N. 273 ORDINANZA 7 - 11 luglio 2008

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.

Straniero   e   apolide   -  Espulsione  amministrativa  -  Reato  di
  trattenimento,  senza  giustificato  motivo,  nel  territorio dello
  Stato  in  violazione  dell'ordine di allontanamento del questore -
  Trattamento  sanzionatorio  -  Reclusione  da  uno a quattro anni -
  Denunciata  irragionevolezza e disparita' di trattamento rispetto a
  fattispecie  analoghe  nonche'  dedotta  violazione dei principi di
  proporzionalita'   e  della  finalita'  rieducativa  della  pena  -
  Questione   identica  ad  altre  gia'  dichiarate  inammissibili  o
  manifestamente inammissibili - Manifesta inammissibilita'.
- D.Lgs.  25  luglio  1998,  n. 286,  art.14, comma 5-ter, sostituito
  dall'art. 1 della legge 12 novembre 2004, n. 271.
- Costituzione, artt. 3 e 27, comma terzo.
(GU n.30 del 16-7-2008 )
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
Presidente: Franco BILE;
Giudici:  Giovanni  Maria  FLICK,  Francesco AMIRANTE, Ugo DE SIERVO,
   Paolo  MADDALENA, Alfio FINOCCHIARO, Franco GALLO, Luigi MAZZELLA,
   Gaetano  SILVESTRI,  Sabino  CASSESE,  Maria Rita SAULLE, Giuseppe
   TESAURO, Paolo Maria NAPOLITANO;
ha pronunciato la seguente
                              Ordinanza
nei giudizi di legittimita' costituzionale dell'art. 14, comma 5-ter,
del  decreto  legislativo  25 luglio  1998, n. 286 (Testo unico delle
disposizioni  concernenti  la  disciplina  dell'immigrazione  e norme
sulla  condizione dello straniero), come sostituito dall'art. 1 della
legge   12 novembre   2004,   n. 271   (Conversione   in  legge,  con
modificazioni,  del  decreto-legge 14 settembre 2004, n. 241, recante
disposizioni  urgenti  in  materia  di  immigrazione),  promossi  con
ordinanze  del 21 febbraio, del 7 marzo, del 2 e del 4 aprile (nn. 10
ordinanze)  2007  dal  Tribunale  di  Firenze,  del 6 luglio 2007 dal
Tribunale  di  Roma  e del 28 febbraio 2007 dal Tribunale di Firenze,
rispettivamente iscritte ai nn. da 588 a 595, da 682 a 686, 726 e 846
del  registro  ordinanze  2007  e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale
della Repubblica nn. 35, 39 e 42, 1ª serie speciale, dell'anno 2007 e
n. 4, 1ª serie speciale, dell'anno 2008.
   Visti  gli  atti  di  intervento  del Presidente del Consiglio dei
ministri;
   Udito  nella  Camera  di  consiglio  del 25 giugno 2008 il giudice
relatore Gaetano Silvestri.
   Ritenuto  che il Tribunale di Firenze in composizione monocratica,
con    quattordici   ordinanze   di   identico   tenore,   deliberate
rispettivamente  il  21 febbraio  2007  (r.o.  n. 588  del  2007), il
7 marzo  2007  (r.o.  n. 589 del 2007), il 2 aprile 2007 (r.o. n. 590
del  2007),  il  4 aprile  2007 (r.o. numeri 591, 592, 593, 594, 595,
682,  683,  684,  685  e  686  del 2007) ed il 28 febbraio 2007 (r.o.
