N. 270 ORDINANZA 7 - 10 luglio 2008

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.

Sciopero  -  Avvocati  e  procuratori  -  Astensione collettiva dalle
  udienze  -  Mancata previsione di oneri economici equiparabili alla
  mancata  percezione  della  retribuzione  da  parte  dei lavoratori
  dipendenti  -  Asserita  irragionevole  disparita'  di  trattamento
  nonche'  abuso del diritto di sciopero, compressione delle liberta'
  sindacali  delle  altre  categorie  dei lavoratori della giustizia,
  violazione   del   principio   di  buon  andamento  della  pubblica
  amministrazione  -  Richiesta  di  intervento  additivo  implicante
  scelte   discrezionali   riservate   al   legislatore  -  Manifesta
  inammissibilita' della questione.
- Legge 12 giugno 1990, n. 146, artt. 2 e 2-bis.
- Costituzione, artt. 3, 39, 40 e 97.
(GU n.30 del 16-7-2008 )
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
Presidente: Franco BILE;
Giudici:  Giovanni  Maria  FLICK,  Francesco AMIRANTE, Ugo DE SIERVO,
   Paolo  MADDALENA,  Alfio  FINOCCHIARO,  Alfonso  QUARANTA,  Franco
   GALLO,  Luigi  MAZZELLA,  Gaetano SILVESTRI, Sabino CASSESE, Maria
   Rita SAULLE, Giuseppe TESAURO, Paolo Maria NAPOLITANO;
ha pronunciato la seguente
                              Ordinanza
nel  giudizio  di  legittimita'  costituzionale degli artt. 2 e 2-bis
della  legge 12 giugno 1990, n. 146 (Norme sull'esercizio del diritto
di  sciopero nei servizi pubblici essenziali e sulla salvaguardia dei
diritti  della persona costituzionalmente tutelati. Istituzione della
Commissione  di  garanzia  dell'attuazione della legge), promosso con
ordinanza   del   15  dicembre  2006  dal  Tribunale  di  Pesaro  nel
procedimento  penale a carico di Roberto Marzocco, iscritta al n. 673
del  registro  ordinanze  2007  e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale
della Repubblica n. 39, 1ยช serie speciale, dell'anno 2007;
   Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio dei
ministri;
   Udito  nella  Camera  di  consiglio  del 25 giugno 2008 il giudice
relatore Luigi Mazzella;
   Ritenuto  che, con ordinanza del 15 dicembre 2006, il Tribunale di
Pesaro  ha  sollevato,  con  riferimento agli articoli 3, 40, 39 e 97
della  Costituzione,  questione  di legittimita' costituzionale degli
articoli  2  e  2-bis  della  legge  15  giugno  1990,  n. 146 (Norme
sull'esercizio   del   diritto   di  sciopero  nei  servizi  pubblici
essenziali   e   sulla   salvaguardia   dei   diritti  della  persona
costituzionalmente   tutelati.   Istituzione   della  Commissione  di
garanzia  dell'attuazione  della  legge),  nelle  parti  in  cui  non
prevedono   l'imposizione  a  carico  degli  avvocati  che  intendono
astenersi   dalle  udienze,  in  adesione  ad  astensioni  collettive
proclamate   dagli  organismi  sindacali  dell'Avvocatura,  di  oneri
economici  equiparabili  alla  mancata percezione del salario o dello
stipendio dal lavoratore dipendente;
     che  il  rimettente riferisce: che il difensore dell'imputato ha
aderito  all'astensione collettiva nazionale dalle udienze proclamata
dall'Organismo  Unitario  dell'Avvocatura  per  i  giorni 14, 15 e 16
dicembre  2007;  che  e'  stato  nominato un difensore di ufficio, in
sostituzione  del difensore di fiducia, ex art. 97, quarto comma, del
codice di procedura penale;
     che  questa  Corte,  con sentenza n. 171 del 1996, ha dichiarato
l'illegittimita' costituzionale dell'art. 2, commi 1 e 5, della legge
n. 146  del  1990,  nella  parte  in  cui  non  prevedeva, in caso di
astensione collettiva dall'attivita' giudiziaria degli avvocati e dei
procuratori  legali,  l'obbligo  di  un  congruo  preavviso  e  di un
ragionevole   limite  temporale  dell'astensione  ne'  prevedeva  gli
strumenti   idonei   a   individuare   e  assicurare  le  prestazioni
essenziali,   nonche'   le   procedure  e  le  misure  conseguenziali
nell'ipotesi di inosservanza;
