N. 12 RICORSO PER CONFLITTO DI ATTRIBUZIONE 11 - 3 luglio 2008
Ricorso per conflitto tra enti depositato in cancelleria l'11 luglio 2008 (della Regione Marche) Amministrazione pubblica - Cerimoniale - Decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 16 aprile 2008, recante «Aggiornamento delle disposizioni generali in materia di cerimoniale e di precedenze tra le cariche pubbliche» - Ampliamento e innovazione di diverse disposizioni del d.P.C.m. 14 aprile 2006 - Disciplina della posizione protocollare degli organi della Regione e degli altri enti autonomi territoriali - Ricorso per conflitto di attribuzione della Regione Marche - Ritenuta competenza residuale delle Regioni nella disciplina delle precedenze delle cariche nelle cerimonie a carattere locale in base all'assetto costituzionale successivo alla riforma del Titolo V - Asserito illegittimo esercizio della funzione di indirizzo e coordinamento delle funzioni amministrative regionali per carenza di fondamento legislativo, incidenza in ambiti affidati alla potesta' legislativa regionale, unilateralita' e mancanza di coinvolgimento delle Regioni - Denunciata lesione della sfera di competenza legislativa regionale, lesione dei principi di sussidiarieta', differenziazione e adeguatezza, e del principio di leale collaborazione - Richiesta di dichiarare che non spetta allo Stato, e per esso al Presidente del Consiglio dei ministri, disciplinare la materia di cui all'atto impugnato e conseguentemente di annullare l'atto medesimo. - Decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 16 aprile 2008. - Costituzione, artt. 117, commi quarto e sesto, 118.(GU n.38 del 10-9-2008 )
Ricorso della Regione Marche, in persona del Presidente pro tempore della Giunta regionale, a cio' autorizzato con deliberazione della Giunta regionale n. 853 del 27 giugno 2008, rappresentato e difeso dall'avv. prof. Stefano Grassi del Foro di Firenze ed elettivamente domiciliato presso lo studio in Roma, piazza Barberini n. 12, come da procura speciale per atto del notaio Stefano Sabatini di Ancona n. rep. 46.891 del 2 luglio 2008; Contro lo Stato, in persona del Presidente del Consiglio dei ministri pro tempore, per la dichiarazione che non spetta allo Stato e per esso al Presidente del Consiglio dei ministri disciplinare l'«Aggiornamento delle disposizioni generali in materia di cerimoniale e di precedenze tra le cariche pubbliche» nei termini di cui al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 16 aprile 2008 (pubblicato nella Gazzetta Ufficiale - Serie generale n. 107 dell'8 maggio 2008, p. 4), nonche' per il conseguente annullamento del suddetto decreto per violazione degli artt. 117, quarto e sesto comma Cost., 118 Cost. e del principio di leale collaborazione. 1. - Il d.P.C.m. 16 aprile 2008 e' stato emanato, secondo quanto riportato espressamente nel preambolo, «considerata la necessita' di procedere ad alcune modificazioni al fine di correggere taluni errori materiali e di integrare le disposizioni contenute nel decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 14 aprile 2006», recante «Disposizioni generali in materia di cerimoniale e di precedenza tra le cariche pubbliche», che disciplina, in particolare, «le posizioni protocollari che regolano le cerimonie d'iniziativa dello Stato, delle regioni, degli enti locali e di ogni altra autorita' pubblica, nonche' quelle alle quali prendano parte il Capo dello Stato; ovvero, in forma ufficiale, autorita' che rivestono cariche comprese nella prima categoria di cui all'art. 5 - Presidenti delle due Camere, Presidente del Consiglio dei ministri, Presidente della Corte costituzionale, Presidenti emeriti della Repubblica - o nella categoria "A" di cui all'art. 9 - Vicepresidenti ovvero altri rappresentanti ufficiali degli Organi costituzionali, Presidente della Giunta regionale e Presidente della Provincia autonoma di Trento o di Bolzano, Presidente del Consiglio regionale e Presidente del Consiglio provinciale di Trento o di Bolzano, Ministri, Viceministri e Sottosegretari di Stato, Membri del Parlamento nazionale e del Parlamento europeo, Sindaco, Prefetto, Presidente della provincia, Presidente della Corte di appello, Vescovo della Diocesi». 