N. 186 ORDINANZA 19 - 30 maggio 2008

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.

Procedimento  civile  - Esecuzione forzata - Pignoramento di quota di
  societa'  a  responsabilita'  limitata - Ipotesi di mancata vendita
  della  quota  anche  dopo  il secondo incanto e di assenza di altri
  beni  nel  patrimonio  del debitore esecutato - Possibilita' per il
  giudice,  nel  disporre  un  nuovo incanto a prezzo ribassato di un
  quinto,  di  escludere  la facolta' della societa' di presentare un
  altro  acquirente  che  offra  lo  stesso prezzo entro dieci giorni
  dall'aggiudicazione    -   Omessa   previsione   -   Eccezione   di
  inammissibilita'   della   questione   per   erronea   formulazione
  del petitum - Reiezione.
Procedimento  civile  - Esecuzione forzata - Pignoramento di quota di
  societa'  a  responsabilita'  limitata - Ipotesi di mancata vendita
  della  quota  anche  dopo  il secondo incanto e di assenza di altri
  beni  nel  patrimonio  del debitore esecutato - Possibilita' per il
  giudice,  nel  disporre  un  nuovo incanto a prezzo ribassato di un
  quinto,  di  escludere  la facolta' della societa' di presentare un
  altro  acquirente  che  offra  lo  stesso prezzo entro dieci giorni
  dall'aggiudicazione - Omessa previsione - Denunciata irrazionalita'
  nonche'  lesione della proprieta' privata e violazione dei principi
  di  eguaglianza  e di ragionevole durata del processo e del diritto
  di  difesa  -  Questione  implicante  un bilanciamento di interessi
  rimesso   alla   discrezionalita'   del   legislatore  -  Manifesta
  inammissibilita'.
- Cod. civ., art. 2471; cod. proc. civ., art. 538.
- Costituzione, artt. 3, 24, 42 e 111.
(GU n.24 del 4-6-2008 )
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
Presidente: Franco BILE;
Giudici:  Giovanni  Maria  FLICK,  Francesco AMIRANTE, Ugo DE SIERVO,
   Paolo  MADDALENA,  Alfio  FINOCCHIARO,  Alfonso  QUARANTA,  Franco
   GALLO,  Luigi  MAZZELLA,  Gaetano SILVESTRI, Sabino CASSESE, Maria
   Rita SAULLE, Giuseppe TESAURO, Paolo Maria NAPOLITANO;
ha pronunciato la seguente
                              Ordinanza
nel  giudizio  di legittimita' costituzionale degli articoli 2471 del
codice  civile  e  538  del  codice di procedura civile, promosso con
ordinanza   del  14  maggio  2007  dal  Giudice  dell'esecuzione  del
Tribunale  ordinario  di  Bologna,  sul  ricorso proposto dalla Banca
Antoniana  Popolare  Veneta  s.p.a.  ed altri contro Gazzoni Frascara
Giuseppe  ed  altra, iscritta al n. 725 del registro ordinanze 2007 e
pubblicata  nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 42, 1ª serie
speciale, dell'anno 2007;
   Visti  l'atto  di  costituzione della G.M.G. Group s.r.l., nonche'
l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
   Udito nell'udienza pubblica del 15 aprile 2008 il giudice relatore
Alfio Finocchiaro;
   Uditi  l'avvocato  Tiziana  Tampieri  per la G.M.G. Group s.r.l. e
l'avvocato dello Stato Diego Giordano per il Presidente del Consiglio
dei ministri.