n. 846  del  2007),  ha sollevato - in riferimento agli artt. 3 e 27,
terzo   comma,   della   Costituzione  -  questione  di  legittimita'
costituzionale  dell'art. 14,  comma 5-ter,  del  decreto legislativo
25 luglio 1998, n. 286 (Testo unico delle disposizioni concernenti la
disciplina   dell'immigrazione   e   norme   sulla  condizione  dello
straniero)  -  come  sostituito  dall'art. 1  della legge 12 novembre
2004,   n. 271   (Conversione   in   legge,  con  modificazioni,  del
decreto-legge 14 settembre 2004, n. 241, recante disposizioni urgenti
in  materia  di  immigrazione)  -  nella parte in cui prevede la pena
della  reclusione  da  uno a quattro anni per lo straniero che, senza
giustificato  motivo,  si  trattenga  nel  territorio  dello Stato in
violazione dell'ordine di allontanarsene, impartitogli dal questore a
norma del precedente comma 5-bis;
     che  il  rimettente  -  il  quale  procede  in tutti i giudizi a
quibus,  sia  pure  con  riti  diversi,  nei  confronti di persone di
nazionalita'  straniera, accusate di non avere ottemperato all'ordine
di  lasciare  il  territorio  nazionale  -  dubita  che la previsione
edittale,  entro  i  cui  limiti dovrebbe fissare le pene nel caso di
condanna  degli imputati, sia stata introdotta secondo un criterio di
proporzionalita' rispetto alle caratteristiche del fatto incriminato;
     che   l'incongruenza   del   trattamento  sanzionatorio  sarebbe
manifesta  alla  luce  della  vicenda  evolutiva  che  ha  segnato la
materia,  posto  che  le  pene per l'indebito trattenimento sarebbero
state  fortemente  inasprite,  per  specie e quantita', ad appena due
anni dall'introduzione della fattispecie incriminatrice, senza alcuna
corrispondenza   con   una  modificazione  sostanziale  del  fenomeno
regolato;
     che  del  resto, a parere del rimettente, il legislatore avrebbe
reso  manifesta la ratio diversa ed effettiva del proprio intervento,
mirato   a   contrastare  gli  effetti  della  sentenza  della  Corte
costituzionale  n. 223  del  2004  -  con  cui  era  stata dichiarata
l'illegittimita'  dell'art. 14,  comma 5-quinquies, del d.lgs. n. 286
del  1998,  nella parte in cui prescriveva l'arresto obbligatorio per
il  reato  previsto  dal precedente comma 5-ter - ed a consentire, in
particolare,  il  ripristino  della  previsione  di  arresto  per  lo
straniero illegalmente trattenutosi nel territorio nazionale;
     che  la  «trasposizione  di  un'esigenza processuale nel diritto
penale  sostanziale»,  secondo  il  giudice  a  quo,  sarebbe sintomo
evidente  della  rottura del rapporto di proporzionalita' tra fatto e
pena;
     che  una  violazione  del  principio  di uguaglianza emergerebbe
anche  in  esito al raffronto del trattamento previsto per l'indebito
trattenimento con quello riservato ad altre ipotesi criminose - quali
l'inosservanza  di  un  provvedimento  legalmente dato per ragioni di
giustizia  o  di  sicurezza  pubblica o d'ordine pubblico o di igiene
(art. 650  del  codice  penale) e la contravvenzione al foglio di via
obbligatorio  (art. 2  della legge 27 dicembre 1956, n. 1423, recante
«Misure  di prevenzione nei confronti delle persone pericolose per la
sicurezza e per la pubblica moralita») - che sarebbero comparabili al
predetto   reato   in   quanto   consistenti,  a  loro  volta,  nella
disobbedienza  ad un ordine impartito dall'autorita' amministrativa a
fini di tutela dell'ordine pubblico;
     che   pertanto,   secondo  il  rimettente,  la  norma  censurata
contrasterebbe  con  il principio di uguaglianza sia in rapporto alle
sanzioni previste per la medesima fattispecie soltanto due anni prima
della  sua  introduzione,  sia  in  esito  al  raffronto  con le pene
comminate per comportamenti illeciti della stessa natura;
     che  dal  difetto  di  proporzionalita'  scaturirebbe  anche  un
contrasto  della  norma  censurata con l'art. 27, terzo comma, Cost.,
posto  che  solo una pena corrispondente alla gravita' del fatto puo'
esplicare una vera funzione rieducativa;
     che  il  Presidente  del Consiglio dei ministri, rappresentato e
difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, e' intervenuto, con atti
di   identico  tenore,  in  tutti  i  quattordici  giudizi  indicati,
concludendo  per  la manifesta inammissibilita' e comunque per la non
fondatezza delle questioni sollevate;
     che  in  primo  luogo  il rimettente avrebbe omesso, in ciascuna
delle   proprie   ordinanze,  un'adeguata  motivazione  in  punto  di
rilevanza della questione nel giudizio a quo;
     che,  nel  merito,  l'evoluzione  del  quadro  sanzionatorio per
effetto   della  legge  n. 271  del  2004  non  risulterebbe  affatto
irragionevole,  posto che il reato di indebito trattenimento era gia'
in  precedenza  considerato  grave  (tanto  da  prevedersi  per  esso
l'obbligatorieta'  dell'arresto), e che residua, pur dopo la riforma,
un'opportuna    articolazione    tra    forme    di   responsabilita'
contravvenzionale, per l'ipotesi piu' lieve dell'inottemperanza ad un
ordine di espulsione per mancato rinnovo del permesso di soggiorno, e
piu'   gravi  fattispecie  a  carattere  delittuoso,  che  riguardano
l'ingresso  clandestino  nel  territorio  dello Stato oppure l'omessa
richiesta  del permesso di soggiorno nei termini prescritti, o infine
la revoca del permesso medesimo;
     che  il  Tribunale  di  Roma  in  composizione  monocratica, con
ordinanza del 6 luglio 2007 (r.o. n. 726 del 2007), ha sollevato - in
riferimento  agli  artt. 3  e  27,  terzo comma, Cost. - questione di
legittimita'  costituzionale  dell'art. 14,  comma 5-ter,  del d.lgs.
