N. 150 ORDINANZA (Atto di promovimento) 3 maggio 2007

Ordinanza  del  3  maggio  2007  emessa  dalla Commissione tributaria
regionale  della  Sicilia  -  Sezione staccata di Catania sul ricorso
proposto da Castelli Fulvio contro Agenzia delle Entrate - Ufficio di
Catania 1 ed altra

Imposte  e tasse - Imposta sul valore aggiunto (I.V.A.) - Rimborso di
  credito  d'imposta  - Mancato esercizio dell'opzione per differenti
  regimi  di  determinazione  dell'imposta  o  di  regimi contabili -
  Sopravvenuta   norma   di   interpretazione   autentica  -  Opzione
  desumibile  da  comportamenti  concludenti del contribuente o dalle
  modalita'  di  tenuta delle scritture contabili - Applicabilita' ai
  comportamenti  concludenti  tenuti  dal  contribuente anteriormente
  alla  data  di  entrata  in  vigore  della normativa sopravvenuta -
  Divieto  di  restituzione di imposte, soprattasse e pene pecuniarie
  gia' pagate - Denunciata violazione del principio di uguaglianza.
- Legge 21 novembre 2000, n. 342, art. 4.
- Costituzione, art. 3.
(GU n.21 del 14-5-2008 )
                 LA COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE
   Ha  emesso la seguente ordinanza sull'appello n. 512/06 depositato
il 18 febbraio 2006:
     avverso  la  sentenza  n. 226/02/1995  emessa  dalla Commissione
tributaria  provinciale  di  Catania contro Agenzia Entrate - Ufficio
Catania  1,  proposto dal ricorrente Castelli Fulvio, rappresentato e
difeso da se stesso, via Etnea n. 205 - 95100 Catania; terzi chiamati
in  causa:  A.P.O.C.  -  Associazione  Produttori Olivicoli Catanesi,
presidente  e leg. rappr. sig. Giuseppe Galati, via Vittorio Emanuele
n. 307 - 95047 Paterno' (Catania);
     avverso  la  sentenza  n. 673/02/1997  emessa  dalla Commissione
tributaria  provinciale  di  Catania contro Agenzia Entrate - Ufficio
Catania  1,  proposto dal ricorrente Castelli Fulvio, rappresentato e
difeso da se stesso, via Etnea n. 205 - 95100 Catania; terzi chiamati
in  causa A.P.O.C.  -  Associazione  Produttori  Olivicoli  Catanesi,
presidente  e leg. rappr. sig. Giuseppe Galati, via Vittorio Emanuele
n. 307 - 95047 Paterno' (Catania);
     avverso  la  sentenza  n. 674/02/1997  emessa  dalla Commissione
tributaria  provinciale  di  Catania contro Agenzia Entrate - Ufficio
Catania n. 1, proposto dal ricorrente Castelli Fulvio rappresentato e
difeso da se stesso, via Etnea n. 205 - 95100 Catania; terzi chiamati
in  causa  A.P.O.C.  -  Associazione  Produttori  Olivicoli Catanesi,
presidente  e leg. rappr. sig. Giuseppe Galati, via Vittorio Emanuele
n. 307 - 95047 Paterno' (Catania).
   Atti  impugnati:  proc.verbale + avviso rettifica n. 606587/95 IVA
1991;  proc. verbale + avv. irrog. sanzioni n. 606567/95 I.V.A. 1990;
diniego rimb. I.V.A. 1990.
   «L'Associazione  Produttori  Olivicoli Catanesi - A.P.O.C.», nella
dichiarazione  IVA  relativa  al  1988  esponeva  un  credito di lire
489.826.000  che  riportava nell'anno successivo. Nella dichiarazione
relativa al 1989 i1 credito IVA ammontava lire 840.678.000.
   Tale  credito  si  era  formato perche' l'A.P.O.C, nei due periodi
d'imposta 1988 e 1989, aveva costruito una centrale per lo stoccaggio
dell'olio.
   Nella  dichiarazione  relativa  al  1990,  il  credito IVA  veniva
esposto per lire 853.772.000, di cui 800.000.000 chiesti a rimborso e
53.772; 000 rinviati in detrazione per l'anno successivo.
   Nella  dichiarazione  relativa al 1991, il credito IVA ammontava a
lire  61.155.000, di cui 11.150.000.000 chiesti a rimborso e rinviati
in detrazione per l'anno 1992.
