Collegio  ritiene  che  la
formulazione  dell'art.  276  c.c.,  nella  parte  in  cui  limita la
determinazione  dei soggetti passivamente legittimati nell'azione per
la  dichiarazione  giudiziale  di  paternita'  al genitore ed ai suoi
eredi  senza  ammettere,  in  caso  di  morte  di  tali  soggetti, la
possibilita'  della  nomina  di  un  curatore  speciale  nominato dal
giudice,  si  ponga  in  contrasto con il principio di cui all'art. 3
Cost.,  poiche'  determina  una disparita' di trattamento, rispetto a
fattispecie  simili  (quale appunto l'azione di disconoscimento della
paternita)  e  si ponga altresi' in contrasto con il principio di cui
all'art.  24  Cost.  in  quanto  pone limiti alla possibilita' di far
valere  in  giudizio  il riconoscimento della paternita' o maternita'
naturale.
   Tuttavia, occorre preliminarmente verificare se, di fronte al dato
meramente   letterale   della   norma,   sia  possibile  tentare  una
ricostruzione  sistematica  dell'istituto che ne consenta una diversa
interpretazione,  avendo  il  giudice l'onere di sperimentare letture
alternative della disposizione impugnata, ricavandole dai principi, e
motivare,  quindi,  sull'impossibilita'  di  interpretare la norma in
senso conforme alla Costituzione, anche alla luce del diritto vivente
(cfr.  ordinanze della Corte costituzionale n. 427 e n. 420 del 2005;
n. 57 e n. 306 del 2006).
   Sul   punto,   occorre  premettere  che  le  sezioni  unite  della
Cassazione,  con  la  sentenza  n. 21287 del 2005, hanno affermato il
principio per cui contraddittori necessari, passivamente legittimati,
in  ordine  alla  azione  per  dichiarazione giudiziale di paternita'
naturale  sono,  ex  art.  276  c.c.,  in caso di morte dal genitore,
esclusivamente  i  «suoi eredi», e non anche gli eredi degli eredi di
lui  od  altri soggetti, comunque portatori di un interesse contrario
all'accoglimento  della  domanda,  cui e' invece riconosciuta la sola
facolta'   di   intervenire  in  giudizio  a  tutela  dei  rispettivi
interessi.
   Nel  richiamare  le fasi del contrasto esegetico, le sezioni unite
hanno  ricordato  come, in linea con la dottrina dominante, la Corte,
con  la  sentenza  n. 1693  del  17  febbraio  1987,  abbia  ritenuto
estensibile la legittimazione passiva, in ordine all'azione in esame,
unicamente agli eredi, diretti ed immediati, del preteso genitore.
   L'opzione  interpretativa della citata sentenza del 1987 era stata
motivata   alla   luce  dell'esame  del  dato  letterale  (avendo  il
legislatore  usato il termine tecnico «i suoi eredi» ed avendo omesso
l'indicazione   degli   «aventi   causa»),   ed   era  stata  desunta
dall'estraneita', nella dichiarazione giudiziale richiesta in caso di
morte  del presunto genitore, di finalita' esclusivamente successorie
(dalla  quale  passa  derivare  un  ampliamento  della  categoria dei
legittimati  passivi  in  funzione  della  loro  qualita' di soggetti
aventi interessi patrimoniali contrari) ed, infine, anche dalla ratio
della norma in questione, diretta a consentire all'attore una agevole
individuazione   dei   soggetti  contro  i  quali  proporre  l'azione
(diversamente  da  quanto si sarebbe viceversa prospettato in ipotesi
di  estensione  della  legittimazione  passiva  ai parenti, anche non
eredi, del defunto).
   Tale  orientamento  era  stato  successivamente  confermato  dalle
sentenze  n. 9829/1990,  n. 8915/1993,  n. 10171/1993,  n. 3143/1994,
n. 3111/1996 e n. 12187/1997.
   Il  contrasto  giurisprudenziale  era  nato -  hanno  ricordato le
sezioni unite - con la successiva pronunzia della Corte di cassazione
n. 9033/1997,  la  quale  aveva  osservato  che  gli eredi dell'erede
avrebbero, o potrebbero avere, rilevantissime ragioni per essere resi
edotti   dell'azione   esercitata   per   ottenere  la  dichiarazione
giudiziale di paternita' o maternita' e, per altro verso; le asserite
difficolta'  d'individuare  i  legittimati  passivi potrebbero essere
superate  con  gli  strumenti che il sistema processuale appresta per
superare  gli effettivi ostacoli determinati dalla mancata conoscenza
della residenza o del domicilio dei legittimati passivi.
