N. 154 ORDINANZA (Atto di promovimento) 4 luglio - 26 novembre 2007
Ordinanza del 26 novembre 2007 emessa dal Tribunale amministrativo regionale del Lazio sul ricorso proposto da Meloni Alberto contro Azienda sanitaria locale di Viterbo ed altri Sanita' pubblica - Regione Lazio - Componenti del collegio sindacale delle ASL e delle aziende ospedaliere - Obbligo per i soggetti tenuti alla loro designazione di confermarli o di effettuare nuove designazioni entro trenta giorni dall'entrata in vigore della legge censurata - Violazione dei principi di imparzialita' e buon andamento della pubblica amministrazione. - Legge della Regione Lazio 28 aprile 2006, n. 4, art. 133, comma 5; legge della Regione Lazio 16 giugno 1994, n. 18, art. 10, come sostituito dall'art. 133 della legge della Regione Lazio 28 aprile 2006, n. 4. - Costituzione, art. 97.(GU n.22 del 21-5-2008 )
IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE Ha pronunciato la seguente ordinanza sul ricorso n. 8112/2006 R.G. proposto da Meloni Alberto, rappresentata e difesa dagli avv. Paolo Mazzoli e Anna Mazzoncini, e' elettivamente domiciliata presso il loro studio in Roma, piazza Barberini n. 52; Contro Azienda Sanitaria Locale di Viterbo, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avv. prof. Nicolo' Amato e dall'avv. Maria Cristina Pieretti, costituitasi formalmente in giudizio; la Regione Lazio, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'Avvocatura generale dello Stato; e nei confronti di Lucchetti Giovanni e Pallottini Serenella, non costituitisi in giudizio; per l'annullamento: della delibera del direttore generale della A.S.L. Viterbo n. 1069 del 15 giugno u.s. con la quale e' stato nominato il nuovo collegio sindacale per il triennio 2006/2009; del decreto del Presidente della G.R. del 26 maggio 2006, n. T0199 con cui sono stati designati i nuovi membri effettivi; Visto il ricorso ed i relativi motivi aggiunti con i relativi allegati; Viste le memorie prodotte dalla parte ricorrente; Visti gli atti di costituzione e le memorie difensive delle Amministrazioni resistenti; Visti gli atti tutti della causa; Nominato relatore alla pubblica udienza del 4 luglio 2007 il consigliere Umberto Realfonzo; e uditi l'avvocato Mazzoli per la ricorrente, l'avvocato Muolo su delega dell'avv. Pieretti per la A.S.L. resistente e 1'avv. dello Stato Cimino per la Regione Lazio. Ritenuto e considerato, in fatto e in diritto, quanto segue: F a t t o Con il presente gravame il ricorrente - gia' componente del collegio sindacale dell'Azienda sanitaria locale di Viterbo - ha impugnato la delibera del direttore generale della predetta A.S.L. che ha nominato il nuovo collegio sindacale per il triennio 2006/2009, ed il decreto del Presidente della Giunta regionale del Lazio datato 26 maggio 2006 con cui la regione ha designato due nuovi sindaci effettivi in luogo dei precedenti nominati. A) Il ricorso introduttivo e' affidato alla denuncia di due motivi di gravame; A.1) Con il primo motivo si lamenta la violazione delle norme introdotte dalla legge n. 241/1990 a garanzia del diritto di partecipazione al procedimento amministrativo: in particolare lamenta la mancata comunicazione dell'avvio del procedimento all'esito del quale e' stata rinnovata la composizione dell'organo collegiale. L'inadeguatezza dell'istruttoria si valuta qui anzitutto nella misura in cui i destinatari sono stati messi in condizione di contraddire (Cons. St., ad. plen., 15 settembre 1999, n. 14) soprattutto considerando che l'atto impugnato si configura come atto terminale di un procedimento di secondo grado e, in quanto tale, risulta destinato ad incidere negativamente sulla posizione giuridica originata dall'atto oggetto di revoca; ed, in particolare, sulla legittima aspettativa dell'interessata a portare a compimento il mandato conferitole sino alla scadenza prevista. A.2) Con il secondo motivo si deduce l'illegittimita' costituzionale della norma su cui si fonda il provvedimento, l'art. 133, comma 5, della l.r. Lazio n. 4/2006, in relazione agli articoli 3, 97 e 117 della Costituzione. L'art. 133 