1.1. - Il d.P.C.m. 16 aprile 2008 interviene in particolare a modifica e integrazione delle seguenti disposizioni: l'art. 2 de d.P.C.m. 14 aprile 2006 prevede che «1. Ai fini della presente disciplina: a) sono cerimonie nazionali quelle che hanno luogo in occasione di feste nazionali, in qualunque parte del territorio della Repubblica si svolgano, nonche' le cerimonie alle quali sia presente il Capo dello Stato ovvero una delle autorita' che rivestono cariche comprese nella prima categoria di cui all'articolo 5; b) sono cerimonie territoriali quelle che non rientrano nella definizione di cui alla lettera a)». L'art. 1 del d.P.C.m. 16 aprile 2008 amplia la nozione di cerimonie nazionali di cui all'art. 2, lettera a), ricomprendendovi anche quelle che si svolgono in occasione «di esequie di Stato»; l'art. 4, terzo comma, primo periodo, del d.P.C.m. 14 aprile 2006 prevedeva che «in assenza di diverse prescrizioni e ove non espressamente stabilito, per l'individuazione della posizione delle autorita' non comprese negli ordini di precedenza di cui agli articoli 5 e 9 si valutano la carica, l'incarico svolto, nonche' il grado». L'art. 2 del d.P.C.m. 16 aprile 2008, sostituendo il primo periodo del terzo comma dell'art. 4, ha introdotto specifici criteri di valutazione per poter individuare le posizioni protocollari non espressamente indicate, prevedendo che «in assenza di diverse prescrizioni, la definizione della posizione protocollare delle autorita' non espressamente indicate negli ordini di precedenza di cui agli articoli 5 e 9 si raggiunge mediante l'apprezzamento analogico-comparato della carica, delle funzioni e del grado di questi rispetto a quelli delle cariche individuate negli ordini»; la posizione protocollare stabilita dall'art. 5 del d.P.C.m. 14 aprile 2006 (Ordine nazionale di precedenza) viene innovata dall'art. 3 del d.P.C.m. 16 aprile 2008, che, fra l'altro, prevede: al comma 4, la sostituzione della nota 10 all'art. 5, comma 1, relativa alla posizione del Presidente del Consiglio regionale e del Presidente del Consiglio Provinciale di Trento o di Bolzano, fuori sede, che prevedeva «Tra essi precede il Presidente della Conferenza dei Presidenti dei Consigli regionali e delle Province autonome di Trento e di Bolzano» e che diviene, nel testo sostituito, «Tra essi precede il Coordinatore della Conferenza dei Presidenti dell'Assemblea dei Consigli regionali e delle Province autonome di Trento e di Bolzano»; l'inserimento di ulteriori posizioni, tra cui: «all'art. 5, comma 1, dopo la posizione E2, si inserisce la seguente posizione: "Presidenti titolari di sezione delle magistrature superiori, Procuratore aggiunto della Corte dei conti, Procuratore generale della Repubblica presso la Corte d'appello"» (art. 3, comma 14, d.P.C.m. 16 aprile 2008); «all'art. 5, comma 1, dopo la posizione indicata con il codice gia' E4, si inserisce la seguente posizione: "Capo del Corpo forestale dello Stato, Comandante generale delle Capitanerie di Porto. Direttore AISE, Direttore AISI. Ispettori generali dell'Esercito e incarichi corrispondenti delle altre Forze Armate"» (art. 3, comma 15, d.P.C.m. 16 aprile 2008); «all'art. 5, comma 1, di seguito alla posizione di cui al capoverso precedente si inserisce, secondo la nuova numerazione sequenziale, la seguente posizione: "Presidente del Tribunale per i minorenni, Presidente del Tribunale di sorveglianza, in sede"» (art. 3, comma 30, d.P.C.m. 16 aprile 2008); la posizione protocollare stabilita dall'art. 9 del d.P.C.m. 14 aprile 2006 (Ordine territoriale di precedenza) viene innovata dall'art. 4 del d.P.C.m. 16 aprile 2008, che, fra l'altro, prevede: «all'art. 9, comma 1, categoria C , di seguito alla posizione indicata con il codice 38, si inserisce la seguente posizione: "Presidente del Tribunale per i minorenni, Presidente del Tribunale di Sorveglianza"» (art. 4, primo comma) e che «all'art. 9, comma 1, categoria C, di seguito alla posizione di cui al capoverso precedente, si inserisce, secondo la nuova numerazione sequenziale, la seguente posizione: "Procuratore della Repubblica presso il Tribunale per i minorenni"» (art. 4, secondo comma); l'art. 5 del d.P.C.m. 16 aprile 2008 sostituisce l'art. 22, comma 5 del d.P.C.m. 14 aprile 2006, che prevedeva che «gli onori militari, se previsti, sono resi al Prefetto in sede quando interviene in quanto espressamente delegato dalla Presidenza