   L'Ufficio IVA  di  Catania, con atto del 1° agosto 1994, negava il
rimborso  di  lire 800.000.000, perche' l'A.P.O.C., non avendo optato
per  il regime normale, era rimasta nell'ambito da regime agricolo di
cui  all'art.  34  del d.P.R. n. 633/1972 (detrazione forfetizzata in
misura  pari  all'importo risultante dalla applicazione all'ammontare
delle cessioni delle percentuali di compensazione).
   L'A.P.O.C.  proponeva  ricorso  avverso  detto atto di diniego. La
C.T.P.  di  Catania,  con  sentenza  n. 226/1995 del 7 marzo 1995, lo
accoglieva  ritenendo  che  l'Associazione,  con il suo comportamento
concludente,  avesse  espresso  chiaramente  l'intenzione  di  volere
operare nell'ambito del regime ordinario.
   L'Ufficio    IVA,    inoltre,   notificava   all'Associazione   un
provvedimento  con  il quale rettificava la dichiarazione relativa al
1991  ed  un  altro  provvedimento  con il quale irrogava le sanzioni
pecuniarie.
   Impugnati  dall'Associazione  questi due provvedimenti, i relativi
ricorsi  venivano  entrambi  accolti  dalla  C.T.P.  di  Catania  con
sentenza  n. 673  del  2-12  dicembre 1997 e sentenza n. 674 del 2-16
dicembre  1997,  perche' l'A.P.O.C. aveva effettuato l'opzione di cui
all'art.  34  del  d.P.R  n. 633/1972,  entro  il termine di sessanta
giorni  dall'entrata in vigore dell'art. 3, comma 125, della legge 28
dicembre 1995, n. 549.
   A  seguito  della  sentenza favorevole n. 674/02/1997, relativa al
ricorso contro la rettifica IVA anno 1991, l'A.P.O.C. cedeva all'avv.
Fulvio  Castelli  il  credito di lire 62.238.357, costituito per lire
50.000.000  dall'IVA  a  suo  tempo  chiesta  a  rimborso,  piu'  gli
interessi  di  mora  quantificati,  al  31  dicembre  1998,  in  lire
12.238.357.
   Il  predetto credito veniva ceduto pro-solvendo, per l'adempimento
dell'obbligazione   assunta  dall'A.P.O.C.  nei  confronti  dell'avv.
Fulvio  Castelli  per  le  prestazioni  professionali  rese  a favore
dell'Associazione.
   Le   suddette  sentenze  226/1995,  673/1997,  674/1997,  venivano
appellate dall'Ufficio.
   La  C.T.R.  di  Palermo,  dopo  avere disposto la riunione dei tre
procedimenti, con sentenza n. 95/12/00 del 24 giugno 2000, depositata
il  24  luglio  2000,  rigettava  l'appello  dell'Ufficio  contro  la
sentenza  n. 226/1995  (diniego  del  rimborso di lire 800.000.000) e
l'appello  contro  la  sentenza  n. 673/1997 (sanzioni per il periodo
d'imposta   1990),   in  quanto  l'A.P.O.C.  relativamente  al  1990,
avvalendosi  della  legge  n. 549/1995,  aveva  optato  per il regime
normale. Invece, accoglieva l'appello dell'Ufficio contro la sentenza
n. 674/1997  (diniego  del  rimborso  di  lire  50.000.000),  perche'
l'Associazione  aveva  omesso  l'opzione  per  l'anno  1991,  a nulla
rilevano il comportamento concludente previsto dal d.P.R. 10 novembre
1997, n. 442, valevole solo per l'avvenire e non per il passato.
   Avverso  detta  sentenza  l'avv. Fulvio Castelli proponeva ricorso
per  Cassazione  limitatamente  alla  parte  in  cui  la C.T.R. aveva
confermato  l'avviso  di accertamento n. 606587/95, con cui l'Ufficio
IVA aveva disconosciuto all'A.P.O.C. il diritto (e, quindi, anche nei
confronti di se stesso quale cessionario del credito), al rimborso di
lire 50.000.000, oltre gli interessi.
   L'avv.  Castelli,  con  il  primo  motivo,  eccepiva il diritto al
rimborso,  trattandosi  di credito IVA riguardante l'acquisto di beni
strumentali  (centrale di stoccaggio di olio) e, quindi, rimborsabile
indipendentemente dall'opzione per il regime normale.
