N. 235 ORDINANZA (Atto di promovimento) 11 luglio 2008

Ordinanza  dell'11  luglio  2007  emessa dal Tribunale di Voghera nel
procedimento  civile promosso da M. F. contro Ministero delle finanze
ed altri

Straniero - Indennita' di accompagnamento per inabilita' - Condizione
  -  Possesso  della carta di soggiorno (rilasciabile solo in caso di
  dimostrato possesso di redditi non inferiori all'assegno sociale) -
  Violazione  di  diritto  fondamentale della persona e dei doveri di
  solidarieta' sociale - Lesione del principio di uguaglianza e della
  garanzia  assistenziale  - Violazione degli obblighi internazionali
  derivanti dalla CEDU.
- Legge  23  dicembre  2000,  n. 388, art. 80, comma 19, in combinato
  disposto  con  l'art. 9, comma 1, del decreto legislativo 25 luglio
  1998, n. 286, in relazione all'art. 1 della legge 11 febbraio 1980,
  n. 18.
- Costituzione,  artt.  2, 3, primo comma, 10, commi primo e secondo,
  38, primo comma, e 117, primo comma.
(GU n.35 del 20-8-2008 )
                            IL TRIBUNALE
   A scioglimento della riserva che precede;
   Rilevato  che F. M., cittadina albanese residente in Italia dal 27
aprile 1999 e munita di permesso di soggiorno dal 15 gennaio 2003, ha
formulato   in   data   15   marzo  2003  domanda  amministrativa  di
riconoscimento dell'indennita' di accompagnamento a favore del figlio
minore C. M.
     nella  seduta  del 1° luglio 2003 la Commissione medica di prima
istanza  istituita  presso  1'A.S.L.  della  Provincia  di  Pavia  ha
riconosciuto  C. M. invalido con totale e permanente inabilita' e con
necessita'  di  assistenza continua, non essendo il medesimo in grado
di compiere gli atti quotidiani della vita;
     con   comunicazione  in  data  3  ottobre  2003  l'A.S.L.  della
Provincia  di Pavia ha richiesto a F. M. la presentazione della carta
di   soggiorno,   quale   documento  necessario  per  la  concessione
dell'indennita'  di  accompagnamento ai sensi dell'art. 80, comma 19,
legge 23 dicembre 2000 n. 388;
     detta  disposizione  di legge stabilisce che «ai sensi dell'art.
41  del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, l'assegno sociale
e  le  provvidenze economiche che costituiscono diritti soggettivi in
base  alla  legislazione  vigente  in materia di servizi sociali sono
concessi,  alle condizioni previste dalla legislazione medesima, agli
stranieri  che  siano  titolari  di  carta di soggiorno; per le altre
prestazioni   e  servizi  sociali  l'equiparazione  con  i  cittadini
italiani e' consentita a favore degli stranieri che siano titolari di
permesso di soggiorno di durata non inferiore a un anno»;
     la  norma  in  esame  ha  portata innovativa e modifica in senso
restrittivo l'ambito di applicazione dei benefici di cui all'art. 41,
d.lgs.  25  luglio  1998,  n. 286  (a  mente del quale «gli stranieri
titolari  di  carta di soggiorno o di permesso di soggiorno di durata
non  inferiore ad un anno, nonche' i minori iscritti nella loro carta
di  soggiorno  o  nel  loro  permesso di soggiorno sono equiparati ai
cittadini  italiani ai fini della fruizione delle provvidenze e delle
prestazioni  anche  economiche, di assistenza sociale, incluse quelle
previste  per  coloro  che  sono  affetti  da  morbo  di  Hansen o da
tubercolosi,  per  i sordomuti, per i ciechi civili, per gli invalidi
civili  e  per  gli  indigenti»),  nel  senso  di  escludere da detti
benefici  gli  stranieri  titolari di permesso di soggiorno di durata
non inferiore ad un anno, ma privi di carta di soggiorno;
     F.  M.  e'  -  ed  era al momento di presentazione della domanda
amministrativa   -  titolare  di  permesso  di  soggiorno  di  durata
superiore  ad un anno (nel quale e' iscritto il figlio minore C. M.),
ma non di carta di soggiorno, non possedendo i requisiti previsti per
ottenerne  il  rilascio  ai  sensi  dell'art.  9 legge 25 luglio 1998
n. 286 e successive modificazioni;
     per   tale   ragione   C.   M.  risulta  escluso  dal  beneficio
dell'indennita'  di accompagnamento, pur essendo in possesso di tutti
gli  altri  requisiti  stabiliti  al  riguardo  dall'art.  1 legge 11
febbraio 1980 n. 18;
     la  difesa di F. M., che agisce per il riconoscimento giudiziale
del   diritto   del  proprio  figlio  di  percepire  l'indennita'  di
accompagnamento,    ha    sollevato    questione    di   legittimita'
costituzionale  della  norma  di  cui all'art. 80, comma 19, legge 23
dicembre 2000 n. 388.