   Ritenuto  che,  con  ordinanza  del  14  maggio  2007,  il Giudice
dell'esecuzione  del  Tribunale  ordinario  di  Bologna  ha sollevato
questione  di legittimita' costituzionale degli artt. 2471 del codice
civile  e  538  del codice di procedura civile, per contrasto con gli
artt.  3,  24,  42  e  111 della Costituzione, nella parte in cui non
prevedono  -  in  caso  di  mancata  vendita della quota pignorata di
societa'  a  responsabilita' limitata anche dopo il secondo incanto e
in  difetto  di  altri beni del debitore esecutato proprietario della
quota - la possibilita' per il giudice dell'esecuzione di disporre un
nuovo incanto a prezzo ribassato fino ad un quinto, ma con esclusione
della  possibilita' per la societa' di presentare un altro acquirente
che offra lo stesso prezzo entro dieci giorni dall'aggiudicazione;
     che  il  rimettente  riferisce  che  la Banca Antoniana Popolare
Veneta  s.p.a.  e l'Emilia Romagna Factor s.p.a. avevano sottoposto a
pignoramento la quota nella societa' G.M.G. Group s.r.l. appartenente
a Giuseppe Gazzoni Frascara;
     che  il  debitore aveva depositato in cancelleria dichiarazione,
ai  sensi  dell'art.  492, quarto comma, cod. proc. civ., dichiarando
che,  oltre  alle  quote  pignorate,  non vi erano nel suo patrimonio
altri beni ulteriormente aggredibili;
     che,  in  seguito  alle  istanze  di  vendita, il giudice a quo,
constatato  il  difetto  di  qualsiasi  «accordo  sulla  vendita» tra
creditori, debitore e societa', aveva disposto la vendita all'incanto
-  ai  sensi degli artt. 2471 cod. civ. e 538 cod. proc. civ. - delle
predette quote;
     che  dal  complesso  delle clausole statutarie vigenti all'epoca
del  pignoramento  si  evinceva che la circolazione delle quote della
citata  societa'  era  sottoposta  a  limitazioni  tali  per  cui  le
partecipazioni  potessero  trasferirsi  tra  vivi ma con l'obbligo, a
carico  del  socio  che  intendesse trasferire in tutto o in parte la
propria partecipazione, di offrirla preventivamente agli altri soci;
     che, per effetto di tale vincolo, l'aggiudicazione sarebbe stata
definitiva    solo   quando   la   societa',   entro   dieci   giorni
dall'aggiudicazione  provvisoria  in  favore  del  miglior offerente,
quale   conseguita   in  udienza,  non  avesse  presentato  un  altro
acquirente  per lo stesso prezzo, facendosi dunque applicazione della
disposizione  di  cui all'art. 2471, terzo comma, seconda parte, cod.
civ. in coordinamento con l'art. 538 cod. proc. civ.;
     che  l'asta  seguita  all'ordinanza  di  vendita all'incanto era
andata deserta, essendo la quota rimasta invenduta;
     che   anche   a   tale  asta  non  aveva  fatto  seguito  alcuna
aggiudicazione per mancanza di offerte;
     che  la  questione  sarebbe rilevante in quanto l'adozione della
peculiare  procedura  di  vendita  all'incanto  con il rispetto della
facolta'  di  designazione  alternativa  da  assicurare  ancora  alla
societa'   nei  dieci  giorni  dall'aggiudicazione  costituirebbe  un
aspetto  essenziale  del regime specifico della vendita forzata della
quota   di   societa'   a   responsabilita'   limitata  che,  per  le
caratteristiche     di     massima    trasparenza    e    pubblicita'
dell'espropriazione,  dovrebbe essere enunciata in modo espresso gia'
nella   attuale   fase   del   processo   esecutivo  e,  dunque,  nel
provvedimento  giudiziale  con  cui  la  stessa  vendita e' ordinata,
costituendo  essa  uno specifico modello provvedimentale prima ancora
che  una  facolta'  collaterale  attribuita  dall'ordinamento  ad  un
soggetto  interessato  e  scaturente  dall'evento, futuro ed incerto,
dell'aggiudicazione;
     che  una vendita di quote di societa' a responsabilita' limitata
dopo   il   secondo   incanto   andato   deserto,  che  instauri  una
competitivita'  pura fra offerenti, cioe' senza soggezione potenziale
alla   designazione   alternativa   dell'aggiudicatario,  troverebbe,
secondo  il  giudice  a  quo,  un ostacolo insormontabile nel dettato
dell'art. 2471, terzo comma, cod. civ.;
     che   la   questione   non   e',   ad   avviso  del  rimettente,
manifestamente  infondata,  dal  momento che la specialita' del terzo
comma  dell'art.  2471 cod. civ. imporrebbe la necessita' di disporre
ancora  la  vendita all'incanto a prezzo ribassato fino ad un quinto,
ma  condizionando  la  definitivita'  dell'aggiudicazione  al mancato
esercizio  da parte della societa' del diritto di presentare un altro
acquirente  che offra lo stesso prezzo, nonostante il secondo incanto
andato  deserto e nonostante la dichiarata impossidenza del debitore,
in  contrasto  con  le disposizioni di cui agli artt. 3, 42, 24 e 111
della Costituzione;
     che dagli atti, in particolare dalla stima, dall'andamento delle
operazioni  di  custodia  e  dal  resoconto delle attivita' espletate
dall'ausiliario nella ricerca informativa di possibili acquirenti, e'
emerso  - rileva il giudice a quo - che la clausola di prelazione non
e'  estranea  al  meccanismo  determinativo del prezzo finale ed anzi
alla  stessa  effettivita' della partecipazione di terzi; trattandosi
di  una  circostanza  che  assume  rilievo  non  solo  in  fatto (con
inevitabile opinabilita' della ricostruzione della dinamica economica
pur   versata   in  atti  dal  custode  e  relativa  alla  formazione
dell'incontro tra domanda ed offerta in questo settore di mercato) ma
nella misura in cui essa, gia' in astratto, incida ai sensi dell'art.