cit. recante nuove norme in materia di organi di controllo contabile delle aziende sanitarie ed ospedaliere prevede che, in sede di prima attuazione: gli organi in carica alla data di entrata in vigore della legge «sono rinnovati entro quarantacinque giorni» dalla medesima data; a tal fine, i soggetti tenuti alla designazione dei membri del collegio sindacale delle aziende sanitarie ed ospedaliere «provvedono alla conferma dei componenti in carica ovvero ad effettuare nuove designazioni entro il termine di trenta giorni dalla data di entrata in vigore» della predetta legge «trascorso inutilmente il quale si intendono confermati i componenti in carica». Una lettura della norma compatibile con i principi dell'ordinamento postula che la facolta' di sostituire i membri del collegio sindacale in carica, dovrebbe essere necessariamente esercitata nel rispetto delle norme vigenti in subiecta materia, e non costituire l'esercizio di una scelta arbitraria svincolata da una qualsivoglia attivita' istruttoria. Al riguardo l'articolo 3-ter, del d.lgs. n. 502/1992 (avente ad oggetto il riordino della disciplina in materia sanitaria), ed in particolare dall'articolo 10 della legge Regione Lazio n. 18/1994 (recante disposizioni per il riordino del Servizio sanitario nazionale ai sensi del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502 e successive modificazioni ed integrazioni), prevedono che la durata dell'incarico puo' essere inferiore nel solo caso in cui uno o piu' componenti del collegio vengano meno per scadenza del mandato, per dimissioni o per decadenza per mancata partecipazione a tre sedute ovvero per assenza oltre sei mesi. Una volta intervenuta la designazione da parte dell'ente competente e la successiva nomina con provvedimento del direttore generale, i singoli componenti del collegio sindacale non possono essere sostituiti, salvo in presenza di una giusta causa o per inadempienza nello svolgimento del loro mandato, in relazione alla delicatezza delle funzioni svolte e a garanzia contro eventuali pressioni da parte degli organi controllati. Si tratterebbe di un principio generale contemplato, dall'art. 2409-quater del codice civile, dall'art. 235 del d.lgs. n. 267/2000 (T.U. Enti Locali); dall'art. 3, comma 8, del d.P.R. n. 389/2001 (Statuto Anas); dall'art. 14, comma 5, del d.lgs. n. 367/1996 (Enti del settore musicale). La ricorrente, componente a pieno titolo del collegio sindacale della A.S.L. di Viterbo per il triennio 2005/2006, seppure per un breve periodo, avrebbe svolto l'incarico con la massima professionalita' e diligenza, anche e soprattutto in ragione della notevole esperienza acquisita in tale settore presso altri enti, pubblici e privati. Illegittimamente dunque sebbene non ricorresse alcuno dei presupposti per il rinnovo dei membri del collegio sindacale, la A.S.L. di Viterbo ha comunque proceduto alla modifica della sua composizione senza alcuna allegazione di obiettivi elementi di riscontro e senza alcuna motivazione. La norma transitoria di cui all'articolo 133, comma 5, della l.r. Lazio n. 4/2006 costituirebbe un dissimulato tentativo di spoil system, per il conferimento di incarichi professionali delle regioni, e si porrebbe in contrasto con gli articoli 3, 97 e 117 della Costituzione, in quanto: l'automatisino nella revoca degli incarichi violerebbe il principio di ragionevolezza e di coerenza fra fine perseguito e strumenti concretamente utilizzati perche' le procedure selettive per il conferimento dell'incarico di componente del collegio sindacale di un A.S.L. devono conformasi ai principi di buon andamento ed imparzialita' della P.A. (cfr. d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 502 e successive modificazioni ed integrazioni); l'automatismo, in quanto derogatorio della disciplina generale di cui all'articolo 2409 del codice civile sarebbe in contrasto con la riserva statale in materia di ordinamento civile di cui all'articolo 117, secondo comma, lettera i), della Costituzione (relativamente allo spoils system invoca la sentenza della Corte costituzionale n. 233 del 16 giugno 