del Consiglio dei ministri a rappresentare ufficialmente il Governo, in assenza di autorita' di maggior rango tra quelle indicate dal presente articolo» e che, nel testo sostituito, diviene «In occasione delle festivita' nazionali gli onori militari, nei casi e nelle forme previsti, sono da riconoscere al prefetto, in assenza di carica di maggior rango tra quelle indicate nei precedenti commi 1 e 3»; l'art. 6 del d.P.C.m. 16 aprile 2008 sostituisce l'art. 24, comma 1, del d.P.C.m. 14 aprile 2006, che prevedeva che «gli onori militari vengono resi, una sola volta, alla prima delle autorita' civili elencate nell'art. 22, salve le prerogative del Presidente della Repubblica» e che, nel testo sostituito, diviene «gli onori militari vengono resi, una sola volta, alla carica di maggior rango presente tra quelle indicate nell'art. 22 e secondo i criteri ivi stabiliti. Sono salve in ogni caso le prerogative del Presidente della Repubblica». 2. - La Regione Marche, con deliberazione della Giunta n. 853 del 2008 ha deliberato di impugnare davanti a questa Corte il d.P.C.m. 16 aprile 2008, con tutte le disposizioni generali da esso dettate, « in materia di cerimonie e di precedenze delle cariche pubbliche», perche' illegittimo e lesivo dell'autonomia costituzionalmente riconosciuta e garantita alla stessa Regione ricorrente, per le seguenti ragioni di D i r i t t o 3. - In via preliminare si osserva che il ricorso e' ammissibile dal momento che il d.P.C.m. 16 aprile 2008, come evidenziato nel paragrafo 1.1 del presente ricorso, non ripete identicamente il contenuto del d.P.C.m. 14 aprile 2006, che la regione a suo tempo non aveva impugnato, ne' tantomeno ne rappresenta una mera esecuzione, ma al contrario ne amplia e innova diverse disposizioni. Questa Corte in merito ha chiarito che «secondo la giurisprudenza di questa Corte, perche' possa sorgere conflitto di attribuzione fra Stato e Regione, occorre che la negazione o la lesione della competenza derivino immediatamente e direttamente dall'atto denunciato come invasivo, nel senso che esso, qualora sia preceduto da altro che ne costituisca il precedente logico e giuridico, non ne ripeta identicamente il contenuto e non ne rappresenti una mera e necessaria esecuzione (v., da ultimo, sentenza n. 215 del 1996)» (Corte costituzionale, 20 maggio 1999, n. 181, punto 3 del Considerato in diritto) e che «la giurisprudenza di questa Corte ha costantemente escluso l'applicabilita' dell'istituto dell'acquiescenza ai giudizi per conflitto di attribuzione tra enti, trattandosi di istituto incompatibile con l'indisponibilita' delle competenze di cui si controverte nei medesimi giudizi (sentenze n. 389 del 1995, n. 58 del 1993 e n. 278 del 1991)» (Corte costituzionale, 28 marzo 2003, n. 95, punto 2 del Considerato in diritto). Peraltro, conferma della non acquiescenza della Regione Marche e' data dall'approvazione del regolamento regionale n. 4 del 15 novembre 2007 (Ordine delle precedenze nelle cerimonie a carattere locale), impugnato dallo Stato con ricorso che e' stato discusso davanti a questa Corte all'udienza del 24 giugno 2008. 4. - Illegittimita' del d.P.C.m. 16 aprile 2008 per lesione della sfera di competenza legislativa regionale, particolarmente per violazione dell'art. 117, quarto comma, Cost. 4.1. - Si deve rilevare che la disciplina dell'ordine delle precedenze nelle cerimonie pubbliche non rientra - in quanto tale e nella sua totalita' - tra le materie per le quali lo Stato possa esercitare potesta' legislativa esclusiva. Nessuna delle materie elencate nella disposizione di cui all'art. 117, secondo comma, Cost. infatti e' in grado di costituire per il legislatore statale titolo legittimante all'esercizio di potesta' legislativa nella disciplina delle precedenze di tutte le cerimonie pubbliche. Come del resto aveva a suo tempo evidenziato questa Corte, nella sentenza n. 496 del 1989, solo il quadro costituzionale delle competenze risulta decisivo, mentre tale non puo' essere considerato in alcun modo il riferimento al cerimoniale come ad «una delle piu' tradizionali prerogative dello Stato». La Corte, in quella occasione, nel vigore del precedente testo costituzionale, ha infatti affermato la competenza dello Stato solo perche' «non esiste alcuna disposizione che abbia attribuito alle regioni