n. 286  del  1998, come sostituito dall'art. 1 della legge n. 271 del
2004,  nella  parte  in cui prevede la pena della reclusione da uno a
quattro  anni  per  lo  straniero  che, senza giustificato motivo, si
trattenga  nel  territorio  dello  Stato in violazione dell'ordine di
allontanarsene,  impartitogli  dal  questore  a  norma del precedente
comma 5-bis;
     che  il  rimettente,  chiamato a celebrare giudizio direttissimo
nei   confronti  di  un  cittadino  straniero  accusato  di  indebito
trattenimento, formula il dubbio che i valori edittali della sanzione
siano  sproporzionati, per eccesso, rispetto alle caratteristiche del
fatto per cui si procede;
     che  il  Tribunale  evidenzia,  in via preliminare, l'evoluzione
della   disciplina   in   materia   di  inosservanza  dell'ordine  di
allontanamento dal territorio nazionale, segnata dalla trasformazione
dell'originaria   previsione   di   illecito   contravvenzionale   in
fattispecie   a   carattere   delittuoso,  con  rinnovata  previsione
dell'arresto    obbligatorio,    dopo   la   sentenza   della   Corte
costituzionale n. 223 del 2004;
     che  il  rimettente,  posta  tale premessa, richiama la sentenza
della  Corte costituzionale n. 368 del 1995, con la quale erano state
valutate  le  censure  mosse alla previsione edittale per il reato di
estorsione  (art. 629  cod. pen.), fortemente inasprita, qualche anno
prima, in esito ad un intervento di riforma;
     che   l'illegittimita'  della  novella  sarebbe  stata  esclusa,
nell'occasione, solo in ragione dell'obiettivo mutamento di rilevanza
sociale  dei  fatti  regolati,  e  del  rilievo per cui, comunque, il
legislatore  non  avrebbe  introdotto  «macroscopiche differenze» nel
trattamento sanzionatorio;
     che,  nel  caso  dell'indebito  trattenimento  dello  straniero,
l'intervento   riformatore  mancherebbe  di  siffatte  condizioni  di
«legittimazione»,  sia  perche'  l'attuato  incremento delle sanzioni
risulterebbe   «macroscopico»,   sia  perche',  nei  circa  due  anni
trascorsi  tra  l'introduzione  della figura criminosa e l'intervento
legislativo,  il  fenomeno della immigrazione clandestina non avrebbe
registrato  variazioni  tali  da  giustificare  un inasprimento tanto
elevato del trattamento sanzionatorio;
     che   le   circostanze   indicate  dimostrerebbero,  secondo  il
rimettente,  come il legislatore intendesse in realta' legittimare la
reintroduzione dell'arresto, dopo la citata sentenza n. 223 del 2004,
e  che pero', sempre a parere del giudice a quo, la «trasposizione di
un'esigenza  processuale  nel  diritto penale non integra il criterio
della ragionevolezza»;
     che  una  violazione  del  principio  di uguaglianza emergerebbe
anche  in  esito al raffronto del trattamento previsto per l'indebito
trattenimento con quello riservato ad altre ipotesi criminose - quali
l'inosservanza  di  un  provvedimento  legalmente dato per ragioni di
giustizia  o  di  sicurezza  pubblica o d'ordine pubblico o di igiene
(art. 650   cod.   pen.)  e  la  contravvenzione  al  foglio  di  via
obbligatorio  (art. 2  della  legge n. 1423 del 1956) - che sarebbero
comparabili  al  predetto  reato in quanto consistenti, a loro volta,
nella   disobbedienza   ad   un   ordine   impartito   dall'autorita'
amministrativa a fini di tutela dell'ordine pubblico;
     che,  in senso contrario, non varrebbe obiettare come proprio la
normativa in materia di misure di prevenzione preveda una fattispecie
delittuosa   assimilabile,   nei  profili  sanzionatori,  alla  norma
censurata  (art. 9, comma 2, della citata legge n. 1423 del 1956, che