   La questione appare rilevante ai fini della decisione, in quanto:
     l'indennita'    di   accompagnamento   costituisce   provvidenza
economica  di  assistenza sociale oggetto di un diritto soggettivo in
presenza  dei requisiti previsti dalla legge; essa e' dunque compresa
tra  le  prestazioni  che,  ai sensi dell'art. 80, comma 19, legge 23
dicembre  2000,  n. 388,  possono  essere  concesse ai soli cittadini
stranieri in possesso di carta di soggiorno;
     si  ritiene  che  la  norma  si riferisca a tutte le provvidenze
economiche  assistenziali,  senza distinguere tra erogazioni previste
dalla  disciplina  statale  (quali l'indennita' di accompagnamento) e
prestazioni  aggiuntive erogate ai medesimi scopi assistenziali dagli
enti territoriali;
     la  norma  e'  applicabile  ratione temporis alla fattispecie in
esame,  considerato che la domanda amministrativa e' stata presentata
il  15  marzo  2003,  ossia  dopo  l'entrata in vigore della legge 23
dicembre 2000, n. 388;
     un'eventuale  pronuncia  di  incostituzionalita'  dell'art.  80,
comma  19, legge 23 dicembre 2000, n. 388 - nella parte in cui limita
ai  soli  cittadini extracomunitari titolari di carta di soggiorno le
provvidenze  economiche previste dalla legislazione sociale nazionale
-  determinerebbe  l'accoglimento  delle  domande  oggetto  di causa,
atteso  che  C. M. e' in possesso di tutti gli altri requisiti per il
riconoscimento  del  beneficio  richiesto,  ivi  compresa  - ai sensi
dell'art.  41 d.lgs. 25 luglio 1998, n. 286 - la titolarita', in capo
alla  madre esercente la potesta', di permesso di soggiorno di durata
non inferiore ad un anno;
     la  sentenza  2-6  ottobre  2006, n. 324 - con la quale la Corte
costituzionale si e' pronunciata sulla questione di costituzionalita'
della  norma in esame sollevata dal Tribunale di Milano con ordinanza
del  15 marzo 2004 e dal Tribunale di Monza con ordinanza del 2 marzo
2005  -  ha  dichiarato  l'inammissibilita' della questione stessa in
considerazione  del  fatto  che  i  giudici  remittenti  non  avevano
considerato    la   possibilita'   di   adottare   un'interpretazione
irretroattiva   della   norma   (seguita   invece   dalla  prevalente
giurisprudenza),    la    quale   avrebbe   portato   ad   escluderne
l'applicazione nei giudizi a quibus;
     la  sentenza  anzidetta  non preclude pertanto la riproposizione
della  questione  di costituzionalita' (fatta eccezione evidentemente
per  i  profili  attinenti all'ipotizzata efficacia retroattiva della
disciplina,  peraltro irrilevanti nella presente fattispecie), atteso
che  il  Giudice  delle  leggi non si e' pronunciato sul merito della
stessa.
   La questione appare non manifestamente infondata, considerato che:
     come  evidenziato  anche dalle citate ordinanze dei Tribunali di
Milano   e   Monza,  che  per  prime  hanno  sollevato  questione  di
costituzionalita'  in  relazione  all'art.  80,  comma  19,  legge 23
dicembre  2000,  n. 388,  l'accesso alle prestazioni assistenziali e'
espressione  della  tutela di diritti fondamentali della persona, che
l'art.  2  della  Costituzione garantisce in via universale; esso non
puo'  pertanto - pena la violazione della citata norma costituzionale
- soffrire  limitazioni  nei  confronti  degli  stranieri  legalmente
soggiornanti  in  Italia,  in  ragione  del solo titolo di permanenza
(permesso  o  carta  di  soggiorno).  Questo  a maggior ragione se si
considera  che,  ai  sensi dell'art. 9, legge 25 luglio 1998, n. 286,
condizione  per  ottenere  la  carta  di  soggiorno e' - accanto alla
permanenza in Italia per un certo numero di anni - il possesso di una
determinata   capacita'   reddituale,   con  la  conseguenza  che  il
riconoscimento  di  un  diritto  fondamentale  della  persona (quello
all'accesso  alle  prestazioni di assistenza sociale) viene ad essere
subordinato  alla  titolarita' di un determinato reddito, in evidente
contrasto  con il principio di solidarieta' sociale sancito dall'art.