siffatta competenza ne' legislativa ne' amministrativa», in un quadro istituzionale in cui le regioni esercitavano potesta' legislative nelle sole materie espressamente enumerate dalle norme costituzionali (criterio, come noto, ribaltato dal nuovo art. 117 Cost., introdotto con la riforma di cui alla legge costituzionale n. 3 del 2001). L'indiscutibile mutamento radicale dell'assetto costituzionale delle competenze normative e amministrative dello Stato e delle Regioni dopo la riforma del 2001 rende per cio' solo impossibile la pedissequa applicazione al caso di specie della soluzione accolta dalla Corte in quel precedente. Al legislatore statale e' riservata la sola disciplina di cui all'art. 117, comma secondo, lettera g), Cost., relativa alla materia «ordinamento e organizzazione amministrativa dello Stato e degli enti pubblici nazionali», come affermato da questa Corte costituzionale (sentenza 19 dicembre 2003 n. 363, punto 4 del Considerato in diritto). Ne deriva la legittima discrezionalita' dell'autorita' statale nel disciplinare in via esclusiva le cerimonie «nazionali» e «internazionali». La corrispondente materia «ordinamento e organizzazione amministrativa delle regioni, degli enti locali e degli enti pubblici substatali», non essendo contemplata in nessuno degli elenchi contenuti nello stesso art. 117 Cost., spetta inequivocabilmente alla competenza residuale del legislatore regionale. Ne deriva che la regione e' titolare di competenza esclusiva nella disciplina delle precedenze delle cariche nelle cerimonie a carattere locale, in quanto attinenti all'ordinamento ed all'organizzazione amministrativa delle regioni. Di qui l'illegittimita' del d.P.C.m. 16 aprile 2008, che incide in ambiti di sicura competenza legislativa regionale, quali la disciplina della posizione protocollare degli organi della regione o degli enti da essa dipendenti, oppure la disciplina della posizione protocollare degli organi degli altri enti autonomi territoriali o agli organi da questi dipendenti, laddove introduce specifici criteri di valutazione per poter individuare le posizioni protocollari non espressamente indicate (v. art. 2, d.P.C.m. 16 aprile 2008 che sostituisce il primo periodo del terzo comma dell'art. 4, d.P.C.m. 14 aprile 2006) o inserisce organi statali come ulteriori posizioni nell'ordine territoriale di precedenza (v. art. 4, primo e secondo comma d.P.C.m. 16 aprile 2008 a modifica dell'art. 9, d.P.C.M. 14 aprile 2006). 5. - Illegittimita' del d.P.C.m. 16 aprile 2008 per lesione della sfera di competenza legislativa regionale, particolarmente per violazione dell'art. 117, commi quarto e sesto, Cost., sotto il profilo del corretto esercizio della funzione statale di indirizzo e coordinamento (anche in relazione all'art. 8 legge n. 131 del 2003), nonche' per violazione del principio di leale collaborazione. 5.1. - Il d.P.C.m. 16 aprile 2008, con il quale sono state aggiornate e innovate le disposizioni generali in materia di cerimoniale e di precedenze tra le cariche pubbliche, e' illegittimo sotto altro profilo perche' introduce una disciplina non contenuta in una legge e neppure in un atto formalmente regolamentare, ma in un atto amministrativo che fa, peraltro, espresso riferimento, nel preambolo, alla legge n. 13 del 12 gennaio 1991 (recante «Determinazione degli atti amministrativi da emanarsi nella forma del decreto del Presidente della Repubblica»). In particolare, dal momento che tale atto amministrativo puo' essere qualificato come espressivo - almeno nella parte in cui si rivolge alla regolamentazione delle cerimonie organizzate dalle regioni e dagli enti dipendenti - della funzione di indirizzo e coordinamento delle funzioni amministrative regionali, esso risulta gravemente illegittimo per molteplici ragioni. La funzione di indirizzo e coordinamento e' ammissibile solo se non incidente in alcun modo su competenze regionali di cui alle materie del terzo e quarto comma dell'art. 117 Cost., secondo quanto prevede espressamente l'art. 8, sesto comma, della legge n. 131 del 2003, mentre il d.P.C.m. 16 aprile 2008 viene ad incidere innegabilmente su ambiti affidati alla potesta' legislativa delle regioni. Si osserva, inoltre, che gli atti di indirizzo e coordinamento, secondo quanto questa Corte ha affermato a partire dalla sentenza