   Tale  contrasto,  in  seno alle sezioni della Cassazione, e' stato
risolto   dalla   citata   pronuncia   con  la  riaffermazione  della
interpretazione  che  identifica  unicamente  negli eredi del preteso
genitore i soggetti passivamente legittimati rispetto alla domanda di
riconoscimento  di  cui  all'art.  269  c.c.,  in  caso  di morte del
genitore medesimo.
   Affermato   come   diritto  vivente  tale  principio,  occorre  di
conseguenza  verificare,  attraverso  l'esame  della  norma contenuta
nell'art.  276  c.c.,  se,  nel caso di intervenuta morte del preteso
genitore  e  di  tutti  i suoi eredi, l'azione si consumi e non siano
possibili  letture  alternative  della disposizione in senso conforme
alla   Costituzione;   ovvero  se  la  norma  possa  essere,  invece,
interpretata  ammettendo che l'azione possa proporsi nei confronti di
un curatore nominato dal giudice, analogamente a quanto gia' previsto
dall'ultimo  comma  dell'art.  247 c.c., ai fini della proponibilita'
dell'azione  di  disconoscimento  della  paternita',  nella parallela
ipotesi  di  gia'  intervenuta morte del presunto padre e di mancanza
dei  litisconsorti  necessari  indicati  nel  comma primo della norma
stessa.
   A  tale  riguardo,  deve ritenersi condivisibile l'interpretazione
della  norma  offerta dalla richiamata pronuncia delle sezioni unite,
la   quale  non  si  e'  limitata  a  sancire  l'interpretazione  che
identifica  unicamente  negli  eredi  del preteso genitore i soggetti
passivamente  legittimati,  ma ha espressamente ritenuto che, in tale
ipotesi,  l'azione in esame si consumi e, pur in presenza di esigenze
di  tutela  dell'interesse del figlio naturale all'accertamento della
genitorialita', non sia ammissibile la nomina di un curatore nominato
dal  giudice  se  non in forza di un intervento legislativo ovvero di
una pronunzia additiva della Corte costituzionale.
   A  favore  di  tale scelta interpretativa depone l'inequivoco dato
letterale  che  riporta  solo  il  termine  tecnico «i suoi eredi» (a
differenza   di   quanto  espressamente  previsto  dall'ultimo  comma
dell'art.  247  c.c. che comprende tra i legittimati passivi anche il
curatore   nominato   dal  giudice),  ne'  si  puo'  ritenere,  anche
nell'ambito di una interpretazione estensiva, che la norma dettata in
materia  di  azione di disconoscimento sia connessa, sotto un profilo
ermeneutico,  a  quella  in materia di dichiarazione giudiziale della
paternita' e maternita' naturale.
   Ne',  infine,  in  presenza di una precisa scelta del legislatore,
puo'  ritenersi  sussistente una lacuna normativa, colmabile mediante
un procedimento analogico.
   In  presenza  della  richiamata  opzione  interpretativa,  occorre
quindi  verificare  se  la  questione  di legittimita' costituzionale
della norma in esame non sia manifestamente infondata.
   A  tale  fine, si deve richiamare la giurisprudenza costituzionale
che,  gia'  con  la  sentenza  n. 70  del 1965, mise in evidenza, con
riguardo  all'art. 30 Cost., come la ricerca della paternita' dovesse
essere  considerata  una  forma  fondamentale di tutela giuridica dei
figli  nati  fuori  del  matrimonio, ed ha recentemente confermato la
rilevanza   costituzionale   della  tutela  di  diritti  fondamentali
attinenti allo status e alla identita' biologica (sentenze n. 112 del
1997 e n. 50 del 2006).
   Conseguentemente,  in  tema  di  filiazione,  la  Corte  nella sua
attivita'  adeguatrice  ha sempre privilegiato il favor veritatis, in
funzione  di un'imprescindibile esigenza di certezza ed in attuazione
del  diritto  della  persona di uno stato corrispondente alla realta'
biologica.