2 della Costituzione;
     la previsione di legge in esame appare altresi' in conflitto con
la  finalita' essenziale delle prestazioni di assistenza sociale che,
alla  luce  dell'art.  38,  primo  comma, della Costituzione, risulta
essere  quella  di  garantire  un  sostentamento  a chi e' inabile al
lavoro  e  sprovvisto  dei  mezzi  necessari  per  vivere.  Incongrua
rispetto a tale finalita' appare la scelta di limitare l'accesso alle
provvidenze assistenziali a favore dei soli cittadini extracomunitari
che  abbiano  dimostrato  di  possedere un reddito sufficiente per il
sostentamento proprio e dei familiari (condizione necessaria, come si
e'  detto, per ottenere il rilascio della carta di soggiorno), avendo
semmai  costoro  minor esigenza di beneficiare di misure di sostegno,
rispetto a chi un simile reddito non possiede;
     le  considerazioni svolte ai paragrafi che precedono evidenziano
inoltre un profilo di contrasto tra la disposizione di legge in esame
e l'art. 3, primo comma, della Costituzione, atteso che la disparita'
di    trattamento    tra   cittadini   extracomunitari   regolarmente
soggiornanti  sul  territorio  nazionale,  sulla sola base del titolo
legittimante  la  permanenza in Italia, appare irragionevole e dunque
lesiva  del  principio di eguaglianza, poiche' essa risulta almeno in
parte  fondata su di un criterio - il possesso di una certa capacita'
reddituale  - non pertinente, ed anzi semmai contrario, rispetto alla
ratio di sostentamento sottesa ai benefici assistenziali in parola;
     e configurabile  altresi' un conflitto della disciplina in esame
rispetto  all'art.  10,  primo  e  secondo  comma  della Costituzione
(secondo  cui,  rispettivamente,  l'ordinamento giuridico italiano si
conforma   alle   norme   del   diritto  internazionale  generalmente
riconosciute  e  la  condizione giuridica dello straniero e' regolata
dalla legge in conformita' delle norme e dei trattati internazionali)
e all'art. 117, primo comma, della Costituzione, a mente del quale la
potesta'  legislativa  e'  esercitata dallo Stato e dalle regioni nel
rispetto   della   Costituzione,   nonche'   dei   vincoli  derivanti
dall'ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali. Vengono
in  rilievo,  quali  norme di diritto internazionale, l'art. 14 della
Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle
liberta'  fondamentali, stipulata dagli Stati membri del Consiglio di
Europa  il  4  novembre  1950  e resa esecutiva in Italia con legge 4
agosto  1955  n. 848 (il quale dispone che il godimento dei diritti e
delle  liberta'  stabiliti  dalla  Convenzione deve essere assicurato
senza  alcuna  discriminazione per ragioni attinenti - tra le altre -
all'origine  nazionale)  e  l'art.  1 del Protocollo addizionale alla
Convenzione  del  20  marzo  1952,  che  riconosce ad ogni persona il
diritto  al  rispetto  dei  suoi  beni,  tra i quali devono ritenersi
compresi,   alla  luce  dell'interpretazione  elaborata  dalla  Corte
europea  dei  diritti  dell'uomo  attraverso  una  serie  di pronunce
susseguitesi  a  partire  dalla  sentenza  16 settembre 1996 Gaygusuz
contro Austria, anche le prestazioni sociali, comprese quelle di tipo
non  contributivo.  La  disposizione dell'art. 80, comma 19, legge 23
dicembre   2000,  n. 388  appare  in  contrasto  con  il  divieto  di
discriminazione  per  ragioni  di  origine  nazionale  in  ordine  al
godimento dei diritti alle prestazioni di assistenza sociale, sancito
dalle norme sopra richiamate, poiche' essa introduce, nella sostanza,
un differente trattamento nell'accesso alle provvidenze assistenziali
tra cittadini stranieri e cittadini italiani, a parita' di ogni altra
condizione  ed  in assenza - per quanto precedentemente evidenziato -
di  giustificazioni obiettive e ragionevoli. Il contrasto della norma
interna  rispetto  alle richiamate norme di diritto internazionale si
risolve  nella  violazione  degli artt. 10, commi 1 e 2, e 117, primo
comma,  della  Costituzione  (il  Tribunale di Pistoia con sentenza 4
maggio  2007  e  la  Corte d'appello di Firenze con sentenza 9 giugno
2007,  ravvisato un conflitto tra la norma in esame e l'art. 14 della
Convenzione  europea,  hanno  ritenuto  di disapplicare la disciplina
nazionale,  quantunque  argomenti  in  senso  contrario  al potere di
disapplicazione  siano  stati  espressi dalla Corte di cassazione con
ordinanza 20 maggio 2006 n. 11887).