n. 150 del 1982, sono soggetti al principio di legalita' sostanziale, ossia necessitano di un fondamento legislativo esplicito anche in relazione al loro contenuto, il che non e' avvenuto nel caso di specie. Il d.P.C.m. 16 aprile 2008 non e' stato poi adottato dal Governo nella sua collegialita', come sarebbe stato necessario: per consolidata giurisprudenza di questa Corte, infatti, «l'esercizio in via non legislativa della funzione di indirizzo e coordinamento nei confronti delle Regioni e' soggetto a precisi requisiti di procedura, dovendo far capo all'organo collegiale di Governo (cfr. sentenze n. 338 del 1989, n. 453 del 1991, n. 124 del 1994 e n. 18 del 1997). Essa infatti non puo' identificarsi con una funzione propria dell'amministrazione statale volta a volta competente per materia (che, anzi, va ad incidere per definizione in ambiti di azione amministrativa che spettano alle regioni, ma e' espressione del potere, demandato in concreto dalla legge al Governo nazionale, di assicurare la salvaguardia di interessi unitari non frazionabili» (sentenza n. 408 del 1998). Infine, il decreto impugnato non e' stato adottato con le forme previste per gli atti di indirizzo e coordinamento delle funzioni amministrative regionali dall'art. 8 della legge n. 59 del 1997, forme specificamente finalizzate a garantire l'osservanza del principio costituzionale di leale collaborazione. Non solo non e' stata neppure avviata la procedura volta al conseguimento dell'intesa con la Conferenza Stato-regioni o, quantomeno, all'ottenimento del parere della Commissione parlamentare per le questioni regionali (come espressamente stabiliscono i commi 1 e 2 del citato art. 8 della legge n. 59 del 1997), ma nel procedimento di formazione del d.P.C.m. 16 aprile 2008, con il quale lo Stato ha unilateralmente provveduto a correggere e integrare il precedente decreto, le Regioni non sono state in alcun modo coinvolte (neppure attraverso l'utilizzo di quelle «sedi informali» e di quei «tavoli tecnici» che avevano caratterizzato l'elaborazione dei contenuti dell'originario d.P.C.m. 14 aprile 2006). 6. - Illegittimita' del d.P.C.m. 16 aprile 2008, per lesione della sfera di competenza regionale, particolarmente per la violazione degli artt. 117, sesto comma, Cost., dell'art. 118 Cost. e del principio di leale collaborazione. 6.1. - I profili di illegittimita' evidenziati non verrebbero meno anche qualora si volesse negare al d.P.C.m. 16 aprile 2008 la natura di atto di indirizzo e coordinamento, sia che si trattasse di atto amministrativo che di atto regolamentare, perche' si porrebbe in ogni caso in palese contrasto con quanto stabilito dall'art. 117, sesto comma, Cost. e dall'art. 118 Cost., i quali fissano, rispettivamente, una ripartizione rigida della potesta' regolamentare e i parametri costituzionali per la corretta allocazione/distribuzione delle funzioni amministrative tra gli enti che «costituiscono» la Repubblica. Allo Stato la potesta' regolamentare spetta solo nella materia di legislazione esclusiva statale; alle regioni spetta, invece «in ogni altra materia». Poiche' l'oggetto della disciplina del decreto impugnato e' riconducibile - almeno in parte - ad una materia ricompresa nell'art. 117, comma quarto, Cost., e' altrettanto innegabile che la potesta' di dettare norme a contenuto regolamentare, in tale ambito disciplinare, deve essere riconosciuta anche alla regione (si puo' citare la sentenza di questa Corte 27 ottobre 2003, n. 329, punto 4 del Considerato in diritto, per la quale «deve escludersi la possibilita' per lo Stato di intervenire in tale materia con atti normativi di rango sublegislativo, in considerazione di quanto disposto dall'art. 117, sesto comma, della Costituzione»). 