     che  nell'attuale  disciplina  dell'astensione  collettiva degli
avvocati  dalle  udienze  residuerebbero  elementi  di  contrasto con
principi   costituzionali,   che,   in   caso   di  dichiarazione  di
illegittimita',    comporterebbero    l'illiceita'    dell'astensione
collettiva  proclamata  e,  conseguentemente,  l'inammissibilita' del
rinvio del processo ad altra udienza;
     che  -  prosegue  il rimettente - secondo la sentenza n. 171 del
1996, per quanto l'astensione collettiva dalle udienze promossa dalle
organizzazioni   forensi   non  sia  riconducibile  alla  nozione  di
sciopero,  nondimeno  alla stessa deve ritenersi applicabile in parte
qua la disciplina della legge n. 146 del 1990;
     che,   ancora   secondo   il   rimettente,   presupposto  logico
dell'applicazione   della   disciplina  dello  sciopero  nei  servizi
pubblici essenziali all'astensione degli avvocati dalle udienze e' il
fatto  che  tale  astensione  presenta  gli elementi essenziali dello
sciopero,  tra  i  quali la perdita, per il singolo lavoratore, della
retribuzione  per tutta la durata dello sciopero laddove l'astensione
dalle  udienze  non  costerebbe  nulla  all'avvocato;  che tutto cio'
determinerebbe l'illegittimita' costituzionale della legge n. 146 del
1990  nella  parte in cui, per effetto della sentenza n. 171 del 1996
della  Corte  costituzionale,  disciplina,  oltre  all'esercizio  del
diritto  di sciopero nei servizi pubblici essenziali, l'esercizio del
diritto  di  astensione dalle udienze proclamato dalle organizzazioni
sindacali  degli  avvocati,  senza  prevedere a carico degli avvocati
oneri economici;
     che,  a  giudizio  del rimettente, il fatto che gli avvocati non
siano  lavoratori  dipendenti  ma  liberi  professionisti  impone  la
previsione  legislativa  dell'obbligo,  a  carico  dell'avvocato  che
intenda  astenersi  dall'udienza,  di  versare  ad un fondo apposito,
costituito eventualmente presso l'amministrazione della giustizia, in
quanto  danneggiata  dall'astensione,  una  somma  corrispondente  al
valore-udienza,  da  determinarsi  per legge in relazione alla natura
dell'attivita'   giudiziaria   in   concreto   mancata   per  effetto
dell'astensione, o comunque la previsione di strumenti che consentano
di  equiparare  in concreto, sotto il profilo economico, l'astensione
dell'avvocato a quella del lavoratore dipendente;
     che,   aggiunge   il   giudice  a  quo,  la  mancata  previsione
legislativa di siffatto obbligo sarebbe in contrasto con gli articoli
3,  40,  39  e  97  della  Costituzione:  la  violazione  dell'art. 3
discenderebbe   dalla  macroscopica  e  irragionevole  disparita'  di
trattamento tra situazioni analoghe con riferimento sia alla condotta
(astensione    dalle    udienze)    che   agli   effetti   (turbativa
dell'amministrazione   della   giustizia),   a  causa  delle  diverse
condizioni  personali  e  sociali dei soggetti che si astengono dalle
udienze,  lavoratori  autonomi  gli avvocati, lavoratori dipendenti i
magistrati  e il personale amministrativo; la violazione dell'art. 40
Cost.  si  concretizzerebbe  nella equiparazione allo sciopero di una
attivita' priva di un elemento essenziale, inscindibile dalla nozione
storica  e  giuridica  dello  sciopero;  la  violazione  dell'art. 39
sarebbe  insita nella disparita' di trattamento riservato dalla legge
n. 146  del  1990  alle  attivita' sindacali comportanti l'astensione
dalle  udienze  poste  in  essere dalla organizzazione degli avvocati
rispetto a quelle poste in essere dalle organizzazioni dei magistrati
e   del   personale   amministrativo;   la  violazione  dell'art.  97
conseguirebbe,  infine,  al  fatto  che  ogni astensione determina il
rinvio  di  processi  e  di  udienze,  anche a data lontana di mesi e
talora di anni, e sconvolge i calendari delle udienze;
     che,  intervenuto  nel giudizio, il Presidente del Consiglio dei
ministri,  rappresentato  dall'Avvocatura  generale  dello  Stato, ha