   Con  il  secondo  motivo sosteneva di avere il diritto al rimborso
per  l'efficacia  retroattiva  dell'art. 1 del d.P.R n. 442/1997, che
faceva   dipendere   i  regimi  di  determinazione  dell'imposta  dai
comportamenti concludenti dei contribuenti, con efficacia retroattiva
confermata  non  solo dal costante orientamento giurisprudenziale, ma
soprattutto riconosciuta dalla legge n. 342 del 21 novembre 2000 che,
interpretando   l'art.   1   del   d.P.R  n. 442/1997,  ne  estendeva
l'applicabilita'   anche  ai  comportamenti  concludenti  tenuti  dal
contribuente anteriormente alla data di entrata in vigore del decreto
n. 442/1997.  Precisava,  poi,  che  se  la  S.C. avesse interpretato
l'ultima  parte  dell'art.  4  della  legge  n. 342/2000  come  norma
innovativa  e,  pertanto, non applicabile retroattivamente al periodo
d'imposta  1991,  riteneva  necessaria  sottoporre  la questione alla
Corte  costituzionale per violazione degli articoli 53, 3, e 24 della
Costituzione.  Lamentava,  poi,  la contraddittorieta' della sentenza
impugnata  nel  punto  in  cui  i  giudici d'appello davano rilevanza
all'opzione  per  il  regime IVA ordinario con riferimento al periodo
d'imposta  1990, sulla base del fatto che i presupposti impositivi si
erano  verificati  negli  anni  1988  e  1989, mentre la negavano per
l'anno  1991,  pur  provenendo  il  credito  di lire 50.000.000 dagli
stessi presupposti verificatisi nel biennio 1988-1989.
   Per questi motivi chiedeva che la sentenza impugnata fosse cassata
limitatamente  alla  parte  accolta  dall'appello.  Con  atto  del 19
gennaio  2001,  l'A  F.  e  l'Agenzia  delle  Entrate  di  Catania si
costituivano  in  giudizio al solo fine di partecipare all'udienza di
discussione.
   La   Cassazione,  con  sentenza  n. 12368/5  del  6  aprile  2005,
dichiarava  inammissibile  il  primo  motivo,  secondo cui l'A.P.O.C.
avrebbe  avuto  diritto  al  rimborso,  a  prescindere dall'esercizio
dell'opzione  per  il  regime  normale,  perche'  l'imposta a credito
derivava  principalmente dalla costruzione di bene ammortizzabile, ex
art,  30,  lettera  c), terzo comma del d.P.R. n. 633/1972, in quanto
motivo eccepito soltanto con il ricorso per cassazione.
   Accoglieva,  invece,  il secondo motivo, secondo cui l'opzione per
il  regime  normale  emergeva  dal comportamento concludente adottato
dall'Associazione,  per  l'applicabilita'  dell'art.  4  della  legge
n. 342/2000   anche   ai   comportamenti   tenuti   dai  contribuenti
anteriormente alla data di entrata in vigore del decreto n. 442/1997,
considerata  l'indiscussa natura interpretativa del suddetto articolo
4.
   Di   conseguenza,   dichiarava   inammissibile  il  primo  motivo,
accoglieva  il  secondo  motivo  e,  ritenendo  assorbiti  gli altri,
cassava  la  decisione impugnata, rinviando la causa ad altra sezione
della   C.T.R.  per  la  Sicilia,  con  il  compito,  ricorrendone  i
presupposti,  di valutare anche l'ammissibilita' e la rilevanza della
questione  di  costituzionalita' prospettata dall'avv. Castelli, e di
pronunciarsi pure sulle spese.
   Con  atti  notificati  il  14 febbraio 2006 e il 16 febbraio 2006,
rispettivamente  all'Agenzia delle Entrate di Catania e all'A.P.O.C.,
l'avv.  Fulvio Castelli propone ricorso in riassunzione, chiedendo la
conferma  delle  sentenze della C.T.P. n. 673 e n.674, del 2 dicembre
1997  e  della decisione n. 226/02/1995 del 7 marzo 1995 per le parti
impugnate  per  le  quali  non  si  era  ancora formato il giudicato;
l'annullamento   del  P.V.C.  e  del  relativo  avviso  di  rettifica
n. 606587/95, nonche' delle sanzioni irrogate ed, infine, di disporre
il  rimborso del credito IVA 1991, piu' interessi, con vittoria delle
spese. Produce memoria illustrative.