2006). A.3) Con il terzo motivo si lamenta la violazione dell'art. 21-quinquies della legge 7 agosto 1990, n. 241 (introdotto dall'art. 14 della legge 11 febbraio 2005, n. 15) in quanto, sebbene il provvedimento impugnato non contenga l'espressa formulazione della revoca dell'incarico conferito al ricorrente - limitandosi a disporre la nomina dei nuovi componenti del collegio sindacale - di fatto, esso sarebbe qualificabile in termini di ritiro, per cui comportando pregiudizi in danno degli interessati, l'amministrazione ha l'obbligo di procedere al loro indennizzo obbligo, questo, che non e' stato minimamente assolto nel caso di specie. Conclude chiedendo l'annullamento degli atti impugnati. Entrambe le due amministrazioni evocate si sono costituite in giudizio e con le rispettive memorie hanno confutato analiticamente le argomentazioni di controparte. B) Con i motivi aggiunti si riprendono sostanzialmente le precedenti censure avverso il decreto del Presidente della Regione Lazio di designazione di due nuovi membri del collegio sindacale della A.S.L. di Viterbo. A.1) Con il primo motivo aggiunto si ripropone la prima censura relativa alla violazione dell'art. 7 della legge n. 241/1990 per mancato rispetto dell'obbligo della comunicazione di avvio del procedimento di designazione dei nuovi membri del collegio sindacale. A.2) Il provvedimento impugnato risulterebbe viziato per violazione dell'ultimo comma dell'art. 133 della l.r. n. 4/2006 che non implicherebbe necessariamente il rinnovo dell'intero collegio come dimostrerebbe il fatto che la delibera di nomina del nuovo collegio sindacale, prevede tra i cinque componenti anche la dott.ssa Pastore, gia' designata dal Ministero dell'economia e delle finanze nel 2002 e «riconfermata ex art. 133, comma 5, l.r. 4/2006» (cosi' il provvedimento impugnato direttore generale della A.S.L. Viterbo n. 1069 del 15 giugno u.s). Con memoria per la discussione la difesa del ricorrente ha sottolineato le tesi sostegno delle proprie argomentazioni. All'udienza del 4 luglio 2007, uditi i patrocinatori delle parti, la causa e' stata trattenuta per la decisione. D i r i t t o 1. - Deve in via pregiudiziale rilevarsi, quanto alla giurisdizione di questo Tribunale amministrativo regionale a conoscere della presente controversia che, nel caso di specie la parte ricorrente ha impugnato i provvedimenti di nomina del collegio sindacale ed altresi' gli atti di «designazione» dei nuovi componenti ai sensi dell'art. 3, comma 13 del d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 502 e s.m.i. nella parte in cui costituiscono una determinazione di «revoca» implicita dell'incarico di componente. 1.1. - Al riguardo, si osserva che gli incarichi in questione non attengono al pubblico impiego e quindi non hanno la natura di determinazioni assunte dall'amministrazione con la capacita' e i poteri del privato datore di lavoro di cui all'art. 5, comma 2, del d.lgs. 20 marzo 2001, n. 165. La lettera del comma 10 dell'art. 3, d.lgs. n. 502 del 1992 evidenzia come tra le condizioni necessarie per la designazione e la conseguente nomina dei componenti del collegio dei revisori dei conti non risulti in alcun modo indicata la necessita' di un rapporto di impiego attivo con l'amministrazione ne' di un qualsiasi vincolo di appartenenza con la struttura deputata al controllo della spesa pubblica (cfr. Tribunale amministrativo regionale Lazio Roma, sez. III, 18 aprile 2007, n. 3380). Ne' vale a mutare tale orientamento (ma anzi lo rafforza) il rilievo per cui l'art. 3 legge n. 145/2002 ha assimilato gli incarichi presso i collegi dei revisori di enti pubblici in rappresentanza dell'amministrazione ministeriale, a «posti di funzione» presso il Ministero vigilante competente alla designazione, in quanto l'art. 8 della legge n. 3/2003, ha previsto che la stipula del contratto individuale di lavoro avvenga con il Ministero di appartenenza e non gia' presso l'ente vigilato: il che conferma che con l'A.S.L. non viene a configurarsi alcun rapporto di impiego. Pertanto, deve escludersi che la controversia possa farsi rientrare nella giurisdizione del giudice ordinario ai sensi dell'art. 63 del citato d.lgs. n. 165/2001 (gia' art. 68 del d.lgs. 1, del d.lgs. n. 29 del 1993, prima sostituito dall'art. 29 dei d.lgs. n. 80 del 1998 ed ancora modificato dall'art. 18 del d.lgs. n. 387 del 1998). 