chiesto  che  la  questione sia dichiarata inammissibile o infondata,
sottolineando  in  primo  luogo  che  il rimettente avrebbe del tutto
omesso la motivazione circa la rilevanza della questione in relazione
all'art.  2 della legge n. 146 del 1990, a suo giudizio inapplicabile
alla fattispecie;
     che,  secondo  la  difesa  erariale,  il  rimettente avrebbe poi
omesso   di   illustrare  le  ragioni  per  cui  la  regolamentazione
dell'astensione  collettiva  dalle  udienze,  prevista  dal  predetto
articolo  e  affidata alla Commissione di Garanzia di cui all'art. 12
della  legge  citata,  non  consentirebbe  di  ritenere  superati gli
evidenziati  profili  di  incostituzionalita';  o,  in  ogni caso, le
ragioni  per  le  quali  egli  non  abbia  ritenuto  di  disapplicare
direttamente   la   regolamentazione   provvisoria   adottata   dalla
Commissione di Garanzia, di rango sub
primario;
     che     l'Avvocatura    dello    Stato    sottolinea    altresi'
l'inammissibilita'  della  questione  per il carattere additivo della
invocata  pronuncia,  mentre,  nel  merito,  evidenzia l'infondatezza
della questione, per l'erroneita' del presupposto logico da cui parte
il  rimettente,  ossia l'equiparazione dell'astensione degli avvocati
allo sciopero dei lavoratori subordinati.
   Considerato  che  il  Tribunale  di Pesaro dubita, con riferimento
agli  articoli  3, 40, 39 e 97 della Costituzione, della legittimita'
costituzionale  degli  articoli 2 e 2-bis della legge 15 giugno 1990,
n. 146  (Norme  sull'esercizio  del  diritto  di sciopero nei servizi
pubblici  essenziali  e  sulla salvaguardia dei diritti della persona
costituzionalmente   tutelati.   Istituzione   della  Commissione  di
garanzia  dell'attuazione  della  legge),  nelle  parti  in  cui  non
prevedono,  a  carico  degli  avvocati  che intendono astenersi dalle
udienze,  in  adesione  ad  astensioni  collettive  proclamate  dagli
organismi sindacali dell'Avvocatura, l'imposizione di oneri economici
equiparabili  alla mancata percezione della retribuzione da parte del
lavoratore dipendente;
     che  le  due  norme  vengono  censurate  senza che il rimettente
specifichi,  se non a titolo meramente esemplificativo, la natura, le
modalita'  di  pagamento e la destinazione degli oneri che dovrebbero
essere imposti;
     che,  in tal modo, lo stesso rimettente, sostanzialmente, invoca
una sentenza additiva, in una materia riservata alla discrezionalita'
del  legislatore, proprio in virtu' della varieta' e pluralita' delle
soluzioni  possibili (in tal senso, ex plurimis, ordinanze n. 380 del
2006, n. 199 e n. 225 del 2007);
     che  la questione e' manifestamente inammissibile per le ragioni
gia'  indicate  nell'ordinanza n. 116 del 2008 di questa Corte che ha
esaminato identica questione sollevata dal medesimo rimettente.
   Visti  gli  artt.  26,  secondo  comma, della legge 11 marzo 1953,
n. 87,  e  9,  comma 2, delle norme integrative per i giudizi davanti
alla Corte costituzionale.
              Per questi motivi LA CORTE COSTITUZIONALE
   Dichiara   la   manifesta   inammissibilita'  della  questione  di
legittimita'  costituzionale  degli articoli 2 e 2-bis della legge 12
giugno 1990, n. 146 (Norme sull'esercizio del diritto di sciopero nei
servizi  pubblici  essenziali  e sulla salvaguardia dei diritti della
persona costituzionalmente tutelati. Istituzione della Commissione di
garanzia  dell'attuazione  della  legge),  sollevata dal Tribunale di
Pesaro,   in   riferimento  agli  articoli  3,  39,  40  e  97  della
Costituzione, con l'ordinanza in epigrafe.
   Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede  della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta il 7 luglio 2008.
                         Il Presidente: Bile
                       Il redattore: Mazzella
                      Il cancelliere: Di Paola
   Depositata in cancelleria il 10 luglio 2008.
              Il direttore della cancelleria: Di Paola