42  della  Costituzione  sulla proiezione (anche processuale ai sensi
dell'art. 24 della Costituzione) del diritto dei creditori;
     che,  secondo  il  rimettente,  la  deroga  all'ordinario regime
d'asta,   fondato,  per  la  generalita'  dei  beni,  su  una  rigida
competitivita'  e  dunque sul solo criterio del prezzo piu' alto, non
si  giustificherebbe  in  quanto assicurerebbe all'interesse tutelato
dall'art.  2471  cod. civ. una prevalenza tale da alterare il modello
ottimale del miglior prezzo di mercato, che sarebbe, invece, coerente
con  l'interesse  alla  tutela  del  credito  e,  al  contempo, della
proprieta', alla stregua dell'art. 42 della Costituzione;
     che tale sbilanciamento, in favore della societa', costituirebbe
un  assetto  normativo  eccedente la giustificazione originaria dello
stesso  interesse,  ravvisato  nella  protezione  alla coesione della
compagine sociale;
     che  l'evidenziato  sbilanciamento,  precludendo  che  un  terzo
divenga  l'acquirente della partecipazione societaria sulla sola base
del   prezzo   piu'  alto  offerto  durante  l'asta  della  procedura
esecutiva,  si  rivelerebbe  irrazionale  in  quanto  la  compresenza
dell'aggiudicazione   condizionata   alla   scelta   della   societa'
implicherebbe  un pregiudizio per il diritto del creditore (del socio
di  societa'  a  responsabilita'  limitata) in quanto egli, riponendo
proprio  sulla  garanzia patrimoniale offerta dal debitore attraverso
quel  bene  la  propria  aspettativa  di  realizzazione  del credito,
sarebbe  sfavorito  dall'ordinamento  rispetto  alla  maggior  tutela
offerta alla societa';
     che la clausola di prelazione - pur non impedendo in assoluto la
circolazione   della   quota   anche   nell'ambito  espropriativo,  e
mantenendo  dunque  quest'ultima  la  sua  piena qualita' di «bene» -
impedirebbe  la  libera  formazione  del  prezzo  di mercato del bene
stesso;
     che   il   debitore   esecutato   riceverebbe   un   trattamento
ingiustificatamente  deteriore  -  in  violazione  degli artt. 42 e 3
della  Costituzione  -  rispetto al socio che intenda solo perseguire
l'interesse  al  realizzo  dell'investimento:  infatti solo nel primo
caso  la  regola  della  responsabilita' patrimoniale di cui all'art.
2740 cod. civ. con tutti i beni subirebbe una compressione;
     che,  nell'ambito  del  processo  esecutivo,  quale  contesto di
organizzazione  della difesa dei diritti di credito e di proprieta' e
di  attuazione con il ministero dello Stato della tutela satisfattiva
contro  l'inadempiente,  sarebbe vulnerata l'effettivita' del diritto
di  difesa  di cui all'art. 24 della Costituzione e del diritto ad un
giusto  processo  di  ragionevole  durata  di  cui all'art. 111 della
Costituzione;
     che  la  permanenza  ad  ogni incanto della prelazione in favore
della   societa'   confliggerebbe   con   un   accesso   al  processo
espropriativo  ispirato  ad una fattibilita' in tempi ragionevolmente
celeri  della fase liquidatoria che, come nella fattispecie concreta,
ha richiesto un tempo ben eccedente l'ordinario periodo richiesto per
la ricerca degli interessati;
     che   si   e'   costituita  la  societa'  G.M.G.  Group  s.r.l.,
depositando  una  memoria  con  la  quale chiede che la questione sia
dichiarata inammissibile o infondata;
     che  e' intervenuto nel giudizio il Presidente del Consiglio dei
ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello
Stato,  chiedendo  che  la  questione  sia dichiarata inammissibile o
infondata.