1.2. - Sempre sotto il profilo della giurisdizione, si osserva che la presente fattispecie non puo' essere ricondotta a rapporti di diritto comune. E cio' in considerazione del fatto che, la disciplina delle A.S.L. al di la' delle (oggi ricorrenti) denominazioni pseudo o para aziendalistiche, resta pur sempre collocata nell'area degli enti pubblici dipendenti dalle regioni, le quali esercitano poteri di controllo, di vigilanza e d'indirizzo delle attivita' degli organi; nominano il loro organo di vertice e, sopratutto assicurano il finanziamento dei loro bilanci. Il Collegio sindacale delle A.S.L. infatti costituisce un peculiare paradigma procedurale di tipo pubblicistico come e' dimostrato dal fatto che: il procedimento di nomina non avviene con le ordinarie modalita' di cui all'art. 2397 c.c.; l'art. 3-ter del ricordato d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 502 (introdotto con l'art. 3, d.lgs 19 giugno 1999, n. 229), al primo comma specifica le funzioni proprie del Collegio peculiari delle A.S.L., analogamente ma non identicamente alla disciplina privatistica; al quarto comma il medesimo art. 3-ter si riattribuisce al nuovo collegio sindacale delle aziende sanitarie locali e delle aziende ospedaliere tutti i precedenti riferimenti al collegio dei revisori contenuti nella normativa vigente, a dimostrazione della particolarita' delle funzioni dell'organo. Il che porta a dover del tutto negare che gli atti impugnati costituiscano mere espressioni dell'autonomia privata dell'A.S.L. di affidamento di incarichi professionali. 1.3. - Deve ancora escludersi che i provvedimenti in parola possano essere configurati come atti politici, come tali non impugnabili (o come dicono gli anglosassoni «not giusticeable») in quanto non sono certamente la traduzione, sul piano delle istituzioni, delle supreme volonta' politiche. Nella medesima scia, essendo escluso che ai membri del collegio sindacale possano essere affidati obiettivi strategici, deve anche escludersi che ci si trovi di fronte ad atti di «alta amministrazione» (quali i provvedimenti di nomina degli alti funzionari militari, diplomatici, prefettizi, di polizia, ecc.) per i quali vi e' un onere di motivazione c.d. «attenuato». Se nella dottrina amministrativa tradizionale gli atti di designazione erano inquadrati talvolta tra gli atti di propulsione procedimentale, altre volte erano avvicinati agli atti di giudizio, ed altre ancora erano ricondotti in ragione della natura vincolante o facoltativa delle stesse, alla categoria dei pareri, deve pure escludersi che ci si trovi di fronte ad un semplice atto endoprocedimentale non impugnabile, in quanto la designazione costituisce un sub-procedimento che, avendo un effetto diretto nella sfera soggettiva del designato, assume una sua autonoma rilevanza. La disciplina specifica del procedimento (che parte dalla designazione e si conclude con il provvedimento di nomina del direttore generale) porta anche a dover escludere che la fattispecie possa essere ricondotta alla categoria degli incarichi professionali di servizi, per le quali dovrebbero valere le regole generali in materia di appalti di servizi di cui all'art. 124 (se sotto soglia) o di cui all'art. 54 e segg. (se sopra soglia), del d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163. Inoltre qui non vi e' alcun convenzione professionale di incarico ne' tra designante e designato e ne' tra nominato ed ASL. 1.5. - Tuttavia essi hanno una natura del tutto peculiare, in quanto se pure restano connotati da una notevole ampiezza del potere decisionale, non devono e non possono pero' essere del tutto svincolati dalla sfera della discrezionalita' afferente al legittimo esercizio del pubblici poteri. Pertanto non pare esservi alcun dubbio che la presente fattispecie attenga propriamente alla giurisdizione di questo giudice in quanto afferisce all'alveo proprio dell'esercizio di pubblici poteri a fronte dei quali non si ravvisano che posizioni di interesse legittimo. 