   L'Agenzia  delle  Entrate  di  Catania, costituendosi in giudizio,
eccepisce  la  preclusione  del  diritto al rimborso per l'annualita'
1991,   con   conseguente   rigetto   della  richiesta  avanzata  dal
ricorrente, per effetto dell'art. 4 della legge n. 342/2000 e chiede,
in  conclusione,  la  riforma  della sentenza n. 674/02/97, oppure il
rigetto  del  ricorso  della parte, e la compensazione delle spese di
giudizio, stante la complessita' della controversia.
   Nell'udienza  del 9 novembre 2006, l'avv. Castelli deposita avviso
di  ricevimento  relativo  alla  notifica  dell'atto  di riassunzione
eseguito nei confronti dell'A.P.O.C.
   La  Commissione,  rilevata  l'omessa comunicazione della seduta di
trattazione  all'A.P.O.C.,  con  ordinanza n. 188/17/06, rinvia al 28
dicembre    2006,    disponendo    che    sia    data   comunicazione
all'Associazione.
   Nell'udienza del 28 dicembre 2006, udito l'avv. Fulvio Castelli e,
per l'Ufficio, il dott. Grasso, assente l'A.P.O.C., la Commissione si
riserva di decidere. La riserva e' sciolta il 25 gennaio 2007.
   Al  fine  di  chiarire  i  termini della presente controversia, si
ritiene  opportuno  ricordare  i contenuti delle leggi invocate dalle
parti:
     1)  l'articolo  3,  comma  125,  della  legge  28 dicembre 1995,
n. 549,  dispone  che  per  i periodi d'imposta chiusi al 31 dicembre
1994   i   produttori   agricoli   che  non  avessero  effettuato  la
comunicazione  di  cui all'art. 34 del d.P.R. n.. 633/1972, avrebbero
potuto  effettuare l'opzione per il regime normale, con riferimento a
ciascun  periodo  d'imposta e a condizioni che avessero osservato gli
obblighi  di  cui  al titolo II del d.P.R n. 633/1972, entro sessanta
giorni dalla data di entrata in vigore della legge;
     2)  l'  articolo  1  del  d.P.R.  n. 442  del  10  novembre 1997
stabilisce il principio in forza del quale: «l'opzione e la revoca di
regimi  di  determinazione  dell'imposta  o  di  regimi contabili, si
desumono  dai  comportamenti  concludenti  del  contribuente  o dalle
modalita' di tenuta delle scritture contabili».
     3)  l'articolo  4  della  legge  n. 342  del  21  dicembre  2000
stabilisce,  con  norma  interpretativa che «l'opzione e la revoca di
regimi  di  determinazione  dell'imposta  o  di  regimi contabili, si
intende  applicabile  anche  ai  comportamenti concludenti tenuti dal
contribuente  anteriormente alla data di entrata in vigore del citato
decreto  n. 442 del 1997». Stabilendo, pero', nell'ultimo periodo che
«Non  si  fa  luogo  a  restituzione  di  imposte, soprattasse e pene
pecuniarie  gia'  pagate». La suprema Corte, con la sentenza n. 12368
del  6  aprile 2005, annullando la decisione n. 95/12/00 della C.T.R.
di  Palermo, emessa il 24 giugno 2000, nel rinviare la causa ad altra
sezione   della  Commissione  tributaria  regionale  di  Palermo,  ha
riaffermato  (in  conformita'  a quanto in precedenza statuito con le
sentenze  n. 6886  del  21  maggio 2001, n. 11270 del 27 agosto 2001,
n. 11411  del  5  settembre  2001,  n..  11512 del 7 settembre 2001),
l'applicabilita'  retroattiva del principio enunciato dall'art. 1 del
d.P.R.  n. 442/1997, ed ha assegnato ai giudici del rinvio il compito
di  esaminare,  ricorrendone  i  presupposti,  l' ammissibilita' e la
rilevanza  della questione di costituzionalita' prospettata dall'avv.
Castelli.
   Cio'  premesso,  questo  Collegio  giudicante conferma le sentenze
n. 226/1995  del  7 marzo 1995 e n. 673 del 2-12 dicembre 1997 emesse
dalla  C.T.P.  di Catania, avendo l'A.P.O.C. effettuata l'opzione per
il  regime  normale  entro i sessanta giorni dalla data di entrata in
vigore della legge n. 549/1995.