   Osservato  incidentalmente  che  la modifica dell'art. 9, legge 25
luglio  1998, n. 286, introdotta dal d.lgs. 8 gennaio 2007, n. 3 (che
ha abolito la carta di soggiorno e introdotto in sua vece il permesso
di  soggiorno  CE  per  soggiornanti di lungo periodo, stabilendo che
«quando  leggi,  regolamenti, decreti, od altre norme o provvedimenti
fanno  riferimento alla carta di soggiorno, il riferimento si intende
al  permesso  di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo») non
incide  sulla  rilevanza e non manifesta infondatezza della questione
esaminata,  tenuto conto che, sotto il profilo della rilevanza, nella
fattispecie   opera   il   richiamo   alla   norma  nella  precedente
formulazione  vigente  all'epoca  della  domanda  (quantomeno  per il
periodo  anteriore  all'entrata  in vigore del d.lgs. 8 gennaio 2007,
n. 3),  e  che,  sotto  il  profilo  del  dubbio di costituzionalita'
dell'art.  80,  comma 19, legge 23 dicembre 2000, n. 388, i requisiti
reddituali   per  il  rilascio  del  permesso  di  soggiorno  CE  per
soggiornanti  di  lungo periodo sono sostanzialmente sovrapponibili a
quelli gia' previsti per il rilascio della carta di soggiorno.
   Ritenuta  conclusivamente, alla luce delle argomentazioni esposte,
la   rilevanza  e  non  manifesta  infondatezza  della  questione  di
costituzionalita' della normativa di cui all'art. 80, comma 19, legge
23  dicembre  2000, n. 388, in combinato disposto con l'art. 9, legge
25 luglio 1998, n. 286 e con l'art. 1, legge 11 febbraio 1980, n. 18,
in  relazione agli artt. 2, 3 primo comma, 10, commi primo e secondo,
38, primo comma e 117, primo comma della Costituzione.
                              P. Q. M.
   Visti  gli  artt.  1,  legge  9 febbraio 1948, n. 1 e 23, legge 11
marzo 1958, n. 87;
   Dichiara  rilevante e non manifestamente infondata la questione di
legittimita' costituzionale dell'art. 80, comma 19, legge 23 dicembre
2000,  n. 388,  in  combinato  disposto con l'art. 9, legge 25 luglio
1998, n. 286, in relazione all'art. 1, legge 11 febbraio 1980, n. 18,
per  contrasto  con  gli  artt.  2, 3, primo comma, 10, commi primo e
secondo, 38, primo comma e 117, primo comma della Costituzione, nella
parte  in  cui subordina al possesso della carta di soggiorno e della
relativa  condizione  reddituale  il diritto del cittadino straniero,
legalmente  soggiornante  in  Italia,  di  fruire  dell'indennita' di
accompagnamento;
   Sospende il giudizio in corso e dispone la trasmissione degli atti
alla Corte costituzionale a cura della cancelleria;
   Dispone  che  la presente ordinanza, a cura della cancelleria, sia
notificata  alle  parti  e al Presidente del Consiglio dei ministri e
sia  comunicata  ai Presidenti della Camera dei deputati e del Senato
della Repubblica.
     Voghera, addi' 11 luglio 2007
                          Il giudice: Dossi