2. - Il Collegio, in linea pregiudiziale, ritiene poi di dover affrontare unitariamente in quanto logicamente e funzionalmente connesse, le questioni concernenti l'illegittimita' costituzionale, per violazione dell'art. 3 e dell'art. 97 della Costituzione, rispettivamente: sollevata dalla parte ricorrente, relativamente al quinto comma dall'articolo 133 della l.r. n. 4 del 28 aprile 2006 nella parte in cui prevede la decadenza automatica dei vecchi incarichi; e d'ufficio, del medesimo quinto comma dall'articolo 133 nella parte in cui consente di effettuare nuove designazioni senza alcun vincolo procedimentale e, di conseguenza dell'art. 10 (comma sostituito dall'articolo 133 della l.r. n. 4 del 28 maggio 2006) della legge regionale Lazio 16 maggio 1994, n. 18, nella parte in cui non disciplina il procedimento di nomina del collegio sindacale e le relative guarentigie. 2.1. - Quanto al primo punto, il quinto comma dell'art. 133 della cit. l.r. n. 4/2006 prevede che: «In sede di prima attuazione delle nuove norme in materia di organi di controllo contabile delle aziende sanitarie ed ospedaliere introdotte dai commi 1 e 3, gli organi stessi in carica alla data di entrata in vigore della presente legge sono rinnovati entro quarantacinque giorni dalla medesima data. A tal fine, i soggetti tenuti alla designazione dei membri del collegio sindacale delle aziende sanitarie ed ospedaliere provvedono alla conferma dei componenti in carica, ovvero ad effettuare nuove designazioni entro il termine di trenta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, trascorso inutilmente il quale si intendono confermati i componenti in carica. In caso, comunque, di mancato rinnovo entro il suddetto termine di quarantacinque giorni, si applicano le disposizioni di cui all'articolo 10, comma 9, della l.r. n. 18/1994 come modificato dal presente articolo». L'eccezione appare rilevante e non manifestamente infondata negli esclusivi sensi che seguono. 2.1.1 - In base agli ordinari canoni dell'ermeneutica, la presenza del verbo al modo indicativo («...sono rinnovati... »), ed il riferimento alla possibilita' di confermare o meno i precedenti componenti (... provvedono alla conferma dei componenti in carica, ovvero ad effettuare nuove designazioni...) porta a dover affermare che ci si trova di fronte ad una norma transitoria di prima attuazione che, nella realta' delle cose e' diretta ad attuare una sorta di «spoils system» mascherato dall'automatico decadimento dei precedenti collegi dei revisori. Le Amministrazioni procedenti quindi esattamente hanno ritenuto che la disposizione integri un'ipotesi di decadenza automatica dalla carica sia pure collegata con l'entrata in vigore della nuova normativa e, di conseguenza, che fosse possibile ex novo far luogo alla designazione di nuovi componenti. Come sottolineato in fase cautelare in cause consimili, in un sistema nel quale la designazione e' avvenuta non in base a trasparenti procedure comparative ma sulla base di una totalmente immotivata cooptazione dell'organo politico dei prescelti, non potrebbe non essere riconosciuto al nuovo vertice politico un corrispondente potere di sancire ex lege una arbitraria decadenza automatica delle precedenti nomine, altrettanto arbitrarie, del suo predecessore. Dovrebbe cioe' ammettersi che, nel caso di mutamento dei vertici politici, la decadenza delle cariche del precedente designante, debba esser ritenuta - in via di principio - comunque sempre discrezionalmente ammissibile, sia pure previo l'indennizzo di cui all'art. 21-quinquies della legge 7 agosto 1990, n. 241 (inserito dall'articolo 14, comma 1, della legge 11 febbraio 2005, n. 15). Ma proprio nell'illegittimita' dell'automatismo della decadenza ex-lege dei vecchi organi che radica la rilevanza pregiudiziale della questione. 