punisce  con  la pena della reclusione da uno a cinque anni colui che
contravvenga   agli  obblighi  ed  alle  prescrizioni  inerenti  alla
sorveglianza  speciale con obbligo o divieto di soggiorno), posto che
tale  fattispecie  concerne  un soggetto la cui pericolosita' e' gia'
stata  accertata  in  concreto, con un provvedimento giudiziale e non
semplicemente  amministrativo,  e  sanziona  una  condotta  di attiva
violazione   del   precetto,   consistente,   a   seconda  dei  casi,
nell'allontanarsi o nel portarsi in un certo luogo;
     che  in definitiva, secondo il giudice a quo, la norma censurata
contrasterebbe  con  il  principio  di  uguaglianza  sia  in esito al
raffronto con le sanzioni previste per la medesima fattispecie appena
due  anni prima della sua introduzione, sia in esito al raffronto con
le pene comminate per comportamenti illeciti della stessa natura;
     che  dal  difetto  di  proporzionalita'  scaturirebbe  anche  un
contrasto  della  norma  censurata con l'art. 27, terzo comma, Cost.,
posto  che  solo una pena corrispondente alla gravita' del fatto puo'
esplicare una vera funzione rieducativa;
     che  il  Presidente  del Consiglio dei ministri, rappresentato e
difeso  dall'Avvocatura  generale  dello  Stato,  e'  intervenuto nel
giudizio  con atto depositato il 20 novembre 2007, concludendo per la
manifesta infondatezza della questione;
     che   infatti,   secondo   la   difesa  erariale,  il  fatto  di
inottemperanza  sarebbe  stato  valutato  severamente anche prima del
censurato  intervento  di  riforma, tanto che per esso era prescritto
l'arresto  obbligatorio,  e,  comunque,  il trattamento sanzionatorio
sarebbe stato opportunamente graduato a seconda delle ragioni sottese
al provvedimento espulsivo cui si connette l'ordine di allontanamento
impartito dal questore.
   Considerato  che,  con le ordinanze fin qui descritte, i Tribunali
di  Firenze  e  Roma,  in  composizione  monocratica,  sollevano - in
riferimento  agli  artt. 3  e  27,  terzo comma, della Costituzione -
questione  di  legittimita' costituzionale dell'art. 14, comma 5-ter,
del  decreto  legislativo  25 luglio  1998, n. 286 (Testo unico delle
disposizioni  concernenti  la  disciplina  dell'immigrazione  e norme
sulla condizione dello straniero) - come sostituito dall'art. 1 della
legge   12 novembre   2004,   n. 271   (Conversione   in  legge,  con
modificazioni,  del  decreto-legge 14 settembre 2004, n. 241, recante
disposizioni urgenti in materia di immigrazione) - nella parte in cui
prevede  la  pena  della  reclusione  da  uno  a  quattro anni per lo
straniero che, senza giustificato motivo, si trattenga nel territorio
dello Stato in violazione dell'ordine di allontanarsene, impartitogli
dal questore a norma del precedente comma 5-bis;
     che  i  giudici  a  quibus,  dopo aver ricordato che la sanzione
originariamente  prevista  per  il  reato  di  indebito trattenimento
consisteva  nell'arresto  da  sei  mesi  ad un anno, e che, a seguito
delle  modifiche  recate  dalla  legge  n. 271  del 2004, la medesima
condotta  e'  oggi  punita  con  la reclusione da uno a quattro anni,
rilevano  che  l'inasprimento  sarebbe stato attuato per finalita' di
carattere  processuale  (la legittimazione di una nuova previsione di
arresto obbligatorio), senza alcuna sostanziale modifica del fenomeno
criminoso  sottostante,  e per cio' stesso in violazione dei principi
di ragionevolezza e proporzionalita' della pena;
     che  le  sanzioni  comminate  dalla  norma  censurata  sarebbero
palesemente   sproporzionate   per  eccesso  rispetto  alla  gravita'
effettiva del fatto incriminato;