   Considerato che il Giudice dell'esecuzione mobiliare del Tribunale
ordinario  di  Bologna dubita della legittimita' costituzionale degli
artt.  2471  del  codice civile e 538 del codice di procedura civile,
nella  parte  in cui non prevedono - in caso di mancata vendita della
quota  pignorata di societa' a responsabilita' limitata anche dopo il
secondo  incanto  e  in  difetto di altri beni del debitore esecutato
proprietario  della  quota  -  la  possibilita'  per  il giudice, nel
momento  in  cui dispone un nuovo incanto ad un prezzo base inferiore
di  un  quinto rispetto a quello precedente, di escludere la facolta'
per  la societa', prevista dall'art. 2471 cod. civ., di presentare un
altro  acquirente  che  offra  lo  stesso  prezzo  entro dieci giorni
dall'eventuale   aggiudicazione   (esclusione  che  consentirebbe  di
eliminare  l'incidenza  negativa del diritto di prelazione sul prezzo
di  realizzo  della  quota), per violazione: a) degli art. 3, 42 e 24
della    Costituzione,   per   l'irrazionalita'   della   complessiva
disciplina,  dal  momento  che  la  possibilita'  dell'aggiudicazione
condizionata alla scelta della societa' implica un pregiudizio per il
diritto  del  creditore  del  socio  di  societa'  a  responsabilita'
limitata - diritto costituzionalmente riconosciuto dall'art. 42 della
Costituzione  a livello sostanziale e dall'art. 24 della Costituzione
a  livello  processuale  -  in  quanto  egli, riponendo proprio sulla
garanzia  patrimoniale  offerta  dal debitore attraverso quel bene la
propria aspettativa di realizzo del credito, viene sfavorito rispetto
alla  societa'; b) dell'art. 3 della Costituzione, perche' situazioni
diverse  vengono  trattate allo stesso modo, dal momento che il socio
che   voglia   autonomamente  trasferire  inter  vivos  la  quota  di
partecipazione di una societa' in cui viga la regola della non libera
circolazione  della  quota  intende  solo perseguire l'interesse alla
realizzazione  dell'investimento, mentre il creditore particolare del
socio intende far valere la regola della responsabilita' patrimoniale
del   debitore  con  tutti  i  suoi  beni,  regola  che  subisce  una
compressione  ad  opera  della prelazione a favore della societa'; c)
dell'art.  111  della  Costituzione,  perche'  la  permanenza ad ogni
incanto  della  prelazione  in favore della societa' confligge con un
accesso  al  processo  espropriativo  ispirato  ad uno svolgimento in
tempi ragionevolmente celeri della fase liquidatoria, dal momento che
la  prelazione,  scoraggiando  i  potenziali acquirenti, determina un
ritardo della procedura espropriativa;
     che  non  rileva  l'erronea  formulazione  del petitum, perche',
seppure e' vero che l'ordinanza investe sia l'art. 2471 cod. civ. che
l'art.  538  cod.  proc.  civ., il rimettente incentra le sue censure
esclusivamente sull'art. 2471 cod. civ., che e' la norma pretesamente
incostituzionale,  e  cio' e' sufficiente per superare l'eccezione di
inammissibilita' sollevata dalla difesa erariale;
     che  il  rimettente - di fronte ad una fattispecie normativa che
realizza  un  bilanciamento  tra  le  esigenze dei creditori e quelle
della   societa',   stabilendo   che  la  vendita  ad  incanto  della
partecipazione nella societa' a responsabilita' limitata, e' priva di
effetti  ove,  ai sensi dell'art. 2471, terzo comma, secondo periodo,
cod.  civ.,  entro  dieci  giorni  dall'aggiudicazione,  la  societa'
presenti un altro acquirente che offra lo stesso prezzo - sollecita a
questa  Corte,  sulla  base  di  una  sua  personale sensibilita', un
diverso  criterio  di  bilanciamento  la  cui  individuazione,  nella
molteplicita'  delle  soluzioni  possibili,  e'  pero'  rimessa  alla
discrezionalita'  del  legislatore e non e' quindi costituzionalmente
obbligato;
     che, attese le considerazioni che precedono e conformemente alla
costante  giurisprudenza  di questa Corte (ordinanze n. 31 del 2008 e
n. 393  del 2007), la questione deve essere dichiarata manifestamente
inammissibile.
   Visti  gli  articoli 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953,
n. 87,  e  9,  comma 2, delle norme integrative per i giudizi davanti
alla Corte costituzionale.
                          per questi motivi
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
   Dichiara   la   manifesta   inammissibilita'  della  questione  di
legittimita'  costituzionale degli artt. 2471 del codice civile e 538
del  codice  di  procedura  civile,  sollevata,  in  riferimento agli
articoli   3,   24,   42   e  111  della  Costituzione,  dal  Giudice
dell'esecuzione  del  Tribunale ordinario di Bologna, con l'ordinanza
in epigrafe.
   Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede  della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 19 maggio 2008.
                         Il Presidente: Bile
                      Il redattore: Finocchiaro
                      Il cancelliere: Di Paola
   Depositata in cancelleria il 30 maggio 2008.
              Il direttore della cancelleria: Di Paola