2.1.2. - Quanto invece alla sua non manifesta infondatezza si osserva che il precetto appare pero' in radicale ed insanabile contrasto con gli insegnamenti della Corte costituzionale concernenti il confine tra politica e amministrazione di cui alle sentenze 23 marzo 2007, nn. 103 e 104. Applicando infatti al caso di specie i principi delle ricordate pronunce, si rileva come anche qui, la norma prevede per gli incarichi di componente dei precedenti revisori dei conti un generale meccanismo, una tantum, di cessazione automatica, ex lege e generalizzata, che appare in immediato contrasto con l'art. 97 della Costituzione, in quanto la revoca delle funzioni in precedenza conferite puo' essere conseguenza soltanto dei casi di accertata responsabilita', all'esito di un momento procedimentale di confronto dialettico tra le parti, nell'ambito del quale, da un lato, l'amministrazione esterni le ragioni per cui ritiene di non consentire la prosecuzione sino alla scadenza prevista e, dall'altro, sia assicurata all'interessato la possibilita' di far valere il diritto di difesa, nel rispetto dei principi del giusto procedimento. Ne', anche nel caso in esame, puo' ritenersi che detta norma possa essere giustificata dalla sola considerazione che si tratta di un norma transitoria volta a consentire la prima attuazione della riforma recata dalla medesima legge regionale. Infatti vi era comunque possibilita' di assicurare il passaggio tra il nuovo ed il vecchio sistema, con la proroga dell'efficacia dei vecchi organi fino alla scadenza, ovvero con la conferma dei nominativi a termine nei nuovi collegi, ecc. La norma censurata non pare percio' assolvere ad alcuna funzione di disciplina transitoria volta a consentire l'attuazione di un innovativo sistema dei controlli delle A.S.L. e ad agevolare un graduale ed armonico passaggio da uno ad altro ordinamento. Ed in cio' sta la non manifesta infondatezza della questione. 2.2. - Ma il precedente profilo non esaurisce il problema, in quanto il Collegio; in linea pregiudiziale, ritiene di dover sollevare d'ufficio perche' appare rilevante, ai fini del decidere sulla questione principale, e non manifestamente infondata la questione di illegittimita' costituzionale, per violazione dell'art. 97 Cost., del combinato disposto del medesimo quinto comma dall'articolo 133 e dell'art. 10 (comma sostituito dall'articolo 133 della l.r. n. 4 del 28 aprile 2006) della legge regionale Lazio 16 maggio 1994, n. 18, nella parte in cui omettono di disciplinare specificamente le modalita' procedimentali per le designazioni dei nuovi membri del collegio sindacale. 2.2.1. - La rilevanza della questione deve essere ancorata al rilievo per cui le predette disposizioni disciplinano in maniera del tutto sommaria la modalita' di designazione dei membri del collegio sindacale, ma non specifica alcunche' relativamente alle guarentigie di status dei suoi componenti. Il collegio, a tale proposito, non puo' pero' ignorare che tali designazioni avvengono al di fuori di una qualsiasi trasparente procedura comparativa e, di fatto, subiscono i gravissimi condizionamenti derivanti dalle logiche di appartenenza partitica e clientelare (come dimostra la pletora di designazioni fatte in articulo mortis dai governi uscenti, nel bel mezzo delle campagne elettorali). Ne' si puo' tacere il fatto che, in un'epoca di forti contrapposizioni tra schieramenti, l'espletamento di tali incarichi e' talvolta addirittura utilizzato per porre in essere attivita' di carattere ostruzionistico ed emulativo in danno delle gestioni dell'azienda percepite come facenti capo all'avversario politico. E questo in totale spregio al fatto che i compiti dei collegi sindacali hanno natura assolutamente tecnica. Gli articoli in questione, per le loro lacune, non assicurano oggettivamente il rispetto dei valori di indipendenza ed imparzialita' effettiva di tali organi. Il rapporto che lega l'amministrazione designante, il soggetto designato, e L'A.S.L. presso cui esercita le funzioni di componente del collegio sindacale, non concerne infatti un caso di «rappresentanza politica» in senso stretto, nei quali la scelta e' effettuata intuitus personae, sulla base di valutazioni di coerenza con l'indirizzo