     che,   inoltre,   i   rimettenti   pongono  in  comparazione  il
trattamento  sanzionatorio  dell'indebito  trattenimento  con quello,
assai  piu'  mite,  previsto  da  disposizioni ritenute assimilabili,
perche'  concernenti  a  loro  volta  condotte  di  inottemperanza  a
provvedimenti  adottati  dall'autorita' per ragioni di sicurezza e di
ordine pubblico;
     che a tale proposito vengono evocati, in particolare, l'art. 650
del codice penale (recante la rubrica «Inosservanza dei provvedimenti
dell'Autorita»),  che  prevede  l'arresto fino a tre mesi o l'ammenda
fino  ad  euro  206, e l'art. 2 della legge 27 dicembre 1956, n. 1423
(Misure  di prevenzione nei confronti delle persone pericolose per la
sicurezza),   relativo   alla   contravvenzione   al  foglio  di  via
obbligatorio, punita con l'arresto da uno a sei mesi;
     che  le  ordinanze  di rimessione prospettano anche un contrasto
tra  la  norma  censurata  ed  il  terzo comma dell'art. 27 Cost., in
quanto   la  relativa  previsione  sanzionatoria,  essendo  priva  di
proporzionalita'   rispetto   al   fatto  incriminato,  non  potrebbe
assolvere alla necessaria funzione rieducativa della pena;
     che,  data  la  pertinenza  di  tutte  le questioni sollevate al
trattamento    sanzionatorio   del   reato   previsto   dall'art. 14,
comma 5-ter,  primo  periodo, del d.lgs. n. 286 del 1998, puo' essere
disposta la riunione dei relativi giudizi;
     che  dette questioni sono sostanzialmente analoghe ad altre, che
questa  Corte  ha gia' dichiarato inammissibili con la sentenza n. 22
del  2007, e manifestamente inammissibili con le ordinanze numeri 167
e 354 del 2007, e n. 52 del 2008;
     che   i  provvedimenti  di  rimessione,  per  quanto  deliberati
successivamente  alla  pubblicazione  della citata sentenza n. 22 del
2007,  non  prospettano alcun nuovo elemento di valutazione che possa
indurre  questa  Corte  a  discostarsi dalle conclusioni raggiunte, e
piu' volte ribadite;
     che  dunque,  anche  nella specie, deve dichiararsi la manifesta
inammissibilita' delle questioni sollevate.
   Visti  gli  artt. 26,  secondo  comma,  della legge 11 marzo 1953,
n. 87,  e  9,  comma 2, delle norme integrative per i giudizi davanti
alla Corte costituzionale.
              Per questi motivi LA CORTE COSTITUZIONALE
Riuniti i giudizi,
   Dichiara   la   manifesta   inammissibilita'  delle  questioni  di
legittimita'  costituzionale  dell'art. 14,  comma 5-ter, del decreto
legislativo  25 luglio  1998,  n. 286 (Testo unico delle disposizioni
concernenti  la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione
dello straniero), come sostituito dall'art. 1 della legge 12 novembre
2004,   n. 271   (Conversione   in   legge,  con  modificazioni,  del
decreto-legge 14 settembre 2004, n. 241, recante disposizioni urgenti
in materia di immigrazione), nella parte in cui prevede la pena della
reclusione  da  uno  a  quattro  anni  per  lo  straniero  che, senza
giustificato  motivo,  si  trattenga  nel  territorio  dello Stato in
violazione dell'ordine di allontanarsene, impartitogli dal questore a
norma  del  precedente  comma 5-bis,  sollevate,  in riferimento agli
artt. 3  e  27,  terzo  comma,  della  Costituzione, dai Tribunali di
Firenze e Roma, con le ordinanze indicate in epigrafe.

   Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede  della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 7 luglio 2008.
                         Il Presidente: Bile
                       Il redattore: Silvestri
                      Il cancelliere: Di Paola
   Depositata in cancelleria l'11 luglio 2008.
              Il direttore della cancelleria: Di Paola