   In merito alla sentenza n. 674 del 2 dicembre 1997 della C.T.P. di
Catania,  ritiene  che  la  controversia verta su due punti: il primo
riguardante   il   riconoscimento   o  no  del  credito IVA  di  lire
61.155.000,  di cui 50.000.000 chiesti a rimborso; il secondo se, una
volta  riconosciuto  legittimo  tale credito, esso sia rimborsabile o
non  rimborsabile alla luce dell'ultimo periodo dell'articolo 4 della
legge n. 342/2000.
   Riguardo  alla  prima  questione,  questo Collegio, in forza della
legge   n. 342/2000,   riconosce   l'applicabilita'  retroattiva  del
principio  enunciato  dall'art.  l  del  d.P.R.  n. 442/1997, essendo
rilevante   unicamente   il   comportamento  concludente  tenuto  del
contribuente  ai  fini della determinazione dell'imposta. Nel caso in
specie,   avendo   l'A.P.O.C.,  sin  dall'inizio  del  1991,  operato
nell'ambito  del  regime  normale  di determinazione dell'imposta, il
credito  Iva  di  lire  61.155.000  relativo  a tale anno deve essere
definitivamente  riconosciuto  e, di conseguenza, si annulla l'avviso
di rettifica n. 606587/95.
   Riguardo alla seconda questione concernente la rimborsabilita' del
credito IVA   di   lire   50.000.000   (riconosciuto  definitivamente
esistente in virtu' di quanto deciso, con conseguente caducazione del
disconoscimento  di  esso  correlato alla mancata opzione formale nei
termini  di  legge),  questo  Collegio,  al di la' della questione se
l'ultimo  periodo  dell'art.  4  della  legge  n. 342/2000  ha natura
interpretativa,   come   prospettato   dall'avv.   Castelli,   oppure
innovativa, ritiene che l'ultimo periodo dell'art. 4 della piu' volte
menzionata  legge  n. 342/2000, precluda, comunque, nei confronti dei
contribuenti  che abbiano omesso, nei termini di legge, di effettuare
l'opzione  per  un dato regime di determinazione dell'IVA o di regimi
contabili,  qualsiasi rimborso di imposte, sanzioni e pene pecuniarie
gia' pagate, in quanto si limita a riconoscere, anche per il passato,
il  comportamento  concludente  da  loro  tenuto,  negando, pero', il
diritto  alla  restituzione  di  somme  pagate in conseguenza di tale
comportamento.
   Riguardo a tale questione, il Collegio rileva che l'ultimo periodo
dell'art.  4  della  legge  n. 342/2000  non sia conforme ai principi
della  Costituzione,  in  quanto  in contrasto con l'articolo 3 della
Carta,  essendo evidente la disparita' di trattamento tra il soggetto
che  abbia  formalmente  optato,  nei  termini  di legge, per un dato
regime di determinazione dell'imposta ed il soggetto che abbia scelto
lo  stesso  regime  non attraverso una formale opzione, ma tramite un
comportamento  concludente,  pienamente  legittimo dal momento che la
legge  n. 342/2000,  ha riconosciuto efficacia retroattiva all'art. 1
del  d.P.R.  n. 442/1997 il quale, oltretutto, con l'introduzione del
principio del comportamento udente, ha soppresso l'opzione preventiva
per i vari regimi di determinazione dell'imposta.
   La stessa Corte costituzionale con sentenza n. 416 dell'11 ottobre
2000,  in  merito  ai  benefici  fiscali per l'acquisto della casa di
abitazione,   ha   dichiarato   costituzionalmente   illegittimo  per
contrasto  con  l'articolo  3 della Costituzione, l'articolo 7, comma
10,  della  legge 23 dicembre 1998, n. 448, limitatamente alle parole
«e  non  danno luogo a rimborso», in quanto tale disposizione avrebbe
comportato  che chi si fosse opposto all'azione di recupero da' parte
dell'Ufficio  delle  imposte  normali  (avendo  gia'  il contribuente
usufruito  delle  agevolazioni relative alla casa di abitazione), non
sarebbe  stato  piu'  obbligato all'effettuazione di alcun pagamento,
mentre  chi  avesse  gia'  pagato non avrebbe avuto il diritto, senza
l'intervento  della  Corte costituzionale, al riconoscimento di alcun
rimborso.