di politica statale o regionale, perche' i designati non fanno parte ne' di organi rappresentativi o elettivi del designante; e neppure hanno il compito di veicolare indirizzi politici in enti di secondo grado a carattere rappresentativo. Neppure siamo in presenza di un caso di «delegazione di funzioni amministrative» in quanto qui l'incarico non concerne il trasferimento di attivita' proprie dell'ente delegante (ma al contrario si espleta soprattutto nell'interesse immediato e diretto dell'azienda controllata). Il fenomeno appare quindi riconducibile a quella vasta area (e non del tutto delineabile in termini sistematici) della c.d. «rappresentanza istituzionale» con cui si cerca di assicurare - attraverso la partecipazione diretta di proprio rappresentante, o funzionario, o di soggetti professionali all'uopo designati - la coerenza complessiva del sistema amministrativo ed il rispetto delle norme, dei vincoli di spesa e delle politiche generali di settore. Ed in questo sta la rilevanza della questione. 2.2.2. - Quanto alla sua non manifesta infondatezza si osserva come le carenze della disciplina del collegio sindacale delle A.S.L. appare in ineluttabile contrasto con i principi di cui all'art. 97 della Costituzione alla luce dei principi generali di cui alle sentenze 23 marzo 2007, n. 104 ed anche 103 perche', nel silenzio della norma non puo' non riconoscersi che qui ricorra un potere di carattere assolutamente discrezionale sia relativamente alle modalita' di individuazione dei destinatari delle nuove designazioni e sia all'an dell'eventuale «revoca». In tale prospettiva, gli insegnamenti della Corte costituzionale concernenti il confine tra politica e amministrazione appaiono perfettamente calzanti (e forse addirittura piu' calzanti) alla fattispecie in esame. La norma, nella parte in cui non si preoccupa di' specificare le garanzie delle modalita' di designazione dei componenti e le guarentigie per il relativo esercizio confligge naturalmente con i principi di uno stato di diritto. Infatti anche la «maggioranza e' vincolata ad agire senza distinzione di parti politiche al fine del perseguimento delle finalita' politiche obiettivate dall'ordinamento» (cfr. punto 2.8 sentenza n. 104 e le altre pronunce in quella cola' citate). A cagione di un manifesto e sostanziale deficit normativo, la disciplina in esame appare in contrasto con il principio di imparzialita' in quanto la designazione degli interessati non e' assistita da nessuna forma di procedimento volta ad assicurare la trasparenza delle scelte. In tale direzione la proiezione dei ricordati principi costituzionali impone, sotto il profilo della garanzia di imparzialita', che la scelta degli interessati avvenga rispettivamente: al di fuori di ogni logica politico-sindacale, in quanto il designato e' chiamato ad esercitare importanti funzioni pubbliche di controllo e rappresenta l'istituzione pubblica (e non il partito che esprime il vertice politico che fa luogo alla decisione); in base a procedure che assicurino un'adeguata pubblicita' del procedimento e che consenta potenzialmente a tutti gli interessati di conseguire l'incarico; con decisioni che siano comunque concretamente agganciate a valutazioni, sia pure ampiamente discrezionali, di elementi esponenziali della maggiore professionalita' dei prescelti. In conseguenza, a chi e' stato scelto sulla base di una trasparente procedura comparativa deve essere quindi anche garantita espressamente la stabilita' dell'incarico per tutto il periodo previsto, non ricorrendo alcuna necessita' di assicurare la coesione politica tra organi designanti e collegi sindacali. 