   L'identita'    biologica,    infatti,   costituisce   un   aspetto
fondamentale dell'individuo contribuendo, al pari di altri fattori, a
formarne la personalita'.
   Proprio   in   ragione  di  tale  incondizionata  rilevanza,  deve
ritenersi  che il diritto ad accertare la propria identita' biologica
non si consumi neanche dopo il decesso dei genitori e dei loro eredi;
ne',  nella  fattispecie  in  esame,  sembra porsi alcuna esigenza di
compatibilita'  con i diritti della famiglia legittima (cfr. art. 30,
terzo  comma,  Cost.)  ovvero delle posizioni soggettive dei genitori
(cosi'  come  invece  nella  fattispecie,  esaminata  dalla  sentenza
n. 425/2005 della Corte costituzionale, relativa alla possibilita' di
autorizzare  l'adottato  all'accesso  alle informazioni sulle origini
senza  avere  previamente verificato la persistenza della volonta' di
non essere nominata da parte della madre biologica).
   In  conclusione,  nell'azione  per  la dichiarazione giudiziale di
paternita', l'esclusione della possibilita' per il legittimato attivo
di  chiedere  la  nomina di un curatore speciale in caso di morte dei
soggetti  legittimati  passivi,  sembra  a  questo tribunale porsi in
contrasto  con  il  principio  di  cui all'art. 3 della Costituzione,
poiche'   determina   una  irragionevole  disparita'  di  trattamento
rispetto  a  posizioni soggettive simili, come quella del legittimato
attivo all'azione di disconoscimento della paternita'.
   Sotto  altro  (ma  connesso) profilo, la scelta del legislatore di
non  prevedere la nomina del curatore speciale nel disposto dell'art.
276   c.c.,  si  risolve -  ad  avviso  di  questo  giudice -  in  un
sostanziale  e  definitivo  impedimento  all'esercizio del diritto di
azione  garantito  dall'art.  24  della Costituzione, in relazione ad
azioni volte alla tutela di diritti fondamentali attinenti, come gia'
ricordato, allo status e alla identita' biologica.
   Infatti,  la  mancata  previsione  della  nomina  del curatore, in
presenza  dell'opzione  interpretativa richiamata, e' suscettibile di
determinare  l'impossibilita'  di  esercitare un diritto fondamentale
attinente alla propria identita' biologica.
   Cio' premesso in ordine alla non manifesta infondatezza, non vi e'
dubbio  che,  nell'odierno  procedimento, sussista anche il requisito
della  rilevanza  della questione stessa, ai sensi dell'art. 23 della
legge  11  marzo  1958, n. 87, essendo parte in causa il curatore nei
cui  confronti  la  domanda  sarebbe  improponibile senza l'eventuale
pronuncia  additiva  della  Corte  costituzionale  ed  essendo  stato
accertato  come  nella  fattispecie  in  esame  non possano ritenersi
ancora  in  vita eredi del presunto genitore Efisio Tronci: cosicche'
il  giudizio  dovrebbe  essere  definito  con  una  mera pronuncia di
inammissibilita',  senza  poter  giungere  alla  sua  conclusione  di
merito.
                              P. Q. M.
   Ritenutane  la rilevanza, dichiara non manifestamente infondata la
questione di legittimita' costituzionale dell'art. 276, comma 1, c.c.
nella  parte  in  cui  non prevede la possibilita' della nomina di un
curatore   speciale   nei   cui   confronti  promuovere  l'azione  di
dichiarazione   giudiziale   di   paternita'   naturale  in  caso  di
premorienza  del  presunto padre e degli eredi, per contrasto con gli
artt. 3 e 24 della Costituzione.
   Dispone  la  sospensione  del  giudizio e l'immediata trasmissione
degli atti alla Corte costituzionale.
   Dispone  che  la  presente  ordinanza sia notificata, a cura della
cancelleria,  alle  parti  costituite  ed  al  pubblico ministero, al
Presidente del Consiglio dei ministri, al Presidente del Senato della
Repubblica ed al Presidente della Camera dei deputati.
   Cosi'  deciso  in  Cagliari,  in  Camera  di  consiglio in data 20
novembre 2007.
                       Il Presidente: Pisotti
                                           Il giudice relatore: Latti