   In conclusione, il Collegio ritiene che l'ultima parte dell'art. 4
della legge n. 342/2000, riconoscendo il diritto al rimborso dell'IVA
a  credito derivante dalla dichiarazione annuale solo ai contribuenti
che    avessero   formalmente,   nei   termini   di   legge,   optato
preventivamente  per  il  regime  normale,  negandolo,  invece, a chi
avesse  espresso  l'opzione  con il comportamento concludente assunto
precedentemente  alla data di entrata in vigore del d.P.R. n. 442 del
10   novembre   1997,  violi  il  principio  di  uguaglianza  di  cui
all'articolo 3 della Costituzione.
   Infatti,  si  considerino  due  contribuenti  operanti nel settore
agricolo  che  con  la  dichiarazione IVA  relativa  al 1991 chiedano
entrambi  il  rimborso  dell'eccedenza d'imposta. Il contribuente che
abbia formalmente e preventivamente optato per il regime normale, ove
non  vi  siano  altri  motivi  di  diniego,  otterrebbe  il  rimborso
dell'eccedenza  IVA, mentre l'altro contribuente, pur avendo espresso
con  il  proprio  comportamento  concludente,  tenuto fin dall'inizio
dell'esercizio,  di  volere  operare nell'ambito del regime ordinario
IVA,  si  vedrebbe  negato,  in forza dell'ultimo periodo dell'art. 4
della  legge  n. 342/2000,  il  diritto alla restituzione della somma
pagata, come, del resto, nel caso de quo, sostiene l'Ufficio.
   Tutto  cio'  premesso,  ritiene  il  Collegio  che rilevante e non
manifestamente   infondata   appare   la  questione  di  legittimita'
costituzionale  dell'art. 4, legge n. 342/2000, ultimo periodo, nella
parte in cui sancisce che «non si fa luogo a restituzione di imposte,
soprattasse e pene pecuniarie gia' pagate» per contrasto con l'art. 3
della Costituzione.
   Ed,  invero, per quanto attiene alla rilevanza della questione nel
procedimento  in  esame,  osserva  la  Commissione  che  essa  incide
inequivocabilmente sul diritto al rimborso del credito IVA 1991 fatto
valere  dall'avv.  Castelli,  che  il  dato normativo in questione in
maniera incontrovertibile esclude.
   La  non  manifesta  infondatezza  della  questione suddetta emerge
chiaramente,  a  parere  del Collegio, sulla base delle summenzionate
considerazioni    inerenti    alla    posizione    ingiustamente    e
irrazionalmente  sperequata,  con riferimento al diritto ai rimborso,
del  soggetto  che  ha  formalmente  e  preventivamente optato per il
regime  normale  e  del  soggetto  che tale opzione abbia manifestato
invece attraverso un comportamento concludente.
   Conclusivamente, ai sensi dell'art. 23, comma secondo, della legge
11  marzo 1953, n. 87, il procedimento deve essere sospeso e gli atti
rimessi alla Corte costituzionale.
                              P. Q. M.
   Dichiara  rilevante e non manifestamente infondata la questione di
legittimita'  costituzionale  dell'art.  4  della  legge n. 342/2000,
ultimo  periodo,  nella  parte in cui sancisce che «non si fa luogo a
restituzione  di  imposte, soprattasse e pene pecuniarie gia' pagate»
per violazione dell'art. 3 della Costituzione;
   Ordina  la  sospensione  del presente procedimento in attesa della
decisione della Corte costituzionale;
   Ordina  che, a cura della segreteria, ai sensi dell'art. 23, comma
quarto,  della  legge 11 marzo 1953, n. 87, la presente ordinanza sia
notificata  alle  parti  in  causa ed al Presidente del Consiglio dei
ministri,  nonche' comunicata ai Presidenti della Camera dei deputati
e del Senato;
   Ordina  che,  a  cura  della segreteria, la presente ordinanza sia
trasmessa   alla  Corte  costituzionale  insieme  con  gli  atti  del
procedimento  e  la  prova  delle  notificazioni  e  comunicazioni su
indicate.
     Cosi' deciso in Catania, il 25 gennaio 2007.
                       Il Presidente: Maiorana
                                                 Il relatore: Torrisi