2.2.3. - Invece nel caso di specie, a cagione di un cono d'ombra, le norme in esame affidano ai comportamenti volontari dei singoli organi, il rispetto dei principi di imparzialita' e di buon andamento. In definitiva dunque le disposizioni in esame appaiono del tutto deficitarie nella parte in cui: a) sono carenti di ogni indicazione circa la necessita' di una procedura di selezione «tecnica e neutrale dei piu' capaci» che consenta cioe' la designazione «indipendentemente da ogni considerazione per gli orientamenti politici dei vari concorrenti» (punto 2.8 del diritto della sentenza n. 104). Ne' e' per contro rilevante il fatto che qui i designati siano scelti tra gli iscritti nel registro dei revisori contabili presso il Ministero della giustizia, ovvero siano individuati nel ruolo dei funzionari del Ministero dell'economia con almeno tre anni di funzioni di revisore dei conti o di componente dei collegi sindacali. Il possesso di determinate professionalita' di base appare condizione necessaria per un normale esercizio della funzione ma non e' sufficiente al fine di garantire la trasparenza della designazione, in difetto della previsione di un regime di adeguata pubblicita' delle relative procedure di designazione e di specifici e significativi criteri di preferenza; b) non recano alcuna specifica disposizione ad hoc che inibiscano una revoca ad libitum, in base alle regole generali, per «sopravvenuti motivi di pubblico interesse ovvero nel caso di mutamento della situazione di fatto o di nuova valutazione dell'interesse pubblico originario» (per usare le parole della regola generale del citato art. 21-octies). Una, sia pure latente, possibilita' di revoca pero' appare contrastare con il dettato costituzionale nella parte in cui non garantisce il «principio di continuita' dell'azione amministrativa» di controllo (arg. ex il punto 9.2 del considerato in diritto della sentenza n. 103 citata) che, in relazione alle elementari esigenze di conoscenza della realta' dell'ente e delle problematiche specifiche del territorio, appare direttamente invocabile anche a proposito dei componenti del collegio sindacale delle A.S.L.. La necessita' di assicurare una piu' attuale linea di demarcazione e separazione tra politica ed amministrazione appare sicuramente sussistente anche relativamente a coloro che sono designati in funzioni di carattere amministrativo quale e' quella di controllo, in rappresentanza istituzionale di altri enti ed organi. Le procedure selettive per il conferimento e la revoca dell'incarico di componente del collegio sindacale di un A.S.L. devono conformarsi ai principi di buon andamento ed imparzialita' della p.a. di cui all'art. 97 Cost. in quanto i richiamati incarichi non configurano alcun rapporto fondato sull'intuitus personae tra l'organo politico che conferisce un incarico ed il soggetto che lo riceve. In definitiva, in base alle considerazioni che precedono, appaiono sussistere sufficienti motivi per sollevare la questione di legittimita' costituzionale delle norme in esame per contrasto con l'art. 97 della Costituzione. 4. - Si dispone, pertanto la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale con conseguente sospensione del presente giudizio ai sensi dell'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87, per la pronuncia sulla legittimita' costituzionale della predetta norma.
P. Q. M. 1) Dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale del quinto comma dall'articolo 133 della l.r. n. 4 del 28 aprile 2006 nella parte in cui prevede la decadenza automatica dei vecchi incarichi; 2) Dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale del medesimo quinto comma dall'articolo 133 nella parte in cui consente di effettuare nuove designazioni senza alcun vincolo procedimentale e dell'art. 10 (comma sostituito dall'articolo 133 della l.r. n. 4 del 28 aprile 2006) della legge regionale Lazio 16 maggio 1994, n. 18, nella parte in cui non disciplina il procedimento di nomina del collegio sindacale e le relative guarentigie. 3) In conseguenza, sospende il presente giudizio e dispone l'immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale. 4) Ordina che, a cura della segreteria, la presente ordinanza sia notificata alle parti in causa e al Presidente della Giunta regionale del Lazio sia comunicata al Presidente del Consiglio regionale del Lazio. Cosi' deciso dal Tribunale amministrativo regionale del Lazio - Sezione III-quater, in Roma, nella Camera di consiglio del 4 luglio 2007. Il Presidente: Di Giuseppe Il consigliere estensore: Realfonzo