6.2. - Ne deriva la violazione, nel caso di specie, anche dell'art. 118, primo comma, Cost. In proposito, l'art. 118, primo comma Cost. stabilisce che «le funzioni amministrative sono attribuite ai comuni salvo che, per assicurarne l'esercizio unitario, siano conferite a province, citta' metropolitane, regioni e Stato, sulla base dei principi di sussidiarieta', differenziazione ed adeguatezza». La norma costituzionale non contiene un'attribuzione diretta di funzioni amministrative ai diversi livelli territoriali di governo; fissa semplicemente, criteri e principi per la ripartizione di tali funzioni da parte dell'ente che risulti, di volta in volta, titolare di una potesta' legislativa nella specifica materia. Di conseguenza, l'art. 118, primo comma, costituisce necessario parametro di legittimita' costituzionale di ogni intervento normativo finalizzato ad allocare funzioni amministrative. Tale parametro e' individuato nell'esigenza che sussistano specifiche ragioni di esercizio unitario della funzione, puntualmente motivate in base ai principi di sussidiarieta', differenziazione ed adeguatezza, tali da giustificare nei singoli casi l'attrazione della competenza ad un livello di governo superiore rispetto a quello «piu' vicino» al cittadino (v. la sentenza di questa Corte 1° ottobre 2003, n. 303, punto 16 del Considerato in diritto, secondo cui la disciplina statale di dettaglio a carattere suppletivo deve essere finalizzata «ad assicurare l'immediato svolgersi di funzioni amministrative che lo Stato ha attratto per soddisfare esigenze unitarie e che non possono essere esposte al rischio della ineffettivita»). Di qui il necessario rigore nel valutare ogni norma dalla quale consegua l'attribuzione delle competenze al livello di governo «piu' lontano» dal cittadino, ossia al livello statale. Vi e' dunque un obbligo per il legislatore, particolarmente per quello statale, di accompagnare qualunque scelta di allocazione di funzioni amministrative ad un livello diverso da quello comunale, con un'analisi ed una verifica sostanziale dell'effettiva rispondenza della scelta (pur sempre discrezionale) ai parametri indicati dalla norma costituzionale. Cio' implica che la norma che alloca le funzioni dovra' anche enunciare le circostanze e le finalita' che rendono legittima la scelta effettuata. Anche se questa Corte volesse ritenere che lo Stato possa autoattribuirsi funzioni amministrative nella materia in oggetto (a prescindere dall'illegittimita' del riconoscimento di una sua potesta' legislativa, denunciata nei paragrafi precedenti) senza sottostare ad alcun vincolo formale di espressa indicazione dei presupposti che ne motivano la scelta, il d.P.C.m. 16 aprile 2008 deve comunque ritenersi costituzionalmente illegittimo in quanto lesivo dei limiti sostanziali che l'art. 118, primo comma, stabilisce per la distribuzione delle competenze amministrative nell'ordinamento. 6.3. - Anche qualora si volesse ritenere che lo Stato fosse abilitato all'esercizio in via esclusiva della potesta' regolamentare o all'autoattribuzione di una semplice potesta' amministrativa (priva, si osservi, nel caso di specie, di qualunque base legislativa anche solo formale), la innegabile incidenza della disciplina oggetto del decreto impugnato in ambiti di sicura competenza regionale avrebbe reso necessario il rispetto del principio di leale collaborazione, che avrebbe imposto l'adozione dell'atto almeno a seguito di una procedura finalizzata al conseguimento dell'intesa con il sistema delle autonomie regionali. Come si e' gia' posto in evidenza, non solo non e' stato neppure avviato il tentativo di conseguire l'intesa con la Conferenza Stato-regioni, ma nessuna forma di coinvolgimento regionale e' stata di fatto promossa, con la conseguenza che il decreto in questione risulta il frutto di una unilaterale determinazione dello Stato, in palese violazione di tutta la giurisprudenza di questa Corte che ha piu' volte ribadito la necessita' di adeguate forme di partecipazione e di collaborazione regionale ai processi decisionali statali allorche' vengano in gioco situazioni di competenze reciprocamente incidenti o interferenti (cfr., da ultimo, sentt. nn. 63, 94 e 168 del 2008).
P. Q. M. Si chiede che questa Corte costituzionale voglia dichiarare che non spetta allo Stato e per esso al Presidente del Consiglio dei ministri disciplinare l'«Aggiornamento delle disposizioni generali in materia di cerimoniale e di precedenze tra le cariche pubbliche» nei termini di cui al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 16 aprile 2008 (pubblicato nella Gazzetta Ufficiale - Serie generale n. 107 dell'8 maggio 2008, p. 4), nonche' il conseguente annullamento del suddetto decreto per violazione degli artt. 117, quarto e sesto comma, Cost., 118 Cost. e del principio di leale collaborazione. Firenze-Roma, addi' 3 luglio 2008 Prof. avv. Stefano Grassi